L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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domenica 6 ottobre 2024

L’ANTISEMITISMO DEI NIPOTI DI HITLER

di Roberto Massari


ITALIANO - ENGLISH - ESPANOL - FRANÇAIS


I nipoti di Hitler sono tanti, troppi, e comunque molto più di quanti l’umanità si sarebbe aspettata di dover tollerare nel Terzo millennio. Anch’essi vogliono lo sterminio degli ebrei, ma «solo» di quelli che vivono in Israele, a differenza del «nonno» che, all’epoca del Patto nazi-sovietico, preparava la «soluzione finale», cioè lo sterminio degli ebrei nel mondo intero.

In Medio oriente tale proposito era rappresentato da un campione dell’antisemitismo, molto popolare nel mondo arabo: Muhammad Amin al-Husseini, il Gran Muftī di Gerusalemme e una delle più alte autorità dell’Islam sunnita. Oltre a combattere gli ebrei, questi reclutava soldati mussulmani (arabi e bosniaci) per le SS naziste e per il Regio esercito fascista italiano. Nell’incontro con lui, del 28 novembre 1941 a Berlino, Hitler dichiarò che avrebbe fatto di tutto per impedire la nascita di uno Stato ebraico (come viene chiesto oggigiorno dai suoi «nipoti») e lo rassicurò sulla propria intenzione di sterminare tutti gli ebrei anche nella regione palestinese (idem come sopra).

L’esito della Guerra impedì che tali propositi si avverassero, ma il feroce antisemitismo di al-Husseini sopravvisse nella figura del primo presidente dell’OLP - Ahmad al-Shuqayrī - che rivestì la carica dal 1964 al 1967, prima d’essere sostituito da Arafat.

Qui però non voglio  parlare dell’antisemitismo di matrice islamica (sunnita, sciita ecc.) né di quello dei nostalgici del nazismo e nemmeno dell’antisemitismo di Stalin negli ultimi anni del suo regno. Voglio invece stabilire dei criteri (il più possibile semplici e schematici) per definire la nuova ondata di antisemitismo dilagata nel mondo giovanile e nelle università occidentali, dopo il pogrom antiebraico di Hamas (7 ottobre 2023), nel sud di Israele, e dopo l’ennesima aggressione di Hezbollah (8 ottobre 2023), nel nord: entrambe le aggressioni concordate con l’Iran che a un certo punto ha aggredito Israele a sua volta, con valanghe di lanci di missili sulla popolazione civile. Lanci respinti dalla difesa israeliana, col concorso per la prima volta di alcuni Stati arabi: un fatto che rende ottimista chi crede nella pace, perché indica un calo dell'antisemitismo «storico» nel mondo arabo-mussulmano (vedi le reazioni di consenso per l’uccisione di Assan Nasrallah nel mondo sunnita), a differenza di ciò che accade nei campus e nelle manifestazioni dell’antioccidentalismo europeo e americano. Nel mondo arabo  cala l’antisemitismo, mentre nell’Occidente cresce. Vallo a spiegare…


[In realtà io una spiegazione l'avrei, anche se un po’ azzardata sul piano storico.

L'isteria del nuovo antisemitismo - quello antioccidentalista, di «sinistra», universitario, da Internet, di moda ecc. - deriva dal fatto che le vittorie militari di Israele stanno rompendo lo stereotipo classico del povero ebreo, umiliato e sofferente, al quale la cultura «cristiana» dominante aveva abituato l’umanità per oltre 20 secoli dopo aver dato il massimo contributo alle persecuzioni antiebraiche (accusa di deicidio, Inquisizione ecc.). Nella cultura «cristiana»  (cattolica, protestante e ortodossa)  gli ebrei apparivano storicamente come un popolo destinato ad essere sempre sconfitto e perseguitato: dalla Guerra giudaica di Pompeo nel 63 a.C., passando per il 70 d.C., i pogrom medievali e moderni,  e arrivando all’Olocausto nazifascista.

