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giovedì 6 ottobre 2022

Ucraina 12: L’IPOCRISIA DEL PACIFISMO-NEUTRALISMO

E se fossimo stati neutrali anche per il Vietnam?


di Roberto Massari


Questo testo era apparso sul nostro blog lo scorso aprile. Lo ripubblichiamo, non solo per la sua crescente attualità, ma perché mentre la banda degli hitlero-comunisti è in netto calo ovunque, cresce invece la palude dei pacifisti-neutralisti. In Italia si prepara addirittura una giornata di scioperi del sindacalismo di base per il  2 dicembre in cui si chiede «il blocco dell’invio di armi in Ucraina»-

E ciò avviene in un momento in cui la Resistenza ne ha bisogno come il pane per proseguire a cacciare le milizie di Putin dalla propria terra e rendere via via più vane le minacce d’impiego di armi nucleari (minacce che il pacifismo-neutralismo continua a fingere di non aver udito).

Quale cinismo o calcolo politico può portare degli esseri umani a negare le armi a un popolo che lotta per la propria autodeterminazione?

Di qui la scelta di ripubblicare questo testo, sempre sperando che si avvicini il giorno della vittoria del popolo ucraino e la distruzione delle ambizioni ex zariste e ora coloniali dell’imperialismo russo..

(La Redazione)

 

Dedicato ai miei compagni di Kiev e Odessa che lottano contro l’invasione russa e per la libertà dell’Ucraina (r.m.).

 

«Soprattutto, siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunquein qualsiasi parte del mondo. È la qualità più bella di un rivoluzionario».
Ernesto Che Guevara, lettera ai figli (aprile 1965)

 

1.Gli hitlero-comunisti*

Questa mia riflessione non intende polemizzare con i «filoputiniani», vale a dire con coloro che si dichiarano apertamente favorevoli all’aggressione contro l’Ucraina. Fuori dai Paesi della Federazione Russa costoro sono pochi e sono per lo più confinati in ristretti circoli di provenienza hitlero-comunista. Sono infatti gli eredi spirituali dell’invasione della Polonia nel 1939 ad opera del nazismo e dello stalinismo alleati per quasi un biennio, ed eredi delle guerre di conquista sovietiche previste dal Patto con Hitler (Lettonia, Estonia, Lituania, Bessarabia, Bucovina settentrionale), oltre che dell’aggressione fallita alla Finlandia: quelle guerre di conquista fruttarono al nazismo un ampliamento territoriale di circa 800.000 km quadrati, all’Urss di Stalin circa 422.000 kmq.

Ma gli odierni hitlero-comunisti sono anche sostenitori di tutte le successive aggressioni sovietiche contro Ungheria, Cecoslovacchia, Afghanistan, Cecenia, Georgia, Ucraina del 2014 e l’attuale. Sono tristi residui dello stalinismo, persone o gruppi reazionari nel vero senso della parola(giacché condividono il sogno putiniano di ricostruire l’Impero zarista in pieno secolo XXI!), nemici giurati dell’autodeterminazione dei popoli, ammiratori del regime semidittatoriale russo, indifferenti ai danni ecologici provocati anche da queste guerre di conquista, irresponsabili sottovalutatori delle minacce di guerra atomica profferite da Putin, insensibili ai crimini contro l’umanità che il governo russo sta commettendo in Ucraina. Insomma, sono un’autentica schifezza umana e intellettuale, e la definizione di «hitlero-comunisti» si attaglia perfettamente alla loro ostentata disumanità.

I nemici però non sono mai degli interlocutori; con loro non è possibile polemizzare, e con i «putiniani» in modo particolare: perché se io stessi in Ucraina sparerebbero addosso a me e alla mia famiglia, e poi getterebbero i nostri corpi in una fossa comune. Ma il dramma è che anch’io sarei costretto a reagire e quindi a cercare di ucciderli, in difesa della mia persona, della mia famiglia, della mia cultura, del mio popolo.

