(Sulla trilogia dell’indignazione del popolo delle carriole)
Agli
insorti della carriole dell’Aquila
“La
sfiducia nella libertà, il desiderio di appartarsi,
di
lasciare la politica ai politicanti, questo è il pericoloso
stato
d’animo che ognuno deve sorvegliare e combattere,
prima
che negli altri, in se stesso”.
Piero
Calamandrei
I. Prologo: La fiera pecore
A che servono le
prediche della chiesa, i proclami della partitocrazia, le chiacchere farisee
dei media se non ha mantenere i privilegi, le vessazioni, i crimini legalizzati
da un’intera casta che fa del parlamento il postribolo dove servire il re
significa far parte di quella fiera
delle pecore
che continua a governare impunita su un intero paese. L’indignazione del popolo
italiano tuttavia cresce, si rovescia nelle piazze e inizia ad esautorare la
politica delle proprie forche e i propri boia vestiti Armani... ribellarsi è
giusto... gli indifferenti, i rassegnati, i servi sono ormai minoranza...
l’insurrezione dell’intelligenza denuda i disonesti, i voltagabbana, i
profittatori annidati nei centri di comando e chiede con tutti i mezzi
necessari la nascita della democrazia partecipata.
La meglio gioventù
scende nelle strade e rivendica il diritto a un’esistenza più giusta e più
umana per tutti... in nome del popolo sovrano, la partitocrazia (destra e
sinistra in delirante connivenza) ha instaurato un regime autoritario che
reprime ogni forma di dissenso e fatto dell’ingiustizia sociale il palcoscenico
delle proprie sconcezze elettorali... lo showman che presiede il consiglio
dei ministri è il degno rappresentante di una politica asservita ai terrorismi
dell’economia che gioca in Borsa e sotto nuove forme, nuove vesti, nuovi simboli
e nuove parole ha prodotto la shoah dei valori e dei
diritti di un’intera popolazione. Il lavoro rende liberi — solo — a Auschwitz,
alla Fiat di quell’ebete di Marchionne e anche sotto le macerie dell’Aquila! Le
giovani generazioni, i padri, le madri... hanno compreso che occorre
mobilitarsi... svegliare le coscienze dormienti o interessate che permettono a
una cosca di canaglie di calpestare la libertà e la giustizia.
L’ignoranza
favorisce il potere... la voglia di capire, di comprendere, di dissentire... è
il pericolo che va represso (anche nel sangue) da parte dei dominatori... ma
per i padroni dell’immaginario è sempre più difficile offuscare la verità e i
loro dispositivi di privazione del vero, del bello, del giusto sono smascherati
dalla messe di informazioni che circolano nei social network... la rivoluzione
della Rete è inarrestabile e
l’intero pianeta sfruttato, umiliato e offeso denuncia l’uso della violenza
istituzionale e mostra che la richiesta di verità, di bellezza, di giustizia
diventa rivoluzione (come si è potuto vedere sulle coste del Mediterraneo e
dintorni)... occorre tener d’occhio i macellai della partitocrazia e abbattere
la cultura dell’illegalità, la dittatura della tolleranza, la violenza mafiosa
che sono alla base e responsabili dello stato di cose attuali... i ricchi
diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più impoveriti. “Nessuno libera
nessuno! Ci si libera tutti insieme” (Don Andrea Gallo). I preludi di uno Stato
fascista sono nei fatti e la partitocrazia è il covo di serpi che va
smantellato e schiacciato loro la testa.
