L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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venerdì 25 marzo 2022

UCRAINA 10: GLI OBIETTIVI DI PUTIN

CONSOLIDARE LA SFERA D’INFLUENZA ESTERA E IL REGIME INTERNO


di Michele Nobile


1. L’aggressione all’Ucraina: quali sono i veri obiettivi di guerra di Putin? 

2. Il nesso tra politica estera e interna: Putin dalla collaborazione con Bush alla Russia come «alternativa di civiltà» all’Occidente

3. La nuova Guerra fredda come strumento di controllo interno alle sfere d’influenza

 

 

1. L’aggressione all’Ucraina: quali sono i veri obiettivi di guerra di Putin? 

Putin come Aleksandr Nevskij? Passerà alla storia per aver fermato i crociati alle porte della Santa Russia? Oppure i russi giungeranno alla conclusione che l’«operazione speciale» è una banditesca aggressione ai fratelli ucraini? 

Con un passo orwelliano, a proposito dell’Ucraina in Russia ora è vietato usare termini come invasione e guerra. Il 4 marzo una nuova legge ha emendato il Codice penale, punendo con la reclusione fino a tre anni chi discredita le forze armate o ne richiede il richiamo da altro Stato, pena che può salire anche a 15 anni in caso di non meglio specificate «gravi conseguenze». Sui mezzi d’informazione e sui social network è caduto l’ennesimo colpo di mannaia.

Aleksej Naval’nyi, il più noto oppositore di Putin, subì nell’agosto 2020 un tentativo di avvelenamento che ricorda il precedente di Viktor Juščenko, candidato a Presidente dell’Ucraina nel 2004 contro il rappresentante dell’oligarchia industrial-finanziaria del Donbas e di Putin, Viktor Janukovič. Appena tornato dalle cure in Germania, nel gennaio 2021 Naval’nyi fu arrestato e condannato per direttissima a quasi tre anni di detenzione; il 22 marzo 2022 ha subito un’altra condanna a nove anni per peculato. L’arresto del politico russo fu uno scandalo internazionale ma è solo la punta dell’iceberg di una raffica di leggi che tra il 2020 e il 2021 hanno ulteriormente ristretto i margini di libertà politica per l’opposizione. Ad esempio, nel giugno 2021 non solo è stato vietato alle organizzazioni arbitrariamente classificate «estremiste» di partecipare alle elezioni d’ogni tipo, così impedendo al partito di Naval’nyi di concorrere alle elezioni di settembre per la Duma, ma dirigenti e semplici membri o simpatizzanti di tali organizzazioni «estremiste» sono stati privati del diritto di voto, rispettivamente per cinque e tre anni, sulla base delle loro posizioni politiche negli anni precedenti; ai cittadini russi è stato proibito di partecipare a organizzazioni «indesiderabili», sia in Russia che all’estero. Nel complesso le nuove norme hanno ampliato a dismisura la possibilità di etichettare in modo discrezionale individui e organizzazioni come «agenti stranieri», «estremisti» e «indesiderabili», aggravando le sanzioni pecuniarie e detentive, sottoponendo organizzazioni d’ogni tipo a più severi controlli amministrativi e costringendo all’autocensura quel che rimane di organi d’informazione indipendenti. Tra i numerosi individui e organizzazioni vittime di queste normative c’è anche Memorial, storica fondazione nata nel 1989 per documentare i crimini dello stalinismo e per difendere i diritti umani in Russia. Un esempio da cui s’intende bene cosa oggi s’intenda in Russia per «estremismo». 

C’è chi protesta contro la guerra scatenata da Putin, ma a metà marzo gli arresti erano stimati a quasi 15.000, un numero notevole che forse è più il risultato di più intensa e capillare repressione che delle dimensioni delle proteste, spesso deliberatamente organizzate in modo da esporre all’arresto solo poche persone. Mettendo insieme repressione poliziesca, censura, scioglimento di organizzazioni, fattispecie di reato vagamente definite, discrezionalità giudiziaria, frodi elettorali e rimozione del vincolo di non più di due mandati presidenziali, si può concludere che la Russia è oramai molto vicina al passo che separa un regime autoritario dalla dittatura aperta. 

