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domenica 5 gennaio 2025

PAPA FRANCESCO: UN ESPERTO IN GENOCIDI

di Roberto Massari 


BILINGUE: ITALIANO - ENGLISH


Quando papa Francesco parla di genocidio da parte del governo israeliano, dobbiamo prenderlo sul serio perché è un esperto in materia. In primo luogo perché Francesco è il capo supremo di un’istituzione religiosa - la Chiesa cattolica - che ha dato il massimo contributo ideologico allo sterminio degli ebrei prima del nazismo. All’antisemitismo nazista la Chiesa aveva preparato la strada nel corso di più di un millennio e mezzo di persecuzioni antiebraiche e rendendo istituzionale l’antisemitismo cruento fin dove poteva arrivare il suo braccio secolare.

Non vi sono dubbi, però, che il contributo decisivo al genocidio ebraico lo ha dato col suo sostegno politico al nazifascismo, alla sua politica razziale e alle sue avventure militari. Ma lo ha dato soprattutto col rifiuto di muovere anche solo un dito per bloccare la «soluzione finale» in paesi come Germania, Austria, Ungheria, Slovacchia, Croazia e, nel suo piccolo, anche in Italia. Pio XI e Pio XII sono stati papi apertamente filonazisti, anche se il primo, verso la fine della sua vita, ebbe qualche ripensamento, che comunque Pio XII riuscì a non far emergere onde mantenere buoni rapporti col nazismo. Anzi, fu eletto papa proprio per questo... 

Papa Pio XI e il cardinale Eugenio Pacelli (come Nunzio apostolico in Germania dal 1920 e poi Segretario di stato), furono strenui sostenitori ufficiali del nazismo fin dalla sua nascita. Il Vaticano fu il primo Stato a riconoscere il nuovo regime nel 1933, al quale poi concesse tutto il sostegno possibile, con dissidi riguardanti quasi solo la libertà d’azione della Chiesa in Germania. 

Insieme alla Chiesa protestante tedesca, il Vaticano non fece nulla per arginare la deportazione degli ebrei nei lager della morte dai Paesi sotto il controllo del nazismo, compresa l'Italia. Per cercare di nascondere questa realtà ci sono storici (come Andrea Riccardi, capo della Comunità di S. Egidio), impegnati ad attirare l’attenzione su qualche migliaio di ebrei salvati da istituzioni cattoliche durante l’occupazione nazista, con lo scopo molto preciso di mascherare il decennio di collaborazione della Chiesa cattolica con il nazismo e la sua complicità nello sterminio antiebraico, sia nei Paesi di lingua tedesca, sia in quelli occupati durante la guerra. 

Pio XII fu un accanito sostenitore del nazismo (e quindi indirettamente della soluzione finale) finché le sorti militari di Hitler non cominciarono a declinare, quando ormai, però, il genocidio era stato in gran parte compiuto. 

In precedenza, la Chiesa cattolica aveva dato il suo benestare alle Leggi razziali italiane, contestando solo le parti in contrasto col Concordato mussoliniano, in particolare per quanto riguardava i matrimoni misti e la discriminazione applicata anche agli ebrei convertiti. È una delle pagine più vergognose della Chiesa italiana di cui raramente si sente parlare, specie da parte degli storici compiacenti, come il Riccardi sopra nominato. Tutto ciò è storia nota e comunque descritta dettagliatamente in un celebre libro di Karlheinz Deschner (Mitt Gott un den Fascisten, 1965), che ho avuto l’onore di pubblicare in Italia (Con Dio e con i fascisti, 2016), seguìto da Vaticano, Olocausto e fascismi, 2017, a cura di D. Barbieri e P. Gorenflos. Lì si possono trovare tutti i dati, i documenti e gli eventi che dimostrano il sostegno del Vaticano al genocidio antiebraico in tutti i Paesi controllati dal nazismo. E da quel patrimonio ideologico proviene anche papa Francesco. 

Questi, però, ebbe rapporti con un altro genocidio atipico, un «genocidio culturale» (secondo la definizione che ne diede Julio Cortázar nel dicembre 1983), ma che andrebbe considerato come un «genocidio generazionale»: quasi un’intera generazione radicale, il meglio del mondo politico e culturale «la meglio gioventù» argentina, che fu sterminata dalla dittatura di Jorge Rafael Videla († 1981), negli anni terribili (1976-1983) che videro lo sterminio di circa 20-30.000 persone, i cosiddetti desaparecidos, molte delle quali torturate prima di essere uccise. 

Jorge Mario Bergoglio, prima di diventare papa, nelle vesti di Superiore Provinciale dei gesuiti in Argentina (1973-1979), mantenne rapporti di cordiale collaborazione con il regime militare. Egli era il dirigente numero due del cattolicesimo argentino, e in quanto tale era dotato di un enorme potere in un Paese fondamentalmente cattolico (il numero uno era Pio Laghi, Nunzio apostolico in Argentina dal 1974 al 1980, noto per le sue aperte dichiarazioni a favore dei militari e per i rapporti di amicizia che manteneva col generale Emilio E. Massera e con la P2 di Licio Gelli). Eppure il Bergoglio capo dei gesuiti non mosse un dito per impedire lo sterminio dei suoi connazionali colpevoli solo di volere più libertà e giustizia sociale. Fu invece addirittura complice nell’imprigionamento di due gesuiti impegnati nel lavoro sociale. Tutto ciò all’epoca era noto in Argentina, continua ad essere noto anche se si preferisce dimenticare per nazionalismo verso un papa argentino, ci furono due libri di un grande giornalista (Horacio Verbitsky) e qualcosa scrissi anch’io al momento dell’elezione. 

