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domenica 13 luglio 2025

CHE GUEVARA A GAZA

di Roberto Massari


ITALIANO - ENGLISH - ESPANOL


Un membro brasiliano del comitato scientifico della Fondazione Guevara - acceso sostenitore di Putin e di Hamas - ha messo in Rete quattro articoli apparsi in vari siti che traggono alimento dalla foto che vedete sotto e che rappresenta il Che in visita a Gaza il 18 giugno 1959.

Tre articoli sono scritti da persone col nome arabo e inneggiano non solo al significato che quella visita avrebbe avuto per il popolo palestinese, ma attribuiscono a Guevara pensieri e possibili dichiarazioni consone con le posizioni che il Che, Castro e Cuba avranno effettivamente, soprattutto dopo la fondazione dell’OLP nel maggio 1964.

Quello che nessuno dei 3 articoli dice, tuttavia, è che a giugno del 1959 il Che non avrebbe potuto accennare nemmeno di sfuggita al diritto di autodeterminazione del popolo palestinese-gazawi o a una sua indipendenza, perché a quell’epoca Gaza era una colonia dell’Egitto. Sì, proprio una colonia, occupata militarmente nel 1948 e che l’Egitto (anche dopo l’avvento di Nasser) aveva rifiutato di annettere, cioè di farla diventare parte del proprio Stato. Resterà sua colonia fino alla Guerra dei sei giorni (1967), quando diventerà una colonia israeliana, fino all’indipendenza del 2005, per la prima e ormai ultima volta nella storia del popolo gazawi.

(Per inciso: volesse Allah che ci fosse stata l'annessione! oggi Gaza sarebbe nuovamente una regione egiziana - l’ultima volta lo era stata sotto la celebre regina Cleopatra - che vivrebbe né male né bene e riconoscerebbe lo Stato d’Israele attraverso le scelte del governo egiziano, non sarebbe nato Hamas, l’Iran avrebbe avuto una postazione antisraeliana in meno e non sarebbero morte decine di migliaia di gazawi, oltre alle vittime del terribile pogrom.)

Dopo il 1948 l’Egitto aveva creato a Gaza un Protettorato e un Governo Pan-Palestinese, vòlto soprattutto a controbilanciare l’espansionismo della monarchia della Transgiordania, che già si stava impadronendo del West Bank.

Ebbene, a giugno del 1959 (non riesco a trovare se fu prima o dopo la visita del Che, fu comunque lo stesso mese), essendosi nel frattempo sciolto il Protettorato - assorbito nella neonata RAU (Repubblica Araba Unita) - Gaza fu messa sotto l’Amministrazione militare egiziana, con gestione amministrativa affidata all’esercito egiziano. Il Che, quindi, stava visitando una colonia dell’Egitto occupata militarmente, della quale non poteva certo chiedere l’indipendenza (ammesso che fosse giusto farlo…).

Come conoscitore del Che e di quel suo primo viaggio diplomatico all’estero, posso aggiungere che gli erano stati affidati soprattutto compiti di apertura di relazioni commerciali (vendita dello zucchero) e di riconoscimento del nuovo governo cubano, al potere da soli sei mesi. Insomma, non stava tessendo reti per future attività rivoluzionarie, come invece farà in viaggi successivi, soprattutto in quello afroasiatico del 1964-65.

Il quarto articolo messo in Rete con precisi intenti antisraeliani mi ha lasciato perplesso e temo che il brasiliano non lo abbia letto. Anzi, non si è nemmeno reso conto che uno che si chiama Yoav di-Capua, con un cognome molto diffuso tra gli ebrei romani, non può che essere di famiglia o discendenza ebraica. Si tratta in effetti di uno studioso di arabistica, docente presso una università del Texas, il quale - attratto da questo episodio nella vita del Che - ha voluto approfondire l’argomento.

Dopo aver verificato che nulla si trova negli archivi israeliani ed egiziani, di-Capua ha esaminato la stampa dell’epoca scoprendo con stupore che la visita del Che era stata pressoché ignorata dalle autorità egiziane, che c’era stata una sua visita a campi profughi e che alla cena ufficiale - fatta con la delegazione brasiliana presso l’Onu - non aveva partecipato neanche un feddayn. Insomma, quella visita di protocollo era stata passata quasi sotto silenzio, anche perché Guevara tutto sommato era ancora un illustre sconosciuto e agli egiziani tutto interessava meno che essere associati alla Rivoluzione cubana. Anche la foto che si vede sotto non è mai apparsa ufficialmente, pur essendo tutto ciò che ci resta di quella «storica» visita in cui il Che avrebbe inalberato a Gaza la bandiera della resistenza palestinese.