Del resto considero da tempo gli hitlero-comunisti nei Paesi esterni alla Federazione Russa come persone affette da seri disagi mentali, da disturbi della personalità e da turbe di natura psicopatologica: lo dimostra anche l‘entusiasmo sadicocon cui salutano ogni possibile versamento di sangue «altrui» o l’eliminazione fisica degli oppositori interni al regime putiniano o a qualsiasi altro regime legato a tradizioni staliniste, come ancora oggigiorno avviene in paesi che sono in cima alla graduatoria mondiale per esecuzioni di condanne a morte, come la Cina o la Corea.

 

2.Il falso pacifismo

La polemica qui è invece rivolta al variegato mondo del falso pacifismo, composto per lo più da persone o gruppi con i quali vale ancora la pena di polemizzare. Ciò nella speranza di convincere qualcuno o qualcuna che la posizione neutralistica «né con la Russia, né con la Nato» - formula da cui è clamorosamente escluso proprio il diretto interessato, cioè il martirio del popolo ucraino - altro non è che una maniera indiretta di appoggiare l’aggressione russa.

Questo atteggiamento di neutralità è infatti ciò che richiede Putin, come hanno sempre richiesto tutti gli invasori prima di lui: che si rimanga neutrali e non s’interferisca con la guerra di conquista scatenata contro un popolo sovrano. Il governo russo sapeva benissimo che il mondo occidentale non avrebbe approvato ufficialmente l’aggressione all’Ucraina, ma proprio per questo faceva affidamento su un atteggiamento di neutralità come era già accaduto con le aggressioni alla Georgia nel 2008 e all’Ucraina nel 2014.

È la stessa neutralità che, per esempio, avrebbe fatto tanto comodo agli Usa al tempo dell’aggressione al Vietnam. Ma a quell’epoca, chi si sarebbe sognato di dire «né con gli Usa, né con l’Urss» (e in sottordine «né con la Cina»)?

Eppure sapevamo che il Vietnam resisteva solo grazie alle armi che gli fornivano due paesi che svolgevano da tempo ruoli assolutamente reazionari, in maniera diversa dagli Stati Uniti, ma non per questo in forma più accettabile: la dittatura russa di Breznev, con alle spalle l’invasione dell’Ungheria e in procinto d’invadere la Cecoslovacchia, mentre proseguiva l’oppressione delle minoranze interne e veniva soffocata qualsiasi voce di dissenso; e la Cina di Mao, appena reduce dallo sterminio di decine di milioni di contadini con la politica folle del «Grande balzo» e già colpevole di stragi di operai in occasione degli scioperi di Canton e di Shanghai.

Del resto, lo stesso regime nordvietnamita non brillava certo per democrazia e rispetto delle dissidenze: il gruppo dirigente di Ho Chi Minh si era formato alla scuola dello stalinismo, aveva imposto una dittatura sterminando ogni opposizione interna (tra cui la splendida figura dell’oppositore comunista Ta Thu Thau) e si vedrà poi che, appena libero dall’aggressione statunitense, il Vietnam riunificato procederà all’invasione della Cambogia (durata dal 1978 al 1990).

Ebbene, quel pacifismo non neutralistico degli anni ‘60 diede vita al più grande movimento internazionale di protesta contro l’aggressione a un popolo sovrano che si sia mai visto fino ad oggi.

Ed esso fu unitariobenché al suo interno ci fossero orientamenti ideologici, politici, religiosi, sindacali tra i più diversi: c’erano liberals, socialisti, comunisti e anticomunisti ecc.; cattolici, protestanti, buddisti ecc.; ammiratori del regime vietnamita e suoi critici (come il sottoscritto); c’era chi chiedeva semplicemente il ritiro delle truppe Usa, chi lottava per un «Vietnam libero» e chi per un «Vietnam rosso» (come il sottoscritto, ma anche tanti altri al mondo). Diversi obiettivi e diverse provenienze ideali non impedivano di schierarsi unitariamente dalla parte del popolo aggredito e contro l’aggressore.

Il Tribunale Russell dei popoli sintetizzò magnificamente questa pluralità di motivazioni e obiettivi. Nessuno fu neutrale all’interno del movimento di solidarietà mondiale: tutti volevano il ritiro delle truppe Usa (che equivaleva a una vittoria del popolo vietnamita), qualsiasi cosa intendesse ognuno con tale obiettivo e col regime a seguire. 