Lo sterminio orrendo del mondo progressista argentino non fu un genocidio nel senso stretto e ufficiale del termine (non fu cioè un progetto di eliminazione di una determinata etnia o classe sociale), ma lo fu nella sostanza: fu un «genocidio sui generis» interrotto solo dalla caduta della dittatura.

Papa Francesco, come attuale e massimo esponente di queste due tradizioni «religiose» - provenienti dal sostegno decennale alla dittatura nazista e dal sostegno settennale a quella argentina - è quindi un esperto in genocidi

Non a caso le sue ultime dichiarazioni contro il diritto del popolo israeliano a difendersi dagli attacchi dell’Iran e dei suoi emissari in Libano, Siria, Giordania, Gaza e Yemen, sono state rilasciate nel colloquio con un altro grande esperto in genocidi: Abolhassan Nav, il rettore iraniano con cui Francesco si è intrattenuto alcuni giorni fa. Convinto di poter mentire impunemente (anche davanti al Papa) costui ha affermato che l’Iran non ce l’ha con gli ebrei ma solo con Netanyahu. Troppo modesto: il regime iraniano propone dal 1979 (l’anno in cui Bergoglio abbandonava la carica di Provinciale dei gesuiti per dedicarsi più liberamente alla battaglia contro la Teologia della liberazione) lo sterminio degli ebrei che vivono in Israele. 

Khomeyni lo proponeva anche prima, ma senza stare al governo. E il regime barbaro e dittatoriale dell’Iran lo ribadisce ogni giorno, oltre a finanziare milizie e gruppi terroristici che dovrebbero metterlo in pratica. Israele (anche grazie all’aiuto degli Usa) impedisce che il genocidio avvenga, ma resta il fatto che il mondo mussulmano sciita (e non più nella sua grande maggioranza quello mussulmano sunnita e di altre correnti religiose), il genocidio degli ebrei israeliani lo dichiara come proprio programma irrinunciabile. Francesco avrebbe dovuto ricordarglielo. 

Nel carteggio sotto riportato, dedicato alla complicità di Bergoglio con i militari argentini, avevo fatto una previsione sul comportamento del nuovo Papa: 

«La buona è che il nuovo Papa dovrà stare attento non solo a non benedire altri dittatori e feroci aguzzini (come hanno sempre fatto i suoi predecessori, da Paolo VI in poi), ma dovrà anche dimostrare con le azioni che quelli sono “errori di gioventù” e che oggi è diventato molto più buono, sia verso i poveri che verso gli oppressi. Chissà che alla fine non ci guadagnino qualcosa anche i gay e i malati terminali. Per l’atteggiamento verso le donne, invece, continuo a vederla brutta». 

Ebbene, la mia profezia si è rivelata infondata, anche se il comportamento politico di questo Papa era sembrato nei primi anni più umano di quello dei suoi predecessori. Avevo sbagliato. Tutte le recenti dichiarazioni di Francesco contro il diritto di Israele a difendersi - che in ultima analisi riguardano il diritto di Israele ad esistere, viste le intenzioni genocide dei suoi avversari - dimostrano una sua profonda insensibilità riguardo alle aggressioni delle quali Israele è vittima. Ma anche, tema cristiano per eccellenza, insensibilità verso le sofferenze che Hamas ha inflitto al proprio popolo, usandolo come carne da macello dopo il pogrom del 7 ottobre, e insensibilità verso le vittime del pogrom, gli ostaggi in primo luogo. 

E pensare che se un papa veramente cristiano avesse fatto semplicemente il proprio mestiere, e avesse chiesto di poter incontrare alcuni degli ostaggi da mesi trattenuti in condizioni disumane, forse la loro liberazione si sarebbe avvicinata. Ma del resto, come è noto, d’incontrare gli ostaggi non lo hanno chiesto le Nazioni unite, la Croce rossa, Amnesty, il Tribunale dell’Aia e nessuna Ong, che io sappia. Perché papa Francesco sarebbe dovuto uscire dal coro di coloro che simpatizzano per Hamas, e tramite Hamas per il regime iraniano e tramite il regime iraniano per la guerra atomica?

Pax et bonum 

Roberto 


Allegati 


PAPA FRANCESCO E LA DITTATURA MILITARE ARGENTINA

di Roberto Massari


Carteggio con don F.*

[Apparso in www.utopiarossa.blogspot.com, costituisce una delle rare analisi scritte e pubblicate in Italia sulle trascorse complicità di papa Francesco con la dittatura militare argentina del generale Videla. Le lettere furono indirizzate a un sacerdote (molto preparato sotto il profilo teologico) che era interessato a conoscere la verità sulla questione. Per ovvie ragioni non pubblichiamo qui le sue risposte né la critica di un altro sacerdote (argentino) intervenuto a un certo punto nella discussione (n.d.r.).]