L’ulteriore involuzione repressiva del regime e il controllo totale delle comunicazioni e della educazione sono in stretta relazione con la guerra in Ucraina. Non come conseguenza ma come causa della stessa. In altre parole: lo scopo primario di questa guerra e il momento in cui essa è stata messa in atto si spiegano con obiettivi diversi da quelli dichiarati da Putin. Che sono: 

 

«lo scopo di questa operazione è proteggere le persone che, ormai da otto anni, stanno affrontando l’umiliazione e il genocidio perpetrati dal regime di Kiev. A tal fine, cercheremo di smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, oltre a portare a processo coloro che hanno perpetrato numerosi crimini sanguinosi contro i civili, compresi i cittadini della Federazione Russa»; 

«garantire la sicurezza della Russia», in quanto «una presenza militare nei territori confinanti con la Russia, se gli permettiamo di andare avanti, rimarrà per decenni a venire o forse per sempre, creando una minaccia sempre crescente totalmente inaccettabile per la Russia»1

 

         Sorvolo sull’ipocrisia del primo punto: basti ricordare il macello fatto dalle forze armate russe ai danni del popolo della Cecenia, con cui Putin riuscì a sottrarsi all’immagine di grigio «signor nessuno», la ragione per cui era stato nominato primo ministro dal presidente Yeltsin; e ricordo la strage di civili e le devastazioni della guerra in corso. Per ora sorvolo anche sul fatto che, in cambio della distruzione delle non poche testate nucleari tattiche e strategiche in possesso dell’Ucraina all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, la Russia si era impegnata a rispettare la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina2. Per scoprire quali siano i veri obiettivi di guerra di Putin occorre innanzitutto problematizzare il secondo argomento della narrazione con cui egli giustifica l’«operazione speciale»: quello per cui l’eventuale ingresso dell’Ucraina nella NATO e/o nell’Unione Europea costituirebbe una minaccia alla «sicurezza nazionale» della Federazione Russa e che quindi occorra smilitarizzarla e «denazificarla» con la forza. 

L’argomento geopolitico rivolto contro il cosiddetto Occidente è strumentale. Le finalità della guerra e il momento in cui è stata scatenata si spiegano invece: 

a) con l’esigenza di Putin di ulteriormente sviluppare il nazionalismo imperiale grande-russo allo scopo di consolidare il regime interno alla Russia e il suo capitalismo oligarchico, che nell’ultimo decennio ha visto perdere consenso, come si è visto nei risultati delle elezioni e nelle proteste per i brogli elettorali. 

b) Con l’intento di consolidare la sfera d’influenza russa nell’Unione Eurasiatica. Questo è un progetto che comprende le Repubbliche nate dalla fine dell’Unione Sovietica ma che richiama i temi dell’Impero zarista e della centralità della nazionalità russa. 

La guerra serve dunque a Putin per delimitare due confini. Innanzitutto, all’interno della stessa Russia, tra i sostenitori del regime e gli oppositori di destra e di sinistra, che sono definiti «agenti stranieri», corpo estraneo alla cultura e alla società russa e quindi perseguibili a piacere. Sulla scena mondiale si tratta di affermare l’intangibilità politica d’una sfera d’influenza eurasiatica del capitalismo russo, da proteggere dall’influenza occidentale e dai suoi «agenti» interni. In futuro il problema potrebbe porsi però anche nei confronti del più dinamico capitalismo cinese, che in Asia centrale e in Siberia ha anch’esso interessi e forza d’attrazione.

lunedì 21 marzo 2022

Ucraina 9: L’INDIPENDENTISMO UCRAINO NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

di M.J. Geller-A.M. Nekrič

 

 

È diffusa una grande disinformazione riguardo al movimento indipendentista ucraino, quale si formò durante la Seconda guerra mondiale, per proseguire negli anni successivi. Tale ignoranza accomuna sia i sostenitori dell’aggressione, sia i sostenitori della resistenza ucraina. Ed è grave perché porta a delle semplificazioni anacronistiche rispetto alla presenza – sminuita o gonfiata a seconda degli schieramenti – di organizzazioni filonaziste nella vicenda del 2014, e via via fino alla crisi attuale: ignorandone le origini nel periodo bellico (la filogenesi) non si capiscono la natura ideologica e le dimensioni effettive di un fenomeno così peculiare dell’Ucraina.

