L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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giovedì 9 gennaio 2025

«BERGOGLIOMANIA» E CRISE

por Osvaldo Coggiola


PORTUGUÊS - ITALIANO - ENGLISH 


Após a publicação do meu artigo sobre «Papa Francisco: especialista em genocídios», recebi muitos comentários: muitos mais do que o habitual, como prova de que o tema é realmente quente. O mais agradável, no entanto, foi o que recebi do querido amigo e companheiro Osvaldo Coggiola (autor do livro que publiquei sobre o Trotskismo na América Latina), que, embora argentino e tendo vivido por muitos anos na Itália, agora é definitivamente brasileiro. Osvaldo me enviou o longo artigo que escreveu em português, publicado pela Boitempo Editorial e em italiano pela revista La Contraddizione, em novembro de 2013. Ele, contente que a parte sobre Bergoglio agora seja retomada pela Utopia Rossa, eu a extraí e estou igualmente feliz em permitir um aprofundamento sobre o tema da cumplicidade que Bergoglio teve com o genocídio geracional ocorrido na Argentina.

(r.m.)


Dopo la pubblicazione del mio articolo su «Papa Francesco: esperto in genocidi», ho ricevuto molti commenti: molti più del solito, a riprova che il tema è davvero scottante. Il più gradito, però, l’ho ricevuto dal caro amico e compagno Osvaldo Coggiola (autore del libro da me pubblicato su Il trotskismo in America latina) che, benché argentino vissuto per molti anni in Italia, è ormai definitivamente diventato brasiliano. Osvaldo mi ha inviato il lungo articolo che scrisse in portoghese che fu pubblicato da Boitempo Editorial e in italiano dalla rivista La Contraddizione, nel novembre 2013. Essendo egli contento che la parte su Bergoglio venga ora ripresa da Utopia rossa, io l’ho estratta e sono a mia volta contento di poter consentire un approfondimento sul tema del rapporto di complicità che Bergoglio ebbe con il genocidio generazionale svoltosi in Argentina.

(r.m.)


After the publication of my article on "Pope Francis: Expert in Genocides," I received numerous comments—far more than usual, proving how controversial this subject is. However, the most appreciated came from my dear friend and comrade Osvaldo Coggiola (author of the book I published on Trotskyism in Latin America), who, although an Argentine who lived for many years in Italy, has definitively become Brazilian. Osvaldo sent me the long article he wrote in Portuguese, published by *Boitempo Editorial* and in Italian by the magazine La Contraddizione in November 2013. Since he is happy for the section on Bergoglio to be revisited in Utopia Rossa, I have extracted it, and I am equally pleased to enable a deeper exploration of the relationship of complicity Bergoglio had with the generational genocide that took place in Argentina.  

(r.m.)


PORTUGUÊS


Em março de 1976, quando da instauração na Argentina de uma das mais sangrentas ditaduras militares da América Latina, Jorge Mario Bergoglio ainda não havia cumprido 40 anos, mas já era “Provincial” (chefe) da Ordem dos Jesuítas no país. Nenhuma fotografia dos anos sucessivos testemunha diretamente qualquer proximidade entre ele e a Junta Militar, diversamente das que evidenciam a enorme proximidade entre a alta hierarquia católica (à qual Bergoglio ainda não pertencia) e o time de assassinos profissionais governante. Bergoglio, porém, longe esteve de se opor à linha seguida pela Igreja de Roma (não só na Argentina, mas em toda a América do Sul atingida por regimes contrarrevolucionários ferozes) [...].