Caro don F.,

questa mattina ho finito di leggere il libro di Horacio Verbitsky [L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, Fandango 2006] e dire che sono sconvolto è dire poco. Il fatto è che uno le cose per grandi linee le sa, ma finché non entra nei dettagli non si rende conto veramente di cosa può essere accaduto. Credo che dopo lo sterminio per lo Holodomor ucraino,  il Gulag staliniano, l’Olocausto nazista, Hiroshima, il genocidio degli Armeni e la carestia provocata dal «Grande balzo» di Mao Zedong, il crimine dei militari argentini degli anni ‘70 possa rientrare nella graduatoria dei grandi crimini dell’umanità e contro di essa nel Novecento. Lascio da parte la crociata conto gli Albigesi, l’Inquisizione e lo sterminio dei Nativi americani perché sono azioni compiute in secoli passati e non si sono concluse nel giro di pochi decenni o pochi anni. E quindi possiamo collocarle fuori graduatoria.

Detto questo, le responsabilità dei vertici della Chiesa argentina (ma indirettamente anche di quella di Roma) sono gravissime. Tutti i principali dirigenti dell’epoca sono stati coinvolti moralmente, psicologicamente, sul piano informativo e nella consegna del tacere. Nessuno di loro si è differenziato, nessuno di loro ha denunciato nulla, nessuno di loro ha rinunciato alla carica che ricopriva pur di non assistere a quel mostruoso massacro, fatto anche di torture, menzogne, depistaggi e richieste di benedizioni cristiane. Queste non sono mai mancate. Così come non sono mancati rapporti amichevoli tra i carnefici militari, gli alti prelati e addirittura il nostro Licio Gelli della P2.

Pazzesco. Pio Laghi (capo della Nunziatura apostolica argentina) giocava a tennis col sanguinario Massera (a sua volta membro della P2). C’è chi dice «spesso»; lui dice «solo» 4 volte...

Non si può ovviamente condannare la Chiesa argentina in blocco, perché molti sacerdoti hanno cercato di opporsi, alcuni sono stati uccisi, apertamente come Mugica o desaparecidos come vari altri. Anche delle suore sono state uccise. Il tutto sempre senza alcuna protesta ufficiale da parte della gerarchia cattolica. I cognomi più celebri di questa gerarchia sono Laghi, Grasselli, Bergoglio, Aramburu, più o meno nell’ordine in cui li ho citati. Il silenzio della gerarchia sui sacerdoti torturati e uccisi ricorda quello di Pio XII sulle rappresaglie naziste e il suo legame stretto col Terzo Reich.

Per quanto riguarda Bergoglio, nella questione dei due poveri sacerdoti, Yorio e Jalics, diventa secondario stabilire fino a che punto egli sia stato coinvolto. Sulla base della documentazione si ha certezza fino al punto seguente: Bergoglio squalificò i due sacerdoti impegnati nel sociale tra i poveri, tolse loro la copertura della Chiesa ufficiale e quindi li lasciò inermi nelle mani dei torturatori. Se li abbia anche denunciati come delatore non si saprà forse mai e in fondo è secondario: quanto sopra già basta. Inoltre non fece nulla per salvarli per almeno cinque lunghissimi mesi. Se poi sia veramente interceduto al momento del loro rilascio, non si saprà forse mai. Tutte le attuali testimonianze a favore suo sono ridicolmente false e create post hoc. Così come lo sono i passi indietro compiuti da Jalics sul terreno della denuncia delle responsabilità di Bergoglio.

Ma a me il crimine nei confronti dei due sacerdoti (e almeno di altri due, stando a vecchie testimonianze) sembra niente rispetto alla complicità - più o meno attiva, più o meno silenziosa - con tutta l’operazione repressiva dei militari contro il popolo argentino e contro la sua parte più progressista. Capisco che per il sensazionalismo giornalistico è più importante cogliere il Papa con le mani nel sacco rispetto al sequestro dei due sacerdoti. Ma per la mia coscienza morale è molto ma molto più grave il coinvolgimento morale, sia pure passivo, sia pure indiretto in quel folle massacro ai danni della parte migliore del popolo argentino. 

Riguardo a Verbitsky. Il suo primo articolo sui desaparecidos è di settembre del 1990. Da allora si è trasformato nella massima autorità sul tragico tema. Il suo primo libro El vuelo [Il volo, Fandango 2006] uscì nel 1995. L’attuale libro [El silencio (L’isola del silenzio, Fandango 2006)] uscì nel 2005, prima della morte del precedente Papa e quindi non in tempo per sapere che vi sarebbe stato un ballottaggio tra Ratzinger e Bergoglio. [Vai a capire perché già allora la stella di Bergoglio fosse ascesa così in alto… Una spiegazione viene quasi automatica, ma di ciò si può parlare in altro momento, rientrando essa nel campo della politica e non di denuncia della ferocia e della vigliaccheria umana.]

Il libro di Verbitsky contiene un capitolo supplementare, un epilogo per l’ed. italiana, in cui Verbitsky scrive

«Una siffatta concomitanza [il ballottaggio tra Ratzinger e Bergoglio] ha conferito a questa inchiesta storica su fatti avvenuti tre decenni addietro nella Esma un’attualità che non ho mai cercato e che non potevo prevedere, ma che non posso eludere ora che Benedetto XVI si avvicina agli ottant’anni e non è da escludersi che in un futuro conclave si prenda nuovamente in considerazione il nome di Bergoglio, che ha avviato un’aperta campagna di proselitismo».