 Chi dedicherà un po’ di tempo a leggere le pagine che seguono, vedrà che la cosa è molto intricata, ma ha una sua logica ricostruibile in termini storico-politici. Ed è una logica che, per capirla, va fatta risalire indietro alle sue origini nel tempo, come minimo al 1920 (quando fu distrutto dai bolscevichi il movimento indipendentista di Machno), poi  al genocidio staliniano del 1931-33 - di entrambi i quali si è già parlato - e per finire alle deportazioni del 1939-41 alle quali si accenna ora.

Non è una vicenda in cui il «bene» e il «male» siano nettamente distinti (anche perché all’origine c’è sempre l’alleanza fra Hitler e Stalin che non poteva non produrre delle trasformazioni abnormi in seno all’indipendentismo ucraino); non tutto è chiaro ancor oggi e non c’è un accordo tra gli storici generalmente condiviso su come ricostruire tale vicenda. È quindi con il beneficio del dubbio che dobbiamo ascoltare come la raccontarono due grandi storici russi che, non essendo ucraini, non si possono sospettare di partigianeria verso questo sfortunato popolo. Ma poiché la loro ottima storia dell’Unione Sovietica brilla in generale per rigore, si può riconoscere un alto grado di attendibilità anche alle pagine che ho estrapolato (e ribattuto manualmente…) per dare un minimo d’informazione di base al lettore.

 

Dopo aver descritto la tragica impreparazione delle truppe sovietiche davanti all’aggressione nazista (giugno 1941), i due storici raccontarono le seguenti vicende belliche legate all’Ucraina. Come già detto, vale la pena di dedicare un po’ di tempo a leggerle o a rileggerle per capire meglio il dramma che si sta svolgendo in questi giorni [r.m.].

 

 

[Dopo l’ingresso travolgente delle truppe naziste in Urss] in Crimea il Comando sovietico fece vari tentativi di respingere i tedeschi, lanciando paracadutisti su Teodosia e Eupatoria. Ma si conclusero tutti in altrettanti fallimenti, con gravi perdite, nonostante che i sovietici avessero sui tedeschi una superiorità di due volte per quanto riguardava gli effettivi e di una volta e mezzo per la tecnologia bellica. Gli insuccessi erano dovuti all’incompetenza del Comando del fronte (il generale Kozlov) e del rappresentante del Quartier generale (Mechlis). Non si riuscì a individuare in tempo le forze e le intenzioni del nemico, cosicché l’offensiva su Kerč si risolse in un massacro. Iniziò una disordinata ritirata delle truppe sovietiche attraverso lo stretto di Kerč fino alla penisola di Taman. Secondo i dati sovietici, le perdite sarebbero state di 176.000 soldati. Kozlov e Mechlis se la cavarono con un abbassamento di grado. […]

domenica 20 marzo 2022

Ucraina 8: IL DISARMO NUCLEARE UNILATERALE DELL’UCRAINA

(Memorandum di Budapest del 1994) 

 

di Michele Nobile


Nel 1994, per la prima volta nella storia, abbiamo assistito al disarmo nucleare unilaterale di uno Stato, primo passo per la realizzazione del sogno per il quale lo scrittore Carlo Cassola si batté negli anni ’70 e fino alla morte, vale a dire il disarmo nucleare unilaterale di tutti i Paesi del mondo. Ebbene, questo primo esempio di disarmo nucleare unilaterale ce l’ha dato l’Ucraina indipendente. Quella stessa Ucraina che la propaganda putiniana ha definito «nazista», sfiorando il ridicolo: si può immaginare un paese nazista che si libera del proprio arsenale nucleare?

E che dire del fatto che questa accusa viene da un folle capo di stato che ha osato minacciare il ricorso alla rappresaglia atomica se qualcuno gli avesse sbarrato la strada dell’invasione? 

Eppure, col massacro in corso della popolazione civile, Putin ha affermato di voler «denazificare» l’Ucraina. Il 24 febbraio 2022 ha detto addirittura che i «neonazisti ucraini» «sono arrivati al punto di aspirare ad acquisire armi nucleari. Non permetteremo che ciò accada». 

