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sabato 20 gennaio 2024

LENIN: FONDATORE DELLA ČEKA E PRIMO RESPONSABILE DELL’ANTIRIVOLUZIONE RUSSA (I parte)

di Roberto Massari


TRILINGUE: ITALIANO - ENGLISH - ESPAÑOL


Cento anni fa moriva Lenin, ormai prigioniero di Stalin e senza più rapporti con il mondo esterno. Nelle ultime settimane prima della conquista del potere era stato il dirigente di una Rivoluzione iniziata a febbraio e terminata tra dicembre 1917 e gennaio 1918. Insieme a Trotsky e al gruppo dirigente bolscevico, Lenin fu il principale responsabile per la trasformazione di quella grande conquista dell’umanità in una Antirivoluzione che avrebbe poi aperto la porta alla Controrivoluzione staliniana.

La vera personalità politica di Lenin è soffocata da oltre un secolo di falsità. Si parla di suoi grandi contributi teorici, ma la sua ideologia passò dal narodničestvo all’amore per Plechanov, per Kautsky, per Bogdanov e infine molto ingenuamente per Hegel. Mai per i contributi teorici di Trotsky e Rosa Luxemburg. Cambiò in continuazione le idee politiche sul partito, sullo Stato, sui soviet, sui comitati di fabbrica, sull’economia e sulla natura del socialismo affidandosi al più puro empirismo. Fu un vero centrista, maestro della tattica. Arrivato al potere creò subito segretamente la Čeka per combattere i socialisti-rivoluzionari che erano ancora maggioranza nei soviet. Per lo scioglimento dell’Assemblea costituente fu criticato in vita da Rosa Luxemburg. Ma in realtà Lenin liquidò subito anche i soviet e i comitati di fabbrica. A Kronštadt soffocò la Terza rivoluzione russa. Capì troppo tardi l’errore che aveva fatto nel concedere tanto potere a Stalin.

Su Lenin e la Rivoluzione russa ho scritto vari libri. Dall’ultimo - Se questi sono uomini… Dalla Čeka a Kronštadt al Gulag - ho tratto alcune pagine iniziali che propongo soprattutto per i giovani perché imparino a diffidare delle leggende che vengono ancora ripetute su Lenin e il bolscevismo, in genere con grande disonestà intellettuale.

(r.m.)  


Teoria leninista della Čeka

«...della Čeka!? Scusa, ma non era... del partito?!».

Sì lo era ed è sempre stata del partito, in ossequio a una leggenda immarcescibile che, sorta nei primissimi anni del Novecento e in una ben precisa circostanza storica (testo principe il famigerato Che fare?), si è poi tramandata in tutta la letteratura del e sul «comunismo». Tutta o pressoché tutta. Talmente radicata in passato nell’inconscio collettivo di massa - grazie all’opera infaticabile dell’intellighenzia di sinistra mondiale - da contagiare anche storici ed esegeti d’ogni provenienza (compresi intellettuali anticomunisti nelle loro più svariate accezioni). Tutti pronti a difendere o a esorcizzare una presunta «teoria leninista del partito» (bolscevico, ovviamente) che invece non è mai esistita.

Eppure non richiederebbe un grande sforzo intellettuale verificare 1) Che il Che fare? fu scritto nel 1901-1902 per una discussione sulla tattica (iskrista), nel quadro della polemica contro uno sparuto gruppo di economicisti (grosso modo «operaisti» d’epoca, al II Congresso del Posdr nel 1903, poi dissoltisi), come confermò lo stesso Lenin nella lettera a Ivan Ivanovič Radčenko (1874-1942) del 9(22) luglio 1902. 2) Che Lenin l’aveva in parte già contraddetto prima del Congresso con la «Lettera a un compagno» del settembre 1902. 3) Che lo stesso Lenin lo ripudiò esplicitamente nel 1907 (raccolta Dodici anni), e 4) che non si è mai concretizzato in una qualche organizzazione politica.

In breve: non è mai esistita una teoria leninista del partito e quindi nemmeno un Partito leninista nel senso proprio del termine. È esistita invece un’organizzazione leniniana, di cui Lenin fu sempre il capo, anche se un paio di volte dovette faticare per restarlo; ed essa cambiò nome e fisionomia a seconda delle necessità del momento. Basti solo pensare alla trasformazione epocale rappresentata dal passaggio dalla clandestinità alla situazione di dualismo di poteri del dopo Febbraio 1917 o dal partito di quadri di professione alle leve di massa del 1920-23, fino alla smisurata «leva Lenin» del 1924.

Il Posdr bolscevico - divenuto Partito comunista russo (b) a marzo 1918 - di fatto non incarnò mai l’originaria idea organizzativa concepita specificamente per la lotta clandestina in regime zarista. L’organismo che uscì stremato dalla scissione al II Congresso - rispondente per la vulgata alla «teoria del partito leninista» - si riunificò con e si riscisse dai menscevichi; accolse nel proprio seno le correnti politiche russe più disparate; ebbe un solo programma (del 1902, adottato nel 1903) che formalmente rimase in vigore anche dopo l’Ottobre, fino al 1919 (sic!); fu terreno creativo e irripetibile di elaborazione teorica e confronto fra le più diverse posizioni politiche (soprattutto nel 1917 con strascichi nel 1918); si trasformò - per impulso dello stesso Lenin e dell’intero gruppo dirigente bolscevico - in uno strumento di feroce dittatura antioperaia e anticontadina; pianificò lo sterminio di milioni di persone; arrivò ad allearsi col nazismo, contribuendo così a scatenare la Seconda guerra mondiale; e tentò sempre e con ogni mezzo di ricostruire l’ex Impero zarista (come continua a fare Vladimir Vladimirovč Putin [n. 1952]), fino al definitivo scioglimento come Pcus nell’agosto 1991.

