Ne discutono Andrea Furlan e Lorenzo
Mortara
Caro Lorenzo,
innanzitutto ti
ringrazio per la polemica politica civile che hai rivolto alle mie considerazioni critiche da me espresse al documento congressuale della Rete 28
Aprile.
Purtroppo, è da
anni che va avanti un certo andazzo nella ex estrema sinistra italiana dove o
le elaborazioni critiche vengono ignorate, oppure vengono sbeffeggiate o
ricoperte di veri e propri insulti, e soltanto perché ritenute non conformi ad
un modo politico di pensare e analizzare.
Questo
comportamento impolitico, distrugge ogni possibilità di dialogo e confronto che
invece andrebbe sempre di più sviluppato con la necessaria chiarezza in un
rapporto dialettico.
Per fortuna non
è il tuo caso e quindi eccomi qua a confrontarmi con quanto da te addotto.
Intanto sono
contento che hai colto la questione dell'errore commesso sull'Europa, e, il
fatto che su questo aspetto politico ritieni importante fare autocritica
rispetto a quanto sostenuto dal documento, rafforza ulteriormente i miei
convincimenti teorici sul tema.
Però, allo
stesso tempo, vorrei che l'errore commesso dagli estensori del documento
congressuale, ti servisse per fare alcune considerazioni critiche sulle
esperienze Trotskoidi che popolano la Rete 28 Aprile, le quali, hanno commesso
un errore madornale nell'elaborare un analisi politica che sostiene la
subalternità della borghesia italiana nei confronti delle strutture
sovranazionali, sulla proposta del no pagamento del debito e sulla conseguenza
inevitabile dell'uscita dall'euro, schierandosi di fatto col sostenere la
propria borghesia pensando invece di combatterla.
L'errore a mio
avviso diviene anche maggiore se, non condividono quanto scritto nel documento
sull'Europa, e solo per opportunità politica hanno deciso di appoggiarlo lo
stesso.
Su questo
versante, considero i due documenti congressuali, Camusso - Cremaschi, le due
facce della stessa medaglia, anche se usano un linguaggio diverso per
descrivere i processi economico sociali, entrambi sono di sostegno alla propria
borghesia nazionale.
Da questo punto
di vista, non puoi non convenire che, simili amenità, sono quanto di più anti marxista
ci possa essere.
Detto questo,
ti rispondo in merito ai miei presunti errori di analisi politica che tu hai
individuato sui temi della democrazia e sulla dialettica degli obbiettivi
transitori.
1) Per quanto
concerne la democrazia, tu sostieni che il sottoscritto pretende la perfezione
non cogliendo invece gli enormi passi in avanti compiuti dalla Rete 28 Aprile
sul piano della democrazia interna.
Su questo
aspetto che io considero di fondamentale importanza, continuo a non vedere
inversioni di tendenza che facciano compiere sostanziali passi in avanti alla
Rete, poiché è sempre l'apparato ad avere in mano la gestione della Rete
applicando gli stessi meccanismi che utilizza la maggioranza.
Nessun ruolo
politico viene affidato ai delegati di posto di lavoro più rappresentativi,
persino la gestione territoriale delle assemblee non è gestita dai delegati e
le presidenze sono sempre piene zeppe di funzionari.
Ma ciò che
considero grave, e che a mio modesto avviso è la cartina di tornasole
dell'inefficienza dell'opposizione burocratica e della volontà politica di non
voler davvero condurre una vera battaglia anti burocratica nella CGIL, è il
crogiolarsi da parte dell'apparato di sinistra, dietro un regolamento
burocratico che prevede che è sufficiente raccogliere 5 firme di componenti del
direttivo nazionale per presentare il documento congressuale.
Questa regola,
è pensata appositamente per far si che l'opposizione sia sempre e comunque
controllabile da meccanismi di apparato che impediscono una vera organizzazione
dell'opposizione.
Infatti, la
scelta non si indirizza mai nel lavorare dal baso per raccogliere le famose cinquantamila
firme di delegati necessarie secondo il regolamento interno per costruire il
documento congressuale.
Questo perché,
ciò implicherebbe di dover lavorare in una altra direzione politica
antiburocratica che prevede l'innesco di un meccanismo di auto organizzazione
dei lavoratori su base territoriale e nazionale.
Inoltre, la
considerazione politica che questa volta l'apparato è presente in minima parte
nel documento alternativo, è la constatazione di quanto i meccanismi
burocratici agiscono per bloccare l'opposizione.