La cosa curiosa è che quelli che Putin definisce «nazisti», una trentina d’anni fa erano la terza potenza nucleare del mondo. Essi cedettero alla Russia l’arsenale nucleare di cui erano in possesso e per questo la Russia si impegnò solennemente a non usare mai le armi contro l’Ucraina. Questo, in breve, è quanto dice il Memorandum di Budapest sottoscritto il 5 dicembre 1994 da Ucraina, Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna (cui si aggiunsero Cina e Francia). Memorandum successivamente violato dalla Russia con l’annessione della Crimea e con la «guerra ibrida» promossa nel Donbass a partire dal 2014 e ormai letteralmente stracciato dall’aggressione aperta nel 2022. 

Questo fatto ha un terribile significato di portata mondiale. Se uno Stato che dispone di un arsenale nucleare viola un documento come il Memorandum di Budapest incoraggia il resto del mondo a fare altrettanto, incluso a dotarsi di armi nucleari o a potenziare quelle che già possiede. È come se dicesse che le assicurazioni di non aggressione date in cambio della denuclearizzazione non valgono nulla. 

A dire il vero, per come vanno le cose del mondo, non ci sarebbe da sorprendersi. Ma nei fatti si tratta di un atto barbarico che spinge il mondo verso rischi crescenti di olocausto nucleare. È però anche la conferma che i movimenti pacifisti e antimperialisti devono porre il disarmo nucleare unilaterale in cima alle loro rivendicazioni, per allontanare da ciascun Paese le armi di distruzione di massa.

venerdì 18 marzo 2022

Ucraina 7: L’ALLEANZA NAZISOVIETICA E L’HITLEROCOMUNISMO

di Roberto Massari 

 

 

Anche l’Ucraina fu colta di sorpresa dall’aggressione nazista a giugno 1941, così come la Russia di quello stesso Stalin che sino alla fine aveva sperato che l’alleanza con Hitler potesse continuare ancora a lungo, consentendogli di ampliare con nuove conquiste il proprio impero. Gli storici da tempo hanno calcolato quanti milioni di abitanti dell’Urss (ucraini compresi) persero la vita a causa del fattore «sorpresa» e qui non è il caso di tornarci sopra. Tutta la letteratura apologetica della «grande guerra patriottica» ha però cercato di coprire questo tragico dato, così come la vera natura del Patto Molotov-Ribbentrop.

In genere si è cercato di nascondere anche che in alcune regioni dell’Urss, agli inizi dell’invasione – per quanto paradossale possa sembrare - i nazisti furono accolti come «liberatori» dopo decenni di brutale repressione bolscevico-staliniana. Ciò fu vero in modo particolare per una parte della popolazione ucraina che, oltre ad aver subìto l’oppressione grande-russa come le altre Repubbliche sovietiche, aveva ancora fresco il ricordo del genocidio perpetrato meno di un decennio prima (l’holodomordi cui si è parlato in due puntate precedenti). E così, mentre una parte degli ucraini cercò di opporsi disperatamente all’invasione e confluì poi nel movimento di resistenza, un’altra parte cercò di affiancarsi all’azione militare dei nazisti, seguendo dei percorsi intricati di cui parleremo nella prossima puntata. Si vedrà allora come e quanto fu coinvolto il movimento indipendentista ucraino nell’alleanza militare col nazismo in funzione antisovietica e si potrà forse capire meglio a quale tradizione si richiami quella parte delle attuali milizie ucraine che ancora fa riferimento a simboli e posizioni ideologiche del nazismo: se non si ha chiaro cosa ha significato per il popolo ucraino lo sterminio per fame di 3,5 milioni di contadini e la successiva repressione dello stalinismo, non si capisce l’avvicinamento temporaneo al nazismo, durante la guerra, di una parte sostanziosa del movimento indipendentista e non si spiega nemmeno perché ancor oggi in Ucraina sopravvivano formazioni militari legate a simboli e a posizioni ideologiche del nazismo.