Seu cúmplice [de las Forças Armadas]   na tarefa mortífera foi a Igreja Católica, que na Argentina sempre foi um bastião da oligarquia dominante a ponto de Perón ter sido excomungado no seu primeiro governo (1946-1955) e os tanques do golpe de 1955 terem sido pintados com cruzes e a frase “Cristo vence!”. Na Argentina o catolicismo ainda é religião oficial e o Estado paga os salários do clero com o dinheiro público. Até recentemente, a principal cerimônia de comemoração da independência nacional era uma missa na catedral. Encarregada em 1976 pelos militares do ministério da educação, com Ricardo Bruera, a Igreja promoveu o pior processo educacional obscurantista já conhecido na Argentina (a teoria dos conjuntos, por exemplo, foi banida do ensino escolar da matemática, por partir de um “princípio comunista”). Monsenhor Plaza (arcebispo de La Plata) distribuía crucifixos nos campos de extermínio (onde os detidos sofriam as piores torturas antes de serem mortos), enquanto Monsenhor Bonamin (capelão do Exército) benzia os “grupos de tarefa” encarregados de sequestrar, torturar e matar; não faltando os que, como o padre e capelão militar Christian Von Wernich, hoje condenado pela justiça, montaram um lucrativo comércio de venda de informações (falsas) aos desesperados parentes dos desaparecidos.

Trinta e cinco anos depois dos fatos, o cardeal argentino Primatesta referiu-se a uma carta de “Emilio Mignone, padre de la detenida-desaparecida Mónica Candelaria Mignone, y una de las más altas personalidades laicas del catolicismo argentino. Mignone había sido ministro de Educación en la provincia de Buenos Aires en la década de 1940 y viceministro de Educación nacional en la de 1960. El fundador del CELS [Mignone] le escribió a Primatesta que el sistema del secuestro, el robo, la tortura y el asesinato, “agravado con la negativa a entregar los cadáveres a los deudos, su eliminación por medio de la cremación o arrojándolos al mar o a los ríos o su sepultura anónima en fosas comunes” se realizaba en nombre de “la salvación de la ‘civilización cristiana’, la salvaguardia de la Iglesia Católica”. Agregó que la desesperación y el odio iban ganando muchos corazones”. A um jornalista espanhol, Videla disse: “Mi relación con la Iglesia Católica fue excelente, muy cordial, sincera y abierta”, porque “fue prudente, no creó problemas ni siguió la “tendencia izquierdista y tercermundista” de otros Episcopados”. Condenava “algunos excesos”, mas “sin romper relaciones”. Con Primatesta, até “llegamos a ser amigos”. A Igreja Católica argentina, portanto, sabia, calou, ocultou e até deu a benção (ao genocídio) […].

domenica 5 gennaio 2025

PAPA FRANCESCO: UN ESPERTO IN GENOCIDI

di Roberto Massari 


BILINGUE: ITALIANO - ENGLISH


Quando papa Francesco parla di genocidio da parte del governo israeliano, dobbiamo prenderlo sul serio perché è un esperto in materia. In primo luogo perché Francesco è il capo supremo di un’istituzione religiosa - la Chiesa cattolica - che ha dato il massimo contributo ideologico allo sterminio degli ebrei prima del nazismo. All’antisemitismo nazista la Chiesa aveva preparato la strada nel corso di più di un millennio e mezzo di persecuzioni antiebraiche e rendendo istituzionale l’antisemitismo cruento fin dove poteva arrivare il suo braccio secolare.

Non vi sono dubbi, però, che il contributo decisivo al genocidio ebraico lo ha dato col suo sostegno politico al nazifascismo, alla sua politica razziale e alle sue avventure militari. Ma lo ha dato soprattutto col rifiuto di muovere anche solo un dito per bloccare la «soluzione finale» in paesi come Germania, Austria, Ungheria, Slovacchia, Croazia e, nel suo piccolo, anche in Italia. Pio XI e Pio XII sono stati papi apertamente filonazisti, anche se il primo, verso la fine della sua vita, ebbe qualche ripensamento, che comunque Pio XII riuscì a non far emergere onde mantenere buoni rapporti col nazismo. Anzi, fu eletto papa proprio per questo... 

