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giovedì 13 luglio 2023

L’AGGRESSIONE DI PUTIN CONTINUA A RAFFORZARE LA NATO

di Piero Bernocchi e Roberto Massari


L'assoluta dipendenza di putin dai mercenari wagner e l'ingigantimento della nato

 

Sulla sorte di Gerasimov e dei vari "generaloni" russi, chissà. Ma quello che oramai è certo è l'assoluta dipendenza fisiologica del putinismo dai mercenari Wagner, come e peggio di un signorotto medioevale o rinascimentale. Altro che Prigozhin strapazzato, sconfitto, emarginato, mandato in esilio, forse processato, o addirittura a rischio di esecuzione sommaria! Ricevuto al Cremlino in pompa magna da Putin il 29 giugno, cinque giorni dopo il presunto "golpe", dopo aver scorazzato tra San Pietroburgo e Mosca (altro che in esilio carcerario in Bielorussia!), ha contrattato da posizioni di forza il ritorno dei "wagneriani" sul campo di battaglia ucraino, senza il quale ritorno l'esercito "regolare" russo è alla  frutta, privo di motivazioni, mandato allo sbaraglio da chi follemente aveva creduto alle favole che le intelligences raccontano spesso ai propri satrapi per assecondarli: e cioè che in Ucraina folle festanti avrebbero atteso e sostenuto i "liberatori" e che l'invasione sarebbe stata una passeggiata. E senza contare il ruolo decisivo dei mercenari in Africa per il controllo di vasti territori e delle ricchezze saccheggiabili per l'imperialismo "neozarista" russo.

Nel frattempo, si ingigantiscono gli effetti pro-Nato della demenziale impresa putiniana. Non solo il boia Erdogan, fino a ieri assai ben disposto verso la Russia, si "gonfia" sempre più, dando il placet (e ne avrà in cambio, si può ragionevolmente temere, mano libera nei confronti dei nostri carissimi/e curdi/e) all'ingresso nella Nato della Svezia, dopo quello già "concesso" alla Finlandia, ma addirittura si pronuncia a favore pure dell'ingresso dell'Ucraina. Ci mancano solo Svizzera e Austria...In un colpo solo la Nato, mai così screditata dopo l'abbandono/tradimento Usa, in sequenza, dei siriani, dei curdi e soprattutto degli afgani, usati e poi lasciati alla mercè dei talebani, e proprio quando gran parte del mondo filostatunitense pensava di non potersi più fidare degli Usa, è stata rilanciata dalla sciagurata impresa di Putin. Con lo sconcertante effetto di veder divenire il novello Zar di fatto il miglior "propagandista oggettivo" di Nato e Stati Uniti, consentendo loro di ottenere in poco più di un anno il massimo di presenza, di diffusione, di forza e di prestigio globali, a livelli mai raggiunti in precedenza, neanche nei momenti più drammatici della "guerra fredda" e delle paure occidentali nei confronti dell'"orso sovietico". 

Immagino con quanta "gioia" da parte del governo cinese che tanto aveva cercato, e in parte ottenuto (cfr. il successo in Europa della "Via della Seta" e degli accordi con la Cina), l'effetto opposto, cioè il massimo indebolimento possibile del mondo Usa/Nato , ben sapendo di essere il vero "bersaglio grosso" di quel mondo. Che, in effetti, fino alla sciagurata impresa putiniana, su tale bersaglio era concentrato.

 

Piero Bernocchi

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Caro Piero, come ti capisco.

Per ragioni anagrafiche e scelte politiche tu ed io cominciammo a lottare nella seconda metà degli anni ’60 quando la Nato era vista come il nemico numero uno da alcuni di noi, o come il male minore da alcuni altri. C’era il Vietnam, c’erano i golpes della Cia in America latina, c’erano i piani eversivi di destra foraggiati da soldi statunitensi, c’era l’incubo nucleare e c’era la cosiddetta «guerra fredda». Come non lottare contro la Nato (ma anche contro il Patto di Varsavia per quelli di noi - minoranza assoluta in Italia - che sapevano quanto reazionario fosse il regime sovietico e i regimi fantoccio che lo circondavano nel suo Impero).

Bisognava essere di destra o di centro-destra per parlar bene (apertamente, intendo) della Nato, ma non dell’estrema destra che ne parlava malissimo. Sapevamo che anche nel mondo socialdemocratico e piccista italiano c’erano degli strenui sostenitori della Nato (dal veccho Saragat a Ugo Pecchioli), ma l’atmosfera generale (anche per il discredito dovuto ai piani Solo, Stay-behind ecc.) li costringeva a tenere un profilo basso, così basso da rasentare la segretezza. Fu il caso di Pecchioli (di cui all’epoca, 2ª metà degli anni ’70, esaminavo attentamente le mosse e gli spostamenti negli Usa). [Per i giovani che possono non sapere di chi sto parlando, Pecchioli era l’incaricato speciale per le questioni militari e poliziesche del Pci, riparato dietro lo schermo della «Riforma dello Stato e della lotta a mafia e terrorismo». In realtà fu il vero e primo dirigente «comunista» filo-Nato che spalancò la strada a Enrico Berlinguer, a D’Alema ecc.]