Frugando in questi materiali apologetici sul versante palestinese, mi sono imbattutto in una cosa che avrei dovuto prevedere, ma che ora vi comunico ufficialmente.

Come la storiografia araba fa partire la Nabka da una presunta aggressione israeliana avvenuta a maggio del 1948 (tacendo il fatto che questa fu una risposta all’aggressione della Lega araba), così la crisi attuale di Gaza viene fatta cominciare dal 9 ottobre, definito esplicitamente come giorno dell’aggressione israeliana. In un articolo ho trovato che questa fu la reazione sionista «all’azione militare di sorpresa» fatta da combattenti di Hamas. Vi prego di soffermarvi sul «militare» mentre il pensiero va a quelle centinaia di poveri giovani che stavano festeggiando un rave, senza immaginare cosa il destino avesse in riserbo per loro. D’ora in avanti, quindi, nei libri di storia filo-Hamas (il che per fortuna non vuol più dire l’intero mondo arabo e forse nemmeno una sua minima parte) la crisi di Gaza verrà fatta iniziare il 9 e non il 7 ottobre.

Concludo infine dicendovi che all’inizio della crisi di Gaza, un compagno romano mi disse polemicamente che oggi il Che starebbe a Gaza a combattere al fianco di Hamas: evidentemente tutto ciò che per anni ho scritto e pubblicato sull’«umanismo rivoluzionario» del Che sembra non esser servito a niente. Quello stesso Guevara, che in «Guerra di guerriglia un metodo», aveva apertamente respinto il terrorismo come forma di lotta, oggi correrebbe dietro a degli ebrei adolescenti, maschi e femmine, per sgozzarli, squartarli e farsi dei selfie mentre compie una tale gloriosa azione...

Povero Che e poveri gli ideali per i quali si è battuto, e che ha riassunto nel suo testamento teorico: Il socialismo e l’uomo a Cuba.



ENGLISH


CHE GUEVARA IN GAZA

by Roberto Massari



A Brazilian member of the Guevara Foundation's scientific committee—an ardent supporter of Putin and Hamas—has posted online four articles that appeared on various websites, drawing inspiration from the photo below, which depicts Che Guevara visiting Gaza on June 18, 1959.

Three articles are written by people with Arabic names and not only praise the significance that visit would have had for the Palestinian people, but also attribute to Guevara thoughts and possible statements consistent with the positions Che, Castro, and Cuba would actually hold, especially after the founding of the PLO in May 1964.

What none of the three articles says, however, is that in June 1959, Che Guevara could not have even briefly mentioned the right to self-determination of the Palestinian-Gazawi people or their independence, because at the time, Gaza was an Egyptian colony. Yes, a colony, militarily occupied in 1948, which Egypt (even after Nasser's reign) refused to annex, that is, to make it part of its own state. It remained its colony until the Six-Day War (1967), when it became an Israeli colony, until independence in 2005, for the first and now last time in the history of the Gazawi people.

(By the way: would to God there had been annexation! Today, Gaza would once again be an Egyptian region—the last time it was under the famous Queen Cleopatra—that would live neither badly nor well and would recognize the State of Israel through the choices of the Egyptian government. Hamas would not have been born, Iran would have had one less anti-Israeli position, and tens of thousands of Gazans would not have died, in addition to the victims of the terrible pogrom.)

After 1948, Egypt had created a Protectorate and a Pan-Palestinian Government in Gaza, aimed primarily at counterbalancing the expansionism of the Transjordan monarchy, which was already taking over the West Bank.

Well, in June 1959 (I can't find if it was before or after Che's visit, but it was the same month anyway), with the Protectorate having been dissolved in the meantime and absorbed into the newly formed UAR (United Arab Republic), Gaza was placed under Egyptian military administration, with administrative management entrusted to the Egyptian army. Che, therefore, was visiting a militarily occupied Egyptian colony, for which he certainly couldn't demand independence (assuming that were the right thing to do...).

