L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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lunedì 18 dicembre 2017

A UN ANNO DALLA MORTE DI SERGIO DE SANTIS, IL PIÙ ANTICO STUDIOSO DI CHE GUEVARA IN ITALIA, di Roberto Massari e Aldo Garzia

Col passare del tempo [De Santis, nato a Genova nel 1929, è morto a Roma nel novembre 2016 (n.d.r.)], il vuoto lasciato da Sergio si dimostra incolmabile. Per formare un intellettuale serio, onesto e preparato come lui c’era voluta la storia di un’intera generazione: quella passata dall’antifascismo nazionale all’impegno nella lotta antimperialistica internazionale.
Sergio era uno specialista dell’America latina, e lo era sul serio. I suoi saggi, pubblicati in forma di articoli e libri, furono i primi testi di formazione su quel continente per molti di noi che cominciavamo a interessarcene negli anni ‘60. I suoi primi tre saggi sul Che furono in assoluto le prime opere teoriche che uscirono in Italia sul celebre Comandante, aprendo discussioni e sfatando mitologie.
Voglio citarli per esteso: «Il dibattito sulla gestione socialista a Cuba», in Critica marxista, 5-6/1965; «Guerriglia e rivoluzione nel pensiero di Che Guevara», in Rivista storica del socialismo, 30/1967; «Guevara», in I protagonisti della Storia universale, CEI, Milano 1971.
Ma a differenza di altri validi studiosi dell’epoca, Sergio rimase fedele alle proprie idee originarie. Fallita l’esperienza del Psiup (per chiusura del partito), egli continuò a lavorare in proprio, trovando la possibilità di utilizzare il nuovo sviluppo dei media, ma senza farsi irretire dai tentacoli della società dello spettacolo. E quando decise di aderire alla Fondazione internazionale Che Guevara, mi disse che considerava un onore potersi collegare alle nuove leve di studiosi del Che, lui che temeva che tutto fosse smarrito e sepolto nella crisi ideologica della sinistra. E invece l’onore era per noi.
Nel 10º incontro annuale della Fondazione Guevara, che si tenne a Vallombrosa (FI) nel 2008, Sergio svolse la relazione introduttiva. E a me parve che i suoi ragionamenti fossero in perfetta continuità con quanto aveva scritto 30-40 anni prima. Ne ammirai comunque la lucidità.
Il suo ultimo contributo ai Quaderni della Fondazione Guevara (8/2010) aveva un titolo molto significativo, che è poi tutto un programma: «Sul buono e sul cattivo uso del Che».
La salute non gli ha consentito negli ultimi tempi di partecipare agli incontri annuali, ma ha continuato a interessarsi, finché ha potuto, alle attività della Fondazione. Mi telefonava per informarsi e acquistava le novità della collana Guevara. Mi chiedeva notizie dei membri più anziani del Comitato di redazione internazionale, che per lo più erano stati suoi compagni o avversari di idee nel periodo glorioso seguìto alla Rivoluzione algerina e a quella cubana.
Ha lasciato i suoi libri a una Biblioteca di Roma e questo contribuirà a farlo vivere ancor più nel ricordo dei compagni che lo hanno conosciuto, ma stimolerà anche la curiosità teorica di quei giovani che considerano ancora la cultura come base fondamentale dell’attività politica.
Hasta siempre, Sergio.

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SERGIO DE SANTIS, UN «MAESTRO» DI STORIA E DI GIORNALISMO, di Aldo Garzia

Ho letto per la prima volta i saggi di Sergio De Santis su Ernesto Guevara e l’America latina nel 1972. Erano contenuti nell’enciclopedia I protagonisti della Storia universale e nella serie I protagonisti della rivoluzione: America latina (CEI). Avevo comprato quei volumoni rossi ben rilegati, che conservo ancora nella mia biblioteca, ad una Festa nazionale dell’Unità che si svolgeva a Roma, Ponte Milvio. All’epoca non c’erano molti libri da leggere su quei temi. I saggi di De Santis mi incuriosirono e furono il primo approccio con la storia di Cuba e dell’America latina. In seguito avrei considerato l’autore di quei testi come un «maestro», alla stregua di Saverio Tutino, con cui ho avuto una lunga frequentazione e un proficuo scambio intellettuale. Con De Santis, invece, i contatti sono stati rari e gli ultimi solo grazie alla Fondazione Guevara. Lui viveva infatti appartato dal dibattito politico più immediato e completamente calato nel ruolo di autore e giornalista televisivo, pur non smettendo mai di coltivare le proprie passioni intellettuali di gioventù. Da socialista libertario - i suoi punti di riferimento politici sono stati Lelio Basso e il Psiup - non era possibile racchiuderlo in un ruolo solamente politico. La sua produzione in libri, articoli e saggi è stata ricchissima. Non si è mai risparmiato. E si devono proprio a De Santis le prime analisi critiche su Cuba, Che Guevara e Fidel Castro, sempre collocate nel contesto più ampio della storia peculiare dell’America latina e del Terzo mondo.
Ma lui era soprattutto un giornalista. Dopo la laurea in giurisprudenza si era trasferito a Torino per frequentare l’Istituto post-universitario per lo studio dell'organizzazione aziendale (Ipsoa). Poi, tra il 1956 e il 1958, aveva vissuto in Argentina e Cile, esperienza che avrebbe dovuto costituire l’inizio di una brillante carriera dirigenziale alla Società di Navigazione «Italia». I suoi interessi però erano altri. Nel 1960 è assunto come programmista-regista alla Rai e si trasferisce a Roma. Nel 1962 diventa redattore della sezione esteri dell’allora Telegiornale unico (TG1) ed è inviato in modo permanente per due anni in America latina. Erano i tempi in cui si scopriva Cuba non più come oasi felice per ricchi americani in cerca di allegria: la rivoluzione dei barbudos, con la «crisi dei missili» e la scelta comunista, era diventata un problema. De Santis inizia a raccontare l’esperienza cubana con le sue luci e ombre. In quel periodo vince il premio giornalistico Saint-Vincent per le sei puntate di un lungo servizio dal titolo America latina. Capire un continente. Entra poi a far parte del leggendario programma di inchieste TV7 in qualità di inviato speciale e caposervizio.
Nel 1976 De Santis è nominato capostruttura della Rete 1 della Rai. Pochi anni dopo lascia la Rai e passa alla Rizzoli, dove è responsabile del settore programmi d’acquisto e vicedirettore per il settore cinema-TV. Quando lo scandalo P2 avvolge la Rizzoli non ha un attimo di perplessità, e si licenzia. Per campare in quella fase si acconcia a fare il traduttore dall’inglese, fino a quando ritorna in Rai. Voglio ricordare il suo lavoro a Medicina 33 e La notte della Repubblica, alla cui realizzazione lo chiamò Sergio Zavoli. Ultimi impegni: la trasmissione di Rai 3 Format di Giovanni Minoli e - come consulente - La Grande storia. Non ha mai smesso, tuttavia, di riflettere e scrivere sulle vicende dell’America latina, aiutandoci a capire e interpretare quello che accadeva in quei luoghi.

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

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a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.