[In Italiano - In English]
ITALIANO
La dipendenza
europea dai rifornimenti energetici dalla Russia è naturalmente un problema
politico oltre che economico. È naturale che i maggiori paesi europei cerchino
di realizzare alternative a questo stato di cose o almeno possibilità di
diversificazione nei rifornimenti. Altrettanto naturale è che ciò porti a una competizione
ancora una volta economica e politica. Poiché il conflitto energetico occuperà
una notevole parte della politica internazionale di questo secolo, può essere
utile cominciare a mettere a punto i termini della questione in un’area di
immediato interesse.
A- I PROGETTI EUROPEI
Il Nabucco
Il Progetto
Nabucco ha come oggetto un gasdotto che rifornisca l’Europa di gas del
Caucaso non russo, dell’Asia Centrale e dell’Iraq senza passare per la rete
russa. Inizierebbe dalle frontiere turco-georgiana e turco-iraqena, si
collegherebbe con gli esistenti gasdotti caucasici (particolarmente il South Caucasus Pipeline, della British Petroleum, che inizia in
Georgia; è detto anche Bte, dal suo percorso: Baku, Tbilisi, Erzurum). Era
stato previsto un costo di 7.900 milioni di euro, e l’inizio della costruzione
per il 2013. Per la realizzazione è stato costituito un consorzio di imprese di
più paesi: la Bulgarian Energy Holding,
la turca Botas, l’ungherese Fgsz, l’austriaca Omv, la tedesca Rwe e la
rumena Transgaz.
Si parla anche
della costruzione di un ulteriore gasdotto, il Trans-Caspian Gas Pipeline che
collegherebbe, attraverso il Caspio, il Turkmenistan e l’Azerbaigian.
Se i problemi e le
difficoltà di realizzazione del Nabucco risultassero eccessivi, sarebbe allora
il Trans-Caspian Gas Pipeline a
diventare appetibile ai progetti europei: questo perché in ordine all’attuale
rete di collegamento energetico fra Iran e Turkmenistan c’è l’insormontabile
problema della mancanza di autonomia dell’Europa in politica estera rispetto
agli Stati Uniti, e nella fattispecie c’è l’Iran. Il che vuole dire incorrere
nello Iran and Lybia sanctions Act,
del 1996, con cui gli Stati Uniti applicano sanzioni alle imprese che investano
più di 40 milioni di dollari in campo energetico in Iran. Sulla strada del Nabucco, tuttavia, si pongono rilevanti
problemi.
a) Il problema finanziario
Il progetto Nabucco deve superare innanzi tutto il
problema del suo finanziamento, poiché i membri del consorzio da soli non ce la
farebbero. Sono previsti fondi comunitari dell’Ue (attraverso l’European Investment Bank-Eib e l’European Bank for Reconstruction and
Development-Ebrd), ma non è detto che poi questo si concretizzi davvero,
giacché in questo caso le compagnie energetiche del Vicino Oriente, del Caucaso
e dell’Asia Centrale che fornirebbero il gas al Nabucco non partecipano alla sua costruzione, al contrario di quel
che per lo più avviene in casi del genere. In definitiva il progetto europeo
non dispone di sicuri finanziamenti governativi, a differenza di quelli della
russa Gazprom, che è un monopolio
protezionista del governo russo.
In aggiunta c’è il
fatto che le compagnie energetiche non facenti parti del consorzio Nabucco, ma
che lo utilizzeranno in base alle condizioni poste dall’Ue, interverranno
finanziariamente solo in seguito attraverso il pagamento dei diritti di
utilizzazione.
