sarebbe meraviglioso se tu facessi un breve
articolo (anche una o due pagine) di definizione e descrizione dell'Ukip (e non
tanto di personalizzazione su Farage).
La discussione nel Mov. 5 stelle è scoppiata
in forma pessima ed è tutta concentrata su questa o quella frase di Farage.
In realtà basterebbe andare a cercare la voce
Ukip in wikipedia (voce che si presume l'abbiano scritta loro stessi e nel
leggerla si vede che è proprio così) per capire che ci si trova davanti a un
partito nato dalla tradizione dei conservatori inglesi (quindi dal mondo della
Thatcher), che è profondamente nazionalista, ma alla maniera degli inglesi:
cioè vogliono essere estranei a qualsiasi forma di collaborazione
internazionale che non sia da loro dominata (nostalgie del Commonwealth), a
qualsiasi abbassamento delle frontiere della Gran Bretagna insulare, secondo
una tradizione di isolazionismo imperialistico che l'Inghilterra ha sempre
avuto e che anche i laburisti appoggiarono. Non dimenticherò mai l'anno delle
prime elezioni europee (1979) in cui addirittura Ernest Mandel andò a fare
campagna per i laburisti e per l'uscita della Gran Bretagna dalla Cee.
Insomma, ci troviamo davanti a un partito
filocapitalistico in forma esplicita, nazionalista e profondamente conservatore
(loro si definiscono anche liberali, ma nel senso di fautori del liberismo). E
se mi mettessi a parlare dell'Irlanda del Nord (di cui stranamente si sono
tutti dimenticati) si vedrebbe che l'Ukip la pensa come la stragrande
maggioranza dell'establishment politico britannico, e cioè che l'Ulster è loro
e guai a chi lo tocca (a me basterebbe questo per condannare l'Ukip e tutti
coloro che lo sostengono).
Le loro preoccupazioni per le politiche di
controllo dell'immigrazione sono cosa seria - da non confondere quindi con il
razzismo (casomai la xenofobia) - ma hanno il difetto di puntare alla difesa
degli interessi capitalistici (imperialistici) britannici visti in opposizione
a quelli «stranieri». Dopodiché è vero che non si può proseguire con
l'immigrazione selvaggia: ma se questa preoccupazione la esprimo io che sono
per la rivoluzione mondiale e che vorrei investire energie per risolvere il
problema degli immigrati nel loro paese d'origine, è un conto. Se lo dice un
difensore dell'imperialismo (italiano o britannico poco importa) è un'altra
cosa. La differenza è di classe - si sarebbe detto un tempo.
Attenzione però a questo insopportabile
metodo volgare e cialtrone della ex sinistra, consistente nel bollare tutto
come «fascismo», «razzismo» ecc. Esistono anche partiti conservatori «seri»
(pensa a Monti in Italia, benché si situi all'opposto dell'Ukip sull'Europa, e
soprattutto al vecchio Partito liberale). E magari può darsi anche che l'Ukip
sia un partito reazionario e conservatore «serio» (sulla serietà reazionaria
dell'Ukip, però, preferisco ancora non pronunciarmi - vorrei documentarmi
meglio).
Ora lascio qui, ma voglio ricordare ai
compagni (ai quali ho deciso di mandare copia) che, senza usare toni forti o
categorie obsolete, considero una posizione grave il voler uscire dall'Europa
per tornare di fatto alla presunta sovranità nazionale di uno Stato capitalistico
e imperialistico come l'Italia, per giunta ultracorrotto in tutte le sue
manifestazioni partitiche, religiose e presidenziali. Considero grave voler
uscire dall'Euro, per tornare di fatto alla moneta nazionale, sempre
all'interno di una società capitalistica (posizione tecnicamente impraticabile,
ma, se per disgrazia lo fosse, implicherebbe anche un crollo del livello di
vita delle masse lavoratrici senza precedenti nella storia italiana). Considero precapitalistico tutto ciò che
riporta il sociale all'interno dei confini nazionali. Considero precapitalistiche
molte delle esternazioni «anticapitalistiche» della Chiesa. Considero
precapitalistiche molte delle posizioni euroscettiche, che in Italia accomunano la destra fascista - quella vera - a quasi
tutta la gruppettologia dell'ex estrema sinistra.
