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martedì 24 luglio 2018



L'UMANITARISTICO TRAFFICO DI ESSERI UMANI
di Roberto Massari e Fred Kuwornu


di Roberto Massari 
Premetto che mi riconosco pienamente nel recente articolo di Roberto Savio («Immigrazione, molti miti e poca realtà») in cui si mostrano le cifre reali del processo immigratorio, si elencano i vantaggi che derivano all’economia dai flussi migratori (anche se si sottovalutano i danni che tali flussi provocano ai Paesi di provenienza) e mi dichiaro favorevole alla massima accoglienza di tali flussi purché compiuta in maniera umana, legalmente programmata e secondo tradizioni e valori della civiltà laica occidentale (cioè illuministica).
Nel testo che segue non si parla quindi del fenomeno dell’immigrazione o degli «sbarchi» in quanto tali. Si parla del traffico internazionale di esseri umani e quindi del crimine contro ogni principio di umanità rappresentato dagli «imbarchi», punto terminale di una rete criminale internazionale. Questa è sempre esistita, ma si è rafforzata negli ultimi anni per ragioni che non sono sempre chiare avendo essa delle connivenze negli apparati statali dell’Italia e della Libia, in primo luogo, ma anche di Turchia, Spagna ecc., oltre ai paesi di provenienza.
Per queste ragioni desidero dare la massima visibilità alla lettera che segue, di Fred Kuwornu,  regista italiano di origini ghanesi, che dice con franchezza ciò che io penso da molto tempo e che le cifre dimostrano in maniera inoppugnabile: vale a dire che tutta questa storia umanitaria degli imbarchi/sbarchi è gestita da mafie nazionali e internazionali come traffico di esseri umani, una vera e propria «tratta» del XXI secolo. Essa cominciò sfruttando l'emotività psicologica provocata dai primi naufràgi di gommoni (e forte è il sospetto che essi fossero provocati ad arte) e proseguì come incentivo a un esodo di massa dall'Africa e dall'Asia, violando tutte le norme della civiltà, del rispetto della persona umana, della salvaguardia della vita, creando traffici di prostituzione e nuovo schiavismo, e danneggiando anche la condizione economica dei paesi di provenienza.
Ben presto le «carrette della morte» furono sostituite da navi delle Ong (superpagate per svolgere il trasporto fino a destinazione) e il traffico di esseri umani poté svolgersi più o meno indisturbato per alcuni anni.
La verità è che le Ong (finché è stato concesso loro), le associazioni umanitarie impegnate a favorire gli sbarchi (in realtà… gli imbarchi), i settori della marina coinvolti, faccendieri vari e aziende locali particolarmente interessate agli sbarchi stavano perpetrando o fornendo copertura a uno dei più grandi crimini dell'epoca attuale.
Se esiste il dramma degli sbarchi e se ci sono migliaia di persone morte nelle acque del Mediterraneo è perché esiste il traffico degli imbarchi, gestito da associazioni criminali che fino ad oggi hanno potuto compiere il loro sporco lavoro indisturbate. Anzi, agli inizi, quando erano costrette a usare proprie imbarcazioni, queste venivano loro gentilmente restituite perché potessero continuare la tratta.
So di essere colpevolmente in ritardo, perché da tempo era arrivato l’obbligo morale di gridare forte che tutti coloro che favoriscono in un modo o in un altro il commercio degli imbarchi sono complici più o meno preterintenzionali di questa rete criminale. Essa parte da paesi lontani come il Bangladesh (che è il secondo gruppo etnico per quantità di profughi in questa tratta camuffata da richiesta di asilo politico e proprio il Bangladesh sta a dimostrare che l'asilo politico non c'entra niente, è solo un pretesto), passa per l'Africa centrale e arriva alle sponde del Mediterraneo.
Che queste cose le dica un intellettuale di origini ghanesi (e quindi africane) può forse aprire brecce nel cervello della presunta area «progressista» che con le sue campagne umanitarie sugli sbarchi non si rende conto di favorire gli imbarchi, col loro triste seguito di morti o di gommoni fatti affondare appositamente per suscitare la reazione umanitaria dei media. Questo non significa che non si debbano accogliere tutti coloro che riescono ad arrivare sulle coste italiane: ciò è fuori discussione. Ma significa che se non si vuole essere moralmente corresponsabili delle morti per annegamento e del traffico criminale che si svolge prima e dopo gli sbarchi, si deve impedire che avvengano gli imbarchi, si deve cioè intervenire duramente e prima di subito nei luoghi in cui ha origine la tratta. Ma per farlo non c'è altra via che la distruzione fisica delle imprese criminali che gestiscono il traffico.
Misure timide e parziali possono per ora tamponare qualche situazione, come ha dichiarato Massud Abdel Samat (capo dei guardiacoste libici e dipendente dal comando di Tripoli):