Parole preveggenti che hanno precorso la scelta del Conclave. E ancora: possibile che i cardinali lì riuniti ignorassero i trascorsi di Bergoglio? possibile che non avessero un’altra carta da giocare, magari sempre latinoamericana e ugualmente utile per contrastare lo spostamento politico a sinistra delle società latinoamericane e quindi, inevitabilmente, anche del loro clero?

Francamente non riesco a darmi una risposta a questi ultimi interrogativi.

L’epilogo quindi è stato scritto nel 2006, in tempi ancora insospettabili, mentre la documentazione fornita è tutta o quasi tutta degli anni ‘70. Questi dati cronologici rendono il libro serio, attendibile e inconfutabile (se non con la «scoperta» successiva di testimonianze e carte a discapito, sulle quali si chiederà un atto di fede, quasi come sulle stimmate di Padre Pio…).

Resterebbe anche da chiedersi perché della traduzione del libro di Verbitsky in italiano nel 2006 si è parlato pochissimo nei giorni della nuova elezione. A parte il caso tragicomico mio (che il libro non sapevo di averlo in casa e ignoravo addirittura che esistesse in lingua italiana), rimane il fatto che è stato messo a tacere tutto subito. Il nome di Verbitsky non è affiorato seriamente da nessuna parte. E ovviamente nessuna televisione si è premurata di andarlo a intervistare (che io sappia, ma visto che non ho la televisione sono fonte poco attendibile…)

Non ti scrivo questo per aggiungere turbamento o per fare propaganda anticlericale. E non desidero nemmeno avviare una discussione sul tema (con la documentazione fornita da Verbitsky c’è poco da discutere: è un capitolo chiuso in termini storiografici). Lo faccio perché non ritengo giusto tacere su queste responsabilità della Chiesa argentina (e quindi su quelle di Bergoglio come Provinciale, capo supremo dei gesuiti, al suo interno). Ciò non significa misconoscere o minimizzare ciò che di buono potrà fare papa Francesco. Lo dissi subito e lo confermo: ben venga ogni atto di progresso che questo Papa vorrà fare o stimolare. Significa semplicemente che devo dire ciò che è vero, storicamente vero e inoppugnabile - tacere (se interpellato) farebbe di me un complice postero o postumo della tragedia intercorsa.

Dopodiché i cristiani possono anche perdonarlo, come è loro richiesto dalla dottrina evangelica (beh, non tutta - Zarcone docet…). Non vorrei però trovarmi nella posizione del cattolico o della cattolica argentina che abbiano perso dei parenti in quel periodo (in quel modo disumano) e che siano allo stesso tempo consapevoli della complicità delle alte gerarchie cattoliche. La dottrina chiederebbe anche a loro di perdonare. Ma sarebbe umano attendersi che essi possano riuscire a farlo?

E come corollario mi chiedo: esistono argentini parenti delle vittime dei militari che si sono sentiti violentati una seconda volta per l’elezione di Bergoglio al soglio pontificio, nonostante si conoscessero le sue responsabilità, pubblicamente perlomeno dal 2005? E se esistono, è giusto che tacciano, in omaggio al principio del fine che giustifica i mezzi? Dixi et salvavi (parzialmente) animam meam.

Saluti

Roberto

(4 dicembre 2013)

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Caro don F.,

ho riletto l’articoletto che mi hai mandato (che non è l’articolo della Frankfurter bensì un riassuntino fatto da uno dei più inattendibili grandi quotidiani italiani, cioè Repubblica). Tenendo conto che leggiamo solo frasi tratte dalle lettere di Bergoglio e niente di ciò che gli devono aver scritto i parenti implorando probabilmente il suo intervento [per i due sacerdoti gesuiti: Jalics e Yorio], ne ricavo alcune conclusioni logiche:

1) Il neopapa (all’epoca Provinciale dei gesuiti) non aveva fatto nulla o quasi nulla per liberare i confratelli, altrimenti avrebbe riferito qualcosa al fratello di uno dei due sacerdoti o ai parenti, magari senza nomi e cognomi, ma certamente riferendosi ad atti concreti. Foss’altro che per alleviare la pena dei parenti. (Aggiungo che se si fosse mosso, avrebbe sicuramente ottenuto dei risultati. In fondo i militari si erano permessi il sopruso solo perché lui aveva tolto la copertura ecclesiale a quei due poveri disgraziati. Poteva sempre rimettercela.)

2) Dice di aver sempre saputo che erano vivi, ma lo dice all’indomani della loro liberazione. Quindi o mentiva in quel momento (in realtà non ne aveva saputo più nulla) o non aveva fatto alcun passo concreto in precedenza, perché in tal caso avrebbe saputo che erano vivi e lo avrebbe comunicato ai parenti.

3) La pubblicazione di queste lettere risparmia allo studioso la fatica di andare a cercarne altre. Se esistessero, le avrebbero prodotte «loro». Pur di arrampicarsi sugli specchi, hanno deciso di gonfiare riferimenti insignificanti e ipocriti (dai quali però si arguisce che Bergoglio non aveva mosso un dito per i confratelli).

4) Fanno bene i giornali argentini che ricordano che il problema in quegli anni non era solo Bergoglio, ma l’insieme della gerarchia ecclesiastica connivente in un modo o nell’altro con i militari assassini. Bergoglio non era l’eccezione, ma la regola.