Con tutto il disgusto che si può provare per questi residui di un’ideologia antisemita e totalitaria-nazista (diversa quindi dall’altrettanto disgustoso totalitarismo stalinista che ebbe a sua volta dei tratti antisemiti), resta il fatto che Putin ha potuto strumentalizzarli e imbastire un’intera campagna di «disinformatsia» sulla presunta esistenza in Ucraina di un regime nazista, benché il capo del governo sia un ebreo e i nazisti veri siano un’infima minoranza. La menzogna putiniana ha impiegato la stessa tecnica che era stata usata per le famigerate «armi chimiche di distruzione di massa» che dovevano giustificare l’invasione statunitense dell’Iraq.

Vale la pena, però, di descrivere il contesto politico che precedette l’invasione perché non si abbia la visione errata di un’improvvisa comparsa dal nulla del nazismo in Ucraina. Infatti per ben 22 mesi (quasi due anni - e che anni!) l’Urss di Stalin era stata alleata di Hitler, d’accordo con lui aveva invaso la Polonia, le Repubbliche Baltiche e altre parti dell’Europa orientale, oltre alla guerra contro la Finlandia. E con lui aveva dato inizio alla Seconda guerra mondiale, continuando ad aiutarlo in tutti i modi possibili nella sua guerra verso Occidente: aiuti militari, economici e ideologici (Togliatti per il Pci e Thorez per il Pcf, per un biennio,  furono tra i principali promotori di quella spudorata campagna a favore delle aggressioni naziste).

Un tempo era proibito parlare di questa collaborazione nazisovietica e i libri che la descrissero furono pochi agli inizi (pioniere indiscusso, contemporarneo e documentatissimo, fu Angelo Tasca). Poi gli storici si sono fatti coraggio e ormai c’è solo l’imbarazzo della scelta per i libri che si possono leggere e che descrivono la vera natura aggressiva dell’alleanza fra Stalin e Hitler. Ciò non toglie che ancora esistano persone che giustificano addirittura un tale enorme crimine contro l’umanità.

Sono quelli che io da tempo definisco «hitlerocomunisti». E se ora ne parlo è perché nel modo in cui giustificano l’aggressione del regime putiniano alla nazione ucraina emerge ancora la tradizione mentale dell’hitlerocomunismodi allora: essi ne sono gli eredi a tutti gli effetti.

È quindi per questa ragione che propongo una descrizione sintetica dell’alleanza nazisovietica perché i giovani – ai quali sono dirette queste puntate sull’Ucraina – abbiano la possibilità di capire che la tragedia attuale ha le sue radici non solo nell’holodomor, ma anche e soprattutto nel processo avviato da quel Patto contronatura che ha cambiato il corso della storia moderna e che rappresenta ancor oggi il più drammatico spartiacque nella formazione del pensiero politico umano: l’hitlerocomunismo nazisovietico da una parte, la via della ragione e della lotta per la democrazia dall’altra. Tra tanti orrori, il socialismo è meglio non scomodarlo…

 

Il più grande patto d’aggressione nella storia

 

La storiografia d’ispirazione socialcomunista, liberale o genericamente «antifascista» continua a presentare l’alleanza tra il nazismo e lo stalinismo, sancita dal Patto Molotov-Ribbentrop dell’agosto 1939, come un «Trattato di non-aggressione», onde tacere sull’invasione sovietica della Polonia e addebitare ai soli nazisti la responsabilità per l’avvio della Seconda guerra mondiale.

I libri di scuola italiani perpetuano ulteriormente questa grossolana falsificazione della realtà storica, benché le ricerche che la confutano siano in crescita esponenziale in tutto il mondo. Qualcosa comunque è stato tradotto nel nostro Paese e qualcosa è stato scritto anche da studiosi italiani.

Darò quindi per scontato che il lettore sappia che esso fu di «non-aggressione» solo nel titolo e che per il resto diede il viaal piano di aggressione verso terzi più esteso che si sia mai visto sulla faccia della Terra - da intendersi ciò in rapporto al numero di Paesi aggrediti, all’estensione geografica delle invasioni, alla loro durata nel tempo.