«Il nuovo governo italiano ha fatto bene a fermare le Ong, che nei fatti erano funzionali alla tratta. Per i trafficanti e le organizzazioni criminali che prosperano sulla vendita di esseri umani è crisi nera. Una crisi tanto grave che stanno spostando le loro attività in Tunisia e Marocco» (Corriere della Sera del 15/7/2018, p. 3)

Ovviamente questo militare libico non è tenuto a sapere che il governo italiano attuale, diretto dalla Lega e in second’ordine dai 5 Stelle, è animato da spirito razzistico e xenofobo nella sua opposizione agli sbarchi, ma è anche vero che per la prima volta si sentono sui media, da ambienti governativi italiani, parole come «trafficanti» e simili che in precedenza (governi PD) erano tabù (mentre erano da tempo moneta corrente in altri paesi europei). Aggiungo che il governo attuale non dice nulla sulla politica dei rimpatri. Questa è non solo cinica barbarie (visti, al di là di altre considerazioni, anche i sacrifici finanziari e rischi della vita che hanno corso queste povere vittime del traffico di esseri umani), ma non si dice al contribuente che il costo medio unitario per ogni rimpatrio si aggira intorno ai diecimila euro (incluso il ritorno in prima classe in aereo dei due agenti di scorta previsti per ogni povero diavolo rimpatriato).
Riguardo alle Ong bisogna prendere atto che esse hanno collaborato e vorrebbero continuare a collaborare con i criminali del traffico umano. Il loro compito era di andare a prelevare i migranti sui gommoni appena usciti dalle acque territoriali libiche, farli salire sulle navi (ultrafinanziate), condurli nei porti italiani e farsi belli con la balla «di averli salvati». Senza di loro il traffico avrebbe avuto problemi a proseguire, sia perché i gommoni rischiavano di non arrivare tutti sino alle coste italiane (stiamo parlando di decine di migliaia di esseri umani), sia perché altri paesi non li volevano (tranne la Turchia dove però i migranti arrivavano e arrivano via terra allo scopo di rimpinguare le casse del governo dittatoriale di Erdogan che riceve miliardi dalla UE), sia perché la marina militare italiana aveva pur sempre delle norme da rispettare.
I gommoni affondati di recente, guardacaso appena Salvini ha chiuso i porti alle Ong, erano in un certo senso «previsti» da parte dei negrieri-trafficanti che hanno usato gommoni obsoleti e a rischio facile di affondamento. (La notizia data per certa l’ho scovata tra le righe del Corriere della Sera). Questi criminali sanno benissimo l'effetto psicologico che ha sull’opinione pubblica la morte dei migranti in mare: del resto cominciò proprio così questa tratta vergognosa, forse la più grande vergogna in atto in questo momento nel mondo: cominciò con l'affondamento più o meno programmato di alcuni gommoni. Il fatto commosse comprensibilmente l'opinione pubblica (complici i giornali, i media, i governi Pd), suscitò reazioni emotive tutt’altro che razionali e così cominciò questo traffico inaudito di cui il capitalismo dovrà vergognarsi un giorno di averlo permesso e incoraggiato. E con lui tutta la processione umanitaristica.
Per centinaia di milioni di persone, il sogno di abbandonare l'Asia e l'Africa per raggiungere l'Europa è antico quanto il colonialismo che ha impoverito questi continenti. Ma non è antica, anzi è recentissima, la costruzione di una rete internazionale che dietro il versamento di cifre altissime per la povera gente che le paga, e a rischio della vita sui barconi, riesce a far entrare masse di migranti in Europa, senza passare per le dogane, gli aeroporti e senza documentazione. Agli inizi venivano chiesti dalle mafie del traffico almeno 1.000 euro a persona (cioè una cifra mostruosa per i poveri d’Asia e d’Africa), ma ora queste cifre sono in aumento (per il traffico dalla Grecia si parla di quasi 3.000 euro) oltre alle estorsioni prima dell’imbarco di cui parla anche Fred Kuwornu. E chi dopo l'arrivo in Libia (dopo settimane o mesi di sofferenze) non le può pagare o non può pagare i supplementi richiesti, nell'impossibilità di tornare indietro può vedersi ridotto allo stato di schiavitù nei campi profughi libici e in altri lager gestiti da bande criminali e funzionari statali corrotti. La prostituzione femminile è spesso l'ultima possibilità che rimane per pagare le cifre richieste dai negrieri. E comunque è sempre la prostituzione che attende molte di queste donne una volta «sbarcate» sulle coste italiane, quando vengono riprese in ostaggio da altre reti criminali legate alle stesse reti che le hanno trasportate.