Era autentico pacifismo non-neutralistico: si stava dalla parte del popolo aggredito indipendentemente dal giudizio che si dava del suo regime e anche degli Stati che lo stavano aiutando a resistere. Si sapeva che questi lo facevano, ovviamente, solo per proprie finalità politiche, ma la realtà era che lo facevano e questo era ciò che importava finché l’aggressione non fosse terminata.

 

3. Che sarebbe accaduto se fossimo stati neutrali per il Vietnam?

a)In primo luogo il Vietnam non avrebbe potuto resistere per così tanti anni e forse non avrebbe potuto nemmeno vincere. Questo perché alla lotta armata del popolo vietnamita(fattore numero uno della vittoria finale) si aggiunse ben presto la crescita a livello di massa del movimento contro la guerra in seno agli stessi Stati Uniti. Di lì poi si estese al mondo, diventando il fattore numero due per la vittoria finale. Il governo statunitense fu costretto ad arrendersi dalla pressione congiunta di queste due forze: lotta armata del popolo vietnamita e movimento contro la guerra soprattutto negli Usa, ma anche in gran parte del resto del mondo.

La resistenza militare fu resa possibile, come detto, dalle forniture di armi provenienti da paesi stalinisti e reazionari come quelli del Patto di Varsavia, la Cina e la Corea. Mentre la crescita del movimento a favore del popolo vietnamita fu unitario e pluralistico allo stesso tempo. Non ci fu mai spazio per posizioni neutralistiche, anche se le divergenze politiche, ideologiche e religiose non smisero mai di esistere e di farsi sentire.

b)Se fossimo stati neutrali per il Vietnam non vi sarebbe stata la grande radicalizzazione dell’intera società statunitense. Il movimento di liberazione dei neri non avrebbe avuto l’improvviso enorme sviluppo che ebbe grazie al contesto di radicalizzazione dell’intero Paese. Idem per gli ispanoamericani e altre minoranze. Per non parlare del movimento femminista che poté affiancarsi al movimento contro la guerra, almeno alle sue origini, e crescere poi in forma autonoma nel clima generale di radicalizzazione negli Usa.

c)In terzo luogo non ci sarebbe stata la rivolta dei giovani in alcuni importanti paesi capitalisticio perlomeno avrebbe avuto tempi più lunghi, dimensioni più piccole e forme diverse di sviluppo. Tutte le analisi storiche più attendibili riguardanti la rivolta che chiamiamo «il Sessantotto nel mondo» concordano sul ruolo preminente che ebbero la guerra del Vietnam e la figura simbolo di Guevara (col suo appello a creare «due, tre molti Vietnam») nel far esplodere in termini politici le contraddizioni sociali e ideologiche che covavano sotto la cenere nel mondo giovanile.

Non ci sarebbero stati il ‘68 italiano, francese, tedesco, inglese e via discorrendo. Chi ricorda la giornata mondiale del 24 aprile 1967, dedicata al Vietnam, sa bene che essa fu la prova generale di quanto stava per accadere alcuni mesi dopo: lo si vide chiarissimamente nella grande e combattiva manifestazione di Firenze (che si concluse assaltando il Consolato yankee), così come in quelle di Parigi, Berlino, Paesi scandinavi ecc. Quella di Firenze fu veramente l’anticamera del movimento che di lì a poco avrebbe cambiato il volto del nostro Paese.

d)In quarto luogo, se fossimo stati neutrali per un’aggressione così vistosa come quella del Vietnam, avremmo avuto enormi difficoltà a non esserlo per le lotte di altri popoli oppressi, come gli irlandesi del Nord, i palestinesi, i baschi, i curdi, i cecoslovacchi, i polacchi e altri. La posizione neutralistica si sarebbe riversata logicamente anche su queste lotte, minori rispetto al Vietnam. In esse, tra l’altro, era in genere più difficile tracciare un’esatta fisionomia dell’aggressore, mentre sussistevano altrettante ragioni fortissime per non condividere i pessimi orientamenti delle direzioni dei rispettivi movimenti di liberazione.

e)Ci sarebbero state varie altre conseguenze negative - in campo ideologico, culturale, artistico e financo religioso (almeno nel mondo cattolico) - se fosse prevalso un orientamento neutralistico rispetto all’aggressione antivietnamita, ma il discorso qui si farebbe molto più ampio di quanto l’economia di discorso non consenta. Il lettore può provare a immaginarle per conto proprio.