I funzionari in
maggior parte, non hanno aderito perché convinti dalla proposta politica
elaborata dalla Camusso e dal gruppo dirigente a lei collegato, ma perché se
avessero compiuto scelte diverse, avrebbero dovuto abbandonare ogni ambizione
di carriera nella CGIL. Magari qualcuno
doveva rientrare anche nel posto di lavoro.
Come puoi
vedere, tutto come al solito nessuna novità rispetto al passato.
2) Sul tema
degli obbiettivi transitori, continuo a sostenere che l'errore è di chi
continua come ho scritto nel documento di critica, ad anquilleggiare tra
programma massimo e programma minimo.
Questa totale
miopia politica di non vedere che tra i due programmi vi sono degli obbiettivi
transitori, e che la battaglia nel contesto sociale dato non può che essere
difensiva, è la dimostrazione tangibile dell'errore marchiano commesso da chi
non è capace di comprendere e analizzare i rapporti sociali tra le classi.
Difensiva oggi
per divenire aggressiva domani se siamo in grado di difendere, con le unghie e
con i denti, i diritti rimasti che la borghesia vuole continuare a rimuovere.
Per far ciò, dobbiamo ovviamente uscire dalla logica degli scioperi
dimostrativi per imboccare la strada della lotta ad oltranza per conquistare
anche piccole vittorie su singoli qualificanti punti.
Il modo di lottare,
anche su obbiettivi minimi ma sentiti dai lavoratori, cambierebbe la
prospettiva del movimento e restituirebbe maggiore consapevolezza ai lavoratori
sulla loro reale forza collettiva.
Consapevolezza indispensabile per costruire un movimento
anticapitalistico.
Nel contesto
dato, abbiamo tremendamente bisogno di conseguire delle vittorie per far meglio
comprendere ai lavoratori che la lotta paga.
Solo riportando
vittorie minime perché i rapporti di forza volente o nolente, sono quelli che
sono, possiamo rivitalizzare la classe lavoratrice per farla uscire
definitivamente dallo stallo nel quale oggi versa.
Nell'ultimo
anno, nel mio posto di lavoro, abbiamo lottato facendo 10 scioperi a singhiozzo
per tutelare i nostri diritti salariali e le agibilità sindacali.
Attraverso la
lotta, siamo riusciti a conseguire degli appezzabili risultati. Erano
obbiettivi minimi, ma poiché erano sentiti dai lavoratori, non hanno avuto
dubbi e non hanno indugiato ad affrontare con la lotta la protervia del padrone
che voleva toglierci parti del salario e le agibilità sindacali.
Ora, nel mio
posto di lavoro, stiamo già preparando la battaglia sindacale prossima, e i
lavoratori mi chiedono di scioperare.
Se invece mi
presento loro con gli obbiettivi di nazionalizzare le banche mettendole sotto
il controllo dei lavoratori, rivendicazione ineccepibile sul piano teorico, ma
sul piano concreto in assenza di un movimento di massa, i lavoratori
interpreterebbero questa parola d'ordine come troppo lontana spostata nel tempo
ed irraggiungibile in questa fase.
Anche a me
piacerebbe fargli credere che possiamo riprenderci ciò che negli ultimi
trent'anni ci hanno tolto, ma considerando lo stato dell'arte della lotta di
classe arretrata nel nostro paese, la fase che viviamo non può essere che
difensiva.
Per quanto
riguarda il programma di transizione di Trotsky da te citato, vedo che
l'approccio allo splendido postulato teorico che Trotsky ci ha lasciato, è di
natura dogmatica.
Gli obbiettivi
transitori non sono mai dati una volta per tutte, quindi, non è sufficiente
dire applichiamo come rivendicazioni quelle enunciate da Trotsky nel programma
di transizione e le masse ci seguiranno.
In più senza
entrare troppo nel merito, dobbiamo considerare che ciò che possiamo
rivendicare di quella splendida opera, è il metodo di analisi che ne ricaviamo
perché, per quanto concerne le proposte politiche e l'analisi del capitalismo,
sono assolutamente datate ad una realtà che oggi non esiste più. Dal 1938 ad
oggi, troppa acqua è passata sotto i ponti.
Come già ho
avuto modo di dire nel documento di critica, gli obbiettivi transitori devono
essere commisurati al rapporto di forza esistente tra le classi, si ricavano
dall'analisi del contesto politico, dalle necessità materiali più importanti
del momento, e infine dal grado di mobilitazione dei lavoratori.