Attenzione, hanno motivazioni diverse per
cercare la stessa cosa: cioè un ritorno allo Stato nazionale, per giunta
«questo» Stato nazionale che mai è stato così orrendo nella storia d'Italia - a
parte l'era mussoliniana. Bisogna farsi beffe di quelli che dicono: «voglio
uscire dall'Europa ma non per tornare al capitalismo italiano, bensì al
socialismo ecc. ecc.» Frasi semplicemente dementi, perché l'Italia è
capitalistica e tale resterà anche dopo l'uscita dall'Europa. Anzi regredirà
sul piano della struttura capitalistica, vista la necessità di tornare a
politiche ultraprotezionistiche, difesa della lira (che sarebbe ultrasvalutata
rispetto all'era pre-euro). Il suo capitalismo peggiorerebbe, la sua corruzione
partitica peggiorerebbe (e non vi dico dell'aspetto culturale di cui mi sembra
che non importi niente a nessuno, ma a me e chissà quanti altri sta invece
molto a cuore).
A chi dice che questa Europa fa schifo (e ha
ragione), bisogna rispondere che l'Italia fa ancora più schifo, per non parlare
dello «schifo» che in me suscitano i vari nazionalismi britannico, francese o
polacco che sia.
In generale mi fa schifo il nazionalismo e
ritengo che rispetto all'epoca della Prima internazionale (quando si cominciò a
sognare la fine delle barriere nazionali da parte non solo di Marx e Bakunin -
quest'ultimo con il limite panslavistico - ma anche di Garibaldi, Herzen,
Proudhon, i fourieristi ecc. - per non parlare degli Wobblies statunitensi agli
inizi del Novecento) uno dei più grandi crimini dello stalinismo e della socialdemocrazia,
sia stato di aver reinserito il nazionalismo nel movimento operaio dove era
stato assente alle origini: colpevole più lo stalinismo che la
socialdemocrazia. In Italia si sarebbero salvati da questo veleno i seguaci di
Rosselli, di Giustizia e Libertà e del Partito d'Azione, se fossero
sopravvissuti nel dopoguerra.
Insomma, questa mia tiritera per riassumere
il tutto nella frase semplificatrice, schematica e il più settaria possibile: tutto ciò che riporta al nazionalismo è
reazionario punto e basta. Mentre tutto ciò che rompe le barriere nazionali è
da esaminare, cioè da combattere o da approvare secondo i casi.
Il movimento di Grillo era attraversato dalle
due anime (nazionalista e altreuropeista). Grillo aveva addirittura ammesso che
tra lui e Casaleggio c'era questa differenza. Ed io mi sono astenuto alle
Europee anche perché non avrei mai potuto dare il mio voto a un gruppo di
deputati che non fossero stati chiari (cioè antinazionalisti) su tale
questione. Grillo aveva certamente avviato i rapporti con l'Ukip prima delle
elezioni (niente di male in questo). Ora però sta cercando di imporre questa
scelta al M5S usando metodi di manipolazione del consenso infantili, che si
ritorceranno contro il Movimento stesso, bloccandone parzialmente la crescita politico-culturale:
negli anni a venire basterà operare uno stillicidio di informazioni (vere o plausibili)
su ciò che l'Ukip fa nel Parlamento britannico (o, attenzione: che suoi singoli
membri fanno nel Parlamento britannico) per demolire l'immagine di onestà e
pulizia di cui il M5S ha goduto in Italia. La società dello spettacolo - di cui
tanto si è finora avvantaggiato Grillo - sotto questo profilo non perdona.
Su questa deriva del M5S saremo purtroppo
costretti a tornare. Politicamente, però, dobbiamo trovare un ponte con quella
parte del M5S che su questo scontro interno crescerà: ovviamente con la parte
antinazionalista (ma non per questo necessariamente internazionalistica - la
coscienza dell'internazionalismo è una conquista molto più difficile, dura e
lunga nel tempo).
Caro Michele, avevo cominciato a scriverti
per spingerti a fare l'articolo, ma poi pensando che altri compagni leggeranno
questa lettera mi sono lasciato andare a considerazioni libere e spontanee,
purtroppo affrettate. Resta il fatto che una descrizione puntuale dell'Ukip
(magari unita a brani di questo mio sfogo) sarebbe utilissima in questo
momento. Se non vuoi farlo per me, fallo per quel qualche milione di giovani
che in Grillo hanno creduto perché sembrava indicare loro un futuro diverso,
migliore, anche se non rivoluzionario o anticapitalistico.
Bacioni omofoni ed extracomunitari
Roberto
_____________________
Caro Roberto,
provo a risponderti
tra un impegno lavorativo e l’altro. Quindi anch’io con relativa improvvisazione.
L’avvicinamento di
Grillo a Farage è una forzatura maldestra e dannosissima nei confronti della
sua base simpatizzante ed elettorale, che non può che prestare argomenti a
quanti, a destra e sinistra, sono terrorizzati dalle potenzialità del M5S.