E poi, sempre per conto proprio, si provi a trasferire quanto detto sul non-neutralismo per il Vietnam alle conseguenze che una crescita del neutralismo per l’Ucraina potrebbe avere per il nostro futuro, politico ed ecologico: è un esercizio mentale che non aiuterà certo la Resistenza ucraina, ma può giovare all’intelligenza e alla coscienza di ognuno di noi.

 

4. Il ricorso alle armi e la loro fornitura

Il tema del ricorso alle armi è un tema spinoso e costituirà sempre una divergenza di fondo col pacifismo neutralistico (quello che io considero un falso pacifismo). Le armi non piacciono, portano morte e abbrutiscono l’essere umano. Fin qui non può che esserci accordo.

Il problema nasce dall’aggressione armata alla quale lo stesso essere umano ha il dirittodi opporsi (come richiede la sopravvivenza della specie e riconosce la moderna legislazione), e soprattutto il dovere, se intende difendere la propria famiglia, la propria casa, le proprie realizzazioni e il proprio Paese.

In Italia è stata combattuta la Resistenza, in primo luogo per opporsi all’occupazione nazista e, dopo la prima incerta fase di avvio, le principali forniture di armi vennero dagli Alleati (essenzialmente Gran Bretagna e Usa). Del resto gli stessi Alleati combatterono in Italia, aiutandoci a cacciare l’invasore nazista: da soli non ce l’avremmo fatta. Che poi gli ideali di quella Resistenza siano stati stravolti e di fatto liquidati, è un altro discorso, a molti ormai ben noto.

L’alternativa al non uso delle armi di fronte a un’aggressione armata, è la resa. La si condisca di eufemismi quanto si vuole (chiamandola «tregua delle armi», «resistenza passiva», «rifiuto della violenza» ecc.) rimane il fatto che sempre di resa si tratta. L’aggressore entra nel territorio di un popolo sovrano, ammazza, distrugge, bombarda e lo occupa. Ed è ben felice di farlo con un modesto impiego di forze, visto che nessuno gli si è opposto. Sarà poi ancor più difficile mandarlo via senza il ricorso alle armi (guerriglia urbana, attentati ecc.).

Questo non è pacifismo, ma la sua caricatura che non trova precedenti o se li trova sono tutt’altro che encomiabili. Come quando il Pcf fece campagna per non opporsi con le armi all’entrata delle truppe naziste in Francia (era il biennio dell’alleanza nazi-sovietica) e lo stesso segretario Thorez disertò, per dare l’esempio, o come quando il Pcusa si batté (sempre nel periodo dell’alleanza nazi-sovietica) perché gli Stati Uniti non entrassero in guerra contro la Germania hitleriana.

Nel corso dell’attuale aggressione, gran parte del fronte «neutralistico» si è opposto alla fornitura di armi all’Ucraina, magari denunciando allo stesso tempo e in astratto l’aggressione. In realtà, la non concessione di armi avrebbe fatto durare l’aggressione poche ore e oggi l’intera Ucraina sarebbe occupata dall’esercito invasore, mentre Putin avrebbe cominciato a cercare qualche altro popolo da sottomettere o qualche altro territorio dell’ex Impero zarista da conquistare. E invece, grazie alla resistenza armata degli aggrediti, l’esercito aggressore sta avendo, nel momento in cui scrivo, seri problemi a completare la conquista: eppure si tratta di una delle tre principali potenze militari al mondo

Il valore politico della straordinaria capacità di resistenza dimostrata dal popolo ucraino sarà un’arma preziosa per il futuro, comunque vada a finire la vicenda. I militari russi se ne accorgeranno a proprie spese, se nel futuro dovessero occupare veramente l’Ucraina o zone del suo territorio. Eppure, dovrebbero aver imparato qualcosa dalla sconfitta subìta in Afghanistan.

Nella posizione ipocrita di denunciare l’aggressione, ma di non voler fornire armi al popolo aggredito, c’è una variante politica «di pseudosinistra»: le armi sono della Nato e poiché noi siamo contro la Nato non possiamo consentire che le armi vengano di lì.

