Se si confonde la costrizione a emigrare (l'impossibilità a vivere dove si è nati), con la libertà o il diritto di emigrare, si cancella dal proprio orizzonte mentale la possibilità di contribuire a rimuovere le cause che costringono a emigrare, generando sofferenze, aumentando le disparità tra popoli poveri e popoli ricchi, aggravando la crisi ambientale.
La povertà degli oltre 800 milioni di persone che soffrono la fame o la malnutrizione dovrebbe sollecitare i Paesi ricchi a mettere a disposizione di quei popoli “le conoscenze scientifiche e le tecnologie dei Paesi industrializzati non per indurli a imitare il loro modello economico e produttivo, ma per aiutarli a rendere più efficaci i modi, con cui, sulla base della propria storia e dei propri valori, ricavano dai luoghi in cui vivono ciò che ritengono necessario per vivere, per curarsi, per costruire le loro abitazioni, per ripararsi dagli effetti indesiderati del clima, governarsi, arricchire le conoscenze dei giovani ed educarli a diventare adulti”. In altre parole, aiutarli a casa propria evitando di cambiare la loro storia e la loro natura, evitando che criminali, al soldo di stati "canaglia"e di armatori delle navi, continuino a fare il loro sporco commercio di esseri umani in imbarcazioni precarie che attraversano il Mediterraneo e a volte affondano. Si stima che in quindici anni di traffico di migranti, hanno perso la vita, annegando, oltre trentamila esseri umani.
Rispondendo alla domanda di un giornalista, il cardinale Robert Sarah (nato in Guinea 74 anni fa) citando il suo libro - Si fa sera e il giorno ormai volge al declino, cap. 11 intitolato i nemici spietati - dice: “certo i flussi migratori sono sempre esistiti. La ricerca di una vita migliore o la fuga dalla povertà e dai conflitti armati non sono nuove… Alcuni affrontano rischi incredibili. Il prezzo da pagare è alto. L'Occidente viene presentato agli Africani come il paradiso terrestre. La fame, la violenza e la guerra possono spingere uomini e donne a rischiare la propria vita per raggiungere l'Europa. Come possiamo, però accettare che certi paesi siano privati di tanti loro figli? Queste nazioni come potranno svilupparsi se tanti lavoratori sceglieranno la via dell'esilio? Quali sono queste strane organizzazioni umanitarie che girano l'Africa per spingere giovani a fuggire promettendo loro una vita migliore in Europa? Sono forse le stesse che portano i grandi schermi televisivi nei villaggi di cui parla Berlusconi? Perché la morte, la schiavitù e lo sfruttamento sono così spesso il vero risultato dei viaggi dei miei fratelli africani verso un immaginario eldorado? Sono indignato da queste storie. Le organizzazioni mafiose degli scafisti devono essere eliminate con la massima risolutezza. Curiosamente esse restano del tutto impunite”.
Per aiutare realmente i popoli poveri a casa loro, i Paesi ricchi devono innanzitutto fare dei cambiamenti in casa propria. Devono smettere di fare guerre per controllare le fonti fossili di energia o i giacimenti di minerali strategici per il loro sviluppo; devono smettere di istigare i Paesi poveri a fare guerre tra loro per indebolirli e controllarli meglio, devono smettere di vendere armi ai Paesi e alla fazioni in guerra. Thomas Sankara sosteneva che “l'aiuto deve aiutare a eliminare l’aiuto”. Perchè se dell'aiuto i Paesi poveri hanno bisogno dai Paesi ricchi, questo non deve diventare sottomissione e dipendenza (e dunque abbandono del loro sistema di valori), accrescendo in tal modo i profitti di pochi a scapito degli equilibri ambientali e delle condizioni di vita di tutti gli altri. I Paesi che accolgono in maniera “disinteressata”, pensando di alleviare lo stato di miseria in cui versano molti dei migranti, trascurano che è libertà anche quella “di non emigrare” soltanto se si provasse a rimuovere le cause che non consentono di continuare a vivere nella terra di origine a chi vorrebbe continuare a farlo.