As someone who knows about Che and his first diplomatic trip abroad, I can add that he had been entrusted primarily with the task of establishing commercial relations (sugar sales) and recognizing the new Cuban government, in power since only six months. In short, he wasn't weaving networks for future revolutionary activities, as he would do on subsequent trips, especially the Afro-Asian one of 1964-65.


The fourth article posted online with specific anti-Israeli intent left me perplexed, and I fear the Brazilian hadn't read it. Indeed, he didn't even realize that someone named Yoav di-Capua, with a surname very common among Roman Jews, could only be of Jewish family or descent. He is, in fact, a scholar in Arabic studies and professor at a university in Texas, who—attracted by this episode in Che's life—has wanted to delve deeper into the subject.

After verifying that nothing can be found in Israeli and Egyptian archives, di-Capua has examined the press of the time and discovered with astonishment that Che's visit had been virtually ignored by the Egyptian authorities, that he had visited refugee camps, and that the official dinner—held with the Brazilian delegation to the UN—had not even been attended by a single fedayeen. In short, that protocol visit had been passed over almost in silence, also because all in all Guevara was still a complete unknown and the Egyptians cared little about anything other than being associated with the Cuban Revolution. Even the photo seen below has never officially appeared, despite being all that remains of that "historic" visit during which Che is said to have raised en Gaza the flag of the Palestinian resistance.


While rummaging through these apologetic materials on the Palestinian side, I stumbled upon something I should have foreseen, but which I now officially refer to you.

Just as Arab historiography dates the Nakba to an alleged Israeli aggression in May 1948 (while omitting the fact that this was a response to the Arab League's aggression), the current Gaza crisis is said to begin on October 9th, explicitly defined as the day of the Israeli aggression. In one article, I found that this was the Zionist reaction to the "surprise military action" carried out by Hamas fighters. Please dwell on the "military" while your thoughts turn to those hundreds of poor young people celebrating at a rave, unaware of what fate had in store for them. From now on, therefore, in pro-Hamas history books (which fortunately no longer means the entire Arab world, and perhaps not even a small part of it) the Gaza crisis will be said to begin on October 9th, not October 7th.

I conclude by telling you that at the beginning of the Gaza crisis, a Roman comrade polemically told me that Che Guevara would be in Gaza fighting alongside Hamas today. Evidently, everything I've written and published through the years about Che's "revolutionary humanism," seems to have been for naught. That same Guevara, who in "Guerrilla Warfare: A Method" had openly rejected terrorism as a form of struggle, would today be chasing adolescent Jews, both male and female, to slit their throats, quarter them, and take selfies while he performs such a glorious deed...

Poor Che, and poor the ideals for which he fought, which he summarized in his theoretical testament: Socialism and Man in Cuba.



ESPANOL


EL CHE GUEVARA EN GAZA

por Roberto Massari



Un miembro brasileño del comité científico de la Fundación Guevara, ferviente partidario de Putin y Hamás, publicó en línea cuatro artículos publicados en varios sitios web, inspirados en la foto de abajo, que muestra al Che Guevara visitando Gaza el 18 de junio de 1959.

Tres artículos, escritos por personas con nombres árabes, no solo elogian la importancia que esa visita habría tenido para el pueblo palestino, sino que también atribuyen a Guevara pensamientos y posibles declaraciones coherentes con las posturas que el Che, Castro y Cuba realmente mantendrían, especialmente tras la fundación de la OLP en mayo de 1964.

Sin embargo, lo que ninguno de los tres artículos dice es que en junio de 1959, el Che Guevara no pudo haber mencionado ni siquiera brevemente el derecho a la autodeterminación del pueblo palestino-gazawi ni su independencia, porque en ese momento Gaza era una colonia egipcia. Sí, una colonia, ocupada militarmente en 1948, que Egipto (incluso después del reinado de Nasser) se negó a anexionar, es decir, a integrarla en su propio Estado. Continuó siendo su colonia hasta la Guerra de los Seis Días (1967), cuando se convirtió en colonia israelí, hasta su independencia en 2005, por primera y última vez en la historia del pueblo gazawi.

(Por cierto: ¡ojalá hubiera habido anexión! Hoy, Gaza volvería a ser una región egipcia —la última vez lo fue bajo la famosa reina Cleopatra— que no viviría ni mal ni bien y que reconocería al Estado de Israel gracias a las decisiones del gobierno egipcio. Hamás no habría nacido, Irán habría tenido una postura antiisraelí menos y decenas de miles de gazatíes no habrían muerto, además de las víctimas del terrible pogromo.)