Dal 1948, però, i sopravvissuti dell’Olocausto e i loro figli, nipoti ecc. hanno rovesciato lo stereotipo, dimostrando al  mondo di essere i migliori combattenti che ci siano, i più efficaci nel respingere le aggressioni, e i più motivati e decisi a difendere la sopravvivenza della propria nazione, pronti questa volta a farsi uccidere fino all’ultimo ebreo israeliano se necessario. Questo rovesciamento dello schema classico - del povero ebreo sofferente e perseguitato - ha innescato una reazione isterica in parte del mondo culturale che con quello schema mentale (una tipica proiezione sadomasochistica) era cresciuto e aveva persino elaborato un proprio modo di condannare l’Olocausto: un modo fatto di pietas cristiana verso chi ha tanto sofferto, con il relativo invito alla rassegnazione e la certezza che il tentativo di sterminare gli ebrei non si sarebbe più ripetuto… almeno fino al 7 ottobre 2023.

Ecco, alla base della nuova esplosione di antisemitismo «occidentale» c’è il rifiuto di rassegnarsi al loro destino di umiliazioni e sofferenze da parte degli ebrei d’Israele (quali che siano le differenze etniche e politiche tra loro). Dal 1948 essi hanno detto «basta» a duemila anni di persecuzioni, e da allora si hanno avute tutte le prove che continueranno a dirlo con sempre maggiore efficacia militare, passando dalla parte dei vincitori e non degli sconfitti. Al momento, per es., gli sconfitti sono chiaramente l’Iran e le sue organizzazioni terroristiche che purtroppo fanno pagare agli abitanti di Gaza e del Libano il prezzo in vite umane della loro follia genocida.

Può anche accadere, invece, che nell’antisemitismo «occidentale» (in particolare nelle sue componenti sadomasochistiche) si verifichi a un certo punto la classica svolta a favore di chi sta vincendo. Svolta che in embrione si può già cogliere in certi ambienti sunniti, ostili peraltro al regime iraniano: le masse pecorone che oggi inneggiano allo sterminio degli ebrei, potrebbero sentire nel futuro il fascino della superiorità militare israeliana, cioè di un popolo che usa la forza in forma vincente, e diventare così ultrafiloisraeliane, alla ricerca di altre fonti di persecuzione-rassegnazione (secondo lo schema rovesciato del «sacro carnefice», magistralmente descritto da Hyam Maccoby). Un processo analogo si era verificato su scala molto più vasta con l’amore di massa per lo stalinismo di Stalin e per il maoismo di Mao. Di quest’ultima follia fui testimone, osservatore diretto e tenace avversario fin dal suo nascere, e riscontro enormi analogie con la moda antisemita attuale. Spero di parlarne in altra occasione.]      


Quanto segue, lo si può considerare un prontuario che riassume le posizioni che circolano negli ambienti del nuovo antisemitismo. È utile per coloro che, protestando contro Israele e inneggiando ad Hamas o Hezbollah, lo fanno in buonafede, senza sospettare di essere a loro volta degli antisemiti, eredi per l’appunto dell’antisemitismo nazista, fascista, ustascia, staliniano (dell’ultimo Stalin), o forse semplicemente vittime inconsapevoli delle falsità circolanti nel Web. Queste sono camuffate da antisionismo, antimperialismo, antioccidentalismo, antiamericanismo, terzomondismo ecc., anche se spesso rispondono semplicemente a stati psichici alterati.

Nell’esaminare i punti seguenti, chi dovesse riconoscersi anche in un solo di essi, farebbe bene a fermarsi, riflettere, informarsi meglio, leggere qualche buon libro e magari chiedere consiglio a chi ha dedicato la propria vita a combattere contro il nazismo, il fascismo, gli ustascia, lo stalinismo, l’hitlerocomunismo e altri nemici della civiltà umana. Ma soprattutto farebbe bene ad ascoltare liberamente la voce della propria coscienza, al momento sommersa dalla moda antisemita dilagante.