I tenaci assertori dell’esistenza di una presunta «teoria leninista del partito» hanno sempre avuto insormontabili difficoltà nel citare un qualsiasi testo che aggiornasse la polemica del 1903, e quindi hanno dovuto lavorare di fantasia, di espedienti teorici in genere ben poco brillanti, di falsi storici e di autentiche truffe ideologiche, con richiami all’ortodossia - con i tanti «si sa», «è nozione comune», «e comunque nella pratica...» -  finendo bene o male con l’accodarsi ai dettami del dogma di un presunto «partito leninista».

Ciò non toglie che ancora oggigiorno vi siano creduli propagatori della leggenda, sia in campo hitlerocomunista, sia in ciò che resta del movimento trotskoide o in gruppi estemporanei di «sinistra comunista», sia - sbalorditiva anacronistica specificità di matrice italiana - nelle ultime sètte di origine bordighista: tutti costoro, in buona o malafede continuano a fingere che siano esistiti un partito «leninista» e la corrispondente fantomatica teoria.

Per il resto, gran parte dell’umanità - compresa la quasi totalità del popolo russo - alla leggenda non crede più da tempo, a differenza di quanto accade ancor oggi nei discorsi retrospettivi di intellettuali più o meno addetti ai lavori, tra i quali la vulgata continua ad alimentare analisi errate e false ricostruzioni1.

Non esiste una «teoria leninista del partito», ma nemmeno una «teoria leninista della Čeka», la polizia segreta creata da Lenin il 7(20) dicembre 1917. Con la differenza che essa è sopravvissuta non solo all’ideatore ma, cambiando nomi2, anche a Stalin, a Nikita Sergeevič Chruščëv (1894-1971), a Leonid Il’ič Brežnev (1906-1982), a Michail Sergeevič Gorbačëv (1931-2022) e sotto Putin sembra godere ancora di ottima salute: la Čeka è l’unica creazione di Lenin sopravvissuta alle tragiche vicende del bolscevismo e del cosiddetto «comunismo sovietico».

Questa constatazione è ormai di ordine corrente. Per approfondirla con dati aggiornati, contenuti in ricerche recenti, si può consultare tra gli altri From Red Terror to Mafia State (Encounter Books, New York 2022) di Vladimir Popov e del moscovita-statunitense Jurij Geor- gievič Fel’štinskij (n. 1956) (un sovietologo già ricordato nel mio Lenin per altri suoi lavori [pp. 90n, 98n]).

Non condivido però la tesi espressa da Fel’štinskij in questo e altri lavori, per cui l’intera storia russa (dal 1917 a oggi) sarebbe una sequela di cadaveri eccellenti e delitti compiuti dai servizi, in accordo a una peraltro diffusa interpretazione poliziesca della storia sovietica. È comunque innegabile che la lista dei crimini politici da lui analizzati corrisponda nell’insieme alla realtà storica, al di là di singoli delitti ancora oscuri o contestabili. Ma è incontestabile la continuità che egli traccia tra l’azione originaria della Čeka leniniana, affidata alla direzione dello spietato polacco Feliks Edmundovič Dzeržinskij (1877-1926), e gli attuali servizi dell’intelligence russa.

Ben tre capi di Stato postchrusceviani hanno avuto lì le loro origini - Jurij Vladimirovič Andropov (1914-1984), Gorbačëv e Putin - ed è evidente nella società e nell’economia russe attuali la presenza tentacolare e segreta degli uomini dei servizi. Aziende, istituzioni, organismi culturali ecc. sono tutti da loro infiltrati. E quando è necessario procedere all’eliminazione fisica di un qualche oppositore o concorrente troppo molesto, sono questi servizi che provvedono con sperimentata efficacia. Si pensi alla professionale uccisione del capo mercenario Evgenij Viktorovič Prigožin (1961-2023).

Vi sono anche prove visibili della continuità tra la Čeka leniniana e l’attuale rete dei servizi. Un esempio è il ricollocamento a Mosca, nel 2023, della statua di Dzeržinskij abbattuta a furor di popolo nel 1991. Era nella piazza Lubjanka, davanti all’ex sede del Kgb ancor oggi in uso. In formato più modesto, la statua è stata rimessa sul piazzale antistante la sede del Svr, con cerimonia officiata dal capo del controspionaggio, Sergej Evgen’evič Naryškin (n. 1954), fedele suddito di Putin.

Altri esempi visibili sono dati dalla scomparsa di decine di targhe commemorative di vittime dell’epoca sovietica o dall’inaugurazione (nel 2022-23) di 4 nuove statue di Stalin. Queste si aggiungono alle 110 esistenti, 95 delle quali sono state erette sotto il regime di Putin.

Di Dzeržinski tornerò a parlare in due prossimi capitoli [del libro]. Qui va solo anticipato che, nella creazione della Čeka e nelle sue spietate esecuzioni, il bolscevico polacco ebbe solo un ruolo di esecutore degli ordini che riceveva da Lenin. Questi fu il primo vero responsabile morale e intellettuale per la nascita della nuova polizia segreta, nonché per i suoi crimini nei primi anni di attività. E ciò anche se egli non mise per iscritto nemmeno un abbozzo di una «teoria leniniana della Čeka».

