L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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venerdì 21 settembre 2018

RUSSIA, IRAN, TURCHIA, ISRAELE E LA SIRIA

di Pier Francesco Zarcone



I recenti avvenimenti siriani (abbattimento di un Ilyushin russo e accordo tra Putin ed Erdoğan su Idlib) inducono ad alcune riflessioni a cominciare dalla gherminella israeliana che ha causato più di dieci morti russi. In un articolo comparso il 19 settembre sul sito l’Antidiplomatico, Alberto Negri notava che quando c’è di mezzo Israele Putin è meno decisionista del solito. E infatti finora non c’è stata alcuna concreta reazione russa a tante violazioni sioniste della sovranità siriana, al di là di certe formali proteste. Comunque, la prudenza in questo caso è più che giustificata, poiché – al di là del vivere in Israele circa un milione di ebrei russi – con Stati Uniti (e Francia) che ardono dalla voglia di scatenare un attacco militare contro la Siria, la  situazione potrebbe diventare critica da un  momento all’altro e la storia moderna ci insegna che certe cose si sa come cominciano ma non come poi evolvono. 
Nel caso dell’Ilyushin Israele ha rischiato molto e forse non sbaglia chi sostiene che la (finora) misurata reazione russa e la telefonata di Putin a Benjamin Netanyahu - in cui si è denunciata la violazione degli accordi per prevenire incidenti pericolosi  - insieme al silenzio israeliano attesterebbero che a Gerusalemme si è consapevoli di essere arrivati a un pelo dal limite. Sta di fatto che in sei mesi Israele ha affettuato circa 200 attacchi aerei e/o missilistici su obiettivi siriani.    
D’altro canto entrare in campo contro Israele è militarmente pericoloso, in ragione delle predette e non nascoste velleità degli alleati dello Stato sionista, per cui è più consigliabile per Mosca limitarsi alle manovre diplomatiche; quand’anche non sempre funzionino. Da tener presente che Israele fa comodo alla Russia per il suo prestarsi a manovre finanziarie utili per aggirare le sanzioni degli Usa e dell’Eu; il controfavore è dato dagli ostacoli russi alla campagna di boicottaggio antiisraeliana.
Ma nel Vicino Oriente la fiducia è moneta assai rara, e lo dimostrano i continui interventi israeliani in Siria in funzione antiiraniana. Vale a dire, il governo di Israele sa benissimo cosa rappresenti per esso la presenza russa in territorio siriano, cioè un ostacolo all’egemonia dell’Iran su quel paese, ma – evidentemente non fidandosene sino in fondo – non rinuncia a propri interventi per colpire obiettivi e linee di rifornimento iraniani e di Hezbollāh. Tanto più che si tratta di nemici anche degli Stati Uniti, per cui può dirsi che tali azioni militari israeliane siano effettuate anche per procura statunitense.
Sembra che di fatto Israele si sia decisa ad accettare il salvataggio di Bashar al-Assad fatto dalla Russia, senza tuttavia rinunciare alle azioni contro la presenza iraniana in Siria, e in un certo senso la Russia lo permette, ma entro certi limiti, varcati nel caso dell’Ilyushin. Nella logica dei giochi internazionali di potenza non vale ricordare che sono stati appunto iraniani e milizie sciite a dare sul terreno una congrua mano per l’attuale vittoria del governo di Damasco, di cui la Russia è alleata; e neppure dice molto l’attuale ententefra Mosca e l’Iran.
Quest’ultimo aspetto è alquanto articolato. Sembra che quando nel 2015 Putin decise di intervenire in Siria (sede dell’unica base navale russa nel Mediterraneo, a Tartus) perché il governo di Assad era alle prese con una fase della guerra militarmente sfavorevole, a Damasco fosse in atto uno scontro tra settori dei servizi segreti e delle Forze Armate divisi circa l’opportunità o meno di buttarsi in braccio all’Iran ai fini della salvezza. L’intervento russo ha sorpassato tale problema, e Mosca ha conseguito sei risultati al suo attivo: messa in sicurezza della base di Tartus; salvataggio del governo di Assad legandolo strettamente a sé; accrescimento del proprio prestigio almeno nelle zone sciite del Vicino Oriente e nei settori  musulmani (anche sunniti) in attesa che qualcuno si decidesse a intervenire con efficacia contro i jihadisti; allontanamento del pericolo di una massiccia azione militare degli Stati Uniti e loro alleati nel caso di vittoria a Damasco della fazione filoiraniana, per quanto Obama fosse restio a imbarcarsi in una guerra contro l’Iran; garanzie all’Iran circa la possibilità di azione delle milizie sciite; ma anche virtuali garanzie a Israele circa il controllo russo sull’azione di queste milizie. Quest’ultimo tassello a maggio di quest’anno si sarebbe concretizzato in un accordo russo-israeliano, più o meno segreto, sul posizionamento di questi miliziani a un’adeguata distanza dal confine. 
L’attuale ententetra Russia e Iran non va sopravvalutata, bensì considerata semplicemente per quello che è: una contingente convergenza di interessi di ciascuna delle parti, nella quale la millenaria, astuta e paziente diplomazia persiana sa benissimo che al  momento conviene mandar giù il boccone - un po’ amaro - dell’interferenza russa sulle mire egemoniche dell’Iran anche riguardo alla Siria. D’altro canto, seppure col tratto terminale in cui “l’azionista di maggioranza” è la Russia, per certi versi l’agognato corridoio sciita potrebbe dirsi realizzato. Poi si vedrà, a seconda dell’evolversi degli scenari internazionali e locali. 
L’ulteriore successo di Putin si è verificato a Sochi il 16 settembre  mediante l’accordo concluso con Erdoğan su Idlib, sostanzialmente rinviando a data da destinarsi l’offensiva militare russo/siriana contro l’ultimo pezzo di Siria in mano ai jihadisti. In questo modo si è scongiurato il minacciato intervento statunitense (a tutela dei jihadisti accampando pretesti umanitari) qualora l’offensiva avesse avuto inizio. Anche qui Putin si è mosso accortamente accordandosi con la Turchia e l’Iran e tagliando fuori Washington, a cui è stato altresì tolto il pretesto per l’intervento. Si potrebbe considerare l’ultima incursione israeliana in Siria come frutto della rabbia per l’accordo di Sochi. Difatti, nel citato articolo, Alberto Negri ha concluso chedue ex imperi, il russo e l’ottomano, benedetti da quello persiano, si sono accordati mentre l’impero americano ha lasciato che Israele bombardasse senza chiedere il permesso di nessuno.
Superfluo dire che si tratta di un’intesa pro tempore: la creazione di una zona-cuscinetto presidiata da una forza congiunta di polizia militare russa e soldati turchi, per separare jihadisti ed esercito siriano, come pure la consegna delle armi pesanti da parte dei primi sono misure palesemente funzionali a creare spaccature tra i ribelli più radicalizzati (per esempio Hayat Tahrir al-Sham, la costola di al-Qaida) e quelli maggiormente propensi a un accordo di accordo di pace garantito dalla Turchia. Una volta raggiunto questo obiettivo, la Turchia (in fin dei conti ancora membro della Nato) dovrebbe consentire l’attacco russo/siriano per eliminare gli ultimi irriducibili.  

          Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

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a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

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a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

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a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.