Le affermazioni che seguono sono tutte false. La vulgata antisemita invece le contrabbanda come vere. A volte però è anche grossolana ignoranza che spinge a crederle vere. Del resto antisemitismo e ignoranza hanno una lunga storia di convivenza simbiotica.


1) Il popolo ebraico (inteso in senso etnico-culturale e non necessariamente religioso) non esiste e forse non è mai esistito. È tutta un’invenzione pseudobiblica del sionismo, e le stesse cifre dell’Olocausto sono state gonfiate artificialmente. (Del resto, come avrebbe potuto Hitler sterminare 6 milioni di un popolo inesistente?).

2) Al termine della Seconda guerra mondiale non c’era alcun bisogno di trovare una collocazione terrritoriale in cui i sopravvissuti della Shoah potessero vivere come nazione indipendente e creare un proprio Stato.

3) Gli ebrei da tempo non erano più presenti in Palestina, sia pure come minoranza etnica. Dalla fine dell’Ottocento in poi non vi erano state ondate ebraiche immigratorie. Queste non continuarono a crescere sotto il Mandato britannico e in seguito alla vittoria del nazismo in Germania.

4) Gli arabi palestinesi si consideravano una nazione autonoma e in grado di costruire un proprio Stato, prima che nascesse Israele.

5) I Paesi arabi circonvicini fecero sempre di tutto per aiutare il mondo dei beduini, dei fellah e dei mercanti arabi palestinesi a sentirsi nazione e a creare un proprio Stato. Non avevano alcuna intenzione di appropriarsi, ognuno nel proprio interesse, di fette di territorio palestinese.

6) Nel 1947 le Nazioni Unite non decisero veramente di creare uno Stato degli ebrei nei territori palestinesi. O, ammesso che lo fecero, esse non rappresentavano la voce maggioritaria dell’umanità (Urss di Stalin compresa). Lo Stato d’Israele, invece, fu creato con la violenza armata ed espropriando con la forza i terreni agricoli dei fellah arabo-palestinesi. Esso non ha alcuna base legale.

7) Ogni Stato membro delle Nazioni Unite è libero di fare quel che vuole, incluso opporsi con la forza armata a delle decisioni che considera ingiuste e senza per questo dimettersi. 

8) Il 15 maggio 1948 (giorno dopo la dichiarazione dello Stato d’Israele) non furono gli eserciti della Lega araba e di Egitto, Libano, Siria, Transgiordania e Iraq (alcuni di essi membri delle UN) ad aggredire Israele. Fu Israele che li aggredì.

9) I circa 700.000 palestinesi che uscirono da Israele tra il settembre 1947 e il 1948, non lo fecero perché spaventati dalla guerra che la Lega Araba aveva cominciato a preparare prima del voto all’Onu e che esplose il 15  maggio 1948, ma perché furono cacciati dal nuovo governo israeliano.

10) I circa 6-700.000 ebrei che nel 1948 uscirono in massa dagli Stati arabi ed emigrarono in gran parte in Israele, lo fecero per propria scelta e spirito sionista, non perché spinti da pogrom e altre rappresaglie antigiudaiche.

11) Il fatto che Israele vinse la guerra nel 1948 è stata una tragedia per il Medio oriente. Sarebbe stato meglio far scomparire subito l’«entità sionista».

12) Non è vero che Urss e Cecoslovacchia contribuirono con armi alla vittoria di Israele nel 1948, e che poi l’Urss cambiò linea diventando antisionista. L’Urss era stata sempre contraria alla nascita d’Israele.