Più avanti [nel libro] si vedranno le prove sufficienti a dimostrare che alle origini di questo tremendo strumento di morte fu Lenin in persona, benché la documentazione sia scarsa perché la decisione di creare la Čeka fu tenuta a lungo segreta (anche al Partito!). Erano passate solo sei settimane dal trionfo rivoluzionario, quando Lenin e il gruppo dirigente bolscevico (includente Trotsky, Stalin, ma anche Kollontaj, Šljapnikov ecc...) decisero di agire di nascosto, non solo rispetto ai partiti che con loro avevano contribuito alla vittoria, ma anche rispetto ai soviet, ai comitati di fabbrica e al mondo brulicante di democrazia diretta e d’entusiasmo popolare, senza il cui impegno la polizia segreta sarebbe stata ancora l’Ochrana zarista.

Una riflessione seria, sulla decisione di mantenere segreta la nascita di uno strumento destinato a sconvolgere la vicenda storica dell’umanità, dovrebbe prendere atto che si trattava in realtà di una dichiarazione di guerra ad altre componenti del mondo soviettista. Non era una misura di autodifesa partitica, né per una futura guerra civile (la marcia di Denikin [Anton Ivanovič (1872-1947)] comincerà da Odessa ad agosto 1919) o contro le future Armate bianche (che saranno sconfitte dall’Armata rossa creata da Trotsky); e, nonostante la guerra fosse ancora in corso, nemmeno per difendersi dalle truppe tedesche, con le quali il 3 marzo 1918 si firmerà la pace di Brest-Litovsk. Era una dichiarazione di guerra ai partiti «alleati» possibili oppositori. Agli inizi uno in particolare - i socialisti-rivoluzionari - come vedremo [nel libro] perché avevano ancoa la maggioranza nel mondo dei soviet..

Fu però anche a causa di questa segretezza che non è rimasta traccia di una qualche riflessione leniniana sull’utilità della Čeka per... la transizione al socialismo. Del resto Lenin non vi aveva accennato nemmeno nel testo contenente la sua visione «utopica» e anticipatrice di cosa sarebbe stato il socialismo dopo la Rivoluzione (alludo a Stato e rivoluzione e ai testi preparatori).

Ma poiché in quest’altra fonte di leggenda immarcescibile non aveva accennato nemmeno ad altri fondamentali pilastri del futuro «socialismo bolscevico» - in primis il partito, destinato a dominare tutto, ma anche i soviet e i comitati di fabbrica, destinati invece a perire subito - il silenzio sulla polizia segreta è più che comprensibile. Gli ammiratori di Lenin al potere potranno continuare a commuoversi leggendo S.e.r. (in pratica un centone di testi marxiani scaturiti per lo più da una riflessione sulla Comune di Parigi), ma dovranno farlo fingendo che nell’«utopica» visione leniniana del socialismo non ci sarebbe stato bisogno non solo di partiti o di polizie segrete, ma nemmeno di soviet e comitati di fabbrica.

Insomma, l’utopia allo stato puro... Peccato che non sia andata così: anzi, che sia accaduto l’esatto contrario. Lo dimostra anche un’elementare ricostruzione di come furono (s)travolti gli ideali del Febbraio/Ottobre, da subito, con Lenin in vita e prima dello stalinismo.

Un processo che giunge fino ai giorni nostri, quando il governo russo non pretende più d’essere «socialista», ma continua a reggersi sui servizi segreti, sull’eliminazione degli oppositori, sulla repressione di massa dei propri cittadini (lo si è visto agli inizi dell’aggressione all’Ucraina), sull’omertà mafiosa e oligarchica, su atti di primitivo oscurantismo come la chiusura di Memorial Internazionale.

(continua)

1 Questa è in breve sintesi l’analisi che ho proposto in varie occasioni sulla presunta «teoria leninista del partito». Ma la trattazione più completa è nel mio Lenin e l’Antirivoluzione russa, Bolsena 2018, pp. 71-107. Consiglio di fare riferimento a quel «librone» di 422 pagine per  le  molte altre questioni riguardanti il ruolo di Lenin nell’Antirivoluzione russa.

2 Čeka (1917-22)Nkvd (I) (1917-30)Gpu (1922-23)Ogpu (1923-34)Nkvd (II) (1934-46)Gugb (1934-41)Nkgb (1941-46)Mgb (1946-53)Mvd (1946-60 e 1968-91)Kgb (1954-91)Fapsi (1994-2003)Svr (1991-oggi)Fsk (1993-1995)Fsb (1995-oggi). Il Svr (Služba vnešnej razvedki [Servizio informazioni estero, ex Tsentral’naja služba razvedki]) è dal 1991 il controspionaggio della Federazione russa. Ma il Fsk (Federal’naja služba kontrrazvedki [Servizio federale di controspionaggio]) fu il vero servizio di passaggio dal Kgb al Fsb.