Il piccolo film di
Luca Cococcetta sulla rivolta delle carriole dell’Aquila, Mi fa male (appena 19 minuti
e 21 secondi), è un esempio di cinema sociale di notevole importanza...
racconta dall’interno le ingiurie, le contraffazioni, i tradimenti che il
popolo aquilano ha subito da parte degli amministratori, dei politici, della
chiesa, degli imprenditori... e si fa portatore di verità mai rivelate dai
mezzi di comunicazione di massa... mette in campo (cioè sullo schermo) la disperazione, la
dignità, i valori sociali che una grande parte di aquilani è riuscita a non
mortificare... gli aquilani hanno mostrato le proprie facce, il proprio dolore,
la fraternità con i propri morti, si sono armati di carriole, picconi, pale e
fuori dalle menzogne delle istituzioni si sono fatti portatori di quella
comunità in armonia che avanza ai quattro angoli della terra. Il terremoto si
può sconfiggere, ma non sarà possibile vincere sulla terribilità del terremoto
se prima non saranno sconfitti e messi a tacere i caimani della politica, della
chiesa e degli affari sporchi. Quando la democrazia è malata di autoritarismo,
occorre farsi di nuovo partigiani e battersi contro i nemici dell’umanità.
II.
La Res Pubblica. Gli aquilani manganellati a Roma
Il diritto
all’indignazione è il sale della democrazia... il frammento del videofilm di Luca
Cococcetta, La
Res Pubblica. Gli aquilani manganellati a Roma (poco più di 10 minuti, (7
luglio 2010), racconta in presa diretta l’uso che le forze dell’ordine (di Berlusconi,
La Russa, Tremonti, Bersani, D’Alema, Fini e dell’intera casta parlamentare...)
hanno fatto del manganello e dell’abuso di potere picchiando i cittadini (non
solo) aquilani che si sono riversati a Roma per protestare — a viso scoperto —
davanti al parlamento, dove ministri (“servitori” della cosa pubblica) e
“onorevoli” di ogni cosca sono coinvolti in affari sporchi e connivenze con
mafierie d’ogni sorta... tutta gente che non conosce la dimensione degli
ultimi, degli sfruttati, degli oppressi, dei terremotati, dei precari, dei
disoccupati... e non sa cosa sia l’apertura all’altro, al più debole, allo svantaggiato...
tutta gente che antepone i propri privilegi alla costruzione di una società in
eguaglianza, accoglienza, solidarietà... tutta gente triste, brutta, arrogante,
una caterva di anime morte che si sono arroccati agli scranni del governo e
rappresentano la mediocrità, la volgarità, lo sconcio con la pretesa di dettare
morali, valori, etiche a quelle classi sociali di lavoratori che hanno sempre
rappresentato la dignità, la fraternità, la condivisione in questo paese.
Le belle facce
degli aquilani irrompono nelle strade di Roma ed esprimono l’indignazione di
un’intera città... uomini, donne, ragazzi... gridano giustizia, rispetto dei
diritti umani, chiedono di partecipare direttamente alla ricostruzione
dell’Aquila e farla finita con i saprofiti della democrazia, gli affamatori
paludati della partitocrazia, i falsi profeti della chiesa... rivendicano il
primato della coscienza su qualsiasi cosa e rigettano con le loro appassionate
critiche, le promesse, i tradimenti, le falsità che i politici hanno dispensato
loro prima e dopo il terremoto. Esprimono con coraggio un cammino di
liberazione, uno stato permanente di rivoluzione sociale, una pratica della non
violenza che denuncia i misfatti dei partiti italiani... ricordano — se ce ne
fosse ancora bisogno — che una organizzazione sociale non deve produrre
sfruttati né sostenere sfruttatori.
Il popolo aquilano
è stato calpestato a Roma (e le sequenze del film di Cococcetta lo documentano
bene)... chi ha ordinato alla polizia, ai carabinieri, di caricare gli
indignati che manifestavano pacificamente, ha favorito l’illegalità e
stracciato la Costituzione uscita dalla Resistenza (e pagata con 60.000
morti)... la violenza del più armato si è abbattuta sulla gente dell’Aquila e
non c’è stato uno straccio di politico, di giornalista, di imprenditore... che
ha sostenuto le loro ragioni... Don Andrea Gallo, un prete angelicamente anarchico, scrive e grida
che gli umiliati e gli offesi si devono riprendere il futuro con “la forza del
diritto e non [con]il diritto della forza, [con] la potenza della verità e non
[con l’ipocrisia]della menzogna... [e quando i depositari della politica elettorale
sono sordi e ciechi sull’infelicità del
bene comune]allora ci vuole una rottura e può essere necessario anche uscire
dalla legalità, quella del potere, per entrare nell’illegalità non violenta”...
cercare nella libertà e nell’eguaglianza il pieno sviluppo della persona umana,
essere in prima fila nell’effettiva partecipazione di tutti i cittadini
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
La Res Pubblica.
