Risposta ad Albertani
di Michele Nobile
link all’articolo di Albertani: http://utopiarossa.blogspot.com/2023/12/discussione-su-israele-parte-1-di-3.html
Caro Claudio
Siamo d’accordo sul punto più importante: che la soluzione dei due Stati – uno ebraico, l’altro arabo-palestinese – non è affatto una soluzione ma qualcosa che riproduce il conflitto fra le due nazionalità, senza rendere giustizia ai palestinesi. En passant, sono a conoscenza della maggior parte degli studiosi che citi (e di qualcun altro), della ICAHD e della One Democratic State Campaign
È proprio considerato da questo punto di vista che il tuo articolo è contraddittorio.
Arrivando al dunque, se si ritiene che la sola possibile soluzione al conflitto arabo-israeliano sia la formazione di un unico Stato democratico, laico e multietnico (sulla cui precisa costituzione è qui inutile discutere), non è possibile usare formule che suscitino l’impressione che l’obiettivo sia la distruzione dello Stato di Israele. Pur sbagliata, la negazione della legittimità d’esistenza dello Stato di Israele aveva senso quando l’obiettivo dell’OLP era espellere gli ebrei insediatisi dopo il 1917 (posizione alla fondazione nel 1964); aveva ancora senso quando l’OLP passò alla posizione dello Stato democratico (posizione assunta nel 1971, se ricordo bene), cioè a uno Stato istituzionalmente arabo-palestinese ma in cui avrebbero potuto risiedere gli ebrei, purché non sionisti. Secondo queste posizioni l’«entità sionista» non aveva diritto d’esistere e quindi andava distrutta con la lotta armata; il che – dati i limiti operativi delle forze combattenti delle organizzazioni palestinesi - in pratica significava distrutta non solo e non principalmente con armi palestinesi ma con gli eserciti degli altri Stati arabi. Sappiamo come è andata a finire. Adesso a sostenere la lotta armata palestinese non rimane che l’Iran, il regime più reazionario che esista.
La strada verso l’unico Stato multietnico è molto lunga e aspra. Negare a priori la legittimità di Israele significa renderla impossibile. In conclusione del mio articolo ho scritto che la lotta per un unico Stato democratico
«richiede un movimento di lotta contro i rispettivi nazionalisti sciovinisti e fanatici, in cui confluiscano arabi palestinesi ed ebrei israeliani, la ridefinizione delle loro identità, in definitiva il rivoluzionamento sia della scena politica palestinese sia di quella israeliana». (http://utopiarossa.blogspot.com/2023/10/per-un-solo-stato-multietnico-laico-e.html)
«Rivoluzionare» la scena politica israeliana richiede che una grande maggioranza di israeliani rinneghi il sionismo. Ma a questo risultato non si può giungere dicendogli semplicemente: «il vostro Stato non ha alcuna legittimità storica». Gli ebrei israeliani dovranno fare i conti con la storia del sionismo ma, in termini politici, negare la legittimità di Israele è come dirgli che la loro nazionalità ebraico-israeliana non ha alcun diritto di esistere. Questo sarebbe un favore al sionismo. Inoltre, uno dei modi in cui si può mettere in crisi il sionismo è lo scioglimento dell’Autorità nazionale palestinese per rivendicare l’integrazione con pieni diritti dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania nello Stato di Israele. È discutibile, ma può essere una via verso una comune realtà politica israelo-palestinese.
Un altro aspetto critico del tuo articolo è ciò che manca: la condanna durissima e senza mezzi termini di Hamas e soci come nemici del popolo palestinese, oltre che degli ebrei. Per farla breve: la strage di civili palestinesi in Gaza è eseguita dall’esercito israeliano ma il mandante della strage è Hamas. Di tutti gli orrori moderni che mi vengono in mente l’attacco di Hamas del sette ottobre 2023 è uno dei più assurdi e cinici. Non hanno solo fatto la più grande strage di civili ebrei in quanto ebrei dai tempi del nazismo. Sapevano perfettamente che la reazione di Israele questa volta non sarebbe stata una sanguinosa incursione, come è atrocemente normale nel ciclo bellico arabo-israeliano, ma un’invasione totale con l’obiettivo dell’annientamento di Hamas. Nell’articolo del 19 ottobre scrissi che
«Se i bombardamenti non cessano e se l’esercito israeliano invade Gaza le vittime palestinesi, in maggior parte civili, saranno tra dieci e venti volte più numerose delle vittime dell'incursione di Hamas. Su questo non ci si può fare nessuna illusione».
Non volli aggiungerlo, ma davo per scontato che le vittime fra i palestinesi sarebbero state intorno a 20 mila. Non è che abbia la sfera di cristallo o chissà quali strumenti. Lo si capisce estrapolando dai precedenti, considerando la densità della popolazione di Gaza e quel che significa il combattimento in ambiente urbano. I capi di Hamas sapevano bene che la loro miglior difesa sarebbe stata proprio la strage della popolazione civile e gli appelli al cessate al fuoco. Hanno deliberatamente sacrificato migliaia di persone per i loro interessi, in una logica fanatica del martirio ma anche con un calcolo astuto e cinico, per passare come gli eroi del mondo arabo e della causa palestinese.
Gli appelli al cessate il fuoco non sono credibili se non si dice a chiare lettere che Hamas e soci agiscono come nemici del loro stesso popolo. Bisogna sforzarsi di separare nettamente Hamas dai civili palestinesi. Trovo eticamente vergognoso e politicamente suicida che si inneggi alla «resistenza palestinese» identificandola con Hamas e soci, il che è obiettivamente un appoggio all’antisemitismo di queste carogne. Questi vanno politicamente distrutti e se sono i palestinesi ad ammazzarli, ben venga. È cosa che mi auguro con tutto il cuore.
A maggior ragione, non può tacere su questo chi sostiene l’idea di un unico Stato arabo-israeliano e della de-colonizzazione di Israele.
Spero che questa mia chiarisca le perplessità circa il taglio del tuo articolo. È un problema di coerenza relativamente all’obiettivo che condividiamo.
Un abbraccio,
Michele