ENGLISH


LENIN: FOUNDER OF THE ČEKA AND FIRST SUPERINTENDENT OF THE RUSSIAN ANTIREVOLUTION (Part I)


by Roberto Massari


One hundred years ago Lenin died, now a prisoner of Stalin and no longer in contact with the outside world. In the last weeks before the conquest of power he had been the leader of a Revolution that began in February and ended between December 1917 and January 1918. Together with Trotsky and the Bolshevik leadership group, Lenin was mainly responsible for the transformation of that great conquest of humanity in an Anti-Revolution that would later open the door to Stalin's Counter-Revolution.
Lenin's true political personality is suffocated by over a century of falsehoods. We talk about his great theoretical contributions, but his ideology went from the narodničestvo to love for Plekhanov, for Kautsky, for Bogdanov and finally very naively for Hegel. Never for the theoretical contributions of Trotsky and Rosa Luxemburg. He continually changed his political ideas on the party, on the state, on the soviets, on the factory committees, on the economy and on the nature of socialism, relying on the purest empiricism. He was a true centrist, a master of tactics. Having come to power he immediately secretly created the Čeka to fight the Socialist-Revolutionaries who were still a majority in the Soviets. For the dissolution of the Constituent Assembly he was criticized during his lifetime by Rosa Luxemburg. But in reality Lenin also immediately liquidated the soviets and factory committees. In Kronštadt he crushed the Third Russian Revolution. He realized too late the mistake he had made in granting so much power to Stalin.

I have written various books on Lenin and the Russian Revolution. From the last one - If these are men... From the Čeka to Kronštadt to the Gulag - I have taken some initial pages that I propose especially for young people so that theymight learn to distrust the legends that are still repeated about Lenin and Bolshevism, generally with great intellectual dishonesty.

(r.m.)


Leninist theory of the Čeka


«...of the Čeka!? Excuse me, but wasn't it...of the party?!»

Yes, it was and has always been of the party, in deference to an unalterable legend that, after arising in the very early years of the twentieth century and in a very specific historical circumstance (with the notorious What to do? as its main text), has since been passed down in all the literature of and about «communism». All or nearly all of it. So deep rooted, in the past, in the mass collective unconscious - thanks to the tireless operation of the world's leftist intelligentsia - that it has infected even historians and exegetes of all origins (including anti-communist intellectuals in their most varied meanings). All ready to defend or exorcise a supposed «Leninist party theory» (Bolshevik, of course) that however never existed.

Yet it would not require much intellectual effort to verify the following facts: 1) That the What to do? was written in 1901- 1902 for a discussion of (Iskrist) tactics, in the frame of the polemic against a scanty group of economicists (roughly «workerists» of the time, at the II Congress of the Posdr in 1903, later dissolved), as Lenin himself confirmed in his letter of July 9(22) 1902 to Ivan Ivanovič Radčenko (1874-1942. 2) That Lenin had already partly contradicted it before the Congress with his «Letter to a Comrade» of September 1902. 3) That Lenin himself explicitly repudiated it in 1907 (collection Twelve Years), and 4) that it never materialized into any political organization.

In short: there never existed a Leninist theory of the party and therefore not even a Leninist Party in the proper sense of the term. Instead, a Leninist organization existed, of which Lenin was always the leader, even if a couple of times he had to struggle to keep being in this position; and it changed its name and physiognomy according to the needs of the moment. One need only think of the epochal transformation represented by the shift from the underground to the dual-power situation of post-February 1917 or from the party of professional cadres to the mass levies of 1920-23, up to the disproportionate «Lenin levy» of 1924.

The Bolshevik Posdr - which became the Russian Communist Party (b) in March 1918 - in fact never embodied the originary organizational idea conceived specifically for the clandestine struggle under tsarist rule. The organism that emerged exhausted from the split at the Second Congress - responsible for the vulgate of the «Leninist party theory» - reunified with and rescued itself from the Mensheviks; it welcomed into its bosom the most disparate Russian political currents; it had a single program (of 1902, adopted in 1903) that formally remained in force even after October, until 1919 (sic!); it was a creative and unrepeatable terrain of theoretical elaboration and confrontation between the most different political positions (especially in 1917 with aftermath in 1918); it turned - at the instigation of Lenin himself and the entire Bolshevik leadership group - into an instrument of vicious anti-worker and anti-communist dictatorship; it planned the extermination of millions of people; went so far as to ally itself with the Nazis, thus helping to unleash World War II; and always and by all means attempted to rebuild the former Tsarist Empire (as Vladimir Vladimirovič Putin [b. 1952]), until its final dissolution as the Cpsu in August 1991.

The tenacious assertors of the existence of an alleged «Leninist party theory» have always had insurmountable difficulty in citing even a single text that updated the 1903 polemic, and so have had to work with their imagination, with generally not brilliant theoretical gimmicks, with historical fakes and genuine ideological shenanigans, with appeals to orthodoxy-with the many «it is known», «it is common notion», «and anyway in practice... » - ending good or bad by acceding to the dictates of the dogma of a supposed «Leninist party». 

However, this does not detract from the fact that even today there are credulous propagators of the legend, whether in the Hitlero-communist camp, or in what remains of the Trotskoid movement or in extemporaneous groups of the so called «communist left», or – an astonishing anachronistic specificity of Italian origin - in the latest sects of Bordighist origin: all of them, in good or bad faith, continue to pretend that a «Leninist» party and the corresponding phantom theory existed. 

For the rest, a large part of humanity - including almost all of the Russian people - has long since disbelieved in the legend, unlike even today in the retrospective discourses of more or less insider intellectuals, among whom the vulgate keeps alimenting erroneous analyses and false reconstructions (1).

There is no «Leninist theory of the party», but also no «Leninist theory of the Čeka», the secret police created by Lenin on the 7(20) of December 1917. With the difference that it has survived not only the creator but, changing its names (2), even Stalin, Nikita Sergeevič Chruščëv (1894-1971), Leonid Il'ič Brežnev (1906-1982), Michail Sergeevič Gorbačëv (1931-2022), and under Putin it still seems to enjoy excellent health: the Čeka is the only creation of Lenin that survived the tragic events of Bolshevism and so-called «Soviet communism».

