Comprendendo lo sport come fatto globale, cioè analizzandolo nella sua dimensione sociale, si comprende quanto esso sia funzionale a una tale società distruttiva (distruttiva prima di tutto dell’armonia e della felicità).
I ragazzi, infatti,
dopo una breve esperienza, hanno rifiutato di fare una gara di football con la
squadra della scuola di Leiston, perché non tollerano il fanatismo, la mania
del campione, il concetto di rendimento, e perché, nel gioco, cercano
semplicemente il piacere.
(Paul Laguillaimie, Summerhill scuola della felicità)
Per comprendere quale ruolo rivesta oggi lo sport, occorre
partire da una riflessione sul gioco. Il gioco è infatti un aspetto
importantissimo per lo sviluppo della personalità. Nel bambino è tramite il
gioco che si sviluppa il senso di competenza e la fiducia in sé. Il bambino
esplora il mondo con il suo corpo, si mette a repentaglio, sfida i limiti,
affronta le difficoltà, ha un rapporto con la sua corporeità ed è il suo corpo
il principale strumento di conoscenza. La formazione dell’identità personale
che avviene durante questo processo di sviluppo psicosociale consente il
formarsi di un bagaglio emotivo e sociale che conduce al
raggiungimento di un senso di sicurezza interna1. Nel ragazzo e
nell’adulto, il gioco fisico libero diviene il piacere di confrontarsi con il
mondo. È il ponte con il precedente mezzo di scoperta, sempre forte nella
memoria in quanto espressione d’amore per la vita. Si potrebbe allora pensare a
una convergenza fra gioco fisico e sport, ma non è così. Come ben descritto da Pierre Laguillaumie, “Sportivo non è colui che corre a piacer suo
in una natura libera e selvaggia – questo libero di fermarsi quando vuole,
libero nella direzione, nella velocità, nello slancio, nella respirazione, è
l’immagine della gioia del bambino in un gioco fisico libero”2. Lo sport
rappresenta invece la canalizzazione periodica dell’insoddisfazione, del
malcontento e dell’aggressività delle masse, la quale lungi dall’offendere il
sistema tende a consolidarlo attraverso l’identificazione con gli ideali del
capitalismo: primi fra tutti l’individualismo e la concorrenza.
Lo sport come mito
Come insieme di rappresentazioni collettive, lo sport è un
sistema strutturato e coerente di miti. Si è in presenza di una mitologia laica
che fiorisce in un contesto asservito alla potenza del capitale e delle altre
istituzioni repressive come Stato e Chiesa. I contenuti di questa mitologia
riflettono le preoccupazioni di un contesto in cui le contraddizioni, le
lacerazioni, gli antagonismi necessitano di una risposta catartica immaginaria.
Queste mistificazioni hanno il ruolo di strumento ideologico necessario per il
mantenimento della coesione del sistema, e questo accade in special modo negli
strati sociali più popolari. Sotto questo aspetto, lo sport è in continuità con
l’ideologia del sistema (il campione sportivo è colui che prevale in quanto a
merito) pur riflettendone soltanto alcuni aspetti. In particolare:
a) Lo
sport è il rinforzo della credenza nel progresso lineare
Si presume che il miglioramento delle
prestazioni e l’estensione della pratica della competizione rappresentino un
progresso dell’uomo in quanto specie. “Lo
sport riflette e amplifica l’ottimismo ufficiale del sistema il cui sviluppo
economico avrebbe la virtù di portare a un progresso della società nel suo
insieme. Dopo ogni impresa sportiva, dopo ogni manifestazione di progresso
delle prestazioni, i tecnocrati dello sport lasciano intendere che l’umanità
progredisce sul piano fisico”3.