La differenza con il sogno del passato di emigrare in Europa e la possibilità di realizzarlo concretamente è stata data a un certo punto dalla prassi di accettare gli immigrati purché arrivassero via mare, su barconi e altri mezzi di fortuna e non tramite permessi consolari, aerei charter ecc. È stata una mossa (non saprei dire fino a che punto voluta dal governo italiano di Renzi) che ha fatto credere a centinaia di milioni di persone che quella dello sbarco marittimo (camuffato da richiesta di asilo politico) fosse finalmente la porta spalancata a chiunque per entrare in Europa. È stata cioè una speranza rinfocolata artificialmente, quasi un invito a mettersi in cammino (dal Bangladesh, dal Medio Oriente, dall'Africa centrale ecc.) procurandosi con qualsiasi mezzo i 1.000 euro da pagare alle bande criminali e disposti ad affrontare i rischi del viaggio per mare.
Con l'intervento delle Ong quei rischi si sono ridotti al minimo e quindi anche l'afflusso è cresciuto a dismisura. In questo senso le Ong sono state complici «tecniche» della nuova tratta. E comunque ogni viaggio se lo facevano pagare profumatamente (si parla di almeno 240.000 euro a viaggio, ma ovviamente è difficile avere certezza sulle cifre, costi accessori, tangenti ecc.). Spero però che nessuno creda più alla buona fede di queste «agenzie di trasporti» che nulla hanno a che vedere con lo spirito originario delle Ong che in alcuni casi e in alcuni paesi ancora permane.
Sulle illusioni di tanta povera gente hanno speculato le bande criminali e la filiera addetta al trasporto marittimo. Il tutto perché la nostra «civiltà» italiana ed europea non consente che chi è desideroso di immigrare in Europa lo faccia con un volo charter da meno di 100 euro a testa, sbarcando legalmente e civilmente all’aeroporto di Fiumicino. No, la bestiale ricerca di denaro, di lavoratori o lavoratrici da supersfruttare col lavoro nero, di nuova manovalanza da reclutare a traffici di ogni genere, fa sì che l'entrata possa avvenire solo pagando le bande criminali, solo rischiando la vita, solo consegnandosi ad altre bande criminali attive in Italia e in Europa. Questa differenza i benpensanti nostrani sembrano non capirla, ma io la ripeto: perché non si entra gratis e legalmente da Fiumicino, invece che pagando le mafie e illegalmente dal mare?
Invece di lamentarsi indignati ogni volta che un tentativo di sbarco si conclude tragicamente, invece di pensare ipocritamente solo al dramma degli sbarchi, si cominci a pensare al traffico degli imbarchi e si risponda alla mia domanda (che tra l’altro la gente comune già si pone da tempo, ovviamente senza ricevere risposte dalla nomenklatura politica). Ponendosi quella domanda, si comincerà a capire la natura mostruosa del crimine rappresentato dal traffico di esseri umani e dalla rete degli imbarchi.
La ex pseudosinistra, divenuta nel frattempo semplice massa d'opinione progressista, è totalmente in malafede col suo piagnisteo su chi muore durante i viaggi organizzati dai trafficanti di esseri umani. Non avendo più ideali di emancipazione sociale in cui credere, si affida al buonismo umanitario che, come spesso è accaduto nella storia dell'umanità (dalle riserve con vaccinazione antivaiolo per i nativi americani all'odierno traffico assistito di esseri umani) serve solo a nascondere il senso di colpa individuale e collettivo nei confronti di Paesi che sono stati rovinati proprio dalle politiche colonialistiche, prima, e imperialistiche, poi, di quegli stessi Stati dei quali ora si vorrebbe diventare sudditi.