This finding is now commonplace. To delve into it with up-to-date data contained in recent research, one can consult among others From Red Terror to Mafia State (Encounter Books, New York 2022) by Vladimir Popov and the Moscow-American Jurij Georgievič Fel'štinsky (b. 1956) (a sovietologist already mentioned in my Lenin for his other works [pp. 90n, 98n]).

However, I do not agree with the thesis expressed by Fel'štinsky in this and other works, according to which the entire Russian history (from 1917 to the present) is a sequence of excellent corpses and crimes carried out by the services, in accordance with an otherwise widespread police interpretation of Soviet history. However, it is undeniable that the list of political crimes he analyzed corresponds as a whole to historical reality, beyond individual crimes that are still obscure or disputable. But the continuity he traces between the original action of the Leninist Čeka, entrusted to the leadership of the ruthless Pole Feliks Edmundovič Dzeržinsky (1877-1926), and the current Russian intelligence services is indisputable. As many as three post-Chrushchevian heads of state had their origins there - Juriy Vladimirovič Andropov (1914- 1984), Gorbačëv and Putin - and the sprawling and covert presence of service men is evident in today's Russian society and economy. Companies, institutions, cultural bodies, etc. are all infiltrated by them. And when it is necessary to carry out the physical elimination of some too harassing opponent or competitor, it is these services that provide with proven effectiveness. Consider the professional killing of mercenary leader Evgeniy Viktorovič Prigožin (1961-2023).

There is also visible evidence of continuity between the Leninist Čeka and the current service network. One example is the relocation in Moscow, in 2023, of the statue of Dzeržinsky taken down by popular fury in 1991. It was in Lubyanka Square, in front of the former KGB headquarters still in use today. In a more modest format, the statue was put back on the square in front of the Svr headquarters, with a ceremony officiated by the head of counterintelligence, Sergey Evgen'evič Naryškin (b. 1954), a loyal Putin subject.

Other visible examples include the disappearance of dozens of memorial plaques of Soviet-era victims or the unveiling (in 2022-23) of 4 new statues of Stalin. These are in addition to the existing 110, 95 of which were erected under Putin's regime. 

I will return to Dzeržinski in two forthcoming chapters [in the book]. Here it should only be anticipated that, in the creation of the Čeka and its ruthless executions, the notorious Polish Bolshevik had only a role as an executor of the orders he received from Lenin. The latter was the first real moral and intellectual responsible for the birth of the new secret police, as well as for its crimes in the first years of its activity. And this even though he did not put in writing even an outline of a «Leninist theory of the Čeka».

Sufficient evidence will be seen later [in the book] to show that at the origins of this tremendous instrument of death was Lenin himself, although documentation is scarce because the decision to create the Čeka was kept secret for a long time (even from the Party!).

It was only six weeks after the revolutionary triumph, when Lenin and the Bolshevik leadership group (including Trotsky, Stalin, but also Kollontai, Šljapnikov, etc.) decided to act covertly, not only with respect to the other parties that had contributed with them to the victory, but also with respect to the soviets, the factory committees, and the teeming world of direct democracy and popular enthusiasm, without whose efforts the secret police would still have been the Czarist Ochrana.

Serious reflection on the decision to keep secret the birth of an instrument destined to upset the historical record of humanity, should acknowledge that it was in fact a declaration of war on other components of the Soviet world. It was not a measure of partisan self-defense, either for a future civil war (Denikin's [Anton Ivanovič (1872- 1947)] march would begin from Odessa in August 1919) or against the future White Armies (which would be defeated by the Red Army created by Trotsky); and, although the war was still going on, not even to defend against German troops, with whom the Brest-Litovsk peace would be signed on March 3, 1918. It was a declaration of war on the «allied» parties possible opponents. At first one in particular - the socialist-revolutionaries - as we shall see [in the book] – since they still had the majority in the Russian Soviet movement.

It was, however, also because of this secrecy that no trace remained of any Leninist reflection on the usefulness of the Čeka for... the transition to socialism. Moreover, Lenin had not even hinted at it in the text containing his «utopian» and anticipatory vision of what socialism would be after the Revolution (I allude to State and Revolution and the preparatory texts).

But since in this other source of immarcescible legend he had not even hinted at other foundational pillars of the future «Bolshevik socialism» - first and foremost the party, destined to dominate everything, but also the soviets and factory committees, destined instead to perish immediately - the silence on the secret police is more than comprehensible. Admirers of Lenin in power will be able to continue to be moved by reading State and Revolution (basically a hotchpotch of Marxian texts mostly originated from a reflection on the Paris Commune), but they will have to do so by pretending that in Lenin's «utopian» vision of socialism there would have been no need not only for parties or secret police, but not even for soviets and factory committees.

In short, utopia in its pure state.... Too bad it didn't happen that way: rather, the exact contra- ry happened. This is also shown by an elementary reconstruction of how the ideals of February/October were distorted, from the very beginning, with Lenin alive and before Stalinism.

It is a process that comes down to the present day, when the Russian government no longer claims to be «socialist», but continues to rely on secret services, on the elimination of opponents, on mass repression of its own citizens (this was seen in the beginnings of the aggression against Ukraine), on mafia and oligarchic omertà, on acts of primitive obscurantism such as the closure of Memorial International.