Papa Pio XI e il cardinale Eugenio Pacelli (come Nunzio apostolico in Germania dal 1920 e poi Segretario di stato), furono strenui sostenitori ufficiali del nazismo fin dalla sua nascita. Il Vaticano fu il primo Stato a riconoscere il nuovo regime nel 1933, al quale poi concesse tutto il sostegno possibile, con dissidi riguardanti quasi solo la libertà d’azione della Chiesa in Germania. 

Insieme alla Chiesa protestante tedesca, il Vaticano non fece nulla per arginare la deportazione degli ebrei nei lager della morte dai Paesi sotto il controllo del nazismo, compresa l'Italia. Per cercare di nascondere questa realtà ci sono storici (come Andrea Riccardi, capo della Comunità di S. Egidio), impegnati ad attirare l’attenzione su qualche migliaio di ebrei salvati da istituzioni cattoliche durante l’occupazione nazista, con lo scopo molto preciso di mascherare il decennio di collaborazione della Chiesa cattolica con il nazismo e la sua complicità nello sterminio antiebraico, sia nei Paesi di lingua tedesca, sia in quelli occupati durante la guerra. 

Pio XII fu un accanito sostenitore del nazismo (e quindi indirettamente della soluzione finale) finché le sorti militari di Hitler non cominciarono a declinare, quando ormai, però, il genocidio era stato in gran parte compiuto. 

In precedenza, la Chiesa cattolica aveva dato il suo benestare alle Leggi razziali italiane, contestando solo le parti in contrasto col Concordato mussoliniano, in particolare per quanto riguardava i matrimoni misti e la discriminazione applicata anche agli ebrei convertiti. È una delle pagine più vergognose della Chiesa italiana di cui raramente si sente parlare, specie da parte degli storici compiacenti, come il Riccardi sopra nominato. Tutto ciò è storia nota e comunque descritta dettagliatamente in un celebre libro di Karlheinz Deschner (Mitt Gott un den Fascisten, 1965), che ho avuto l’onore di pubblicare in Italia (Con Dio e con i fascisti, 2016), seguìto da Vaticano, Olocausto e fascismi, 2017, a cura di D. Barbieri e P. Gorenflos. Lì si possono trovare tutti i dati, i documenti e gli eventi che dimostrano il sostegno del Vaticano al genocidio antiebraico in tutti i Paesi controllati dal nazismo. E da quel patrimonio ideologico proviene anche papa Francesco. 

Questi, però, ebbe rapporti con un altro genocidio atipico, un «genocidio culturale» (secondo la definizione che ne diede Julio Cortázar nel dicembre 1983), ma che andrebbe considerato come un «genocidio generazionale»: quasi un’intera generazione radicale, il meglio del mondo politico e culturale «la meglio gioventù» argentina, che fu sterminata dalla dittatura di Jorge Rafael Videla († 1981), negli anni terribili (1976-1983) che videro lo sterminio di circa 20-30.000 persone, i cosiddetti desaparecidos, molte delle quali torturate prima di essere uccise. 

Jorge Mario Bergoglio, prima di diventare papa, nelle vesti di Superiore Provinciale dei gesuiti in Argentina (1973-1979), mantenne rapporti di cordiale collaborazione con il regime militare. Egli era il dirigente numero due del cattolicesimo argentino, e in quanto tale era dotato di un enorme potere in un Paese fondamentalmente cattolico (il numero uno era Pio Laghi, Nunzio apostolico in Argentina dal 1974 al 1980, noto per le sue aperte dichiarazioni a favore dei militari e per i rapporti di amicizia che manteneva col generale Emilio E. Massera e con la P2 di Licio Gelli). Eppure il Bergoglio capo dei gesuiti non mosse un dito per impedire lo sterminio dei suoi connazionali colpevoli solo di volere più libertà e giustizia sociale. Fu invece addirittura complice nell’imprigionamento di due gesuiti impegnati nel lavoro sociale. Tutto ciò all’epoca era noto in Argentina, continua ad essere noto anche se si preferisce dimenticare per nazionalismo verso un papa argentino, ci furono due libri di un grande giornalista (Horacio Verbitsky) e qualcosa scrissi anch’io al momento dell’elezione. 