Gli aquilani manganellati a Roma
si schiera apertamente dalla parte dei terremotati dell’Aquila... il testo di
Cicerone e la bella voce e dizione coinvolgente di Antonella Cocciante
s’intrecciano alla figurazione auditiva/convulsiva dei palafrenieri dell’ordine
costituito e commuove per il coraggio di persone di ogni età — anche in lacrime
— che non temono di essere feriti o malmenati in difesa dei loro diritti... quando
le sue parole si addossano alle facce pulite della protesta aquilana un filo di
rabbia profonda assalta l’anima libertaria che è in noi: “Solo in quello stato
in cui il popolo è il sommo potere sussiste la vera libertà di cui non vi è
bene più prezioso e che neppure può chiamarsi libertà se non comporta un
assoluta uguaglianza dei diritti... in
uno stato veramente democratico tutti i cittadini dicono che quando tra il
popolo emerga o uno o più uomini ricchi e potenti abbiano allora origine
dall’intolleranza, dalla superbia di costoro i mali dello stato, poiché di
fronte ad essi gli ignavi e i deboli soccombono e sono costretti a cedere, ma
affermano anche che se i popoli esercitano i loro diritti, non vi è altra forma
di governo che sia più nobile, più libera, più feconda, perché quei popoli sono
arbitri delle leggi, dei giudizi, della guerra, della pace, dei trattati, della
vita e della fortuna di ciascun cittadino, questa per essi è la sola forma di
governo che possa a buon diritto chiamarsi Repubblica, cioè cosa del popolo”
(Marco Tullio Cicerone, De
Repubblica,
primo secolo avanti Cristo). Le macerie dell’Aquila, i morti del terremoto,
l’inerzia dei gazzettieri della politica sono disvelati nella miseria dei
politici di professione che, come Bersani, mentono sapendo di mentire su tutto
quanto non hanno fatto per restituire la città ai cittadini e alla sua storia
millenaria.
Il piccolo
videofilm di Cococcetta trabocca di bandiere nere e verdi, di mani alzate degli
aquilani contro manganelli, pistole, fucili, lacrimogeni degli uomini in divisa
a protezione dei privilegi della cupola... sono il volto buono del dissenso che
reclama a viva voce la dignità negata degli apparati costituzionali... una
signora con la fisarmonica canta L’Aquila
bella mia
chiude il docu-film e conferma che la monopolizzazione dei mezzi di
comunicazione al servizio dei dominatori ha come arma principale, la menzogna.
Non è stato possibile criminalizzare il dissenso degli aquilani a Roma, come
sovente riesce ai servizi segreti di questa nazione di burocrati e
profittatori... gli aquilani si sono fatti fratelli in sorte e si sono chiesti
con Don Milani, a che cosa servono le mani se si tengono sempre in tasca? a
niente! a perpetuare la rapacità dei dominatori e la servitù volontaria... la
loro indignazione è liberazione, è vita, è il rischio della vita che si fa storia.
III.
Strumentalizziamoci. Carriole senza voto
Un altro videofilm
di Cococcetta, Strumentalizziamoci.