(it continues)


  1. This is, in brief, the analysis I have offered on various occasions on the alleged «Leninist party theory». But the fuller treatment is in my Lenin and the Russian Anti-revolution, Bolsena 2018, pp. 71-107. I suggest to refer to that 422-page «big book» for many other issues referring to Lenin’s role in the Russian Antirevolution.
  2. Čeka (1917-22)Nkvd (I) (1917-30)Gpu (1922- 23)Ogpu (1923-34)Nkvd (II) (1934-46)Gugb (1934- 41)Nkgb (1941-46)Mgb (1946- 53)Mvd (1946-60 and 1968- 91)Kgb (1954-91)Fapsi (1994-2003)Svr (1991-present)Fsk (1993-1995)Fsb (1995-present). The Svr (Služba vnešnej razvedki [Foreign Intelligence Service, formerly Tsentral'naja služba razvedki]) has been the counterintelligence arm of the Russian Federation since 1991. But the Fsk (Federal'naja služba kontrrazvedki [Federal counterspionage service]) was the real transition service from the KGB to the FSB.

ESPAÑOL


LENIN: FUNDADOR DE LA ČEKA Y PRIMER RESPONSABLE DE LA ANTIREVOLUCIÓN RUSA (Parte I)


por Roberto Massari


Hace cien años Lenin murió,  prisionero de Stalin y sin contacto con el mundo exterior. En las últimas semanas previas a la conquista del poder había sido el líder de una Revolución que comenzó en febrero y finalizó entre diciembre de 1917 y enero de 1918. Junto con Trotsky y la dirección bolchevique, Lenin fue el principal responsable de la transformación de esa gran conquista de la humanidad en una Antirrevolución que luego abriría la puerta a la Contrarrevolución de Stalin.
La verdadera personalidad política de Lenin está sofocada por más de un siglo de falsedades. Hablan de sus grandes aportaciones teóricas, pero su ideología pasó del
narodničestvo al amor por Plejánov, por Kautsky, por Bogdanov y finalmente, de forma muy ingenua, por Hegel. Nunca para Trotsky y Rosa Luxemburgo. Cambiaba continuamente sus ideas políticas sobre el partido, el Estado, los soviets, los comités de fábrica, la economía y la naturaleza del socialismo, apoyándose en el más puro empirismo. Era un verdadero centrista, un maestro de la táctica. Al llegar al poder, inmediatamente creó en secreto la Čeka para luchar contra los socialistas-revolucionarios que todavía eran mayoría en los soviét. Por la disolución de la Asamblea Constituyente fue criticado durante su vida por Rosa Luxemburgo. Pero en realidad Lenin también liquidó inmediatamente los soviet y los comités de fábrica. En Kronštadt sofocó la Tercera Revolución Rusa. Se dió cuenta demasiado tarde del error que había cometido al conceder tanto poder a Stalin.

He escrito varios libros sobre Lenin y la Revolución Rusa. Del último -Si estos son hombres... De la Čeka a Kronštadt y al Gulag- he tomado algunas páginas iniciales que propongo especialmente a los jóvenes para que aprendan a desconfiar de las leyendas que aún se repiten sobre Lenin y el bolchevismo, generalmente con gran deshonestidad intelectual.

(r.m.)


Teoría leninista de la Čeka

«¿¡...de la Čeka!? Perdón, ¡¿pero no era ... del partido?!».

Sí, era y siempre ha sido del partido, en deferencia a una leyenda inquebrantable surgida en los primerísimos años del siglo XX y en una circunstancia histórica muy concreta (siendo su texto principal el notorio ¿Qué hacer?), que se transmitió luego en toda la literatura del y sobre el «comunismo». Toda o casi toda. Tan arraigada, en el pasado, en el inconsciente colectivo de las masas - gracias a la incansable labor de la inteliguentsia mundial de izquierdas - que también ha contagiado a historiadores y exégetas de todas las proveniencias (incluidos los intelectuales anticomunistas en sus más variadas acepciones). Todos ellos están dispuestos a defender o exorcizar una supuesta «teoría leninista del partido» (bolchevique, por supuesto) que, por el contrario, nunca existió.

Y, sin embargo, no requeriría mucho esfuerzo intelectual verificar lo siguiente:  1) Que ¿Qué hacer? fue escrito en 1901-1902 para una discusión de táctica (iskrista), en el contexto de la polémica contra un pequeño grupo de economicistas (más o menos «obreristas» de la época, en el II Congreso de la Posdr en 1903, que luego se disolvió), como confirmó el propio Lenin en su carta a Ivan Ivanovich Radchenko (1874-1942) del 9 de julio de 1902. 2) Que Lenin ya la había contradicho en parte antes del Congreso con su «Carta a un compañero» de septiembre de 1902. 3) Que el propio Lenin la repudió explícitamente en 1907 (recopilación Doce años), y 4) Que nunca se materializó en ninguna organización política.

En resumen: nunca existió una teoría leninista del partido y, por tanto, ni siquiera un partido leninista en el sentido propio del término. En cambio, existió una organización leninista, de la que Lenin siempre fue el dirigente, aunque un par de veces tuvo que luchar para seguir siéndolo; y que cambió de nombre y fisonomía según las necesidades del momento. Basta pensar en la transformación epocal que representó el paso de la clandestinidad a la situación de doble poder después de febrero de 1917 o del partido de cuadros profesionales a las levas de masas de 1920-23, hasta la enorme «leva Lenin» de 1924.

