di Roberto Massari
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Quando papa Francesco parla di genocidio da parte del governo israeliano, dobbiamo prenderlo sul serio perché è un esperto in materia. In primo luogo perché Francesco è il capo supremo di un’istituzione religiosa - la Chiesa cattolica - che ha dato il massimo contributo ideologico allo sterminio degli ebrei prima del nazismo. All’antisemitismo nazista la Chiesa aveva preparato la strada nel corso di più di un millennio e mezzo di persecuzioni antiebraiche e rendendo istituzionale l’antisemitismo cruento fin dove poteva arrivare il suo braccio secolare.
Non vi sono dubbi, però, che il contributo decisivo al genocidio ebraico lo ha dato col suo sostegno politico al nazifascismo, alla sua politica razziale e alle sue avventure militari. Ma lo ha dato soprattutto col rifiuto di muovere anche solo un dito per bloccare la «soluzione finale» in paesi come Germania, Austria, Ungheria, Slovacchia, Croazia e, nel suo piccolo, anche in Italia. Pio XI e Pio XII sono stati papi apertamente filonazisti, anche se il primo, verso la fine della sua vita, ebbe qualche ripensamento, che comunque Pio XII riuscì a non far emergere onde mantenere buoni rapporti col nazismo. Anzi, fu eletto papa proprio per questo...
Papa Pio XI e il cardinale Eugenio Pacelli (come Nunzio apostolico in Germania dal 1920 e poi Segretario di stato), furono strenui sostenitori ufficiali del nazismo fin dalla sua nascita. Il Vaticano fu il primo Stato a riconoscere il nuovo regime nel 1933, al quale poi concesse tutto il sostegno possibile, con dissidi riguardanti quasi solo la libertà d’azione della Chiesa in Germania.
Insieme alla Chiesa protestante tedesca, il Vaticano non fece nulla per arginare la deportazione degli ebrei nei lager della morte dai Paesi sotto il controllo del nazismo, compresa l'Italia. Per cercare di nascondere questa realtà ci sono storici (come Andrea Riccardi, capo della Comunità di S. Egidio), impegnati ad attirare l’attenzione su qualche migliaio di ebrei salvati da istituzioni cattoliche durante l’occupazione nazista, con lo scopo molto preciso di mascherare il decennio di collaborazione della Chiesa cattolica con il nazismo e la sua complicità nello sterminio antiebraico, sia nei Paesi di lingua tedesca, sia in quelli occupati durante la guerra.
Pio XII fu un accanito sostenitore del nazismo (e quindi indirettamente della soluzione finale) finché le sorti militari di Hitler non cominciarono a declinare, quando ormai, però, il genocidio era stato in gran parte compiuto.
In precedenza, la Chiesa cattolica aveva dato il suo benestare alle Leggi razziali italiane, contestando solo le parti in contrasto col Concordato mussoliniano, in particolare per quanto riguardava i matrimoni misti e la discriminazione applicata anche agli ebrei convertiti. È una delle pagine più vergognose della Chiesa italiana di cui raramente si sente parlare, specie da parte degli storici compiacenti, come il Riccardi sopra nominato. Tutto ciò è storia nota e comunque descritta dettagliatamente in un celebre libro di Karlheinz Deschner (Mitt Gott un den Fascisten, 1965), che ho avuto l’onore di pubblicare in Italia (Con Dio e con i fascisti, 2016), seguìto da Vaticano, Olocausto e fascismi, 2017, a cura di D. Barbieri e P. Gorenflos. Lì si possono trovare tutti i dati, i documenti e gli eventi che dimostrano il sostegno del Vaticano al genocidio antiebraico in tutti i Paesi controllati dal nazismo. E da quel patrimonio ideologico proviene anche papa Francesco.
Questi, però, ebbe rapporti con un altro genocidio atipico, un «genocidio culturale» (secondo la definizione che ne diede Julio Cortázar nel dicembre 1983), ma che andrebbe considerato come un «genocidio generazionale»: quasi un’intera generazione radicale, il meglio del mondo politico e culturale «la meglio gioventù» argentina, che fu sterminata dalla dittatura di Jorge Rafael Videla († 1981), negli anni terribili (1976-1983) che videro lo sterminio di circa 20-30.000 persone, i cosiddetti desaparecidos, molte delle quali torturate prima di essere uccise.
Jorge Mario Bergoglio, prima di diventare papa, nelle vesti di Superiore Provinciale dei gesuiti in Argentina (1973-1979), mantenne rapporti di cordiale collaborazione con il regime militare. Egli era il dirigente numero due del cattolicesimo argentino, e in quanto tale era dotato di un enorme potere in un Paese fondamentalmente cattolico (il numero uno era Pio Laghi, Nunzio apostolico in Argentina dal 1974 al 1980, noto per le sue aperte dichiarazioni a favore dei militari e per i rapporti di amicizia che manteneva col generale Emilio E. Massera e con la P2 di Licio Gelli). Eppure il Bergoglio capo dei gesuiti non mosse un dito per impedire lo sterminio dei suoi connazionali colpevoli solo di volere più libertà e giustizia sociale. Fu invece addirittura complice nell’imprigionamento di due gesuiti impegnati nel lavoro sociale. Tutto ciò all’epoca era noto in Argentina, continua ad essere noto anche se si preferisce dimenticare per nazionalismo verso un papa argentino, ci furono due libri di un grande giornalista (Horacio Verbitsky) e qualcosa scrissi anch’io al momento dell’elezione.
