Il governo illegittimo di Dina Boluarte risponde con la repressione violenta
di Andrea Vento
(Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati - Giga)
Il Perù, come la quasi totalità dei paesi latinoamericani, è stato caratterizzato da vicende politiche interne storicamente travagliate, a causa della pervicacia con la quale l’oligarchia bianca ha governato tutelando i propri privilegi economici di origine coloniale a discapito dei ceti popolari e della maggioranza della popolazione indigena di etnia Quechua, la quale ha regolarmente dato vita a moti di protesta per contrastare la privazione dei propri diritti.
Un copione ormai consolidato che torna in scena a cadenza regolare.
Gli ultimi 35 anni di travagliate vicende politiche interne
Dopo la dittatura di Alberto Fujimori degli anni ’90, il paese era tornato ad una sorta di democrazia formale nella quale i presidenti eletti, a prescindere dall’appartenenza politica, non avevano apportato sostanziali mutamenti alle consolidate politiche neoliberiste e alla tradizionale politica estera subordinata a Washington. Infatti, sia l’economista liberista Alejandro Toledo (2001-2006), sia il centrista Hollanta Humala (2006-2011) che Alan Garcia (2011-2016), protagonista di un clamoroso ribaltone politico verso destra, erano riusciti a portare a termine i rispettivi mandati presidenziali.
Dal 2016 con l’elezione dell’economista liberista Pedro Pablo Kuczynsky inizia una fase di turbolenza politica e sociale senza soluzione di continuità. Infatti, il nuovo presidente dopo aver concesso la grazia a Fujimori nel 2017, è costretto alle dimissioni nel marzo successivo a seguito di incriminazione per voto di scambio. Gli subentra, quindi, il vicepresidente Martin Viczarra che viene, però, sfiduciato dal parlamento “per incapacità morale” nel novembre 2020, senza tuttavia portare chiare prove a suo carico.
La carica di presidente viene quindi assunta il 10 novembre 2020 dal presidente del Congresso, Manuel Merino, che da subito vita ad un governo di estrema destra appoggiato dai militari, sotto il quale la polizia si rende protagonista della violenta repressione delle proteste popolari contro la destituzione di Viczarra provocando 3 morti.
La condanna dell’operato delle forze dell’ordine da parte della Corte Costituzionale porta ad una crisi politica interna al governo che sfocia nelle dimissioni del neo insediato Merino il 15 novembre. Due giorni dopo, il nuovo presidente del Congresso, il centrista Francisco Sagasti assume la presidenza, stabilendo per il paese il poco invidiabile record di instabilità istituzionale con 3 presidenti succedutisi nell’arco di una sola settimana. Sagasti riesce, peraltro, a portare a termine il mandato fino al luglio 2021, quando si insedia, previa vittoria di misura al ballottaggio, il “maestro di strada” Pedro Castillo, del partito di sinistra Perù libero, espressione dei movimenti indigeni e delle classi sociali inferiori, sollevando speranze di cambiamento nelle politiche economiche e sociali.
Privo di esperienza politica, Castillo incontra sin dall’inizio del mandato una forte opposizione da parte dell’oligarchia nazionale e delle forze reazionarie che cercano di impedirne l’azione politica sfruttando la mancanza di maggioranza parlamentare coesa a sostegno del Governo. Ciò a causa del sistema elettorale presidenziale a doppio turno che impedisce sovente agli eletti alla massima carica dello stato di godere di un omogeneo appoggio politico in seno all’organo legislativo.
Dopo un anno e mezzo di mandato istituzionale estremamente difficile a causa della strenua opposizione dei poteri forti e dopo aver commesso anche errori di inesperienza, Castillo viene pretestuosamente messo in stato d’accusa e infine deposto a seguito di voto parlamentare il 7 dicembre 2022 e addirittura incarcerato.
A quel punto la vicepresidente esponente dello stesso partito Perù Libero, Dina Boluarte, e non il presidente del Congresso come da dettato costituzionale, gli subentra, dando tuttavia vita, come purtroppo accaduto anche in passato, ad un governo di destra, innescando oceaniche proteste popolari nel paese che vengono represse nel sangue con 60 morti e centinaia di feriti.