Quindi, va bene
formulare la critica al gruppo dirigente di maggioranza mettendolo di fronte
alle proprie responsabilità politiche sulla sconfitta epocale subita dai
lavoratori, però con la stessa determinazione, dobbiamo invece rivendicare
alcuni punti strategici sui quali concentrare la nostra azione politica e organizzativa
per tentare di costruire seriamente un movimento politico di massa che si
contrapponga veramente alle politiche di austerity, e si dimostri in grado, di
raggiungere dei risultati concreti.
Per questo
reputo demagogico, enunciare ben 91 punti rivendicativi che all'attuale stato
delle cose, non sono raggiungibili.
Con affetto,
Andrea
(RSA Cosp Tecno Service)
* * *
Caro Andrea,
ho letto le tue critiche. Il pezzo sull’Europa che
va a carretta degli stati nazionali e non viceversa, andrebbe preso in blocco e
trapiantato nel documento alternativo al posto del pezzo errato che abbiamo
messo. Quella è l’unica parte veramente debole del documento perché proprio
sbagliata. Per il resto, cioè per le rivendicazioni e per la democrazia,
l’errore forse lo fai tu, nel primo caso proprio marchiano, nel secondo non so
nemmeno se fai un’errore, forse pretendi solo la perfezione.
L’errore marchiano è quello di dire che o partiamo
dagli attuali livelli di forza o la lista della spesa è pura utopia. Perché è
un errore? Perché ti perdi in massimi e minimi dando per scontato che la tua
analisi parta dagli attuali rapporti di forza proponendo cose concrete, minime.
Sono solo parole però, perché non dai nessuna dimostrazione reale della
concretezza di cui vai parlando. Anzi, se leggi bene le tue rivendicazioni
vedrai che, se consideri utopistiche quelle del documento alternativo, le tue
sono altrettanto utopistiche. Prendiamo solo il tuo punto 2: lotta alla disoccupazione giovanile. Che significa? Con la
disoccupazione giovanile al 50% e il precariato dilagante, spero non vorrai dir
loro che la combattiamo riducendola al 49% (obbiettivo minimo?). Lotta alla disoccupazione giovanile
significa abolizione del precariato e riduzione dell’orario di lavoro. Come
vedi siamo tornati al documento alternativo passando per
Andrea Furlan che dice nel suo linguaggio le stesse cose. Suppergiù
si può dire la stessa cosa delle tue altre rivendicazioni. Come si può
considerare concreta l’autorganizzazione di massa per una vertenza generale
contro le politiche del Capitale? Un moto del genere non può che essere
prolungato, quindi potenzialmente rivoluzionario. Come fa ad essere un
obbiettivo minimo adatto all’oggi? La demagogia non c’è nel documento
alternativo. Chiedi di dirti come facciamo a raggiungere i nostri obbiettivi-sogni,
ma il documento lo dice chiaramente: con la mobilitazione! Perché senza
mobilitazione – e anche qua il documento è chiaro nella sua coerenza di fondo –
nulla si raggiungerà. Tutto il lavoro dell’opposizione che comprende benissimo
il lavoro per connettere i delegati di cui parli, dovrà essere dedicato appunto
a inculcare nella testa dei lavoratori la necessità di muoversi. Sarà un lavoro
lungo e paziente. Se i lavoratori non vorranno mobilitarsi, bisognerà
attenderli, difenderli dalle inutili uscite della burocrazia in parata negli
scioperi testimoniali. Ma se i lavoratori si muoveranno dovranno farlo per
forza in una direzione, il compito di un documento è indicarla, prendendo lungo
il cammino anche solo qualche parte della lista della spesa. L’errore tuo
consiste proprio nel non indicare la direzione con la stessa chiarezza del
documento alternativo. Il compito di un documento è indicare la direzione un
po’ come un cartello nel deserto. Nel documento quel cartello è in cima alla
duna, nei tuoi punti sembra che sia appena spuntato dalla sabbia, quasi
rasoterra, invisibile. Un documento come tutte le cose di testa, deve risolvere
il problema in teoria, tocca
alla prassi avvicinarsi alla teoria. Tu metti la prassi al posto della
teoria. Inverti le cose insomma. Lo si vede anche dal linguaggio. D’istinto ti
dico che l’errore, più che dall’analisi, per me emerge chiaramente nella parola
“difesa, difesa, difesa” che ripeti continuamente. Qui si vede bene
l’inversione della tua teoria. Io spero che nessun documento parli mai la lingua
tutta difensiva che usi tu. Gli operai da sempre le prendono quando giocano in
difesa, ottengono qualcosa solo quando vanno all’attacco. Non devono prendere