L’aumento delle capacità sportive della
popolazione diviene strumento per dimostrare l’oggettivo miglioramento della
condizione fisica umana, come l’aumento della produttività è presentato come un
segno della vitalità dei produttori. Ma questa nozione di progresso lineare non
è altro che il rinforzo e la realizzazione del dominio stesso;
b) Il
mito sportivo diviene simbolo della fraternità internazionale tra i popoli
Il superamento degli ostacoli, del dolore
e dei limiti biologici testimonierebbero
un’ irresistibile ascesa. In questo modo, il campione, eroe-sportivo,
diviene il propagatore infaticabile di una morale universale, la morale della
fraternità internazionale tra i popoli. Le delegazioni sportive si presentano
in qualità di portavoce della pace e della comprensione tra i popoli. Gli
sportivi testimoniano una coesione sociale, sono la bella superficie di un
mondo dove si combatte dovunque. “’Amatevi sotto le bombe e negli stadi’ questo è il nuovo vangelo sportivo di
questi bravi rappresentanti della gioventù studiosa, virtuosa e sportiva di
tutti i paesi”4.
c) Lo
sport diviene componente essenziale della nuova religione di massa
Lo sport affianca l’ideologia dominante dell’homo consumens. Il credo in un
progresso senza fine è accettabile anche grazie al credo nella competizione
sportiva. Questa, a causa del suo carattere manifestatamente quasi sacrale e
semimistico, ha assunto le caratteristiche delle tradizionali feste religiose.
Alcune imprese sportive particolarmente spossanti (si pensi ai record
nell’arrampicata o nelle immersioni subacquee) hanno assunto il carattere simbolico di una via crucis. Si
inseriscono nella rappresentazione più estrema di questo quadro coloro che hanno sacrificato la propria vita
per l’impresa sportiva.
Lo spettacolo
sportivo
La presente realtà sportiva è inseparabile dallo spettacolo
sportivo. Proprio nello spettacolo sportivo, sono cristallizzate infatti tutte
le caratteristiche dello sport contemporaneo. Basta assistere ad una
competizione sportiva per aver assistito a tutti gli elementi cardine della
società dei consumi. “Lo spettacolo
sportivo è la consacrazione visibile dello sport che si vende”5 e
le sue caratteristiche possono venir sintetizzate nei seguenti aspetti:
a) Il
ruolo commerciale dello spettacolo sportivo
Lo sport è un fenomeno di massa
quotidiano che diviene innanzitutto lo spettacolo di massa quotidiano. La
proliferazione delle competizioni sportive è indissolubilmente legata all’espandersi
e all’organizzazione dei suoi spettacoli. I profitti in questo settore sono
enormi. Gli sportivi, sono trattati come merci con i metodi del marketing. Il
motore è l’attrattiva che i campioni esercitano sul pubblico. Si ha dunque il
dominio del valore commerciale che determina il maggior o minor interesse nel
settore;
b) Il
ruolo culturale assegnato allo spettacolo sportivo
La quantità di persone attratte dallo
sport è considerevole e per questo il sistema riesce a determinare un enorme
consumo culturale di spettacolo sportivo. Questo aspetto corrisponde oggi,
nell’attuale società capitalistica, al bisogno di produzione culturale di massa
di cui necessita il sistema dominante in special modo per imbrigliare il
malcontento degli strati popolari. La vendita dei divertimenti è vendita dello
spettacolo sportivo e delle attività ad esso collegate (scommesse, gadget ecc).
Ma nonostante la sua chiara funzione, per molti questo conserva un grande
valore culturale e sociale. Per costoro, le competizioni possono essere separate dal loro retroterra
culturale e politico-sociale. Ma è difficile parlare di separazione quando la
cultura in questione è il prodotto massivo diretto dell’industria commerciale
il cui solo obiettivo è il profitto. Tutte le grandi manifestazioni sportive,
finiscono infatti per divenire un pretesto per vantaggiosi investimenti di
capitali. “La cultura sportiva non è
d’altronde che un vasto carnevale il cui
cerimoniale corrisponde esattamente alle necessità avanzate da un regime
autoritario”6;
c) Spettacolo
sportivo e mobilitazione delle masse
Lo spettacolo sportivo è un rituale di
massa. Questo cerimoniale costituisce la copertura per grandi manovre. Siamo
davanti ad un esercizio di mobilitazione con una funzione politica evidente: il
controllo delle stesse masse. L’aspetto
più importante è l’atmosfera che questo meccanismo riesce a produrre. Questa
mobilitazione della popolazione per mezzo dello sport comporta la
spoliticizzazione massiccia dell’atmosfera pubblica. I mass-media finiscono per
commentare i più insignificanti gesti dei campioni, utilizzano la loro vita
privata, esaltano i risultati delle competizioni e finiscono per lasciare in
ombra le situazioni in cui ci sono vertenze e lotte sociali. Sotto questo aspetto, lo sport è un
efficiente mezzo di condizionamento politico e gli si può applicare la
denominazione di oppio del popolo. Da una parte infatti, offusca le facoltà
critiche rinforzando l’evasione e la fuga, dall’altra riesce a far pensare a
problematiche che non sono tali (la mia squadra vincerà lo scudetto, vincerà la
finale?) sostituendosi a quelle reali. Lo sport è insomma un potente mezzo di
omogeneizzazione e di coesione sociale;
d) Lo
sport contemporaneo rinforza la competizione e l’individualismo
Lo sport di massa esprime la cultura
dell’individualismo e della competizione. Lungi dal contribuire ad una cultura
collettiva emancipatrice, rappresenta l’appagamento più totalitario delle masse
tramite la manipolazione delle loro frustrazioni e problematiche. È emblematico
il caso dei migliaia di precari che si identificano con Totti [il capitano
della Roma] mentre l’apparato statale li mantiene in condizioni di
semischiavitù. In questo appagamento c’è tutto il senso di una cultura
individualista e competitiva che vive di illusioni.