Carriole senza voto
(7 minuti e 20 secondi),
ripercorre
l’insurrezione non violenta del popolo delle carriole... i carriolanti entrano
nel cuore dell’Aquila e attraverso interviste a caldo si dà voce a chi non l’ha
mai avuta o è stata loro distorta... l’ironia della gente aquilana (giovani,
anziani, donne...) è pungente, intelligente, eversiva... parlano in lingua rovescia, dicono in leggerezza
di essere strumentalizzati dai partiti politici e usati soltanto per le loro
schede elettorali... un ragazzo è salace: “Io sono strumentalizzato
politicamente perché volevo andare a sinistra, sono andato talmente a sinistra che mi sono ritrovato a
destra, poi mi hanno detto guarda che però a sinistra si sta meglio, allora
sono andato dalla parte estrema della destra e tra il salto, come dice Giovanni
Lindo Ferretti, tra la destra estrema e la sinistra estrema è stato
piccolissimo e io mi ci sono ritrovato in mezzo... voglio essere
strumentalizzato, prendetemi e fate di me quel che volete”. Gli insorti delle
carriole irrompono nella decadenza della classe politica (di sinistra, di
centro, di destra) e invitano ad abitare la cultura degli uomini, delle donne
fuori da un’evangelizzazione forzata delle convenienze istituzionali... si
affrancano nella conquista del bene comune e nella finitezza della loro
bellezza popolare demistificano i falsi profeti di sventura che hanno la
mangiatoia in parlamento. Chiedono l’impegno degli italiani contro tutte le
ingiustizie, il rispetto delle diversità e delle alterità... lasciano spazio a
forme di democrazia sconosciute ai mandarini del potere... l’amore tra le genti
si realizza strada facendo.
La videocamera di
Cococcetta sta addosso agli aquilani e restituisce loro il diritto alla parola,
alla voglia di essere parte importante della vita sociale aquilana e spezzare
le catene inique con le quali sono costretti al giogo dei grandi interessi
bancari, politici, culturali e rimandano agli oppressi rivendicare lo
scioglimento dei nodi istituzionali che li rendono schiavi della barbarie
istituzionale... sanno che il dieci per cento degli arricchiti detiene il
cinquanta per cento della ricchezza nazionale e quando qualcuno ha troppo,
significa che l’ha rubato a un altro (mio padre, marinaio anarchico, diceva). I
sorrisi, i sorrisi aperti degli insorti delle carriole, i musicanti che
attraversano le macerie dell’Aquila, i bambini che trasportano secchi di terra
sporca di sangue... interrogano una folla di imbroglioni, di santi, di avanzi
di galera che non hanno alcun peso sulla realtà autentica della vita
comunitaria e diventano invincibili, invincibili sì, invincibili contro
l’impudenza dei padroni della cosa cosa pubblica e tengono in cattive mani le
sorti di un intero popolo... “Siate risoluti a non servire più, ed eccovi
liberi” (Étienne de la Boètie, scriveva nel 1500). I tiranni sono solo dei
piccoli uomini senza valore, che male mai potrebbero farci se nessuno di noi
sostiene le loro ladrerie, se nessuno si fa complice dei loro misfatti, se
nessuno si fa schiavo delle loro incompetenze... si tratta dunque di superare
l’indifferenza, farsi partigiani contro ogni forma di banditismo legalizzato...
è solo l’azione che nasce spontanea dall’indignazione che muove la storia.
Strumentalizziamoci.
Carriole senza voto
canta l’inverno dei nostri scontenti e strucca i paramenti delle falsità della
politica attuale... è un grido di libertà lanciato contro “i servi sciocchi,
gli ipocriti, i disonesti, i saltafossi, i profittatori, i voltagabbana
annidati nei luoghi di comando... Voi giovani dovete essere i primi a reagire,
nessun altro lo fa, ha la forza, l’urgenza di farlo. A cominciare dai vostri
padri. Il vostro futuro dipende da voi, perciò potete e dovete pretenderlo
nuovo, pulito, libero, senza compromessi, senza scorie, depurato dagli errori
di chi vi ha preceduto” (Massimo Ottolenghi, novantacinquenne partigiano delle
Brigate di Giustizia e Libertà). Ribellarsi è giusto e gli insorti aquilani
delle carriole sono scesi nelle strade, nelle 99 piazze della loro città per
denunciare la shoah dei valori e dei
diritti messa in atto da una casta di sanguisughe che hanno fatto
dell’autoritarismo l’altare dell’illegalità. Si deve combattere l’illegalità
con ogni sorta di disobbedienza civile e fare della legalità e del diritto il
primo passo verso la rivoluzione sociale.