5) Ridicola l’accusa a Horacio Verbitsky di utilizzare vecchi materiali. E che deve fare un giornalista coscienzioso che si è già occupato nel passato di queste cose: deve inventarne di nuovi? Casomai dovrebbero giustificarsi i cardinali del Conclave che, pur esistendo da tempo questi materiali, hanno ritenuto ugualmente di poter nominare Bergoglio. (Domanda ingenua e maliziosa allo stesso tempo: ma veramente non potevano trovarne un altro, diciamo «incensurato» da eleggere?)

6) Oggi i giornali parlano di un comunicato della Corte suprema (giudiziaria?) argentina che scagiona Bergoglio da qualsiasi accusa di complicità con i militari assassini. Insomma, il Vicario di Dio in terra esce assolto per insufficienza di prove da una sentenza dell’apparato giudiziario argentino. Fossi Dio mi arrabbierei un po’. Ma poi al pensiero di quante ne ho dovute vedere nella storia della Chiesa degli ultimi duemila anni, ben peggiori di queste, mi calmerei e procederei al perdono come ha generosamente fatto padre Jalics. Io (in quanto Roberto M. e non Dio) non ne sarei stato capace. Lo ammetto. Il perdono è una grande invenzione del Nuovo Testamento assente per lo più dall’Antico che non ha mai fatto breccia in me. Il perdono io posso intenderlo solo come un recupero, uno scambio alla pari: hai fatto tot male e la società ti perdona solo se ripaghi con tot bene. È un principio che in parte rientra nella moderna giurisprudenza volta al recupero del peccatore (criminale) piuttosto che al castigo.

7) Rimane il fatto che la macchia sul passato di papa Francesco esiste, è documentata, è pubblica, è conosciuta e si tramanderà nel tempo, passando di bocca in bocca, come del resto sta già accadendo sulla stampa e in Internet.

8) Vedo due conseguenze politiche, una cattiva e una buona: a) la cattiva è che papa Francesco dovrà essere grato al governo di Cristina Kirchner (o chi dopo di lei) per non aver voluto approfondire la vicenda e comunque per non aver voluto approfittare. Quindi papa condizionabile da parte del governo argentino. b) La buona è che il nuovo Papa dovrà stare attento non solo a non benedire altri dittatori e feroci aguzzini (come hanno sempre fatto i suoi predecessori, da Paolo VI in poi), ma dovrà anche dimostrare con le azioni che quelli sono «errori di gioventù» e che oggi è diventato molto più buono, sia verso i poveri che verso gli oppressi. Chissà che alla fine non ci guadagnino qualcosa anche i gay e i malati terminali. Per l’atteggiamento verso le donne, invece, continuo a vederla brutta.

La parola all’Avvocato del diavolo (che in questo caso dovrebbe dimostrarsi favorevole alla santificazione di papa Francesco, al contrario di quanto accade nei processi di canonizzazione).

Saluti

Roberto   (9 dicembre 2013)

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[Il Carteggio continua con lettere del 9, 15 e 16 dicembre 2013. È stato pubblicato per intero (insieme a una stroncatura di Massari del film apologetico di Daniele Luchetti, Chiamatemi Bergoglio) in Vaticano, Olocausto e fascismi, a cura di Daniele Barbieri e Peter Gorenflos, Massari ed., Bolsena 2017, pp.191-202.]


ENGLISH


POPE FRANCIS: AN EXPERT IN GENOCIDES
by Roberto Massari

When Pope Francis speaks of genocide by the Israeli government, we must take him seriously because he is an expert on the subject.

First, because Francis is the supreme leader of a religious institution—the Catholic Church—that provided the most significant ideological support for the extermination of Jews long before Nazism. The Church paved the way for Nazi anti-Semitism through more than a millennium and a half of anti-Jewish persecution, institutionalizing violent anti-Semitism wherever its secular arm could reach.

There is no doubt, however, that the Church made its most decisive contribution to the Jewish genocide by providing political support to fascism and Nazism, endorsing their racial policies and military ventures, and especially by refusing to lift a finger to block the "Final Solution" in countries such as Germany, Austria, Hungary, Slovakia, Croatia, and, to a lesser extent, Italy. Pius XI and Pius XII were openly pro-Nazi popes, although the former had some second thoughts toward the end of his life, which Pius XII successfully suppressed to maintain good relations with the Nazis. Indeed, Pius XII was elected precisely for this reason.

Pope Pius XI and Cardinal Eugenio Pacelli (as Apostolic Nuncio in Germany from 1920 and later Secretary of State) were staunch official supporters of Nazism from its inception. The Vatican was the first state to recognize the new regime in 1933 and subsequently offered it every possible support, with disputes almost exclusively concerning the Church's freedom of action in Germany. Along with the German Protestant Church, the Vatican did nothing to stop the deportation of Jews to death camps from Nazi-controlled countries, including Italy.

To obscure this reality, historians like Andrea Riccardi, head of the Community of Sant’Egidio, have focused on the few thousand Jews saved by Catholic institutions during the Nazi occupation. This effort has a clear purpose: to mask the decade of collaboration between the Catholic Church and Nazism, as well as its complicity in the extermination of Jews in both German-speaking and occupied territories during the war.