El Posdr bolchevique -que se convirtió en el Partido Comunista Ruso (b) en marzo de 1918- de hecho nunca encarnó la idea organizativa original concebida específicamente para la lucha clandestina bajo el dominio zarista. El organismo que surgió agotado de la escisión del II Congreso - que según la vulgata respondía a la «teoría leninista del partido» - se reunió con los mencheviques y rompió con ellos; acogió en su seno a las más diversas corrientes políticas rusas; tuvo un solo programa (de 1902, aprobado en 1903) que formalmente se mantuvo en vigor incluso después de Octubre, hasta 1919 (¡sic!); fue un terreno creativo e irrepetible para la elaboración teórica y la confrontación de las más diversas posiciones políticas (especialmente en 1917 con réplicas en 1918); se convirtió -a instancias del propio Lenin y de toda la dirección bolchevique- en un instrumento de feroz dictadura antiobrera y anticampesina; planificó el exterminio de millones de personas; llegó a aliarse con el nazismo, contribuyendo así al estallido de la Segunda Guerra Mundial; y siempre intentó por todos los medios reconstruir el antiguo imperio zarista (como hoy con Vladimir Vladimirovič Putin [n. 1952]), hasta su disolución definitiva como Pcus en agosto de 1991.

Los tenaces afirmadores de la existencia de una supuesta «teoría del partido leninista» siempre han tenido dificultades insuperables para citarun texto cualquier que actualizara la polémica de 1903, y por lo tanto han tenido que trabajar con fantasía, con artificios teóricos generalmente poco brillantes, con falsificaciones históricas y auténticos fraudes ideológicos, con referencias a la ortodoxia - con los numerosos «se sabe», «es noción común», «y en la práctica de todos modos... »- y han acabado, para bien o para mal, por plegarse a los dictados del dogma de un supuesto «partido leninista».

Esto no quita que aún hoy haya crédulos propagadores de la leyenda, ya sea en el campo hitlerocomunista, sea en lo que queda del movimiento trotskoide o en grupos extemporáneos de la así llamada izquierda comunista», o -asombrosa anacrónica especificidad de origen italiana- en las últimas sectas de origen bordighista: todos ellos, de buena o mala fe, siguen pretendiendo que existió un partido «leninista» y la correspondiente teoría fantasma.

Por lo demás, gran parte de la humanidad - incluida casi toda la población rusa - ya no cree en la leyenda, a diferencia de los discursos retrospectivos de intelectuales más o menos iniciados, entre los que la vulgata sigue alimentando análisis erróneos y reconstrucciones falsas (1).

No existe una «teoría leninista del partido», pero tampoco una «teoría leninista de la Čeka», la policía secreta creada por Lenin el 7(20) de diciembre de 1917. Con la diferencia de que

la Čeka ha sobrevivido no sólo al creador sino, cambiando nombres (2), incluso a Stalin, Nikita Sergeevič Chruščëv (1894-1971), Leonid Il'ič Brežnev (1906-1982), Michail Sergeevič Gorbačëv (1931-2022), y bajo Putin todavía parece gozar de excelente salud: la Čeka es la única de las creaciones de Lenin que sobrevivió a los trágicos acontecimientos del bolchevismo y del llamado «comunismo soviético».

Esta observación es ya un lugar común. Para profundizar en ella con datos actualizados procedentes de investigaciones recientes, se puede consultar, entre otros, From Red Terror to Mafia State (Encounter Books, Nueva York 2022) de Vladimir Popov y el moscovita Jurij Geor- gievič Fel'štinsky (nacido en 1956, sovietólogo ya mencionado en mi Lenin por sus otras obras [pp. 90n, 98n]).

Sin embargo, no estoy de acuerdo con la tesis expresada por Fel'štinsky en esta y otras obras, según la cual toda la historia rusa (desde 1917 hasta la actualidad) es una secuencia de excelentes cadáveres y crímenes cometidos por los servicios, de acuerdo con una extendida interpretación policial de la historia soviética. Ahora bien, es innegable que la lista de crímenes políticos analizados por él corresponde en su conjunto a la realidad histórica, más allá de crímenes individuales que siguen siendo oscuros o discutibles. Pero es innegable la continuidad que traza entre la acción original de la Čeka de Lenin, confiada a la dirección del despiadado polaco Feliks Edmundovič Dzeržinskij (1877-1926), y los actuales servicios de inteligencia rusos.

Hasta tres jefes de Estado posteriores a la época de Chruščëv  tuvieron sus orígenes allí - Jurij Vladimirovič Andropov (1914-1984), Gorbačëv y Putin - y la presencia generalizada y secreta de los miembros de los servicios es evidente en la sociedad y la economía rusas actuales. Empresas, instituciones, organismos culturales, etc. están infiltrados por ellos. Y cuando es necesario llevar a cabo la eliminación física de algún oponente o competidor demasiado molesto, son estos servicios los que lo hacen con probada eficacia. Piénsese en el asesinato profesional del líder mercenario Evgenij Viktorovič Prigožin (1961-2023).

También hay pruebas visibles de continuidad entre la Čeka leninista y la actual red de servicios. Un ejemplo es la reubicación en Moscú, en 2023, de la estatua de Dzeržinsky que fue derribada por la furia popular en 1991. Se encontraba en la plaza Lubianka, frente al antiguo cuartel general del KGB, todavía en uso. En un formato más modesto, la estatua volvió a colocarse en la plaza, frente a la sede del SVR, con una ceremonia oficiada por el jefe del contraespionaje, Sergei Evgen'evič Naryškin (nacido en 1954), fiel súbdito de Putin.

