L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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sabato 16 febbraio 2013

SCAMBIO DI IDEE SULL’ANTIPARLAMENTO E ALTRO, di Antonio Saccoccio e Roberto Massari

UR non la vedo come entità riconosciuta sulla scena politica e culturale, e quindi devo per il momento far finta quasi che non ci sia, per non illudermi che in fondo qualcosa tutto sommato continui ad esistere sul versante rivoluzionario. Purtroppo, però, non vedo neanche l'altro processo, quello della radicalizzazione giovanile, della sua trasformazione in lava dirompente libertaria e antistituzionale.

Lettera di Antonio Saccoccio a Roberto Massari (07/02/2013)

Caro Roberto,
tante, forse troppe cose da dirti in merito alle ultime che ho letto.
Innanzitutto mi dispiace per la questione dell’Antiparlamento. Ho comprato il Manifesto l’altro sabato, e l’appello era ben visibile, a colori. Chi non ha risposto non è certo perché non l’ha visto, ma perché non ha voluto rispondere. Qui il discorso si allarga subito e diventa quello sostanziale: chi avrebbe dovuto rispondere? Sbagliamo noi? Sbagliano gli altri? Sbagliamo tutti?
Ebbene, io non credo che noi sbagliamo nella sostanza, ma forse credo che sbagliamo nella ricerca dei possibili alleati. E - bada bene - questo è un discorso che non coinvolge solo Utopia Rossa, perché io ho messo in piedi da diversi anni un movimento di idee e azioni e allo stesso modo non sono mai riuscito a superare la soglia di 10-15 membri aderenti e partecipanti (non parlo di simpatizzanti che non fanno nulla, perché quelli non si spendono e non ci fanno crescere). E non puoi immaginare le crisi, perché anche noi crediamo di avere ragione e che è paradossale che la gente continui a fare ciò che fa: dal consumismo idiota al massacro del lavoro e della scuola, all’industria artistico-culturale, al rincoglionimento mediatico, etc. Eppure quando andiamo in giro, tante pacche sulla spalla, “bravi bravi” e poi arrivederci, restiamo sempre noi a lavorarci sopra a queste idee. Allora, credo che ci sia qualcosa che ci sfugge. Provo a mettere in comune con te le mie riflessioni.
Devo dire che quanto ho pensato in questi anni in merito si avvicina a quanto arriva a dire Antonella nel suo intervento. Siamo sicuri che ci stiamo dirigendo a chi può e vuole capirci? Siamo sicuri che la generazione che anch’io ritengo più preparata politicamente e culturalmente (e che di certo non è quella dei ventenni di oggi) sia quella a cui rivolgersi sempre? O non sono piuttosto da coinvolgere proprio quei giovani che sentono un’istintiva estraneità alla palude partitocratica contemporanea? Sì, i giovani non sono forse in grado di comprendere pienamente, ma “sentono” ancora più degli adulti, che come ho tante volte scritto sono ormai “adulterati”, corrotti e immiseriti dalla vita. Non sono nati sempre dai giovani gli impulsi ribelli? Non avevi 20 anni tu quando ti coinvolgevi nel Sessantotto?
Non tutti, anzi pochissimi davvero, ancora alla mia età (38) si sentono di essere ribelli e/o rivoluzionari. Io ti ho conosciuto, vi ho conosciuto, e all’incontro di due mesi fa a Ciampino sono stato bene, ho parlato bene, ho sentito uno spirito di condivisione, di costruzione e di confronto. La cosa che mi rende un po’ distante da voi è che io sono abituato a confrontarmi con persone che non si riferiscono sempre alle categorie politiche tradizionali per comprendere il mondo. Io credo che per confrontarsi con i giovani occorra comprendere il mondo dei giovani. E il loro mondo non è ideologizzato come quello di chi ha fatto il Sessantotto (o la Resistenza). Con tutti i pro e i contro. Vivono nella liquidità. E non è retorica, è la realtà. Sentono, più che ragionano. E io credo che unendo chi ragiona a chi sente si possa giungere ad un’unità di intenti notevole. Ti parlo così perché sono forse di una generazione di passaggio che intende le ragioni degli uni e degli altri.
Certo, è necessario volerla questa unità. Ho contattato due settimane fa un mio amico anarchico di Catania, ero da un bel po’ in contatto con lui e il suo gruppo che ha occupato il teatro Coppola a Catania, gli ho inviato un messaggio illustrandogli il progetto dell’Antiparlamento e i link al pezzo di Michele sul blog di Utopia Rossa. Prima nessuna risposta per una settimana, poi risposta negativa. Per gli anarchici questa dell’antiparlamento non è un’idea interessante, è vista come una cosa burocratica. A questo punto, mi chiedo, cosa succede?