Pius XII was a fervent supporter of Nazism (and thus indirectly of the Final Solution) until Hitler's military fortunes began to decline, by which time much of the genocide had already been carried out. Previously, the Catholic Church had endorsed Italy's racial laws, contesting only those parts that conflicted with the Lateran Treaty, particularly provisions on mixed marriages and discrimination against Jewish converts. This chapter represents one of the most shameful episodes in Italian Church history, rarely mentioned, especially by complicit historians like Riccardi.

This history is well-documented, as detailed in Karlheinz Deschner's renowned book Mit Gott und den Faschisten (1965), which I had the honor of publishing in Italy (With God and the Fascists, 2016), followed by The Vatican, the Holocaust, and Fascism (2017), edited by D. Barbieri and P. Gorenflos. These works provide all the data, documents, and events that demonstrate the Vatican's support for anti-Jewish genocide in all Nazi-controlled countries. Pope Francis, too, emerges from this ideological heritage.

However, Francis was also associated with another atypical genocide: a "cultural genocide," as defined by Julio Cortázar in December 1983, but better described as a "generational genocide." This refers to the almost complete extermination of Argentina's radical youth—the "best" of its political and cultural life—during the dictatorship of Jorge Rafael Videla (†1981) in the terrifying years of 1976–1983, which saw the death or disappearance of approximately 20,000–30,000 people, the so-called desaparecidos. Many of them were tortured before being killed.

As Provincial Superior of the Jesuits in Argentina (1973–1979), Jorge Mario Bergoglio maintained cordial relations with the military regime. As the second most influential Catholic leader in Argentina (after Pio Laghi, Apostolic Nuncio from 1974 to 1980), he wielded immense power in this predominantly Catholic country. Yet, the Jesuit leader Bergoglio did nothing to stop the slaughter of his fellow citizens, whose only crime was advocating for greater freedom and social justice. Worse, he was complicit in the imprisonment of two Jesuits involved in social work.

This reality was well-known in Argentina at the time and remains so, despite being deliberately forgotten out of national pride for an Argentine pope. Two books by the eminent journalist Horacio Verbitsky and my own writings at the time of Bergoglio's election document this complicity.

The systematic extermination of Argentina’s progressive forces does not meet the official definition of genocide (it was not aimed at eliminating a specific ethnicity or social class) but was, in essence, a "genocide sui generis," halted only by the fall of the dictatorship.

Pope Francis, as the current representative of these two "religious" traditions—decades-long support for the Nazi dictatorship and seven years of support for the Argentine dictatorship—is, therefore, an expert in genocides.

Unsurprisingly, his recent statements opposing Israel's right to defend itself against attacks by Iran and its proxies in Lebanon, Syria, Jordan, Gaza, and Yemen were made during a conversation with another expert in genocides: Abolhassan Nav, the Iranian rector with whom Francis recently met. Nav, evidently unafraid of lying even to the Pope, claimed that Iran’s quarrel is not with Jews but solely with Netanyahu. Modesty aside, since 1979, the Iranian regime has openly called for the extermination of Jews living in Israel, a stance reaffirmed daily and supported by militias and terrorist groups.

Israel, thanks to U.S. support, prevents this genocide from taking place. Still, the Shiite Muslim world, unlike much of the Sunni Muslim world, explicitly declares the extermination of Israeli Jews as an irreplaceable goal. Francis should have reminded them of this.

In the correspondence reported below, dedicated to Bergoglio's complicity with the Argentine military, I had made a prediction about the behavior of the new Pope:

"The good news is that the new Pope will have to be careful not only to avoid blessing other dictators and ferocious torturers (as his predecessors always did, from Paul VI onwards), but he will also have to demonstrate through his actions that those are 'youthful errors' and that today he has become much kinder, both towards the poor and the oppressed. Who knows, perhaps in the end even gays and terminally ill patients might gain something. As for his attitude towards women, however, I remain pessimistic."

Well, my prophecy turned out to be unfounded, even though the political behavior of this Pope initially seemed more humane than that of his predecessors. I was wrong. All of Francis’ recent statements against Israel's right to defend itself—which ultimately concern Israel's very right to exist, given the genocidal intentions of its adversaries—demonstrate a profound insensitivity towards the aggressions Israel suffers. But also, in a quintessentially Christian theme, insensitivity towards the suffering inflicted by Hamas on its own people, using them as cannon fodder after the pogrom of October 7, and insensitivity towards the victims of that pogrom, especially the hostages.

And to think, if a truly Christian Pope had simply done his job and asked to meet some of the hostages held in inhumane conditions for months, perhaps their release could have come closer. But, after all, as we know, neither the United Nations, the Red Cross, Amnesty International, The Hague Tribunal, nor any NGO, as far as I know, asked to meet the hostages. Why should Pope Francis have broken ranks with those who sympathize with Hamas, and through Hamas with the Iranian regime, and through the Iranian regime with atomic war?

Pax et bonum
Roberto


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POPE FRANCIS AND THE ARGENTINE MILITARY DICTATORSHIP
by Roberto Massari

Correspondence with Father F.
[Published on www.utopiarossa.blogspot.com, it constitutes one of the rare analyses written and published in Italy about Pope Francis' past complicity with the Argentine military dictatorship of General Videla. The letters were addressed to a priest (well-versed in theological matters) interested in learning the truth about the matter. For obvious reasons, we do not publish his responses or the critique of another priest (Argentine) who intervened at a certain point in the discussion (editor's note).]