spunto da Nereo Rocco, ma da Arrigo Sacchi. Solo chiedendo il massimo
otterranno il minimo, chiedendo il minimo, per giunta sulla loro linea di
porta, lontani dall’area del padrone, non otterranno nulla. Qua mi sembra
opportuno ricordare proprio il capostipite dei programmi transitori. Nella
bella riedizione del Programma di Transizione da voi pubblicata (merito
enorme, storico, imperituro vi spetta per questo!) Trotsky spiegando ai
compagni americani l’arretratezza del proletariato statunitense, oltre a
ribadire che il programma deve tener conto della situazione oggettiva, vale a
dire strutturale (le forze produttive, e oggi queste sono più che mature per la
nazionalizzazione, ogni altra soluzione sì che è utopistica, proprio perché non
risolverà il problema) e non sovrastrutturale (coscienza e arretratezza dei
lavoratori), chiariva un po’ che cosa fossero queste rivendicazioni
transitorie di cui anche tu parli. Trotsky però le vedeva in maniera molto
diversa per non dire opposta da come le intendi tu, perciò, se posso
permettermi un consiglio, ti invito a rileggerti quelle parti che certo non
sono il vangelo, ma sono tra quanto di più significativo sia stato scritto sul
rapporto tra programma minimo e massimo e obbiettivi transitori. Per quanto
riguarda, ad esempio, la scala mobile dei salari e delle ore lavorative,
Trotsky diceva che si trattava «del sistema di lavoro in una società
socialista», il tutto espresso in una formula estremamente popolare. E alla
domanda se fosse veramente possibile realizzare le rivendicazioni transitorie
del suo programma, così rispondeva: «È più facile rovesciare il capitalismo che
realizzare queste rivendicazioni nell’ambito del capitalismo. Nessuna delle
nostre rivendicazioni si realizzerà sotto il capitalismo». Perché allora
chiederle? Sono forse utopistiche? No perché saranno decisive nella lotta,
perché se «rivendichiamo solo ciò che possono darci, la classe dominante ci
darà solo un decimo di ciò che chiediamo, oppure nulla […] Non sono parole
d’ordine sterili: sono mezzi di pressione sulla borghesia e daranno il massimo
risultato materiale possibile nell’immediato». Gli stessi mezzi di pressione
che usa il documento alternativo. Tutta qui la lezione di Trotsky, ed è una
lezione di attacco, non di difesa. Una lezione che mi pare tutt’ora valida.
Guai agli operai umili che giocano troppo in difesa, meglio che siano sfacciati,
presuntuosi, addirittura superbi, perché altrimenti sono spacciati.
Sulla democrazia dei delegati la Rete ha fatto molto, a me non sembra
lontana da quel sindacato dei delegati che vorresti. Se fosse vero che non
serve più sostituire un gruppo dirigente con un altro, potremmo dire che non
serve più nemmeno stare in Cgil. Ma il fatto che tu alla fine voti per noi è
una spia che forse nonostante tutto una differenza tra la Cgil nostra e quella
della Camusso c’è, e quindi bisogna contrastarla anche all’interno. Questo
comporta l’accettazione anche di alcuni funzionari che possono firmare un
documento. Senza non potremmo farlo. Non bisogna aver paura della
burocratizzazione che dipende anche da cause interne alle persone. Non è vero
che la logica d’apparato ti risucchia. Molti vengono risucchiati ma altri no.
Se vado io non mi risucchia nessuno. E non risucchierebbero nemmeno te se solo
non fossi uscito dalla r28a. Ma per quanto ritieni giusta la tua decisione, più
delle parole contano le azioni. E il tuo voto a favore, pesa come un macigno
nel giudizio finale sulla tua analisi. Il voto segnala l’errore di fondo della
tua uscita. L’alternativa di cui parli non c’è. L’alternativa per ora è la
r28a. E obbiettivi minimi e concreti non sono solo questioni di massa, possono
anche comprendere, tra gli altri, recuperare alla causa chi per ora ha scelto un’altra
strada. In questo senso conquistare i tanti Andrea Furlan che al congresso ci
appoggiano a metà, è uno dei primi obbiettivi concreti che ci poniamo. Ottenere
anche solo questo al Congresso, non sarebbe una conquista da poco. Sarebbe già
una piccola, transitoria, grande vittoria.
Coi migliori auguri di buon 2014
a te e ai compagni di Utopia Rossa
Lorenzo Mortara
[Rsu fiom-cgil all'ykk di Prarolo (VC)
Membro del direttivo provinciale
e appartenente alla rete28aprile]
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