Probabilmente la risposta me l’hai data tu con la mail dell’anarchico romano che hai ricevuto: strategia contro tattica. Ma questo lo trovo delirante e avvilente. E mi dispiace perché mi sento profondamente anarco-libertario dentro, ma io sono per l’anarchia nel senso puro di an-arché, e sono il più possibile lontano da tutti quei settarismi che si ritrovano tra le varie sottocategorie di anarchici, rossi, rossoverdi, rossoneri, etc. Non sto dicendo che queste differenze siano poco importanti, ma che non si può coltivare solo la differenza e negare ogni volta la possibilità di sinergia e convergenza. Se sto qui a parlare con voi è perché non voglio difendere la preziosità del mio pensiero, ma voglio vedere se c’è qualcuno con cui convergere su qualche punto, uno, due, dieci, venti.
Intanto c’è l’Antiparlamento, e non è poco! E l’astensionismo convinto! Parlavi recentemente di Grillo, e giustamente. Cos’ha più di noi? La folla. Il coinvolgimento della folla. Oltre a essere famoso e sfruttare la visibilità spettacolare che ha avuto (non con il web, come sostiene furbescamente, ma con gli old media), lui sfrutta il fatto che sta vicino al sentire della gente. È populistico, certamente, ma non sto dicendo di fare come lui, ma di stare attenti a non allontanarsi troppo dalla sensibilità collettiva.
Io ho sintetizzato una visione del mondo nel mio pezzo “Perché non voto”, ci stanno dentro tutte le avanguardie del Novecento, quasi tutti di certo non capiscono i tanti riferimenti, ma spero possano capire il succo. E forse qui mi illudo ancora. Perché se Grillo urla la prima banalità stanno tutti lì ad adorarlo. Credo che dovremmo interrogarci su questo. I tentacoli della società spettacolare tendono ad assimilare tutto voracemente. Forse occorre anche essere più estremi nel linguaggio. Usare un linguaggio più di rottura. E qui le avanguardie ci aiutano. Anche se le avanguardie sono un avvertimento, non possono contare immediatamente sul sostegno dei più.
Ritengo comunque che la pulsione vitalistica e ribelle dei giovani debba coniugarsi con l’esperienza e la capacità teorica dei più adulti: bisogna stare attenti a non creare devastanti fratture generazionali. Banalmente: il Sessantotto non l’ha fatto l’ideologico e già consacrato Sanguineti, l’ha fatto il ventenne ribelle Massari. Poi, oggi, ogni dieci anni c’è un salto generazionale. In Avanguardia 21, come in Net. Futurismo, le mie, anzi nostre creature (perché da soli non si fa nulla), ci sono ragazzi che sentono di volere un mondo più autentico, studiano, creano, si battono per un mondo diverso. E questi ragazzi stanno accanto a persone che hanno 40-50 anni, che sono rimasti con quell’illusione, quell’utopia che qualcosa possa cambiare in meglio. E stanno tutti insieme.
Questo ho provato a fare. Forse tutto è velleitario, però io credo che se si riuscisse a rendere più estremi, più radicali e sostanziali le proteste tipo Anonymous, tipo Indignados, si potrebbe davvero fare la rivoluzione, tornare a essere avanguardia o fare un nuovo Sessantotto. Ma purtroppo quelle restano rivolte tipicamente postmoderne, innocue, assimilate rapidamente dalla società spettacolare. Il giorno dopo la rivolta, si vende la maschera di Anonymous come fosse una maschera di carnevale per bimbi. Questo purtroppo accade perché chi dovrebbe “guidare” queste ribellioni si rinchiude nella difesa della propria purezza intellettuale. E torniamo all’anarchico di prima. E forse ci sto dentro pure io. Pure noi.
Roberto, tu ci metti l’anima da decenni, ho letto la tua storia, il tuo libro sul Sessantotto, se hai ancora la forza e la volontà e lo spirito per continuare a crederci, io mi sento meglio, perché meno solo. Bisogna continuare a crederci e anche pensare a come arrivare a qualche risultato in più. Già con le edizioni hai fatto tanto, come vedi anche noi abbiamo intrapreso quella strada editoriale, perché almeno lasciamo qualche segno tangibile pronto a fruttare in futuro (speriamo non troppo lontano).
Queste mie sono solo considerazioni, i miei dubbi, come vedi le soluzioni sono ancora da trovare.
E ora ti mando un caro saluto, spero di non aver scritto troppo. Ma avevo gli arretrati!
Antonio