Tuttavia in tempi
di crisi economica anche l’intervento dell’Ue – che teoricamente dovrebbe
coprire il 50% del costo - è diventato problematico e, sempre per via della
crisi che ha portato alla riduzione dei consumi energetici in Europa, tra gli
stessi membri del consorzio Nabucco
serpeggia il dubbio sulla convenienza dell’operazione, tanto più essendo
diventato ormai chiaro che il maggior peso sarà a carico di investimenti
privati. Ciò vuole dire che il consorzio dovrebbe ricorrere a prestiti di
banche internazionali disposte a concederli.
b) Il problema di quale gas andrebbe al Nabucco
Al riguardo è
ancora tutto in discussione. In teoria ci sarebbe il gas azerbaigiano: in
teoria, perché esso è attualmente estratto dalle statunitensi Chevron e Exxon Mobile, e dalla francese Total,
dalla norgevese Statoil, dalla British Petroleum, dalla turca Petroleum Overseas Company Ltd. Sul
piano politico l’Azerbaigian comunque non crea problemi, anzi.
Ci sarebbe anche il
Turkmenistan, le cui riserve di gas sono un quarto di quelle mondiali. In più
questo paese ha una forte capacità di esportazione di energia – pur avendo
riserve inferiori a quelle iraniane – poiché la sua economia è meno dipendente
da tale risorsa. Il Turkmenistan ha una vasta clientela fra cui anche Cina,
Russia e Iran (per le sue necessità interne). Il problema è se per il Turkmenistan
rifornire l’Europa sia davvero una priorità o un affare in termini globali,
giacché susciterebbe le razioni della Russia, ostile a Nabucco, e il
Turkmenistan non se lo può permettere.
Ci sarebbe il
Kazakistan, anch’esso con molti clienti, per cui rifornire il Nabucco gli
interessa assai poco, a differenza dell’aumento della lucrosa domanda cinese,
che potrebbe far raggiungere al paese il limite della sua capacità di
esportazione. Dal canto suo l’Uzbekistan
sarebbe di scarso peso, giacché l’80% della sua produzione di gas va al suo
consumo interno.
Migliore è invece
la potenzialità di rifornimento dell’Iraq, ma in concreto gioca a sfavore la
sua attuale instabilità interna causata dall’invasione statunitense.
I progetti Itgi
(Interconnector Turkey-Greece-Italy)
e Tap (Trans Adriatic Pipeline): ma sono una vera alternativa?
Per quanto il
progetto Nabucco sia stato già
avviato, non mancano in Europa i fautori di una sua radicale alternativa. Essa
consisterebbe nel prolungamento fino all’Italia dell’esistente gasdotto
turco-greco che prende gas dal Caucaso. Sarebbero però necessari adeguati
ampliamenti della sua capacità di trasporto dalla Turchia.
L’altra ipotesi
sarebbe il progetto Trans Adriatic Pipeline consistente nel far passare il predetto
gasdotto turco-greco attraverso l’Albania fino all’Italia.
Assai meno
praticabile appare il progetto White Stream, che arriverebbe in
Europa partendo dall’Azerbaigian, passando per la Georgia, attraversando il Mar
Nero e continuando poi per l’Albania. Sulle sue possibilità di successo pendono
due spade di Damocle: l’alto costo necessario per il tratto subacqueo
attraverso il Mar Nero, e l’incertezza su possibili futuri fornitori di gas.
Le alternative già esistenti ma dall’affidabilità
aleatoria
Senza dover
realizzare nuovi megaprogetti costruttivi e senza andare tanto lontano, ci si
potrebbe rifornire dai produttori del Nordafrica e del Golfo Persico. Questi
ultimi posseggono sicuramente il 42% delle riserve mondiali di gas e dal canto
loro Algeria e Libia hanno riserve ancora non ben stimate. Il Portogallo per
esempio non usa energia russa, ma si approvvigiona dall’Algeria. L’ostacolo a
che l’Europa si rivolga massicciamente a questi produttori consiste nella loro
instabilità politica interna e nel fatto che passare da una dipendenza russa a
una islamica potrebbe non essere proprio un buon affare.
La Norvegia
Assai utile ai fini
del rifornimento energetico appare la Norvegia, per via delle regioni
dell’artico sulle cui riserve di gas ancora da scoprire si favoleggiano cose
meravigliose. In questo caso si tratta di investire nelle tecnologie
infrastrutturali necessarie a comprimere e trasportare il gas liquido locale.