Non tutti i Paesi europei erano entrati nella Nato negli anni della Guerra fredda, e qualcuno recalcitrava (la Francia gollista uscì dal comando Nato nel 1966 e de Gaulle non mandò mai giù veramente il rospo).

Insomma tu ed io siamo di una generazione che ha sempre ritenuto che fosse interesse dei popoli uscire dalla Nato. E credevamo che così la pensasse la maggioranza della sinistra a sinistra del Pci. E invece arrivò Rifondazione comunista a rimescolare le carte, togliendo l’uscita dalla Nato dai temi del suo programma e, giunta al governo, esigendo dai suoi parlamentari la disciplina nel votare tutte le missioni di guerra italiane, comprese quelle sotto il cappello della Nato. (Sono i famigerati Forchettoni rossi, di cui si può consultare l'elenco e vedere come votarono nel 2006 nel libro omonimo da me curato.)

Furono tempi duri per chi continuava a lottare contro la Nato. Noi dei Comitati Iraq-libero (anni ’90 e primi Duemila) fummo oggetto di campagne diffamatorie da parte della ex sinistra e della stessa Rifondazione, e a me toccò anche un’ispezione poliziesca per il mio ruolo in quei comitati. Negli anni ’60 non sarebbe accaduto perché all’epoca la lotta contro la Nato non costituiva un fattore d’isolamento morale o culturale, per lo meno a sinistra, ma anche per gran parte del mondo cattolico. Certo restava sempre l’indifferenza se non una vera e propria complicità nei riguardi del Patto di Varsavia della quale la ex sinistra italiana non si è mai liberata. Un peccato originale che si continua a pagare.


Salto tutta la sequela di invasioni criminali della Nato in giro per il Medio Oriente, e arrivo alla fase di declino del nostro storico avversario. Ah, che bello vedere le truppe Nato che si ritiravano dalle loro zone operative come l’Afghanistan e la Siria (anche se purtroppo ciò danneggiava l’indipendentismo curdo), in un contesto euro-occidentale in cui essa stava toccando i più bassi indici di indifferenza nella sua storia. Preludio forse a un suo autoscioglimento - come alcuni di noi, coerenti antimperialisti, avevamo tanto sognato? Dati i tempi che correvano penso che tu ed io ci saremmo accontentati anche di una sopravvivenza in vita puramente simbolica, priva di effettive conseguenze politiche. Del resto non avevamo il diritto di chiedere di più perché quella retrocessione della Nato non era certo conseguenza delle nostre lotte o di quelle di chiuque altro, ma dipendeva da fattori di politica internazionale sui quali non potevanmo influire.

E comunque una sua sopravvivenza puramente simbolica sarebbe stata meglio di niente.

E invece no. Il sogno veniva guastato da quei poveri popoli che per decenni avevano sofferto il dominio dell’Urss, lo sfruttamento economico, le invasioni e le repressioni feroci da parte del Patto di Varsavia e che ora, finalmente liberi di scegliere, si affollavano per entrare nella Nato. Bisogna veramente essere ciechi per non capire le ragioni che spingevano e ancora spingono questi popoli est-europei a volersi allontanare il più possibile dal capitalismo mafioso russo, da un regime oligarchico e totalitario, oscurantista e dai tratti ancora semifeudali, per ripararsi sotto l’egida di capitalismi «moderni», storicamente «giustificati» nella loro esistenza plurisecolare e bene o male organizzati secondo regole democratiche. Regole delle quali i primi ad avvantaggiarsi sono i lavoratori per le loro lotte (a differenza dei lavoratori russi, cinesi, iraniani ecc.), ma che sappiamo quanto spesso vengono violate in Italia, in Francia, negli Usa ecc.. Sappiamo anche però che in Russia è praticamente impossibile violare le regole di una democrazia che non c’è. Per questo i due giornali on-line di un personaggio romano abbastanza noto si esercitano quotidianamente a denunciare le piccole o grandi violazioni della democrazia negli Usa e non fanno mai lo stesso per la Russia, dove la democrazia ancora storicamente non c’è mai stata, nemmeno in forma di Ersatz (imitazione, sostituto artificiale).