A sinistra, farà
contento chi non ha capito nulla della complessità, eterogeneità e
contraddittorietà del fenomeno M5S e, specialmente, delle ragioni per cui esso
è possibile e del suo significato obiettivo nel contesto italiano. Non potranno
mai ammettere che le potenzialità residue del «popolo di sinistra» in questo
paese sono state bruciate in vent’anni di codismo strategico nei confronti del
centrosinistra (preceduti da decenni di codismo nei confronti del Pci), giunte
a maturazione finale nell’appoggio al secondo governo Prodi. Chi, a sinistra,
ha urlato «Grillo fascista!» «Reazionario!», troverà ora conforto alla sua
insicurezza e attaccamento senza senso (anticapitalistico) ai partitini
nostrani. A destra, cioè il Pd e forse anche il Pdl, potranno tirar fuori con
maggior forza gli argomenti del populismo, dell’irresponsabilità,
dell’inconcludenza ecc., facendo passare nell’ombra il fatto che ciò che ha
realizzato il Pd e i suoi predecessori è il più duro attacco contro i diritti
sociali e democratici del secondo dopoguerra, con responsabilità reali ben
maggiori dello stesso centrodestra.
Ciò che appare
contraddittorio è che, tutto sommato, il M5S in Italia è apparso, fino ad ora, come
l’alternativa progressista alla strumentalizzazione del disagio sociale e del
malcontento politico da parte di partiti realmente reazionari o conservatori,
che però si atteggiano demagogicamente a nemici dell’establishment (penso in
primo luogo alla Lega, ma anche a certe frange del berlusconismo). Il successo
del M5S ha un significato opposto a quello dell’Ukip. Quest’ultimo non è certamente
fascista, e nemmeno reazionario e xenofobo nello stesso senso della Lega. Su The economist, settimanale di sicura
fede liberale e non favorevole all’Ukip, scrivono riguardo a una parte della
base elettorale dell’Ukip, che si tratta di «deeply pessimistic, working-class
white men» e l’Ukip «is much less objectionable than many of the popuist
outfits growing across Europe. This reflects Briton’s historic wariness of hate
preachers, which Ukip’s rise has in fact reinforced, by hastening the demise of
the racist British national party» (5 aprile 2014, p. 35, editoriale di
Bagehot).
Per inquadrare
questo giudizio, si deve tener conto del durissimo atteggiamento tenuto da The economist nei confronti di
Berlusconi. Anche riguardo al problema dell’immigrazione, le posizioni
dell’Ukip sono più dure ma non qualitativamente molto diverse da quelle di
tanti partiti di governo in Europa. Il «popolo di sinistra» italiano non ha
memoria, altrimenti ricorderebbe che i gruppi parlamentari del Prc, Pdci e
Verdi hanno votato per la realizzazione dei campi di reclusione provvisoria per
gli immigrati, i famigerati Cpt (seduta della
Camera del 19/11/1997, ddl n. 3240).
Resta il fatto che
l’Ukip nasce come costola ultraliberista del Partito conservatore e che la sua
politica in materia di immigrazione è integralmente nazionalista, molto dura
negli effetti possibili anche per i cittadini europei oltre che per i non-europei.
Il punto è che su diverse e importanti questioni Ukip e M5S hanno poco o nulla
a che spartire, come spiega bene un articolo del Fatto quotidiano («Europee.
Nucleare, immigrati e mercati: programmi M5S, Verdi e Ukip a confronto», di Alessio Pisanò, 1 giugno) .
L’unico punto di
rilievo che li avvicina è l’«euroscetticismo» di una parte del M5S (ma non
tutto) e, anche in questo, non sono affatto coincidenti: l’Ukip ha una
posizione chiarissima, favorevole all’uscita dall’Unione europea, il M5S no:
ondeggia variamente, è contraddittorio con alcuni dei 7 punti del programma
elettorale, ma nonostante i tentativi di Grillo di non prendere posizione
chiara sull’Europa onde non spaccare il movimento, anche su questo tema il M5S
è più vicino alla sinistra europea che all’Ukip (vedi la proposta degli
Eurobond incompatibile con l’uscita dall’euro).
Lo stesso successo
dell’Ukip, è stato fatto notare, pare strettamente legato alla posizione
nazionalista antieuropeista e alla scadenza elettorale europea: nelle politiche
nazionali del 2010 prese un milione di voti, il 3% dei voti validi, nelle
europee del 2009 un totale di 2,5 milioni e in queste 4,3 milioni di voti
validi. Una differenza enorme che, come scrivi, può esprimere la forte corrente
anti-europeista presente da sempre nel Regno Unito, anche a sinistra (ma non
dimentichiamo il Pcf, in questo tradizionalmente in concorrenza con i
gollisti!). E di passata: con l’astensionismo britannico nelle europee al 66% e
un corpo elettorale di 45 milioni (circa quanto l’Italia), 4 milioni di voti
validi equivalgono al 9% dell’elettorato, meno della metà del consenso reale
espresso per il M5S nel 2013.