Se per questa posizione ipocrita qualcuno pensa a Rifondazione comunista, è in diritto di farlo perché nel 2006, quando questo partito andò al governo sotto la guida di Fausto Bertinotti, non solo fece scomparire il tema dell’uscita della Nato dal suo programma, ma votò più volte anche a favore delle missioni militari italiane all’estero, in Afghanistan e in altri 17 Paesi, alcune delle quali sotto le insegne della Nato.

Rifiutare la fornitura di armi al popolo ucraino significa dichiararsi esplicitamente a favore della vittoria russa. E ciò rende avversaria degli ucraini e complice di Putin quella parte del pacifismo che magari non si dichiara apertamente neutrale, ma vanifica la denuncia dell’aggressione con l’invito al disarmo della Resistenza ucraina.

Parlando di disarmo, va ricordato che nessuna componente del falso pacifismo ha messo in risalto il fatto che l’Ucraina è stato il primo (o secondo) paese al mondo ad attuare il proprio disarmo nucleare unilaterale. (Il Sudafrica lo aveva già fatto, smantellando un arsenale atomico in via di costituzione dal 1974.)

Basterebbe questa «dimenticanza» per far capire l’ipocrisia del pacifismo neutralistico, soprattutto nella sua variante favorevole al disarmo degli ucraini. Un sano pacifismo farebbe di tutto per glorificare il merito storicoche da ciò discende per la nazione ucraina: i primi (o secondi) ad aver concretizzato il sogno del disarmo nucleare unilaterale...

A quando il disarmo nucleare unilaterale degli Usa, della Russia, della Cina, della Francia, della Corea del Nord, dell’Inghilterra, del Pakistan, dell’India, di Israele? (Senza dimenticare i paesi che ospitano enormi arsenali nucleari come l’Italia e la Germania.)

 

5. Ma anche gli ucraini hanno le loro colpe...

Equivalente del più banale «se la sono andata a cercare». È un argomento ricorrente nel mondo pacifista-neutralistico, ma anche in bocca alla gente comune. I più raffinati spiegano le pecche del regime nato dopo i fatti di piazza Majdan (movimento Jevromajdan) e la cacciata di Viktor Janukovič, l’oligarca presidente legato a Mosca. 

Non è questa la sede per esaminare gli errori compiuti dai successivi governi ucraini e dallo stesso Volodimir Zelen’skij. Ciò fa parte dell’analisi politica e le colpe o gli errori (grossi o piccoli che siano) non possono giustificare una qualsiasi aggressione esterna. Non la giustificarono per il Vietnam di Hanoi, non possono giustificarla per l’Ucraina di Kiev.

Basta fare alcuni esempi storici. L’Italia mussoliniana invase l’Etiopia che all’epoca era retta dal Negus: cioè un regime teocratico feudale, una dittatura istituzionale ferocemente repressiva - quanto di peggio si potesse immaginare all’epoca tra i paesi africani non sottomessi al colonialismo. Eppure nessuno nel mondo civile e democratico si è mai sognato di giustificare l’aggressione fascista all’Etiopia a causa del suo regime feudale.

Il bombardamento di Dresda nel febbraio 1945: è da sempre unanime nella coscienza civile e democratica la condanna del crimine compiuto dalle aeronautiche britannica e statunitense. Nessuno si è mai sognato di giustificarlo dicendo che gli abitanti di Dresda (colpiti mentre cercavano di evacuare) erano nazisti.

Le bombe su Hiroshima e Nagasaki, ad agosto 1945, sono state sempre oggetto di condanna unanime da parte anche di coloro che commisero il crimine. Eppure esse andarono a colpire la popolazione di uno Stato che aveva devastato l’Estremo Oriente, fatto morire milioni di persone e aveva collaborato col nazismo e col fascismo.

Insomma, si potrebbero fare decine di altri esempi significativi, per i quali gli errori, gli orrori o la natura retrograda del Paese aggredito non sono mai stati considerati una giustificazione per aggredirlo e sottometterlo (come invece continua a fare, purtroppo, lo Stato cinese per il povero popolo tibetano).