Lo sterminio orrendo del mondo progressista argentino non fu un genocidio nel senso stretto e ufficiale del termine (non fu cioè un progetto di eliminazione di una determinata etnia o classe sociale), ma lo fu nella sostanza: fu un «genocidio sui generis» interrotto solo dalla caduta della dittatura.

Papa Francesco, come attuale e massimo esponente di queste due tradizioni «religiose» - provenienti dal sostegno decennale alla dittatura nazista e dal sostegno settennale a quella argentina - è quindi un esperto in genocidi

Non a caso le sue ultime dichiarazioni contro il diritto del popolo israeliano a difendersi dagli attacchi dell’Iran e dei suoi emissari in Libano, Siria, Giordania, Gaza e Yemen, sono state rilasciate nel colloquio con un altro grande esperto in genocidi: Abolhassan Nav, il rettore iraniano con cui Francesco si è intrattenuto alcuni giorni fa. Convinto di poter mentire impunemente (anche davanti al Papa) costui ha affermato che l’Iran non ce l’ha con gli ebrei ma solo con Netanyahu. Troppo modesto: il regime iraniano propone dal 1979 (l’anno in cui Bergoglio abbandonava la carica di Provinciale dei gesuiti per dedicarsi più liberamente alla battaglia contro la Teologia della liberazione) lo sterminio degli ebrei che vivono in Israele. 

Khomeyni lo proponeva anche prima, ma senza stare al governo. E il regime barbaro e dittatoriale dell’Iran lo ribadisce ogni giorno, oltre a finanziare milizie e gruppi terroristici che dovrebbero metterlo in pratica. Israele (anche grazie all’aiuto degli Usa) impedisce che il genocidio avvenga, ma resta il fatto che il mondo mussulmano sciita (e non più nella sua grande maggioranza quello mussulmano sunnita e di altre correnti religiose), il genocidio degli ebrei israeliani lo dichiara come proprio programma irrinunciabile. Francesco avrebbe dovuto ricordarglielo. 

Nel carteggio sotto riportato, dedicato alla complicità di Bergoglio con i militari argentini, avevo fatto una previsione sul comportamento del nuovo Papa: 

«La buona è che il nuovo Papa dovrà stare attento non solo a non benedire altri dittatori e feroci aguzzini (come hanno sempre fatto i suoi predecessori, da Paolo VI in poi), ma dovrà anche dimostrare con le azioni che quelli sono “errori di gioventù” e che oggi è diventato molto più buono, sia verso i poveri che verso gli oppressi. Chissà che alla fine non ci guadagnino qualcosa anche i gay e i malati terminali. Per l’atteggiamento verso le donne, invece, continuo a vederla brutta». 

Ebbene, la mia profezia si è rivelata infondata, anche se il comportamento politico di questo Papa era sembrato nei primi anni più umano di quello dei suoi predecessori. Avevo sbagliato. Tutte le recenti dichiarazioni di Francesco contro il diritto di Israele a difendersi - che in ultima analisi riguardano il diritto di Israele ad esistere, viste le intenzioni genocide dei suoi avversari - dimostrano una sua profonda insensibilità riguardo alle aggressioni delle quali Israele è vittima. Ma anche, tema cristiano per eccellenza, insensibilità verso le sofferenze che Hamas ha inflitto al proprio popolo, usandolo come carne da macello dopo il pogrom del 7 ottobre, e insensibilità verso le vittime del pogrom, gli ostaggi in primo luogo. 

E pensare che se un papa veramente cristiano avesse fatto semplicemente il proprio mestiere, e avesse chiesto di poter incontrare alcuni degli ostaggi da mesi trattenuti in condizioni disumane, forse la loro liberazione si sarebbe avvicinata. Ma del resto, come è noto, d’incontrare gli ostaggi non lo hanno chiesto le Nazioni unite, la Croce rossa, Amnesty, il Tribunale dell’Aia e nessuna Ong, che io sappia. Perché papa Francesco sarebbe dovuto uscire dal coro di coloro che simpatizzano per Hamas, e tramite Hamas per il regime iraniano e tramite il regime iraniano per la guerra atomica?