Le piccole
interviste di Cococcetta ruotano intorno alla perdita di valori della democrazia...
i gruppi di potere imposto e sovrapposto fanno i loro affari con le mafie e
hanno insediato nei posti di comando i loro sgherri... la filosofia della
spoliazione è passata sulle identità dei popoli impoveriti e l’unica speranza è
nella coscienza individuale, nel rispetto di sé e degli altri che dicono la mia
parola è no! e all’interno di una società complessa (liquida, direbbe Zygmunt
Bauman) riescono a comunicare (anche attraverso i social network) e formare una
rete di moltitudini in grado di dialogare e di crescere nella dissidenza. La
democrazia che non si usa, marcisce.
Nel
popolo insorto delle carriole dell’Aquila c’è l’appello a combattere
l’indifferenza della politica e l’abulia di tutti quelli che non si confrontano
con i loro limiti e i loro sogni di libertà e di democrazia. “Odio gli
indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive
veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è
parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti... Sono
partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività
della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale
non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla
fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che
stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo,
sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti” (Antonio
Gramsci, 1917). In questo senso i dissidenti della carriole si fanno portatori
di terre nuove della politica e si affacciano alla pratica della democrazia
diretta o consiliare che è già ma non ancora... dividono il pane con
l’affamato, introducono in casa lo straniero, vestono l’ignudo e si fanno
protagonisti della democrazia etica a venire... la solidarietà liberatrice che
è nelle loro parole, nelle loro azioni, nelle loro disobbedienze è un’utopia in
cammino verso una società più giusta e più umana.
IV.
Mi fa male
Mi fa male si apre sulle
macerie dell’Aquila e (ci) commuove per lo sguardo della videocamera sulle
spoglie di una delle più belle città del mondo... un televisore acceso regna su
ciò che resta di una casa e s’intreccia alle parole indignate di un attore
(Manuele Morgese) che davanti a uno specchio si fa interprete di tanta gente
dell’Aquila che non accetta la cancellazione della memoria e della storia della
loro città. Nel televisore si vedono i servi sciocchi dell’informazione (Fede,
Vespa, turisti del dolore, telecamere del disastro spettacolare)... poi tutta
la parata di personalità (capi di Stato, primi ministri, vescovi, sindaci, la
protezione civile, forze dell’ordine...) che si contendono il favore delle
televisioni internazionali e abbracciano i vecchi, i bambini, i parenti, gli
amici dei morti... ci assale il vomito insieme alla rabbia e quei sorrisi
tristi, finti, perversi... vanno ad avvelenare la fraternità, l’accoglienza, la
solidarietà di un popolo colpito nel profondo, prima da un evento naturale (che
poteva essere prevenuto, almeno in parte) e poi da una banda di saprofiti che
continuano a offendere l’esistenza dolorosa di migliaia di persone.
I filmati degli
insorti delle carriole, il dissenso degli aquilani, la richiesta a viva voce di
democrazia reale... sono intrecciati alle barriere che chiudono il centro
storico dell’Aquila e i soldati a guardia del disordine organizzato (come al G8
di Genova nel 2001 o a Roma nei recenti scontri di piazza, 2011) hanno facce da
“bravi ragazzi” pronti a impugnare il manganello o la pistola, quando il popolo
reclama i propri diritti. Un partigiano novantacinquenne, Massimo Ottolenghi,
combattente nelle brigate di Giustizia e libertà, scrive che occorre imporsi
all’ingiusto e all’illegale ovunque la democrazia uscita dalla Resistenza (e
pagata con oltre sessantamila morti) è affossata e sottrarsi “alla mentalità
mafiosa e opaca che premia l’illegalità quotidiana, il privilegio e la sopraffazione
del più forte e del più furbo”. La fascistizzazione dall’interno dei partiti è
un fatto... il diritto ad esistere tra liberi e uguali rimanda alla rivoluzione
democratica per amore della libertà e della giustizia.