 

6. In Russia manca una forte opposizione contro la guerra...

E vorrei vedere il contrario... Gli oppositori alla guerra li stanno sbattendo in carcere a migliaia.

Sappiamo che la Russia è una semidittatura, in cui i media sono poliziescamente ipercontrollati e quindi la verità su quanto sta accadendo può circolare solo fuori dai circuiti ufficiali. Gli stessi soldati (che sono purtroppo di leva) sono stati mandati allo sbaraglio con la convinzione di dover «denazificare» l’Ucraina. (Mentre invece sarebbero stati molto più utili nello sgominare i forti movimenti di destra nazionalista, razzista in senso slavistico e nostalgica dello zarismo che albergano tranquillamente nel mondo politico russo). Solo troppo tardi essi scoprono che la realtà è un’altra e che sono stati ingannati. Quelli che sopravviveranno (compresi i pochi tra i poveretti che sono stati mandati a scavare trincee nella zona di Chernobyl) potranno essere soggetti attivi nella costruzione di un movimento antiputiniano nel prossimo futuro, come lo furono molti veterani del Vietnam.

Ma la differenza con gli Usa è che lì vigeva un certo livello di democrazia, per cui il movimento potè crescere, avere propri organi di stampa e fare manifestazioni imponenti in ogni parte del Paese. In Russia per ora si finisce solo in carcere a voler tentare di dire la verità. È la differenza tra un regime semidittatoriale e una democrazia imperfetta(che tra l’altro all’epoca del Vietnam era molto ma molto più imperfetta - diciamo «più arretrata» - di quanto non lo sia oggi).

 

7. L’Ucraina è stata parte del mondo russo ed è giusto che torni ad esserlo...

Qui purtroppo la malafede e l’ignoranza abissale si danno la mano. Si va da chi crede che l’ucraino sia un dialetto del russo (e non una lingua a sé stante) e che i torti fatti ai danni del popolo ucraino durante lo stalinismo non siano molto diversi da quelli commessi ai danni delle altre nazionalità. Tale è l’ignoranza a questo riguardo che sul blog di Utopia Rossa è stato necessario pubblicare una serie a puntate in cui si ricostruivano i momenti principali nella storia dell’oppressione granderussa nei confronti del popolo ucraino.

Nel 1920, dopo la liberazione dallo zarismo, i bolscevichi distrussero il movimento indipendentista di Machno(benché avesse aiutato a combattere contro gli eserciti Bianchi) e all’Ucraina non restò che aderire nel 1922 alla nascente Unione Sovietica.

Nel 1931-33 Stalin operò un vero e proprio genocidio(«crimine contro l’umanità» lo ha definito il Parlamento europeo nel 2008) ai danni dei contadini ucraini, con una carestia indotta per punirli della loro opposizione alla collettivizzazione forzata. Si calcola che morirono almeno tre milioni e mezzo di persone, private del grano, delle sementi e del loro bestiame. Un crimine di genocidio di cui i neutralisti non parlano mai (e questa forse è una delle loro colpe più gravi).

Nel 1939, dopo il Patto con Hitler e la spartizione della Polonia, la polizia stalinista collaborò con quella nazista nelle operazioni di pulizia etnicanei rispettivi territori conquistati. (Al riguardo si veda il bel libro dettagliatissimo di Claudia Weber, del 2019 [ed. italiana del 2021]). Furono almeno 61.000 gli ucraini deportati e fatti scomparire nel Gulag.

Nonostante tutti questi precedenti nei confronti di questo disgraziato popolo - assimilabile nell’azione criminale dello stalinismo al popolo polacco che non a caso si sente ora minacciato a sua volta - la Russia è tornata ad aggredire l’Ucraina nel 2014 per impedirle di aderire alla Ue (e in prospettiva alla Nato), dopo che era stato cacciato il suo presidente fantoccio filoputiniano, con un tipico atto di democrazia diretta.

Nella vulgata degli hitlero-comunisti (ma in parte anche dei neutralisti) la cacciata di Janukovič viene definita «golpe», laddove fu invece una grande e lunga mobilitazione di massa, che nemmeno le sparatorie su pacifici manifestanti riuscirono a soffocare.