Dear Father F.,
This morning I finished reading Horacio Verbitsky's book The Silence: The Role of the Church in the Argentine Dictatorship [Fandango, 2006], and to say I am shocked is an understatement. One knows the general lines, but until delving into the details, one cannot fully grasp what truly transpired. I believe that, following the extermination during the Ukrainian Holodomor, Stalin's Gulag, the Nazi Holocaust, Hiroshima, the Armenian genocide, and the famine caused by Mao Zedong's "Great Leap Forward," the crime of the Argentine military in the 1970s could rank among the great crimes against humanity of the twentieth century. I exclude the crusade against the Albigensians, the Inquisition, and the extermination of Native Americans because those actions occurred in past centuries and did not conclude within a few decades or years, placing them outside this ranking.

That said, the responsibilities of the Argentine Church hierarchy (and indirectly of the Vatican) are grave. All the main leaders of the time were morally, psychologically, and informatively involved, enforcing a conspiracy of silence. None of them spoke out, resigned, or refused to witness the monstrous massacre, which included torture, lies, and Christian blessings. These were never lacking, nor were friendly relations between military executioners, high-ranking prelates, and even our Licio Gelli of the P2 Masonic Lodge.

Unbelievable. Pio Laghi (head of the Apostolic Nunciature in Argentina) played tennis with the bloodthirsty Massera (himself a member of the P2). Some say "frequently"; he claims "only" four times...  


It is, of course, impossible to condemn the entire Argentine Church because many priests tried to resist; some were killed openly, like Mugica, or disappeared like several others. Even nuns were murdered. All of this happened without any official protest from the Catholic hierarchy. The most notable names in this hierarchy are Laghi, Grasselli, Bergoglio, and Aramburu, more or less in the order I’ve mentioned them. The silence of the hierarchy regarding the tortured and murdered priests recalls that of Pius XII concerning Nazi reprisals and his close ties with the Third Reich.  

As for Bergoglio, in the case of the two poor priests, Yorio and Jalics, determining the extent of his involvement becomes secondary. Based on the documentation, it is certain up to the following point: Bergoglio discredited the two priests engaged in social work among the poor, withdrew the Church's official protection from them, and thus left them defenseless in the hands of the torturers. Whether he also reported them as an informant may never be known and, in the end, is secondary: what is already certain is damning enough. Furthermore, he did nothing to save them for at least five long months. Whether he truly intervened at the time of their release may also never be known. All current testimonies in his favor are ridiculously false and created post hoc, as are Jalics' subsequent retreats regarding his accusations against Bergoglio.  

To me, the crime against these two priests (and at least two others, according to older testimonies) seems insignificant compared to the complicity—whether active or passive, whether silent or overt—with the entire repressive operation carried out by the military against the Argentine people and its most progressive sector. I understand that journalistic sensationalism places more importance on catching the Pope red-handed in the case of the two priests' abduction. But to my moral conscience, Bergoglio's moral involvement—even if passive, even if indirect—in that mad massacre of the best part of the Argentine people is far graver.  

Regarding Verbitsky: His first article on the disappeared dates back to September 1990. Since then, he has become the leading authority on the tragic subject. His first book, *El vuelo* (*The Flight*, Fandango 2006), was published in 1995. The current book, *El silencio* (*The Silence*, Fandango 2006), came out in 2005, before the death of the previous Pope and therefore not in time to predict the showdown between Ratzinger and Bergoglio. [Try to understand why Bergoglio’s star had already risen so high back then… An explanation comes almost automatically, but that’s a topic for another time, as it belongs to the realm of politics rather than the denunciation of ferocity and human cowardice.]  

Verbitsky’s book includes an additional chapter, an epilogue for the Italian edition, in which Verbitsky writes:  

*"Such a coincidence [the showdown between Ratzinger and Bergoglio] has given this historical investigation into events that occurred three decades ago at ESMA a relevance I never sought and could not have foreseen but cannot now ignore, as Benedict XVI approaches eighty years of age and it is not inconceivable that Bergoglio's name will again be considered in a future conclave, given his open proselytizing campaign."*  

These prophetic words anticipated the Conclave’s choice. And yet: is it possible that the cardinals gathered there were unaware of Bergoglio’s past? Is it possible they had no other card to play, perhaps a Latin American one, equally suitable for countering the political shift to the left in Latin American societies and, inevitably, their clergy?  

Frankly, I cannot answer these final questions.  

The epilogue was thus written in 2006, still a time of innocence, while the documentation provided is almost entirely from the 1970s. These chronological facts make the book serious, reliable, and irrefutable (unless “subsequent” discoveries of testimonies and documents to the contrary are made, which would demand an act of faith, almost like Padre Pio's stigmata…).  

It also remains to be asked why the Italian translation of Verbitsky’s book in 2006 received so little attention during the days of the new election. Aside from my own tragicomic case (I didn’t know I had the book at home and was unaware it even existed in Italian), the fact remains that everything was silenced immediately. Verbitsky's name didn’t surface seriously anywhere. And, of course, no television channel made any effort to interview him (as far as I know—but since I don’t have a television, I’m not the most reliable source...).  

I write this not to stir up trouble or to make anticlerical propaganda. Nor do I wish to initiate a discussion on the topic (with the documentation provided by Verbitsky, there is little to discuss: it is a closed chapter in historiographic terms). I do this because I do not believe it is right to remain silent about these responsibilities of the Argentine Church (and thus of Bergoglio as Provincial, the supreme head of the Jesuits, within it).  