Después de 1948, Egipto creó un Protectorado y un Gobierno Panpalestino en Gaza, cuyo principal objetivo era contrarrestar el expansionismo de la monarquía transjordana, que ya se estaba apoderando del West Bank.

Pues bien, en junio de 1959 (no pude averiguar si fue antes o después de la visita del Che, pero en cualquier caso era el mismo mes), disuelto el Protectorado y absorbido por la recién formada RAU (República Árabe Unida), Gaza quedó bajo administración militar egipcia, con la gestión administrativa confiada al ejército egipcio. El Che, por lo tanto, visitaba una colonia egipcia ocupada militarmente, para la cual ciertamente no podía exigir la independencia (suponiendo que fuera lo correcto...).

Como alguien que conoce al Che y su primer viaje diplomático al extranjero, puedo añadir que se le había encomendado principalmente la tarea de establecer relaciones comerciales (venta de azúcar) y reconocer al nuevo gobierno cubano, en el poder solo desde seis meses. En resumen, no estaba tejiendo redes para futuras actividades revolucionarias, como haría en viajes posteriores, especialmente el afroasiático de 1964-65.


El cuarto artículo publicado en línea con una intención específicamente antiisraelí me dejó perplejo, y me temo que el brasileño no lo había leído. De hecho, ni siquiera se dio cuenta de que alguien llamado Yoav di-Capua, con un apellido muy común entre los judíos romanos, solo podía ser de familia o ascendencia judía. Es, de hecho, un erudito en estudios árabes y profesor en una universidad de Texas, que, atraído por este episodio en la vida del Che, quiso profundizar en el tema. Tras verificar que no se había encontrado nada en los archivos israelíes y egipcios, Di-Capua examinó la prensa de la época y descubrió con asombro que la visita del Che había sido prácticamente ignorada por las autoridades egipcias, que había visitado campos de refugiados y que a la cena oficial —celebrada con la delegación brasileña ante la ONU— ni siquiera había asistido un solo fedayín. En resumen, esa visita protocolaria había sido prácticamente ignorada, también porque Guevara, considerándolo todo, seguía siendo un completo desconocido y a los egipcios les importaba poco más que estar asociados con la Revolución cubana. Incluso la foto que se ve a continuación nunca ha aparecido oficialmente, a pesar de ser todo lo que queda de aquella visita "histórica", durante la cual se dice que el Che en Gaza izó la bandera de la resistencia palestina.


Mientras rebuscaba entre estos materiales apologéticos del lado palestino, me topé con algo que debería haber previsto, pero que ahora les anuncio oficialmente.

Así como la historiografía árabe data la Nakba en una supuesta agresión israelí en mayo de 1948 (omitiendo que fue una respuesta a la agresión de la Liga Árabe), se dice que la actual crisis de Gaza comenzó el 9 de octubre, definido explícitamente como el día de la agresión israelí. En un artículo, descubrí que esta fue la reacción sionista a la "acción militar sorpresa" llevada a cabo por combatientes de Hamás. Por favor, deténganse en el "militar" mientras piensan en esos cientos de pobres jóvenes que celebraban en un rave, sin saber lo que les deparaba el destino. De ahora en adelante, por lo tanto, en los libros de historia pro-Hamás (que ya no quiere decir todo el mundo árabe, y quizás ni siquiera una pequeña parte de él), se dirá que la crisis de Gaza comenzó el 9 de octubre, no el 7 de octubre.


Concluyo contándoles que al comienzo de la crisis de Gaza, un compañero romano me dijo, en tono polémico, que Guevara estaría hoy en Gaza luchando junto a Hamás. Evidentemente, todo lo que he escrito y publicado en muchos años sobre el "humanismo revolucionario" del Che, parece haber sido en vano. Aquel mismo Guevara, quien en "Guerra de guerrillas: un método" había rechazado abiertamente el terrorismo como forma de lucha, hoy estaría persiguiendo a adolescentes judíos, hombres y mujeres, para degollarlos, descuartizarlos y tomarse selfis mientras realiza tan gloriosa hazaña...

Pobre Che, y pobres los ideales por los que luchó, que resumió en su testamento teórico: El Socialismo y el Hombre en Cuba.



Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.