Lo sterminio orrendo del mondo progressista argentino non fu un genocidio nel senso stretto e ufficiale del termine (non fu cioè un progetto di eliminazione di una determinata etnia o classe sociale), ma lo fu nella sostanza: fu un «genocidio sui generis» interrotto solo dalla caduta della dittatura.
Papa Francesco, come attuale e massimo esponente di queste due tradizioni «religiose» - provenienti dal sostegno decennale alla dittatura nazista e dal sostegno settennale a quella argentina - è quindi un esperto in genocidi.
Non a caso le sue ultime dichiarazioni contro il diritto del popolo israeliano a difendersi dagli attacchi dell’Iran e dei suoi emissari in Libano, Siria, Giordania, Gaza e Yemen, sono state rilasciate nel colloquio con un altro grande esperto in genocidi: Abolhassan Nav, il rettore iraniano con cui Francesco si è intrattenuto alcuni giorni fa. Convinto di poter mentire impunemente (anche davanti al Papa) costui ha affermato che l’Iran non ce l’ha con gli ebrei ma solo con Netanyahu. Troppo modesto: il regime iraniano propone dal 1979 (l’anno in cui Bergoglio abbandonava la carica di Provinciale dei gesuiti per dedicarsi più liberamente alla battaglia contro la Teologia della liberazione) lo sterminio degli ebrei che vivono in Israele.
Khomeyni lo proponeva anche prima, ma senza stare al governo. E il regime barbaro e dittatoriale dell’Iran lo ribadisce ogni giorno, oltre a finanziare milizie e gruppi terroristici che dovrebbero metterlo in pratica. Israele (anche grazie all’aiuto degli Usa) impedisce che il genocidio avvenga, ma resta il fatto che il mondo mussulmano sciita (e non più nella sua grande maggioranza quello mussulmano sunnita e di altre correnti religiose), il genocidio degli ebrei israeliani lo dichiara come proprio programma irrinunciabile. Francesco avrebbe dovuto ricordarglielo.
Nel carteggio sotto riportato, dedicato alla complicità di Bergoglio con i militari argentini, avevo fatto una previsione sul comportamento del nuovo Papa:
«La buona è che il nuovo Papa dovrà stare attento non solo a non benedire altri dittatori e feroci aguzzini (come hanno sempre fatto i suoi predecessori, da Paolo VI in poi), ma dovrà anche dimostrare con le azioni che quelli sono “errori di gioventù” e che oggi è diventato molto più buono, sia verso i poveri che verso gli oppressi. Chissà che alla fine non ci guadagnino qualcosa anche i gay e i malati terminali. Per l’atteggiamento verso le donne, invece, continuo a vederla brutta».
Ebbene, la mia profezia si è rivelata infondata, anche se il comportamento politico di questo Papa era sembrato nei primi anni più umano di quello dei suoi predecessori. Avevo sbagliato. Tutte le recenti dichiarazioni di Francesco contro il diritto di Israele a difendersi - che in ultima analisi riguardano il diritto di Israele ad esistere, viste le intenzioni genocide dei suoi avversari - dimostrano una sua profonda insensibilità riguardo alle aggressioni delle quali Israele è vittima. Ma anche, tema cristiano per eccellenza, insensibilità verso le sofferenze che Hamas ha inflitto al proprio popolo, usandolo come carne da macello dopo il pogrom del 7 ottobre, e insensibilità verso le vittime del pogrom, gli ostaggi in primo luogo.
E pensare che se un papa veramente cristiano avesse fatto semplicemente il proprio mestiere, e avesse chiesto di poter incontrare alcuni degli ostaggi da mesi trattenuti in condizioni disumane, forse la loro liberazione si sarebbe avvicinata. Ma del resto, come è noto, d’incontrare gli ostaggi non lo hanno chiesto le Nazioni unite, la Croce rossa, Amnesty, il Tribunale dell’Aia e nessuna Ong, che io sappia. Perché papa Francesco sarebbe dovuto uscire dal coro di coloro che simpatizzano per Hamas, e tramite Hamas per il regime iraniano e tramite il regime iraniano per la guerra atomica?
Pax et bonum
Roberto
Allegati
PAPA FRANCESCO E LA DITTATURA MILITARE ARGENTINA
di Roberto Massari
Carteggio con don F.*
[Apparso in www.utopiarossa.blogspot.com, costituisce una delle rare analisi scritte e pubblicate in Italia sulle trascorse complicità di papa Francesco con la dittatura militare argentina del generale Videla. Le lettere furono indirizzate a un sacerdote (molto preparato sotto il profilo teologico) che era interessato a conoscere la verità sulla questione. Per ovvie ragioni non pubblichiamo qui le sue risposte né la critica di un altro sacerdote (argentino) intervenuto a un certo punto nella discussione (n.d.r.).]