Ma ormai il termine è talmente inflazionato che non ci si fa più caso: in America latina, per esempio, ogni volta che un governo di «sinistra» perde le elezioni o deve dimettersi, per le più varie ragioni, si leva la schiera di coloro che denunciano il «golpe» - sciagurati ignoranti di che cosa siano stati veramente i golpesnel passato dei Paesi latinoamericani (e non penso solo a Pinochet) -  salvo poi dare la patente di sinistra a governi apertamente reazionari come quello del Nicaragua di Ortega e consorte.

Questo è un altro discorso che, però, non va trascurato del tutto perché il giusto risentimento anti-Usa che si vive in America latinasta portando persone ingenue e in buonafede a fornire una copertura ideologica all’aggressione russa, sia in chiave neutralistica, sia in chiave tendenzialmente hitlero-comunista. E così, dimenticando il diritto all’autodeterminazione dei popoli oppressi, si approfondisce il degrado ideologico già così fortemente avanzato della ex intellighenzia di sinistra antimperialistica latinoamericana.

 

8. Cosa proporre in alternativa al pacifismo-neutralismo?

Un discorso che più semplice non si può: partire dal principio che lo Stato russo dovrebbe come prima cosa chiedere perdono al popolo ucraino per le sofferenze che gli ha inflitto nell’arco di un secolo.

E se lo Stato russo rifiuta di compiere questo elementare dovere e continua nella sua politica criminale, allora fornire alla Resistenza ucraina tutto l’aiuto militare, politico ed economico di cui ha bisogno.

E se la Resistenza ucraina dovesse perdere sul piano militare - giacché su quello morale e politico ha già stravinto - continuare ad aiutarla nella fase di lotta clandestina che l’attenderebbe contro l’occupazione imperialistica russa.

Già, stavo dimenticando forse la cosa più importante: e cioè che la Russia è un pessimo paese capitalistico(un’economia in mano a oligarchi e mafie di potere, spesso eredi della vecchia burocrazia stalinista-brezneviana), ma è un potente paese imperialistico. Dotato per giunta di un enorme arsenale atomico che Putin ha già minacciato due volte di usare nel caso che la Nato si faccia troppo avanti. 

E anche la sottovalutazione della minaccia nucleare- che i pacifisti neutralisti fingono di non aver sentito - è forse la prova più grave di un’ipocrisia di fondo.

Come potranno venir ancora a parlare di economia sostenibile o di lotta al cambio climatico persone e gruppi che hanno finto d’ignorare il riemergere della minaccia atomica da parte di Putin (nonché le devastazioni compiute di città e territori)?

Non succedeva dal 1962, quando però si fronteggiarono due capi di stato non privi di un minimo spessore intellettuale e che tutto sommato riuscirono a mettersi d’accordo, superando in tal modo la crisi dei missili da loro stessi creata: John Kennedy e Nikita Chruščëv. Per nostra fortuna, all’epoca non ci fu alla testa dell’Urss una figura caricaturale come l’ex poliziotto, attuale paranoico zar del Cremlino. 

Per aprire la possibilità di un discorso rivoluzionario sul clima, dopo anni di vani appelli e azioni puramente spettacolari, prive di autentici connotati antimperialistici, forse le minacce nucleari di Putin potrebbero contribuire a imprimere una svolta e un rilancio. Di qui la proposta: e se cominciassimo a esigere il disarmo nucleare unilaterale di chi ha avuto la sfrontatezza di minacciare l’uso delle atomiche?

 

9. E l’aspetto umano?

Chiediamoci come si possa non provare commozione, umana pietas, davanti allo sterminio in atto, chiaro proseguimento del genocidio del 1931-33. Per quelli della mia generazione - quella del Vietnam e di Guevara - è impensabile che si rimanga neutrali davanti all’aggressione di una grande potenza contro un popolo. Questa mancanza di sensibilità umana è forse l’aspetto più sconvolgente. E poiché la trovo in compagni e compagne di lotta e di idee, comincio a temere che a monte, in certe frange di pseudosinistra, si stia verificando un mutamento antropologicoe che esso incomba come una minaccia sul nostro futuro.

