Gestetner, solo il nome è già una
storia.
Ricordo quante volte la mattina
uscii di casa molto, molto
prima,
avendo la matrice bella pronta,
le chiavi della sede (lassù in
cima!)
e giù, con quell'inchiostro, spesso a mano
(la pompa a volte dava
delle noie)
ed era bello, urgente, c'era un fuoco
nel far girare poi
quelle parole.
Repubblica del dire -o litigare
ma su concetti e cose con un peso
e il credere nell'ora, ed in un fare
che già tanto muoveva, per davvero
e metterci la faccia, e dire: -Leggi!
e creder che lottare sempre paga.
Avevo diciott'anni, ma anche meno
non ebbe
assai fortuna, è ver, quel treno
ma è strada che s'è fatta, un poco è
storia
ho pena di chi ha perso la memoria
io sono adulto adesso, sono
padre
non son più i genitori, non mia madre
non fò scritte sui muri, non
comizi
ma non ho ancor giurato al capitale
nemmeno lo farò, non è il mio
credo:
ancora io do un nome a quel che vedo.
Ancora -solo, non col
ciclostile
io metto un po' in parole ciò ch'è giusto.
Non conta molto,
forse proprio niente
ma ognuno ha le sue fisse: è vero, gente?
Così, vista
la foto, mi commuovo
forse son già un pochino -dio!- demente?
Non credo.
Sono un uomo che ha un passato
e che di nulla (o quasi) s'è
pentito.
Qualcosa anch'io ce l'ho da raccontare
sol, certo (è chiaro) a
chi vuol ascoltare.
Gualtiero Via
(11 feb. 2013)
Caro Gualtiero, è bella la tua poesia e la sento anche mia.
Prima di te, per ragioni di età, ho trascorso parte della mia meglio
gioventù a ciclostilare e a battere a macchina le matrici. Anzi, ci fu un
periodo (1975 e un po' di 1976) in cui la nostra corrente rivoluzionaria (la Fmr
internazionale di cui mi considero ancora in continuità in quanto utopista
rosso) aveva a disposizione solo un magnifico ciclostile regalatoci dai compagni
tedeschi. Lì pubblicavamo lo "storico" Bollettino della FMR, ora diventato una
perla da antiquariato.
Testimoni di quel periodo e ancora con noi sono rimasti in Italia
Antonella, Pino Papetti, Michele e, un po' defilata, Gabriella di Firenze.
Credo che un giorno dipingerò un quadro dedicato al ciclostile, perché come
simbolo di un'epoca apparentemente-rivoluzionaria sia quasi perfetto.
Ciao
Roberto (Massari)
Caro Gualtiero, bella la tua poesia e quanti ricordi... concreti perchè pure io
ho trascorso pomeriggi e nottate a battere le matrici (che orrore quando si
sbagliava!) e a ciclostilare: sento ancora nelle narici l'odore dell'inchiostro
e nelle orecchie il rumore della carta che dovevamo smazzare prima di metterla
nel ciclostile!
Anche noi avevamo un Gestetner, come ricorda Roberto, ma lui
non ti ha detto che quel mitico ciclostile regalatoci dai compagni tedeschi, noi
due ce lo andammo a prendere in Germania con la sua 500 rossa nascondendolo
sotto una plaid a quadrettoni fingendo di fare campeggio e facendo tutto un
viaggio di ritorno contorto per scegliere la dogana più favorevole, attraverso
la Francia e sbarcando in val di Susa... tempi lontani, un po' folli, ma
divertenti e indimenticabili... per noi che in fondo al cuore siamo rimasti gli
stessi utopisti di allora...
Grazie per l'emozione del
ricordo.
Antonella (Marazzi)
Caro Gualtiero,
grazie per la tua bella poesia nella quale - come Roberto e Antonella - mi sento ben rappresentato in nome di un passato che sento così vicino, carico di emozioni e di tribolazioni, da poter essere raccontato come fosse appena trascorso.
Ciao,
Antonio (Marchi)
El hermoso poema de Gualtiero me hizo volver con la
memoria a hace más de medio siglo, cuando tenía yo 8 o 9 años. No, no empecé
desde tan pequeño a militar. Es que en aquella época mi hermana mayor se ganaba
unos pesos extra pasando a máquina tesis de estudiantes de la Facultad de
Química de la UNL (Santa Fe, Argentina), donde trabajaba como secretaria. Mi
curiosidad infantil me había llevado a preguntarle por qué las máquinas de
escribir tenían la opción de “escribir” también sin tinta y ella me explicó que
servía para tipiar sobre un papel especial, el esténcil, en el que los
caracteres quedaban estampados en relieve y eso constituía la matriz para luego
hacer muchas copias con un aparato llamado mimeógrafo.
No es casual que aún hoy, cuando se quiere dar a un texto
una apariencia candente, se recurre muchas veces a la fonte Courier, que reproduce de alguna manera el efecto visual de
aquellos panfletos que hablaban de Cuba, del Cordobazo, del Chile de Allende, de Vietnam… Panfletos que eran
subversivos por antonomasia (se arriesgaba la vida o la propia libertad solo por
leerlos) y eran todos inevitablemente impresos con el mítico mimeógrafo.
¡Minga de Windows y Hewlett Packard!
Enzo Valls
ciclostile o del
profumo d’antico...
innanzitutto per l’odore di muffa delle pareti di una
vecchia sede, tanto più forte proprio nel claustrofobico sgabuzzino del
ciclostile. Era un palazzo primo novecento, con stucchi stile liberty e i topi
in libera uscita, intanati tra forno e fornelli di una cucina in muratura, di
quelle che dovevano funzionare a carbone, con apertura nell’interno infestato...
E poi perché, se
penso al ciclostile, non mi sovviene il Gestetner glorioso ma un altro... un
ciclostile a
manovella, con alimentazione a sudore umano invece che elettrica. Una cosa che
faceva pensare a Roma città aperta, alla Resistenza, a un residuato bellico
ripescato non si sa bene dove. Roba veramente autarchica. Preistorica.
Il perfezionmento tecnico è stato
immenso, tanto che è assurdo comparare la velocità di una fotocopiatrice o di
altro arnese contemporaneo con quella di un rudere a manovella; e anche la
qualità è incomparabile con quella di un Gestetner, basti pensare alla varietà
delle funzioni. Eppure, credo che anche in questo campo il tempo abbia portato
un perfezionmento tecnico a cui non corrisponde necessariamente il
perfezionamento «morale».
Al tempo della manovella prevaleva
l’idea illuministica della forza della parola, della matrice battuta fitta...
parole al vento... con incisioni fatte a macchina e
a mano sulla matrice normale, magari col
righello, nel migliore dei casi si faceva la matrice elettronica...
Oggi direi che prevale l’immagine
ben fatta e pulita. E vuota. Ma non è responsabilità degli strumenti. Che
le possibilità comunicative si siano enormemente sviluppate sul piano tecnico
non fa che evidenziare il regresso ideale.
Michele Nobile
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