Una considerazione
conclusiva: ritornare al gioco fisico libero
Concordo con Erich Fromm nel sostenere che “di fronte ai grandi problemi dell’esistenza
umana e della vita in generale, espressi nei riti di tutte le grandi culture,
la competizione tra due individui è una questione assolutamente secondaria”7.
Il senso di vuoto che si crea nella
psiche dell’uomo in conseguenza di questo tipo di mancanza è un problema di
importanza rilevante (si pensi alla correlazione tra il diffondersi della noia,
l’ansia e tutte le patologie ad essa
connesse, come fenomeno di massa nei paesi capitalistici). È per questo che le
nostre culture dovrebbero restituire centralità a tematiche che riguardano in
profondità l’uomo. Penso alle dinamiche
della diseguaglianza, alla distruzione ambientale, allo sfruttamento quasi
incondizionato degli animali. Perché riveste più importanza l’esito di un
incontro di calcio rispetto all’estinzione del cincillà? Come è possibile
disinteressarsi delle guerre, della vivisezione, della fame e spostare il centro dei propri interessi
sulla competizione di atleti milionari? Queste sono solo alcune delle domande a
cui inspiegabilmente l’homo consumens non riesce a rispondere. Ma non facendolo
accresce la presenza del proprio Thanatos. Comprendendo lo sport come fatto
globale, cioè analizzandolo nella sua dimensione sociale, si comprende quanto
esso sia funzionale a una tale società distruttiva (distruttiva prima di tutto
dell’armonia e della felicità). Pur essendo in presenza di una molteplicità di
elementi strutturali che di fatto imbrigliano lo sport nel suo ruolo
repressivo, credo che una sua
trasformazione (seppur non totale proprio per via del quadro repressivo
circostante) potrebbe avvenire. Il gioco fisico libero, uno sport liberato e
altro da quello presente, potrebbe
contribuire a una cultura collettiva emancipatrice, alla libera comunità
d’Eros di cui parla Marcuse. La libertà di muoversi, di scoprire, di divertirsi
senza condizionamenti può e deve venir affermata anche nell’attuale società repressiva.
Le modalità di una sua concretizzazione sono molteplici e l’immaginazione potrà
andare oltre qualsiasi forma di barriera. Si tratterà in fondo di affermare semplicemente il
recupero dell’originario amore per la conoscenza, per l’andare oltre se stessi,
per il mettersi, appunto, in gioco.
__________________
1. Per un approfondimento della tematica si rimanda ai
seguenti volumi: Donald Woods Winnicot, Gioco
e realtà, Armando, Roma, 1974; Gianfranco Staccioli, Dentro il gioco, La
Nuova Italia, Firenze, 1982; Anna Kaiser
, Genius ludi: il gioco nella
formazione umana, Armando, Roma 2001.
2. Pierre Laguillaumie, Sport
& Repressione, La Nuova Sinistra Samonà e Savelli, 1971, p. 44.
3. Ibidem,
p. 67.
4. Ibid., p.
68.
5. Ibid., p. 60.
6. Ibid., p. 62.
7. Erich Fromm, I cosiddetti
sani. La patologia della normalità, Mondadori, Milano 1997, p. 28.