                                                                                                              25 aprile 2022


*     Il termine hitlero-comunismo è stato da me già usato in una ricostruzione della storia del Pci di Togliatti dopo la firma del Patto Hitler-Stalin. Per l’occasione riportai una descrizione dello stato d’animo dei comunisti fatta da una fonte insospettabile, come Umberto Terracini: «...non mancò chi cercò di portare il discorso nel campo ideologico, dei princìpi perenni... chi si spinse a dare motivazioni di tipo ideologico e dottrinale dell’atteggiamento dell’Urss. Si riprese a sostenere una sorta di equidistanza, di indifferenza tra le democrazie occidentali e Hitler, e la Germania nazista».

  La degenerazione filonazista dello stalinismo durò un biennio perché poi venne l’aggressione all’Urss. Ma le tracce rimasero e riappaiono continuamente nel disprezzo per la democrazia e nel sostegno che le sinistre reazionarie danno a ogni dittatura che sia animata da acceso antiamericanismo.

  Si veda  «Il Pci e il Patto Hitler-Stalin» in Piero Bernocchi-Roberto Massari, C’era una volta il Pci... 70 anni di controstoria in compendio, Bolsena 2021, pp. 61 e 69. 


Le puntate precedenti sull’Ucraina in questo blog:

 

Ucraina 18: POURQUOI SOUTENIR LA RÉSISTANCE UKRAINIENNE? (Ukraine Solidarité France)

Ucraina17POURQUOI UN NOUVEL APPEL SOLIDAIRE INTERNATIONALE AVEC LE PEUPLE UKRAINIEN?

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/05/con-la-resistencia-del pueblo-ucraniano.html#more

Ucraina 16: WITH THE RESISTANCE OF THE UKRAINIAN PEOPLE, FOR ITS VICTORY AGAINST THE AGGRESSION
Ucraina 15: POLONIA 1939-UCRAINA 2022: INVASIONI A CONFRONTO (I), di Michele Nobile

Ucraina 14: CONQUISTA DELL’UCRAINA E STORIA DELL’IMPERIALISMO RUSSO, di Zbigniew Marcin Kowalewski

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/05/ucraina-14-conquista-dellucraina-e.html

Ucraina 13: LA CONQUÊTE DE L’UKRAINE ET L’HISTOIRE DE L’IMPÉRIALISME RUSSE, par Zbigniew Marcin Kowalewski

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/05/ucraina-13-la-conquete-de-lukraine-et.html#more

Ucraina 12: L’IPOCRISIA DEL PACIFISMO-NEUTRALISMO, di Roberto Massari

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/04/lipocrisia-del-pacifismo-neutralismo.html

Ucraina 11: LA SINISTRA REAZIONARIA, di Michele Nobile

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/04/ucraina-11-la-sinistra-reazionaria-e.html#more

Ucraina 10: GLI OBIETTIVI DI PUTIN. CONSOLIDARE LA SFERA D’INFLUENZA ESTERA E IL REGIME INTERNO, di Michele Nobile

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/03/ucraina-10-gli-obiettivi-di-putin.html

Ucraina 9: L’INDIPENDENTISMO UCRAINO NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE, di M.J. Geller-A.M. Nekrič

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/03/ucraina-9-lindipendentismo-ucraino.html

Ucraina 8: IL DISARMO NUCLEARE UNILATERALE DELL’UCRAINA, di Michele Nobile

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/03/ucraina-8-il-disarmo-nucleare.html

Ucraina 7: L’ALLEANZA NAZISOVIETICA E L’HITLEROCOMUNISMO, di Roberto Massari

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/03/ucraina-7-lalleanza-nazisovietica-e.html 

Ucraina 6: LE CIFRE DEL GENOCIDIO IN UCRAINA, di Robert Conquest

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Ucraina 5: MACHNO E LA MACHNOVŠČINA, di Daniel Guérin

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Ucraina 4: FERMIAMO LA GUERRA, FUORI LE TRUPPE RUSSE DALL’UCRAINA, della Confederazione COBAS

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Ucraina 3: CON LA RESISTENZA UCRAINA, CONTRO L’AGGRESSIONE IMPERIALE DI PUTIN, di Michele Nobile 

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Ucraina 2: Il DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE SECONDO LENIN, di Roberto Massari

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Ucraina 1. IL GENOCIDIO DIMENTICATO, di Ettore Cinnella

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RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.