Pax et bonum 

Roberto 


Allegati 


PAPA FRANCESCO E LA DITTATURA MILITARE ARGENTINA

di Roberto Massari


Carteggio con don F.*

[Apparso in www.utopiarossa.blogspot.com, costituisce una delle rare analisi scritte e pubblicate in Italia sulle trascorse complicità di papa Francesco con la dittatura militare argentina del generale Videla. Le lettere furono indirizzate a un sacerdote (molto preparato sotto il profilo teologico) che era interessato a conoscere la verità sulla questione. Per ovvie ragioni non pubblichiamo qui le sue risposte né la critica di un altro sacerdote (argentino) intervenuto a un certo punto nella discussione (n.d.r.).]

mercoledì 11 dicembre 2024

Annotazioni storiche in merito alla questione del Rojava - parte I

Dal ritiro delle forze governative alla promulgazione della Carta del Contratto Sociale


di Andrea Vento


I curdi del Rojava, il Kurdistan occidentale, da quando è stato disegnata la carta politica del Medio Oriente dalle potenze coloniali vincitrici della I Guerra mondiale, Regno Unito e Francia, senza concedere il diritto ad uno proprio stato alle popolazioni curde (carta 1), hanno sempre corso il rischio di scomparire, insieme ai connazionali degli altri stati limitrofi (Turchia, Iraq e Iran), soprattutto come soggettività etnica a causa delle politiche negazioniste, repressive e assimilazioniste di cui sono stati oggetto da un secolo a questa parte.

Carta 1: la definizione dei confini politici della penisola anatolica in base al Trattato di Losanna del 24 luglio 1923 che sancirono la nascita della Turchia moderna a discapito del promesso stato curdo e non solo (nota 1)


Nello specifico, la situazione dei curdi del Rojava ha registrato un profondo cambiamento a seguito della guerra civile siriana iniziata nel corso del 2011 e successivamente evolutasi in conflitto internazionalizzato. E' opportuno specificare che nel 2012, nel corso della guerra civile siriana, le forze governative siriane si sono ritirate dalle tre zone, confinanti con la Turchia, abitate dai curdi, lasciando il controllo militare alle Unità di autoprotezione del popolo (YPG), appositamente costituite l'anno precedente (2011) a scopo difensivo. L'Esercito Arabo Siriano, in difficoltà si è quindi ritirato a difesa della capitale e delle zone del Nord-ovest a maggioranza alawita (carta 2), una setta minoritaria dello sciismo che esprime il governo di Damasco compresa la dinastia degli  el-Assad, abbandonando al loro destino i territori curdi(2). 

Carta 2: composizione etnica e religiose della Siria e del Libano agli inizi della guerra civile


I curdi sono stati costretti ad organizzarsi, oltre che militarmente, anche politicamente e amministrativamente, istituendo nel  luglio del 2012, il Comitato Supremo curdo (Dbk) come organo di autogoverno della propria area. Istituzione composta in egual numero da membri del Partito dell'Unione Democratica (Pyd), principale partito curdo siriano legato al Pkk turco, il Partito de Lavoratori del Kurdistan d'ispirazione marxista, e del Consiglio Nazionale Curdo (Knc), politicamente vicino al Kurdistan iracheno(3).

Tuttavia, il Pyd dopo aver rotto con il Knc, nel novembre del 2013,  ha annunciato un governo ad interim nelle tre aree curde territorialmente non contigue, da ovest verso est, i cantoni di Afrin, Kobane e Jazira (Qamislo), dichiarando la piena autonomia e proposto un processo costituente denominato: Carta del Contratto sociale. I tre i cantoni sono stati (carta 3), quindi, dotati di assemblee popolari e di forze di autodifesa: le YPG (formazioni miste) e le YPJ (composte solo da donne). 