La mia posizione, se fossi ministro degli Interni in un governo anticapitalistico, sarebbe di organizzare delle task-force che, con o senza permesso dei libici, vadano ad aspettare i trafficanti appena fuori delle acque territoriali e li ammazzino uno per uno, salvando e portando in Italia gli immigrati che stanno sui barconi.  Lo sterminio dei trafficanti è indispensabile per impedire loro che ricostruiscano la rete o spostino altrove il traffico. E la loro eliminazione, fatta in acque internazionali non creerebbe grandi problemi giuridici. E comunque, a mali estremi estremi rimedi: uccidendo qualche centinaio di trafficanti si salverebbero decine di migliaia di vite umane e si porrebbe termine al sogno artificialmente indotto di poter raggiungere l'Europa «clandestinamente» via mare e dietro pagamento di tangenti alle mafie di vario genere.
Dei trafficanti risparmierei la vita solo a quelli disposti a indicare i nomi che compongono la filiera del traffico, dalla manovalanza fino ai vertici (quelli che la organizzano e ci hanno già guadagnato negli anni miliardi di euro).  Il traffico finirebbe nel giro di poche ore e si dimostrerebbe per quello che è: una tratta di esseri umani organizzata internazionalmente con complicità negli apparati statali di vari paesi africani e asiatici oltre che dell'Italia, e col sostegno «morale» degli utili idioti.

Quindi prego di dare la massima circolazione alla lettera di Fred Kuwormu, perché il suo contenuto non potrebbe essere più giusto e più utile per frenare la complicità «umanitaria» del mondo «progressista» con i trafficanti di esseri umani.

Roberto Massari   (18/7/2018).
 
IL TRAFFICO DI ESSERI UMANI
(in risposta ad uno dei tanti articoli sull'immigrazione)  di Fred Kuwornu*