Mi fa male si schiera dalla
parte dei cittadini aquilani... senza timori né riverenze di sorta...
l’indignazione sborda dal film con le parole degli insorti delle carriole...
pezzi di città, mattoni antichi, libri, ricordi di famiglie distrutte sono
intercalati con frasi, invettive, denunce disseminate dall’interprete sulle
coscienze più sensibili e grondano sui volti ipocriti dei privilegiati della
politica... invitano alla partecipazione, alla ribellione, alla presenza di
ciascuno contro l’infezione dei politici e dei loro vassalli... chiedono di indignarsi
e insorgere contro contro la bestiale follia istituzionale dei pochi che hanno
fatto del parlamento un tempio di mercanti da radere al suolo. Piero
Calamandrei ci ricorda che “la resistenza è stata la crisi benefica che ci ha
guariti, col ferro e col fuoco, da questo universale deperimento dello spirito”
e sbaragliato l’impero della corruzione e del predominio politico. Si tratta di
cambiare il sistema che ci opprime... innescare una battaglia sociale che prima
o poi sarà battaglia di popolo.
La resistenza del
popolo delle carriole è trasversale ai partiti... Mi fa male dà volto e voce
alla gente dell’Aquila e donne, uomini, bambini vanno a comporre un florilegio
comunitario che non si ferma davanti alle promesse (mai mantenute) dei
governanti... bellezza e dolore emergono dal loro sdegno verso tutto ciò che è
celebrativo o pietistico... gli interni delle belle casette di cartone pressato
sono affiancate ai palazzi regali distrutti o appuntellati... le lacrime
amorevoli degli aquilani si mescolano alla voglia della popolazione di
riprendersi la città... quello che più emerge da Mi fa male è l’apertura
all’altro... al diverso da sé... un richiamo all’esule, allo straniero, al
fuoriuscito, al meticcio... sepolti nella storia millenaria di quelle macerie.
Il film di Cococcetta (scritto con Bonifacio
Liris) lascia parlare i fatti, le bugie, i dissidi... la musica (Giancarlo
Tiboni e Giorgio Gaber) entra nella tessitura filmica e vibra momenti di autentica
commozione ad altre sottolineature di inclinazione al dissidio... il montaggio
è una sorta di partitura sonora che porta sulla faccia bella dell’attore il
taglio alto di una tragedia infinita e in chiusa dice: “Tutti gli esseri umani
nascono liberi in dignità e diritti, anche noi! Essi sono dotati di ragione e
coscienza, anche noi! E devono agire gli uni verso gli altri in spirito di
fratellanza, e questo vale anche per noi!”. Mi fa male figura
l’appassionata coscienza critica di una comunità, di una città distrutta dalla
politica (ma non nell’amore tra le genti) che incide nella vita a venire di
un’intera nazione... un piccolo film che si scaglia contro i moralismi, le
rigidità dottrinarie, le ipocrisie che non riescono ad affogare le intolleranze
istituzionali e indica il cammino della fraternità di un popolo come via per la liberazione.
Mi fa male è una specie di
film/testamento di un’intera città che sveglia la libertà e la coscienza
critica dei futuri cittadini di ogni-dove e indica il primato della coscienza
sulla legge dello Stato e della Chiesa... il popolo insorto delle carriole
respinge la politica trasformata in crimine, delazione, ricatto, imbroglio,
scandalo... e fa della disobbedienza civile la fine dell’imbecillità... “Se non
potremo salvare l’umanità ci salveremo almeno l’anima” (Don Lorenzo Milani,
diceva). La sovranità popolare, la libertà, la giustizia sono gli arnesi magici
di ogni utopia realizzata... la violazione di ogni ordinamento costruito sulla
violenza e sostenuto dai fanatici dell’obbedienza, è un passo contro ogni forma
di idolatria e solo quando il giusto sarà il pane di tutti, i popoli
conosceranno nuove primavere di bellezza.
Piombino, dal
vicolo dei gatti in amore, 20 volte ottobre 2011
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