Carta 3: i 3 cantoni curdi del Rojava ad inizio 2014


Il modello politico-sociale del Confederalismo democratico

La Carta del Contratto Sociale, promulgata il 20 gennaio 2014, è divenuta la costituzione più democratica che la popolazione di questa regione abbia mai conosciuto. L'organizzazione politica e sociale del Rojava può essere considerata un modello di Confederalismo democratico del Medio Oriente nel quale ogni comunità, a prescindere dalle caratteristiche etniche e religiose, ha il diritto all'autodeterminazione e all'autogoverno. 

Un modello basato, appunto, sulla filosofia del "Confederalismo democratico" elaborata da Abdullah Öcalan(4) leader del Pkk che implica autosufficienza, localismo e pluralismo etnico fra «kurdi, arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni», come riporta il preambolo dell'innovativa Carta della Rojava. Un testo che tratta di libertà, giustizia, dignità,  democrazia, uguaglianza e  «ricerca di un equilibrio ecologico». 

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan turco (Pkk), con cui il PYD è in stretti rapporti, ha così descritto il Confederalismo democratico nel proprio manifesto fondativo: «Il Confederalismo democratico del Kurdistan non è un sistema di Stato, è il sistema democratico di un popolo senza Stato ... Prende il potere dal popolo e lo adotta per raggiungere l'autosufficienza in ogni campo compresa l'economia». 

Un modello economico basato sul municipalismo e sull'ecologia sociale che riprende l'elaborazione teorica del filosofo socialista libertario Murray Bookchin e che non contempla il processo di accumulazione capitalistica.

Il Confederalismo democratico è un paradigma sociale non statuale che si basa sulla partecipazione dal basso, i cui processi decisionali avvengono all’interno delle stesse comunità. E' un progetto anti nazionalista che, basandosi sulla convivenza pacifica fra elementi diversi, rigetta l'assolutismo etnico e il fondamentalismo religioso, peraltro in fase di espansione nell'intero Medio Oriente e non solo.

Altro cardine fondamentale è costituito dalla parità di genere che è concretamente rappresentata non solo dalle guerrigliere delle Ypj (immagine 1), ma anche nel principio della partecipazione paritaria a ogni istituzione di autogoverno, che, pur tra contraddizioni e in condizioni estremamente difficili,  esprime un reale principio di cooperazione, tra liberi e uguali, in una regione particolarmente frammentata dal punto di vista etnico e religioso.

Immagine 1: le guerrigliere delle Ypj, combattono armate di soli Kalashnikov


Andrea Vento 

7 dicembre 2024

Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati


Note:

 1.Il Trattato di Losanna ribaltò l'assetto territoriale previsto dal precedente Trattato di Sevres (1920), collaterale al Trattato di Versailles per la ridefinizione degli assetti mediorientali dopo la sconfitta dell'Impero Turco-ottomano, e che prevedeva la nascita di uno stato curdo nel sud-est della penisola anatolica, una Armenia più estesa di quella attuale,  l'assegnazione alla Grecia dei territori abitati dalla popolazione ellenica nella parte occidentale della penisola anatolica e il controllo internazionale sulla parte di territorio afferente agli stetti del Bosforo e dei Dardanelli.

2. Nell’estate 2012, sedici mesi dopo lo scoppio delle rivolte in Siria, il governo di Baššār al-Asad, sotto scacco ad Aleppo, ritirò l’esercito dalle aree a maggioranza curda del Nord e del Nord-Est del paese. 

Fonte: "I Curdi in Siria: il Rojava" https://storiaestorie.altervista.org/blog/i-curdi-in-siria-il-rojava/

3. https://www.cesi-italia.org/en/articles/crisi-siriana-e-prospettive-curde-la-partita-di-barzani

4. Il libro "Il Confederalismo democratico" di  Abdullah Öcalan è scaricabile al seguente link:

https://ocalanbooks.com/downloads/it-confederalismo-democratico.pdf



Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.