Il traffico di esseri umani nel mondo frutta 150 miliardi di dollari alle mafie, di cui 100 miliardi vengono dalla tratta degli africani. Ogni donna trafficata frutta alla mafia nigeriana 60 mila euro. Trafficandone 10mila in Italia, la mafia muove un giro di 600 milioni di euro all'anno. Nessun africano verrebbe di sua volontà, se sapesse la verità su cosa lo attende in Europa.
Non mi infilo nell'eterna guerra civile italiana basata su fazioni e non contenuti, ma da afrodiscendente italiano e immigrato ora negli Stati Uniti credo sia arrivato il momento di parlare e trattare l'immigrazione, o meglio la mobilità, come un problema e fenomeno strutturale che ha vari livelli e non come uno strumento per fare politica o da trascinarsi come i figli contesi di due genitori che li usano per il loro divorzio come arma di ricatto.
Secondo stime dell'ONU ogni anno sono trafficati milioni di esseri umani con una stima di guadagno delle mafie di 150 miliardi di dollari di fatturato ripeto 150 MILIARDI (le allego la news di AlJaazera non de Il Giornale o i lFatto Quotidiano). Io non so se lei ha mai vissuto o lavorato nell'Africa vera e che Africani conosce in Italia, o se da giornalista si informa su testate anche non italiane, ma il traffico di esseri umani con annessi accessori vari ( bambini, organi, prostituzione ) non è un fenomeno che riguarda solo l'Italietta dei porti si o porti no ma è un fenomeno globale che fattura alle mafie africane, asiatiche e messicane 150 e ripeto 150 Miliardi di dollari all'anno.
Questi soldi poi non vengono certo redistribuiti alla popolazione povera di questi paesi ma usati per soggiogarla ancora di più con angherie di ogni genere, destabilizzarne i già precari equilibri politici, reinvestirli in droga e armi.
Si è mai chiesto perché, a parità di condizioni di povertà e credenza che l'Europa sia una bengodi, quelli che arrivano da Mozambico, Angola, Kenya sono pochissimi, o quelli che arrivano dal Ghana (il Ghana che è il mio Paese d'origine ha un PIL del 7% e una situazione di assenza di guerre e persecuzioni) provano a venire? Perché esiste una cosa chiamata Mafia Nigeriana che pubblicizza nei villaggi che per 300 euro in 4 settimane è possibile venire in Italia e da lì se vogliono andare in altri Paesi Europei. Salvo poi fregarli appena salgono su un furgone aumentandogli all'improvviso la fee di altri 1000$, la quale aumenta di nuovo quando arrivano in Libia, dove gliene chiedono altri 1000$ per la traversata finale. Il tutto non in 4 settimane come promettono, ma con un tempo di attesa medio di un anno.
In tutto questo ci aggiungo minori che vengono affidati a donne che non sono le loro vere madri e che poi spariranno una volta sistemate le cose in Europa e di centinaia di donne che saranno invece dirottate a fare le prostitute, ognuna delle quale vale 60mila euro d'incasso per la mafia stessa. Solo trafficandone 10.000 verso l'Italia la mafia nigeriana muove un giro di affari di 600 milioni di euro all'anno.
A questo si somma quello che perde l'Africa: risorse giovani. Ho conosciuto ghanesi che hanno venduto il taxi o le proprie piccole mandrie per venire in Europa e ritrovarsi su una strada a elemosinare o a guadagnare 3 euro all'ora se gli va bene, trattati come bestie, e che non riescono neanche a mettere ovviamente da parte un capitale come era nei loro progetti. E anche se desiderano tornare non lo faranno mai per la vergogna perché non saprebbero cosa dire al villaggio, non saprebbero come giustificare quei soldi spesi per arrivare in Europa, anzi alimentano altre partenze facendosi selfies su facebook che tutto va bene per non dire la verità, per vergogna, e quindi altri giovani (diciottenni, non scolarizzati) cercano di venire qui perché pensano che sia facile arricchirsi.
Che senso ha sostenere che questo traffico di schiavi e questa truffa criminale della mafia nigeriana, come quelle asiatiche in Asia, deve continuare?
A chi fa bene? Non fa bene al continente africano, non fa bene al singolo africano arrivato qui perchè al 90 per cento entra in clandestinità e comunque non troverà mai un lavoro dignitoso, non fa bene all'Italia, che non ha le risorse economiche e culturali per gestire e sostanzialmente mantenere tante persone che non possono contribuire, specialmente in un Paese dove il 40% dei coetanei di questi giovani africani è già senza un lavoro, e non fa bene neanche all'immagine che l'europeo ha dell'africano perché lo vede sempre come una vittima, un povero, un soggetto debole.
Questo da africano, ma anche essere umano, è l'atteggiamento più razzista che ci sia, oltre che colonialista, perché non aiuta nessuno se non le mafie e chi lavora in buona o malafede in tutto questo indotto legato alla prima assistenza. Con 5 mila dollari è più facile aprire una piccola attività in molti Paesi dell'Africa che venire qui a mendicare, e se solo fosse veramente chiaro e divulgato questo concetto il 90 per cento delle persone non partirebbe più probabilmente neanche in aereo per l'Italia.
Specialmente chi ha forse la quinta elementare e 20 anni. Non è lo stesso tipo d'immigrazione di 30 anni fa dove molti erano anche 30enni, alcuni laureati, ma molti con diploma superiore e comunque trovavano lavori nelle fabbriche e in situazioni dignitose.
Non conosco la situazione delle ONG che si occupano dell'assistenza marittima, ma conosco benissismo quelle che operano in Africa e la maggioranza sono solo un sistema parassitario. Per i maggiori pensatori Africani e veri leader politici una delle prime cose da fare è proprio cacciare dall'Africa tutte le ONG perché seppure il personale che ci lavora è in buonafede, i giovani volontari, il sistema ONG serve a controllare e destabilizzare l'Africa da sempre, oltre che creare sudditanza all'assistenza, senza contare il giro finanziario di donazioni e sprechi fatti dalle ONG per mantenere dirigenti sfruttando l'immagine del povero bambino africano.
Basta con questo modo di pensare controproducente, razzista e ignorante. Sarebbe curioso vedere qualcuna di queste ONG fare iniziative a Scampia mettendo nelle pubblicità le foto di qualche bambino napoletano.
Siamo stanchi di questa strumentalizzazione che fate su questo tema per i vostri motivi ideologici o le vostre battaglie di fascisti o antifascisti sulla pelle di un continente di cui conoscete poco o che avete romanticizzato e idealizzato e che usate per mettere a posto la vostra coscienza o lenire i sensi di colpa del vostro status privilegiato. E' ora di fare analisi serie e porre in campo soluzioni concrete vincenti, non di avvelenare i pozzi di un partito o dell'altro, perché chiunque vinca perde l'Africa.
Sarebbe bello un reportage di Edo State in qualche villaggio per capire a che livello di furbizia, cattiveria, fantasia criminale sono arrivati e scoprirete che forse solo trasportare e illudere un giovane analfabeta di vent'annni e la sua famiglia è il minimo che questa potentissima e sottostimata organizzazione criminale fa ogni giorno, sfruttando la disperazione e ignoranza delle gente di cui alcuni disposti a tutto, persino a vendere un figlio appena nato per 100 dollari.
Se questo verrà tollerato ancora i rischi non saranno solo per l'Italia, ma anche per i Paesi Africani dove oltre al problema di dittatori si aggiungerà quello di Narcos del livello della Colombia di Escobar o del Messico di El Chapo con ancora più morti e sottosviluppo di quello che già c'è.

Fred Kuwornu 
* regista italiano di origini ghanesi
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RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.