Preceduto dall’accordo commerciale Germania-Urss del 19 agosto 1939 (che sarà seguìto da altri analoghi accordi nel 1940 e nel 1941), il Patto fu stipulato a Mosca il 23 agosto (accompagnato da un Protocollo segreto, scritto dagli stessi russi ma approvato in fretta e furia dai nazisti). Ad esso seguì quasi immediatamente l’invasione della Polonia che Hitler stava preparando febbrilmente da tempo e per la quale attendeva con impazienza solo il benestare di Stalin. E dopo la spartizione della Polonia, si dipanò la sequenza di aggressioni previste dal «Protocollo segreto», anch’esse tutte preordinate da tempo: sia dal lato nazista, sia dal lato sovietico.

Si veda la sequenza:

Il 1° settembrela Wehrmacht invase la parte di territorio polacco assegnatale dal Patto.

Il 3 settembrela Francia e la Gran Bretagna dichiararono guerra al Terzo Reich in difesa della Polonia, secondo quanto previsto dal patto di garanzia unilaterale concesso dagli inglesi ai polacchi dopo l’occupazione nazista di parte della Cecoslovacchia (Boemia e Moravia).

Il 17 settembre l’Armata Rossa invase la parte di Polonia ad essa assegnata dal Patto.

Il 27 settembre, aggredita su due fronti e nonostante la tenace resistenza, la Polonia fu costretta ad arrendersi.

Il giorno dopo la resa di Varsavia, 28-29 settembre,fu firmato un Trattato «di amicizia e di frontiera» russo-tedesco (cioè staliniano-nazista).

Il30 novembre l’Urss aggredì la Finlandia(la cosiddetta «guerra d’inverno»), senza riuscire a sconfiggerla. Col trattato firmato a Mosca (marzo 1940) dovette «accontentarsi» di annettere solo alcuni territori finlandesi come la Carelia, la settentrionale Penisola dei Pescatori (Poluostrov Rybačij) e alcune isolenel golfo di Finlandia.

Tralasciando le aggressioni naziste alla Danimarca, Norvegia, Belgio, Lussemburgo, Olanda, Francia (questa aggredita anche dall’Italia entrata in guerra a giugno del 1940) e proseguendo con la sola Urss, alla lista delle aggressioni sovietiche nell’area d’influenza assegnatale dal Patto, vanno aggiunte le seguenti:

Tra il 28 giugno e il 2 settembre 1940, l’invasione con annessione della Bessarabia(regione suddivisa attualmente tra Moldavia e Ucraina) e della Bucovina(regione suddivisa attualmente tra Romania e Ucraina).

Tra il 3 e il 6 agosto 1940l’invasione con annessione dei Paesi Baltici: Estonia,LettoniaLituania.

 

Il titolo di «non aggressione» si riferiva quindi solo al rapporto bilaterale fra nazismo e stalinismo, e funzionò per il primo biennio della Guerra mondiale, fino a giugno 1941. Era un classico accordo di espansione imperialistico che prevedeva una suddivisione ben precisa di compiti e zone militari la spartizione di aree geopolitiche. Per la Russia tali aree erano specificate nel «Protocollo segreto» e se ne vide la realizzazione pratica nei Paesi sopra citati.

Le ambizioni territoriali di Stalin in realtà andavano ben oltre e, in disaccordo con Hitler, miravano a stabilire l’egemonia sovietica sull’intera area balcanica. Il progetto espansionistico fu però interrotto dall’aggressione del 22 giugno 1941 (operazione «Barbarossa»), quando fu giocoforza per l’Urss passare dall’alleanza con Hitler a quella con gli Alleati occidentali. Anche il resto è storia nota.

Gli studi che dimostrano la dinamica espansionistica del Patto e la sua natura guerrafondaiacominciano ormai ad essere molti e in genere ben documentati. Mi permetto di consigliarne al lettore quattro in particolare, nell’insieme esaustivi dell’argomento, e ai quali rimando:

1) Angelo Tasca, Due anni di alleanza germano-sovietica(Fayard 1949, La Nuova Italia 1951): testo pioniere che si avvalse della documentazione tedesca sequestrata dagli Usa alla fine della guerra.

2) William Lawrence Shirer, Storia del Terzo Reich (vol. I, Einaudi 1962). Lo storico statunitense (1904-1993), non solo era presente in Germania all’epoca dei fatti narrati, ma ricostruisce anche dettagliatamente l’itinerario del Patto, utilizzando soprattutto documentazione di fonti tedesche e britanniche.