13) Gli arabi palestinesi che furono costretti a fuggire furono accolti solo temporaneamente in campi profughi, ben presto sostituiti da civili abitazioni, scuole, servizi ecc. I Paesi arabi circonvicini fecero sempre di tutto per assicurare l’assimilazione dei profughi palestinesi e non vi fu mai traccia di ostilità nei loro confronti. Al contrario di ciò che ha fatto Israele con gli arabi palestinesi rimasti in Israele, che vivono un regime di apartheid e sono sottoposti a continue umiliazioni politiche. La loro rappresentanza parlamentare nella Knesset è solo una copertura propagandistica.

14) In Medio oriente non c’è alcun bisogno di regimi democratici. La democrazia d'Israele è solo una finzione: finte le elezioni, finto il pluripartitismo, finte anche le attuali manifestazioni antigovernative e finto addirittura il recente sciopero generale convocato nonostante la guerra. Tutto un paravento democratico finto che va distrutto il prima possibile.

15) Le stragi di palestinesi operate dal governo giordano nel 1970-71 (il cosidddetto «Settembre nero») sono un’invenzione del sionismo. 

16) La guerra dei Sei giorni a giugno del 1967 fu un atto deliberato di aggressione da parte d’Israele e non un attacco preventivo contro un'aggressione che si preparava da parte di Egitto, Siria e Giordania.

17) Non è vero che il territorio d’Israele è oggetto di lanci missilistici ormai da decenni e da varie parti.

18) Chi si sacrifica per uccidere dei civili israeliani non è un terrorista, ma un partigiano (ANPI italiana).

19) Il progetto iraniano di sterminare il popolo ebraico d’Israele non è genocidio, così come non lo sono i progetti analoghi di Hamas e di Hezbollah.

20) È invece genocidio la risposta armata d’Israele al pogrom di Hamas, ai missili di Hezbollah, Iran, Houti e sciiti siriani.

21) Israele non ha diritto a difendersi come qualsiasi altro Stato della terra.

22) Israele deve rispettare rigorosamente il diritto internazionale di guerra perché così fanno i suoi avversari del fronte iraniano.

23) È giusto che le Nazioni Unite e altri organismi internazionali (Amnesty, Unicef, Croce rossa, Ong varie…) usino un trattamento particolare per Israele, denunciando ogni sua violazione della legalità in stato di guerra e tacendo sistematicamente su quelle dei suoi nemici.

24) Il pogrom del 7 ottobre, lo stupro di donne, gli squartamenti, la cattura di ostaggi civili e la loro eliminazione rappresentano la punta più avanzata della Resistenza palestinese.

25) È giusto lo slogan centrale di tale Resistenza - «dal fiume al mare» - che intende liberare il Medio oriente dalla presenza degli ebrei.

26) Gli «occidentali» che ripetono lo slogan «dal fiume al mare» non sono complici di genocidio, ma sono antimperialisti e antisionisti.

27) Manifestare per lo sterminio degli ebrei israeliani è un atto rivoluzionario, antimperialista e antisionista.

28) Lo sterminio degli ebrei israeliani non ha niente a che vedere con i progetti di Hitler e con l’antisemitismo storico.

29) Israele sta perdendo la guerra.


Vorrei aggiungere un 30° punto, ma non saprei come formularlo al negativo. Vorrei dire che nonostante la barbarie dei suoi avversari, la democrazia israeliana vince da oltre 70 anni e continuerà a vincere finché il regime degli ayatollah non sarà caduto e il popolo iraniano sarà liberato. Su questo ho grandi speranze. Ma resta il fatto che, comunque vadano le cose, oggi Israele rappresenta non solo  l’unico baluardo della democrazia in Medio oriente, ma anche l’unica barriera concreta contro l’armamento atomico dell’Iran. Il coraggio del popolo israeliano e soprattutto la sua superiorità militare stanno evitando al mondo la catastrofe atomica che sicuramente deriverebbe dal possesso di bombe nucleari da parte del regime fanatico, medievale e ultareazionario degli ayatollah.