 

Le motivazioni dei popoli ex sovietici erano le più varie, ma si possono riassumere in due parole semplici: assistenza economica e sicurezza, cioè protezione. Protezione da chi? Ma è ovvio: dal pericolo che in Russia si ricominciasse a sognare di poter ricostruire l’impero zarista, divenuto poi impero staliniano-sovietico, ma aggressivamente espansionistico solo dopo  l’accordo con Hitler. [Del resto - piccolo inciso - la Russia le ha sempre perse tutte le guerre di conquista: vedi le sconfitte in Manciuria, Polonia, Finlandia (due volte), Afghanistan  - e quando le ha vinte nel 1939-40 è stato solo grazie all’alleanza col nazismo.]

Saltiamo anche la fase dell’ampliamento geografico della Nato grazie all’entrata di alcuni Paesi esteuropei (non tutti o non ancora tutti), anche perché ad essa non ha corriposto un particolare potenziamento del suo dispositivo militare.

E veniamo alla fase che tu descrivi in stringata sintesi: «Con lo sconcertante effetto di veder divenire il novello Zar di fatto il miglior "propagandista oggettivo" di Nato e Stati Uniti, consentendo loro di ottenere in poco più di un anno il massimo di presenza, di diffusione, di forza e di prestigio globali, a livelli mai raggiunti in precedenza, neanche nei momenti più drammatici della "guerra fredda" e delle paure occidentali nei confronti dell'"orso sovietico“».

Dovrebbe essere quindi alla portata di tutti vedere che, con un anno e mezzo di aggressione all’Ucraina,               Putin ha ridato fiato alle trombe guerrafondaie della Nato, ha fornito il pretesto per l’accrescimento dei bilanci militari nazionali, ha addirittura dato nuovo fiato all’industria di guerra negli Usa (con code significative in alcuni nostri paesi europei). Insomma Putin ha creato le condizioni per un rilancio della Nato, non solo militare, non solo politico (vedi ingresso di paesi storicamente neutrali come Finlandia e Svezia), ma - per me la cosa peggiore e spero anche per te - un rilancio d’immagine della Nato come strumento di difesa dei popoli. Beh, per ora di un popolo, ma è l’esempio che conta e non mancheranno certo i propagandisti per farlo diventare un fatto epocale nei decenni a venire.

Insomma, quella Nato che una gran fetta dell’umanità condannava negli anni ’60 e oltre come strumento planetario di aggressione, ora può cingersi l’aureola del santo protettore grazie alla politica - folle, paranoica, criminale, distruttiva dell’ambiente ecologico, deportatrice di bambini, bombardatrice di civili e minacciatrice di rappresaglie nucleari - attuata dal regime di Putin e della sua Corte dei miracoli. Ecco: questo è il regalo più grande che Putin sta facendo agli Usa e alla Nato, i cui effetti sono destinati a permanere per chissà quanto tempo. Certamente molto oltre il ritiro delle truppe russe, dovesse anche avvenire domani stesso (come qualsiasi essere dotato di un po’ d’umanità dovrebbe augurarsi).

A questo punto, chi è più impegnato a lottare contro la Nato: noi che vogliamo la più rapida fuoriuscita possibile delle truppe russe, cecene e mercenarie dall’Ucraina (e quindi che si fermi o almeno si rallenti questa generale riabilitazione della Nato) o chi, per pacifismo autentico, per pacifintismo o hitlerocomunismo congenito non vuole che ciò accada? La definizione (attribuita erroneamente a Lenin) di «utili idioti» non si può non applicare a questi presunti nemici della Nato, che fanno di tutto per darle prestigio e motivi di rafforzamento politico e militare.

Ebbene sappiano questi signori - rimasti fino ad oggi insensibili alle ragioni di un popolo che lotta per la propria autodeterminazione - che più s'intestardirà Putin in una guerra che del resto ha già perso sotto il profilo militare (non essendo riuscito a realizzare il progetto iniziale, di una guerra lampo e l’instaurazione di un governo fantoccio), più si rafforzerà la Nato e più diventerà difficile anche per dei testardi antimperialisti come me e te, Piero, gridare ancora e come sempre: «Fuori l’Italia dalla Nato». A farlo di questi tempi c'è il rischio di essere sommersi dal ridicolo - che dopo la fucilazione è il modo più efficace di distruggere un avversario. A Roma, poi, lo sappiamo bene...

Caro Piero, siamo rimasti veramente così pochi (nella ex sinistra italiana, ovviamente) a capire che questa aggressione deve finire non solo per umana pietas nei confronti di questo povero popolo ucraino che i Granderussi tormentano e violentano da oltre un secolo, ma anche perché così si fa il gioco della Nato e delle correnti più oltrranziste dell’imperialismo Usa, italiano, francese ecc.?

Non dico «ai posteri l’ardua sentenza», perché le cose sono già chiarissime, soprattutto fuori della ex sinistra, e chi non le vuol vedere lo fa sapendo di non voler vedere.

Amen e Shalom

 

Roberto (Massari)


Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

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a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.