Da una parte mi
chiedo cosa abbiano a lamentare di questo orientamento di Grillo i «sinistri»
italici che proclamano l’uscita dall’eurosistema e dall’Unione europea come indispensabile
panacea: in questo si trovano ad affiancare nell’errore la destra nazionalista.
Ma non c’è da stupirsene troppo, visto che sono riusciti ad appoggiare i
governi imperialisti del centrosinistra italiano e a negare che esista un
imperialismo russo, convertendo Putin in un campione dell’antifascismo!
Dall’altra, questa mossa di Grillo è rivelatrice, non tanto di una sua essenza
reazionaria, quanto di una mediocrità del suo orizzonte politico e, forse,
perfino di ingenuità. Del resto non è un mistero che è privo di una solida formazione
teorica e di esperienze politiche o di lotta degne del termine. Non che queste
garantiscano alcunché, ma tu sai bene Roberto quanto invece sia negativo non
averle
Mi viene alla mente un paragone con Berlusconi, in questi termini:
entrambi bravi a far campagna elettorale, decisamente meno bravi ad
amministrare il successo. La similitudine però finisce qui, perché mentre i
contenuti della politica di Berlusconi sono sostanzialmente coerenti con la
posizione sua e dei suoi accoliti nel sistema di potere italiano, quelli di
Grillo e del M5S no, perlomeno ora rispetto all’Europa e a questa infatuazione
improvvisa per un partito della destra nazionalista. E ancor più importante: se
Berlusconi mirava e mira a rafforzare questo sistema di potere - il che è una
ragione dei favori che gli sono sempre stati fatti dal centrosinistra - chi sta
con il M5S si considera invece all’opposizione o anche fuori del sistema,
magari punta addirittura a distruggerlo (limitatamente alla sfera politica e
del sistema dei partiti, perché se ci mettiamo a parlare di capitalismo e
rapporti di produzione non sanno più a che santo rivolgersi).
Sotto questo profilo puramente istituzionale, comunque, va riconosciuto
che il M5S finora è stato coerente: cosa che non può assolutamente dirsi di
Rifondazione, Pdci, Sel e Verdi (e prima di loro di Democrazia Proletaria,
Pdup, Avanguardia Operaia ecc.). Questa è anche la ragione per cui è risibile
la pretesa di questi partiti di poter fare una Syriza italiana: per i troppi
compromessi con il Pci prima e col centrosinistra poi - onde poter entrare a
far parte a pieno titolo della casta politica - hanno perso l’occasione storica
data dalla mutazione del Pci e ora continuano a pagarne lo scotto, anche in
termini elettorali (continuando anche nel 2014 a perdere voti – tanti,
se si sommano le due liste delle precedenti politiche).
Per concludere. Grillo e il M5S sono confusi quanto alle prospettive, e
l’apertura a un partito della destra nazionalista non solo non fa che aumentare
la confusione, ma può bloccare l’evoluzione politica del M5S. Sicuramente lo
dividerà all’interno seriamente e senza che nuove espulsioni possano impedirlo.
Che dire? La divisione su un tema politicamente così significativo in
seno al M5S potrebbe essere un fatto positivo, se permettesse una vera
discussione interna e non il solito smanettamento internautico. Ma potrebbe
essere un disastro se invece questa venisse bloccata dai due capi «carismatici» (o da uno soltanto). In tal caso il M5S entrerebbe in
contraddizione con se stesso, con le sue aspirazioni alla democrazia diretta
interna e inizierebbe a perdere le caratteristiche di «movimento» per assomigliare
sempre più ai partitini che vuole combattere e che funestano il mondo della lotta
antisistema ormai da decenni.
Aggiungi a questo le possibilità di carriera politica aperte da un movimento
con tutti quei voti, e la frittata è fatta. Non sarebbe certo la prima volta,
ma non è una consolazione. Quando tu, prima delle elezioni, scrivevi
denunciando il fatto scandaloso delle 5.091 autocandidature per una ventina di posti a Strasburgo, avevi già indicato
questa possibile deriva del M5S: un concorsone di Stato che tradisce anche la
massa di aspettative materiali che stanno alla base del movimento, oltre alla
presunzione e alla mancanza di senso delle proporzioni da parte di una fetta così grande di iscritti al M5S.
Insomma: i prossimi giorni, quando sarà decisa l’adesione a un qualche
gruppo del Parlamento europeo, potremo precisare meglio l’analisi. Resterà
comunque il fatto imperdonabile, a imperitura memoria, che Grillo abbia potuto
anche solo proporre la confluenza di un movimento giovane e originariamente
antisistema come il M5S con un partito reazionario, esponente della destra nazionalista
dell’imperialismo britannico.
Michele
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