Ebbene, ecco il punto 30°: il non riconoscimento del ruolo fondamentale che sta avendo il popolo israeliano in difesa dell’umanità è un altro tragico esempio di antisemitismo (oltre che di cecità politica).


5/7 ottobre 2024


  ENGLISH 

domenica 29 settembre 2024

LEBANON WAR: TWO KEY POINTS OF ANALYSIS CONFIRMED

by Roberto Massari


ENGLISH - ITALIANO - ESPANOL - FRANÇAIS


The military strikes that the Israeli government is inflicting on the main pro-Iranian terrorist organization (Hezbollah, Shia) clearly and concretely demonstrate the three main points of analysis of the Middle East crisis that I formulated a few weeks ago.

I present them updated.


1) The war in Gaza between the Hamas-controlled mini-State (which declared war on October 7, 2023) and the Israeli State (which has been defending its survival since May 15, 1948, when Egypt, Lebanon, Syria, Transjordan, and Iraq launched an attack against the newborn nation-State endorsed by the United Nations, thankfully being defeated) can no longer be considered the epicenter of the "Palestinian" issue. In reality, the entire "Palestinian" issue has long since ceased to be fundamentally such. Now, it finally appears to the general public for what it truly is: primarily an Iranian issue. The events of recent days and the defeat of the Iranian main Shia military agent outside of Iran clearly demonstrate this.


2) The theocratic dictatorship of the Iranian ayatollahs confirms itself as the main enemy of peace and, therefore, of humanity: this holds true for now, but the threat will remain until the fall of the fundamentalist Shia regime. The call to exterminate all the Jews of Israel was already part of Ruhollah Khomeini’s program when he came to power in 1979. Since then, this genocidal anti-Jewish intent has only strengthened, involving Shia factions in other parts of the world, such as Lebanon, Syria, Yemen, Nigeria, and Iraq, not to mention would-be terrorists or «sleeping» suicide bombers lurking in the rest of the world (see the large anti-Jewish bombing of July 1994 in Buenos Aires: 85 dead and about 300 wounded).


3) As a consequence of this state of affairs, I stated—and will continue to state until exhaustion—that the most responsible parts of humanity must do everything possible to prevent Iran from acquiring nuclear bombs and their launch devices. This is because the fundamental motivations of the ayatollahs are not primarily economic or political but are ideological and in an aberrant form: driven by religious fanaticism, which they demonstrate daily in the bloody repression of their own people (who are mostly hostile to them), the ayatollahs will not hesitate for a moment to launch the bomb on Israel, provoking inevitable Israeli retaliation and a possible escalation into a nuclear conflict.


Against the new anti-Semites, against the "reactionary left" and its most active components (i.e., the Hitlero-Communists) - who in Italy and other parts of the Western world are praising the terrorist organizations of Hamas, Hezbollah, etc., the inhumane pogrom of October 7, and their plans for anti-Jewish genocide - everything possible must be done to raise awareness of the danger humanity is facing. Even the most fanatical must be made to understand that, for the first time since the Cuban Missile Crisis in October 1962, humanity is truly on the brink of a nuclear conflict, for two possible reasons and sources.

The greatest threat stems primarily from the medieval ideology that drives the Iranian ayatollahs (whether Twelvers or Imamis). Meanwhile, the lesser but still significant threat comes from the pre-modern ideology that drives Putin’s oligarchic-mafia dictatorship in its attempt to recreate the Stalinist-Tsarist Empire.

However, while economic and political considerations may still help to curb Putin’s nuclear threats (which explains the U.S. hesitation in allowing Ukraine to win militarily), none of this applies to Iranian Shiism. In this theocratic ideology - never having left the Muslim Middle Ages - fundamentalism against "infidels," religious fanaticism, visceral anti-Semitism, anti-Westernism, and the aspiration to martyrdom fuse into a dangerous, bloody, and utterly irrational mix. The longer the ayatollahs remain in power and the closer they get to obtaining nuclear weapons (perhaps with North Korean, Russian, or Chinese help), the greater the chances of a nuclear conflict and thus a Third World War, and so on...