Risposta di Roberto Massari (08/02/2013)

Caro Antonio,
ti ringrazio per la tua bella lettera. Non me la "dovevi" visto che stiamo in una fase di conoscenza e di avvicinamento (ideale? ideologico? idealistico?) [...]. A tutti noi può far solo bene leggere le critiche assolutamente positive e costruttive a Utopia Rossa che tu esprimi. Ma sono poi critiche? A me sembra di condividere al cento per cento ciò che tu dici, soprattutto sulla necessità di aggiornare il linguaggio (nel senso di renderlo dirompente e non certo di correre dietro ai media della società dello spettacolo) e soprattutto di non non perdere il rapporto con le nuove generazioni (presumo che intendessi "il meglio delle nuove generazioni" - non sono tutti, ma sono pur sempre milioni di ragazze e ragazzi che si affacciano alla vita pubblica e che come primo atto antistituzionale non voteranno o voteranno Grillo alle elezioni prossime). Il problema è come riuscirci.
Ed è problema perché un risultato del genere può derivare solo da un processo bilaterale (a doppio binario). Io, avanguardia del passato incorrotta e non-demoralizzata, vi trasmetto questo patrimonio e vi dico cosa ritengo sia possibile fare. Tu, avanguardia dell'oggi, vieni a cercare qualcosa perché una voce più o meno interna ti dice che la pura incazzatura non basta, così come non basta la rivolta individuale, non-collettiva, puramente virtuale ecc. Sono due processi che devono convergere.
Nel '68 accadde. Le masse giovanili andarono all'incontro non degli intellettuali ufficiali (fai bene a citare Sanguineti come espressione di un'intera casta, quella dei "nuovi mandarini" chomskiani - la lista in Italia era enorme), ma di quei ventenni-trentenni che reagivano fondamentalmente all'autoritarismo nella scuola e all'istupidimento della società dei consumi. Nelle figure di noi ventenni/trentenni sessantottini di allora si fondevano i due processi. Poi arrivò il maoismo-marxismo-leninismo e distrusse tutto.
Oggi non vedo il processo in fieri da nessuna delle due parti. Sì, se Utopia Rossa fosse nota e con un seguito significativo, vedrei almeno un lato del binario. Ma, ripeto, UR non la vedo come entità riconosciuta sulla scena politica e culturale, e quindi devo per il momento far finta quasi che non ci sia, per non illudermi che in fondo qualcosa tutto sommato continui ad esistere sul versante rivoluzionario. Purtroppo, però, non vedo neanche l'altro processo, quello della radicalizzazione giovanile, della sua trasformazione in lava dirompente libertaria e antistituzionale.
Con la campagna dell'Antiparlamento (che non finisce qui, la continueremo a proporre nei decenni a venire, se sarà necessario - e mano a mano non solo in Italia) speravo di poter intercettare una minima parte di questa gioventù, ma così non è stato e probabilmente continuerà a non essere per vario tempo. Non mi va di incolpare gli altri, ma nemmeno di tirare tutta la colpa su di noi. I processi storici più di tanto non si possono forzare. E se in Italia non esistono più avanguardie (in tutti i sensi, dal politico all'artistico, dal sessuale al cinematografico) occorre prenderne atto. Che avrebbe fatto gente come noi nell'Italia fascista del ‘39, mentre Hitler e Stalin si accordavano per dividersi intanto l'Europa, poi, in prospettiva, il mondo? Dove stava il movimento operaio italiano mentre ciò accadeva? che facevano le giovani generazioni (alla Ingrao), se non accomodarsi all'interno delle istituzioni fasciste? E chi si ricorda più di quell'isola di pensiero marxista libertario rappresentata dal socialismo "liberale" di Rosselli, poi incarnato in Giustizia e Libertà, nonché parte migliore del futuro Partito d'Azione destinato a scomparire nel più totale nulla?
Ecco, temo di aver solo appesantito la tua esauriente lettera, ma dal dialogo con un compagno dal cuore rossoutopico come te e da una compagna come Elisabetta, mi attendo per lo meno scintille. Se poi sarà un grande fuoco delle praterie, tanto meglio.
A quando la prossima pizza con birra artigianale?
Roberto

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.