3) Michail Geller-Aleksandr Nekrič (1982), Storia dell’Urss dal 1917 a Eltsin(Bompiani 2001). Due grandi storici che si basano soprattutto su documentazione russa. 

Le tre opere sono complementari, proprio perché forniscono la documentazione disponibile o ricavabile dai due principali alleati: il nazista e lo stalinista.

4) Arturo Peregalli (1948-2001), Il patto Hitler-Stalin e la spartizione della Polonia(Massari ed. 1989 [nuova ed. 2020)]: dopo Tasca, il principale contributo italiano sull’argomento. Il suo merito essenziale è stato di dimostrare che la ricerca di un accordo con Hitler da parte di Stalin era cominciata fin dal 1934, anche se poi, con alterne vicende di allontanamento e avvicinamento (soprattutto in campo economico e diplomatico), andrà in porto solo nel 1939, cioè quando Hitler avrà realmente bisogno di una copertura sul fronte orientale per procedere all’occupazione della Polonia e di lì procedere verso la Francia e il resto. Senza il patto con Stalin, nel rischio di dover condurre la guerra su due fronti, non avrebbe potuto intraprendere l’espansione verso Occidente: questo infatti era il suo vero intento strategico nell’alleanza con l’Urss – come fu subito chiaro e comunque poi si vide.

 

Patto Tripartito e Giappone. Olocausto/Shoah

 

Ragioni di spazio non consentono di dare l’importanza che meritano a due temi di riflessione sul contesto storico del Patto. Non li sottovaluto, ma li ricordo per sommi capi.

1)Il 27 settembre 1940, a Berlino, il Giappone firmò il Patto Tripartitocon la Germania nazista e l’Italia fascista (il noto acrostico «Ro.Ber.To»). Un articolo del Patto menzionava anche l’Urss che, alla data, appariva come la terza potenza alleata del nazismo:

 

«Art. 5. Germania, Italia e Giappone congiuntamente dichiaranoche i termini del presente accordo non influenzeranno in alcun modo le relazioni politiche attualmente esistenti tra ciascuna delle tre potenze firmatarie e la Russia Sovietica».

 

Hitler propose a Molotov che anche l’Urss aderisse al Patto, facendolo diventare «Quadripartito», in vista di una spartizione del mondo. Stalin incaricò Molotov di firmarlo (Diario di Dimitrov, 25 novembre [V. Volkov 2003]), ma le sue richieste eccessive fecero ritirare la proposta di Hitler. Anzi, questi vide accrescere i propri timori verso la doppiezza dell’alleato sovietico e poiché l’Urss si stava espandendo troppo oltre i limiti fissati ad agosto 1939 (ormai puntava ai Balcani, ai Dardanelli e altro) cominciò a prendere forma nella sua testa la necessità di sbarazzarsi dell’incomodo alleato e quindi di preparare la guerra contro l’Urss. Ormai l’aiuto che Stalin gli aveva dato per la conquista della Francia e degli altri paesi europei non era più necessario e comunque l’Urss andava tolta di mezzo prima che si creassero le condizioni per una sua giravolta a favore dell’Inghilterra che ancora resisteva validamente. 

Stalin quindi sarebbe voluto entrare nel Patto Quadripartito– a fianco di Germania, Italia e Giappone – e se ciò non avvenne fu solo perché Hitler non accettò le sue nuove richieste. Un po’ alla volta, invece, si associarono al nuovo Patto regni e repubbliche di Ungheria, Romania, Slovacchia, Bulgaria, Jugoslavia e Croazia di Ante Pavelić. E se Stalin non avesse posto condizioni troppo ambiziose si sarebbe ritrovato anche in questa bella compagnia… Si tenga conto che al momento del Patto Tripartito, l’imperialismo giapponese aveva già aggredito la Cina (sin dal 1937) e stava cominciando l’occupazione della Penisola indocinese, a partire dal Tonchino nello stesso settembre 1940.