The members of the reactionary left, the Hitlero-Communists, the fake peace supporters, and fake environmentalists cannot understand this, unlike the rest of humanity, among which more conscious individuals of their species still prevail.

Shalom and Adelante!

Roberto M.


ITALIANO

martedì 17 settembre 2024

ON THE DISASTER CAUSED BY NETANYAHU

by Michele Nobile

 

1.  

In the article *"Russia as Aggressive Imperialism,"* January 2024, I wrote that Russia's international position is now similar to that of the Third Reich in 1939. The invasion of Ukraine has demonstrated how far Putin is willing to go to reconstruct a Great Russian imperial identity and sphere (the precedent in Georgia did not hold the same significance). Economically weaker compared to "Western" imperialisms, Russian imperialism builds its sphere of influence primarily through the exercise of non-economic means and political subordination.  

A Chinese imperialism has also been emerging for some time now, more cautious and modern than the Russian one because it is based on far superior financial, industrial, and technological capacities, but precisely for this reason, potentially much more dangerous (e.g., see my articles on the South China Sea, 2018). Russia and China are major powers that in historiographical and geopolitical jargon can be called revisionist of the existing regional economic-political structure, with the goal of creating or consolidating their own spheres of influence.  

At first glance, this recalls the inter-imperialist conflicts of the early 20th century; and, as in those, inter-imperialist conflict overlaps with the struggle for the freedom of certain peoples: this is the case of Ukraine and the possibility of Taiwan. I agree with Roberto's idea of the existence of "horrible feudal (Iran), post-Stalinist (China), oligarchic-mafia (Russia) capitalisms, which are also the main aggressive powers in the world." However, this is only the beginning of the discussion.  

Russia and China are unprecedented phenomena because they combine the worst of both worlds. On a macro-historical level, they can be considered regressive phenomena relative to the minimum levels of civilization achieved in advanced capitalism, which itself is not in good health.  

Russia and China are social formations where remnants of the totalitarian pseudo-socialist world combine with decidedly oligarchic capitalisms. Despite their significant socio-economic differences, I group them under the label of oligarchic capitalisms because the intertwining of political and economic power is different from that of advanced capitalisms, a fact that is also expressed in particularly strong social inequalities, the repression of independent trade unionism, and constitutionalized or de facto single-party rule.  

Although their prosperity is inseparable from what is called globalization and economic relations with advanced capitalist countries (undeniable in terms of foreign investment and international trade for China; for Russia, energy exports are irreplaceable), their particular articulation of economic and political power allows them to present themselves as alternatives to so-called neoliberalism: they can thus selectively adopt themes from pseudo-socialist and anti-colonial legacies.  

Multipolarism is the catchword that for Russia and China represents their claim to be recognized as powers entitled to their own legitimate "pole" or sphere of influence; however, at the same time, they reaffirm the validity of the Westphalian idea (1648) of non-interference in the internal affairs of other sovereign states (summarized in the motto *cuius regio, eius religio*), what is today called sovereigntism.  

Behind the pretense of the legitimate existence of a variety of national systems, sovereigntism is nothing but the ideology of defending authoritarian political regimes that fall below the historically acquired minimum level of political and legal liberal-democratic civilization, dismissed as hegemonic ambition of the so-called West. For this reason, unlike in the foreign policy of liberal powers, Russia and China can support autocratic regimes without incurring contradictions between ideal proclamations and real practice. 

By minimum levels of civilization, I refer to a set of principles, regulations, and institutions that are the result of a historical process, of social and political struggles, and wars, even of horrors like the Holocaust; principles and achievements that in practice can be evaded, mutilated, and applied selectively and opportunistically, according to convenience, but which nonetheless remain criteria for evaluation and objectives of struggle.  

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.