Le manifestazioni popolari, sostenute in primis dalle popolazioni indigene dell’altopiano, sono continuate anche negli anni successivi reclamando le dimissioni del governo illegittimo di Dina Boluarte, l’indizione di nuove elezioni politiche e la formazione di una assemblea costituente per il varo di una nuova costituzione al posto di quella neoliberista introdotta da Fujimori durante la dittatura.
L’inasprimento del conflitto sociale
Negli ultimi sei mesi, numerosi cittadini peruviani sono scesi più volte in piazza per protestare, oltre che per la corruzione dilagante, anche contro le estorsioni ai danni di tassisti e autisti di autobus e gli omicidi della criminalità organizzata che le autorità non sono mai riuscite a contrastare efficacemente.
Le manifestazioni popolari, frequenti anche in Italia da parte della comunità peruviana locale, si sono intensificate dopo che il 5 settembre scorso il Congresso ha approvato una legge che obbliga i giovani lavoratori sopra i 18 anni a versare i contributi pensionistici ai fondi privati.
Le proteste sono principalmente indirizzate verso Dina Boluarte, il cui consenso secondo l’Istituto di Studi Peruviani è ormai ridotto al solo 2,5% e della quale ne vengono vanamente invocate le dimissioni.
Il conflitto sociale, inevitabilmente inaspritosi nelle ultime settimane, è sfociato nella brutale repressione della manifestazione tenutasi il 27 settembre a Lima, durante la quale sono state ferite 19 persone, come riferito dalle stesse autorità e da un’organizzazione per i diritti umani.
La situazione interna al Perù è prevedibilmente destinata ad aggravarsi da qui alla scadenza del mandato presidenziale, prevista per il luglio 2026, a causa della, più volte espressa, volontà di Dina Boluarte di restare al potere e di proseguire nell’attuazione di politiche neoliberiste ed estrattiviste a danno dei ceti popolari e delle comunità indigene. Queste ultime in piena mobilitazione a causa del rifiuto da parte del Congresso di istituire la Riserva Indigena Yavari-Mirim nella regione amazzonica di Loreto sulle terre ancestrali di alcuni popoli incontattati (carta 1).
Carta 1: la regione amazzonica di Loreto la più estesa del Perù con 368.852 kmq di superficie
Le Riserve Indigene rivestono scopo primario di tutelare l’ecosistema e la sopravvivenza dei popoli originari che vi risiedono. Le richieste di questi ultimi, da molti anni, sono in contrasto con le politiche di sfruttamento delle risorse del sottosuolo implementate dai vari governi e nella contingenza attuale con le politiche implementate dal Congresso il quale sta definendo due nefasti disegni legge. Il primo, mira a limitare la creazione di nuove Riserve Indigene e di porre a revisione semestrale quelle già istituite, mentre il secondo concede la possibilità alle multinazionali di effettuare prospezioni per la ricerca di nuovi giacimenti di gas e di petrolio, a danno dell’ambiente e della sopravvivenza dei popoli amerindi che vi vivono in simbiosi.
Conclusioni
Le vicende peruviane attualmente in corso, risultano paradigmatiche delle condizioni che strutturalmente caratterizzano i paesi latinoamericani, nei quali, salvo rare eccezioni, le oligarchie post coloniali bianche al potere governano al fine di mantenere i propri privilegi, concedendo lo sfruttamento delle risorse alle multinazionali e cercando protezione da Washington in cambio di un allineamento alle sue politiche internazionali.
Inevitabilmente tali orientamenti politici, all’interno di società dai marcati squilibri socio-economici e con le popolazioni indigene relegate ai margini delle stesse, nonché usurpate del potere le rare volte che riescono a vincere democratiche elezioni, sono destinati ad alimentare i conflitti sociali interni e l’instabilità politica.
Andrea Vento
3 ottobre 2025
Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati - Giga
NOTE
1. https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/americalatina/2025/09/05/lima-boccia-riserva-amazzonica-per-proteggere-le-tribu-isolate_3113e066-ed77-4711-ac74-d8bfb1ea7efa.html
2. Per approfondire il modello economico e sociale del Perù consultare il saggio Giga “Perù: epicentro dell’instabilità politica latinoamericana”