2)Nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938 - dieci mesi prima della firma del Patto Molotov-Ribbentrop - in Germania, Austria e Cecoslovacchia vi era stato il tristemente celebre pogromantisemita che va sotto il nome di «Notte dei cristalli». A quella data la persecuzione del popolo ebraico era in piena estensione e alcuni lager avevano cominciato a funzionare. Scoppiata la guerra e mano a mano che occupavano altri Paesi europei (nel 1939-40 Polonia, Belgio, Olanda, Francia, Danimarca, Norvegia...), i nazisti ne deportavano gli abitanti ebrei. Lo facevano in vista «dell’annientamento della razza ebraica in tutta l’Europa», come Hitler aveva dichiarato nel suo discorso del 30 maggio 1939 - 3 mesi prima della firma del Patto.

Non esistendo un documento che attesti la data d’inizio della soluzione finale, gli storici indicano la fine del 1940 come suo avvio e l’agosto 1941 (o il gennaio 1942, conferenza di Wannsee) come trasformazione in un progetto vero e proprio di sterminio. Per la storia risulta quindi che il passaggio dalla persecuzione al genocidio maturò nel biennio del Patto nazi-sovieticoe assunse la veste di sterminio sistematico dopo la rottura del Patto. Non dimentichiamo inoltre che nella parte di Polonia assegnata all’invasione nazista dal Patto con Stalin, furono sterminati i milioni di ebrei che vi vivevano. Stalin sapeva benissimo che ciò sarebbe accaduto e fu sempre al corrente  (e Molotov con lui) del genocidio antiebraico che si stava compiendo nella Polonia occupata; ma questo non gli impedì di continuare a collaborare coi nazisti, ai quali fornì oltre al sostegno ideologico e il prezioso petrolio, anche il grano prodotto nelle pianure dell’Ucraina.

 

Tutto ciò è ancora vietato dirlo o scriverlo nei libri di storia per la scuola. Ma prevedo che la cosa non potrà continuare troppo a lungo, soprattutto dopo questa nuova estensione del genocidio antiucrainoche vede gran parte dell’umanità schierata con gli aggrediti contro gli aggressori. Dalla parte di questi ultimi rimangono solo gli eredi più o meno caricaturali del vecchio hitlerocomunismo, fabbricato dallo stalinismo in Russia e nel mondo nel 1939-1941*.

 

*     La parte non in corsivo è stata da me scritta per il libro fatto a quattro mani: Piero Bernocchi-Roberto Massari, C’era una volta il Pci… 70 anni di controstoria in compendio, Bolsena 2021, pp. 49-50.

·     Per un approfondimento si vedano i seguenti lavori di Michele Nobile pubblicati sul blog di Utopia Rossa: «77 anni da quando Hitler e Stalin alleati diedero inizio alla Seconda guerra mondiale» (sett. 2016); «Settembre 1939: conquista e spartizione della Polonia fra Terzo Reich e Unione Sovietica» (ott. 2016); «Il discorso di Molotov del 31 ottobre 1939 che proclama la volontà di pace di Hitler» (dic. 2016); «All’origine della Seconda guerra mondiale. Attualità politica e problemi storiografici e teorici» (agosto 2021).

 

Le puntate precedenti sull’Ucraina in questo blog:

 

 

Ucraina 6: LE CIFRE DEL GENOCIDIO IN UCRAINA, di Robert Conquest

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/03/ucraina-6-le-cifre-del-genocidio-in.html

Ucraina 5: MACHNO E LA MACHNOVŠČINA, di Daniel Guérin

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/03/ucraina-5-machno-e-la-machnovscina.html

Ucraina 4: FERMIAMO LA GUERRA, FUORI LE TRUPPE RUSSE DALL’UCRAINA, della Confederazione COBAS

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Ucraina 3: CON LA RESISTENZA UCRAINA, CONTRO L’AGGRESSIONE IMPERIALE DI PUTIN, di Michele Nobile 

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/03/ucraina-3con-la-resistenza-ucraina.html

Ucraina 2: Il DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE SECONDO LENIN, di Roberto Massari

http://utopiarossa.blogspot.com/2022/03/ucraina-2-il-diritto.html

Ucraina 1. IL GENOCIDIO DIMENTICATO, di Ettore Cinnella

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RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.