Otros ejemplos visibles son la desaparición de decenas de placas conmemorativas de víctimas de la era soviética o la inauguración (en 2022-23) de cuatro nuevas estatuas de Stalin. Estas se suman a las 110 existentes, 95 de las cuales fueron erigidas bajo el régimen de Putin.

Volveré sobre Dzeržinski en dos próximos capítulos. Aquí sólo cabe mencionar que en la creación de la Čeka y sus despiadadas ejecuciones, el bolchevique polaco sólo desempeñó el papel de ejecutor de las órdenes que recibía de Lenin. Este último fue el verdadero responsable moral e intelectual del nacimiento de la nueva policía secreta, así como de sus crímenes en sus primeros años. Y ello a pesar de que ni siquiera puso por escrito un esbozo de «teoría leninista de la Čeka».

Más adelante [en el libro] veremos pruebas suficientes para demostrar que fue el propio Lenin quien originó este terrible instrumento de muerte, aunque la documentación es escasa porque la decisión de crear la Čeka se mantuvo en secreto (¡incluso para el Partido!) durante mucho tiempo. Fue sólo seis semanas después del triunfo revolucionario cuando Lenin y la dirección bolchevique (incluidos Trotsky, Stalin, pero también Kollontai, Šljapnikov, etc.) decidieron actuar encubiertamente, no sólo con respecto a los partidos que habían contribuido con ellos a la victoria, sino también con respecto a los soviets, los comités de fábrica y el pululante mundo de la democracia directa y del entusiasmo popular, sin cuyos esfuerzos la policía secreta habría seguido siendo la Ochrana zarista.

Una reflexión seria sobre la decisión de mantener en secreto el nacimiento de un instrumento destinado a trastornar la historia de la humanidad debería tener en cuenta que en realidad se trataba de una declaración de guerra a otros componentes del mundo soviético. No fue una medida de autodefensa del partido, ni para una futura guerra civil (la marcha de Denikin [Antón Ivánovič (1872-1947)] partiría de Odesa en agosto de 1919) ni contra los futuros Ejércitos Blancos (que serían derrotados por el Ejército Rojo creado por Trotsky); y, aunque la guerra aún continuaba, ni siquiera para defenderse de las tropas alemanas, con las que se firmó la paz de Brest-Litovsk el 3 de marzo de 1918. Fue una declaración de guerra a los posibles partidos opositores «aliados». Al principio uno en particular - los socialistas-revolucionarios -, como veremos [en el libro]- hay que tenian todavia la mayoria en el movimiento de los soviets.

Sin embargo, fue también debido a este secretismo que no quedó rastro de ninguna reflexión leninista sobre la utilidad de la Čeka para ... la transición al socialismo. Es más, Lenin ni siquiera lo había insinuado en el texto que contenía su visión «utópica» y anticipatoria de lo que sería el socialismo después de la Revolución (aludo a El Estado y la  Revolución y a los textos preparatorios).

Pero tambien en esta otra fuente de leyenda inmaterial ni siquiera mencionó los otros pilares fundamentales del futuro «socialismo bolchevique» - antes que nada el partido, destinado a dominarlo todo, pero también los soviets y los comités de fábrica, destinados a perecer inmediatamente -, el silencio sobre la policía secreta es más que comprensible. Los admiradores de Lenin en el poder pueden seguir conmoviéndose leyendo El Estado y la  Revolución (en la práctica una mezcla de textos marxianos, la mayoría de los cuales surgieron de una reflexión sobre la Comuna de París), pero deben hacerlo fingiendo que en la visión «utópica» del socialismo de Lenin no sólo no habría habido necesidad de partidos ni de policía secreta, sino tampoco de soviets ni de comités de fábrica.

En resumen, utopía en estado puro... Lástima que no hubiera sido así: más bien, que haya ocurrido exactamente lo contrario. Así lo demuestra también una reconstrucción elemental de cómo se trastornaron los ideales de Febrero/Octubre, desde el principio, con Lenin vivo y antes del estalinismo.

Es un proceso que continúa hasta nuestros días, cuando el gobierno ruso ya no se proclama «socialista», sino que sigue apoyándose en los servicios secretos, en la eliminación de los opositores, en la represión masiva de sus propios ciudadanos (como vimos al principio de la agresión contra Ucrania), en la omertà mafiosa y oligárquica, en actos de oscurantismo primitivo como el cierre de Memorial Internacional.

(continua)


  1. Este es en síntesis el análisis que he propuesto en varias ocasiones sobre la supuesta "teoría leninista del partido". Pero el tratamiento más completo está en mi Lenin y la antirrevolución rusa, Bolsena 2018, pp. 71-107. Me remito a ese libro grandote de 422 páginas para las varias otra cuestiones referentes al papel de Lenin en la Antirevolución rusa.
  2. Čeka (1917-22)Nkvd (I) (1917-30)Gpu (1922- 23)Ogpu (1923-34)Nkvd (II) (1934-46)Gugb (1934- 41)Nkgb (1941-46)Mgb (1946- 53)Mvd (1946-60 y 1968- 91)Kgb (1954-91)Fapsi (1994-2003)Svr (1991-presente)Fsk (1993-1995)Fsb (1995-presente). El Svr (Služba vnešnej razvedki [Servicio de Inteligencia Exterior, antes Tsentral'naja služba razvedki]) es el servicio de contrainteligencia de la Federación Rusa desde 1991. Pero el Fsk (Federal'naja služba kontrrazvedki [Servicio Federal de Contraespionaje]) fue el verdadero servicio de transición del KGB al FSB.

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RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.