This does not mean denying or minimizing what good Pope Francis may accomplish. I said it immediately and reaffirm it: any act of progress that this Pope wishes to make or encourage is welcome. It simply means that I must say what is true, historically true, and irrefutable—remaining silent (if asked) would make me a complicit witness, whether posthumously or post factum, to the tragedy that occurred.  

After that, Christians can forgive him, as their evangelical doctrine requires (well, not all of it—Zarcone is proof of that…). However, I wouldn’t want to find myself in the position of an Argentine Catholic who lost relatives during that period (in such an inhuman way) and is at the same time aware of the complicity of the high Catholic hierarchy. Doctrine would demand they forgive, too. But would it be humanly reasonable to expect them to succeed?  

As a corollary, I wonder: are there Argentinians who are relatives of military victims who felt violated a second time by Bergoglio’s election to the papacy, despite his responsibilities being publicly known since at least 2005? And if they exist, is it right for them to remain silent in deference to the principle that the end justifies the means?  

Dixi et salvavi (partially) animam meam.  

Best regards,  

Roberto  

(December 4, 2013)  

Dear Father F.,  

I have reread the little article you sent me (which is not the *Frankfurter* article but rather a brief summary by one of the least reliable major Italian newspapers, *Repubblica*). Considering that we only read excerpts from Bergoglio’s letters and nothing of what his relatives must have written to him, likely pleading for his intervention [for the two Jesuit priests: Jalics and Yorio], I draw a few logical conclusions:  

1) The new pope (then Provincial of the Jesuits) had done little or nothing to free his fellow priests; otherwise, he would have reported something to the brother of one of the priests or to their relatives—maybe not with names and details, but certainly referring to concrete actions. If only to ease the relatives' suffering. (I might add that if he had acted, he would surely have achieved some results. After all, the military had only dared to act because he had removed the ecclesiastical cover for those two poor wretches. He could always have reinstated it.)  

2) He claims to have always known that they were alive, but he says this only after their release. So, either he was lying at that moment (in truth, he had heard nothing more about them), or he had taken no concrete steps earlier, because if he had, he would have known they were alive and communicated this to the relatives.  

3) The publication of these letters spares researchers the trouble of looking for others. If there were more letters, "they" would have produced them. Desperate to grasp at straws, they decided to inflate insignificant and hypocritical references (from which it can still be inferred that Bergoglio had not lifted a finger for his fellow priests).  

4) Argentine newspapers are right to point out that the issue in those years was not just Bergoglio but the entirety of the Church hierarchy, which was complicit with the murderous military regime in one way or another. Bergoglio was not the exception but the rule.  

5) The accusation against Horacio Verbitsky of using old material is ridiculous. What else is a conscientious journalist who has already dealt with these matters supposed to do—make up new ones? If anything, it is the cardinals of the Conclave who should justify themselves for having elected Bergoglio despite these materials having been available for some time. (A naive and malicious question at the same time: Could they really not find someone else, let’s say "untainted," to elect?)  

6) Today, newspapers report a statement from the Argentine Supreme Court (judicial?) exonerating Bergoglio from any accusations of complicity with the murderous military. In short, the Vicar of God on Earth is cleared for lack of evidence by a ruling of the Argentine judicial system. If I were God, I would be a little annoyed. But then, thinking of all I’ve witnessed in the last two thousand years of Church history—far worse than this—I would calm down and proceed to forgive, as Father Jalics has generously done. I (as Roberto M. and not God) would not have been able to. I admit it. Forgiveness is a great invention of the New Testament, largely absent in the Old, which has never resonated with me. I can only understand forgiveness as restitution, an equal exchange: you did X harm, and society forgives you only if you repay with X good. It’s a principle partially reflected in modern jurisprudence, aimed more at rehabilitating the sinner (or criminal) than at punishment.  

7) The fact remains that the stain on Pope Francis’s past exists, is documented, is public, is known, and will be passed down through time, spreading by word of mouth, as is already happening in the press and on the Internet.  

8) I see two political consequences, one bad and one good:  

a) The bad: Pope Francis will have to be grateful to the government of Cristina Kirchner (or her successor) for not digging deeper into the matter or exploiting it. Thus, he becomes a pope potentially subject to influence by the Argentine government.  

b) The good: The new pope will have to be careful not only to avoid blessing other dictators and cruel oppressors (as his predecessors did, from Paul VI onward) but also to demonstrate through his actions that those were "youthful errors" and that he has now become much kinder to the poor and the oppressed. Who knows—perhaps in the end, even gay people and terminally ill patients might benefit. As for his attitude toward women, I still see it as grim.  

The floor is now open to the Devil’s Advocate (who, in this case, should argue in favor of Pope Francis’s sanctification, contrary to what happens in canonization trials).  

Best regards,  

Roberto  

(December 9, 2013)  

[The correspondence continues with letters dated December 9, 15, and 16, 2013. It has been published in full (alongside a scathing critique by Massari of Daniele Luchetti’s apologetic film *Call Me Francis*) in *Vatican, Holocaust, and Fascisms*, edited by Daniele Barbieri and Peter Gorenflos, Massari Editions, Bolsena 2017, pp. 191–202.]


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RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.