B- I PROGETTI RUSSI
In questa fase
esponiamo solo i termini fondamentali della progettualità russa in materia di
esportazione energetica, e in altro paragrafo parleremo della strategia
generale russa.
Il North Stream
Si tratta di un
progetto russo-tedesco per portare gas russo alla Germania attraverso il Mar
Baltico, col vantaggio per Mosca e Berlino di non passare per i paesi dell’ex
impero sovietico in Europa. Per Mosca ciò vuol dire ridurre la sua dipendenza
da Bielorussia e Ucraina per l’invio del gas in
Europa e diventare – e in modo concreto - un partner privilegiato per la
Germania. Inoltre questo gasdotto attribuisce a Mosca un maggior potere
contrattuale circa i prezzi di vendita come quasi monopolista nella produzione-distribuzione
del gas europeo e – perché no – un maggior peso politico sui paesi dell’Est
Eeuropeo, anche a motivo del virtuale potere di aprire e chiudere i rubinetti
energetici. Per finire, con il North
Stream la presenza militare russa nel Baltico diventa di primaria
importanza strategica, economica e militare.
Per Berlino il
vantaggio sta nel fatto che, pur essendo presentato come paneuropeo questo
progetto, in realtà la destinataria del gas russo è la Germania. Non si sa mai,
come si suol dire. Infatti, se un domani la russa Gasprom dovesse avere difficoltà nell’aumentare la sua produzione
per l’Europa (nel lungo periodo una caduta nella produzione di gas russo è
presa in considerazione come abbastanza sicura) non vi è dubbio che allora essa
farebbe la tara fra clienti più importanti e clienti meno importanti: in questo
caso tra i primi ci sarebbe senz’altro la Germania, e fra i secondi i paesi
dell’Est e, forse, qualche paese dell’Ue meno qualificato. Inoltre, mentre la
Germania è la vera partner di questa operazione, sul Nabucco il suo ruolo è di minore incisività.
Il South Stream
Si tratta di un
progetto russo-italiano finalizzato a fare fronte alla probabile diminuzione
della capacità produttiva russa, gestito dal consorzio South Stream Ag, sito in Svizzera. Vi partecipano – oltre alla Gazprom e all’Eni (30%) – ma con un ruolo secondario, la francese Edf Sa, l’austriaca Omv, la Bulgarian Energy
Holding, la greca Desfa,
l’ungherese Mfb e la serba Srbijagas. Per la Russia dovrebbe
trattarsi del vero concorrente del Nabucco
per il fatto che prenderebbe il gas dalle stesse regioni da cui dovrebbe
prenderle il Nabucco, seguendo una
rotta parallela a quest’ultimo e terminando anch’esso in Austria. Ne consegue
che i due progetti non sono fra loro complementari, bensì avversari. Va poi
tenuto presente che i lavori per il South
Stream dovrebbero cominciare nel 2013 e dovrebbe iniziare a operare nel
2015, mentre l’operatività del Nabucco
– se si farà davvero – è prevista per il 2017 (salvi ritardi). Quindi – se i
tempi fossero rispettati – il South
Stream arriverebbe per primo a stipulare contratti con i fornitori della
materia prima, e il Nabucco
realizzato potrebbe diventare la classica cattedrale nel deserto, con il conseguente fallimento del suo consorzio e
degli incauti ulteriori investitori.
Passando per il Mar
Nero fino a Varna e lì biforcandosi – un ramo verso l’Austria e l’altro verso
l’Italia Meridionale - il South Stream
ha per la Russia il vantaggio di evitare il Caucaso e (altro pericolo per la
dipendenza europea) il suo terminale di arrivo in Italia in prospettiva
potrebbe essere collegato con il Nordafrica, con grande scorno di Francia e
Usa. Inizialmente anche la Turchia era esclusa dal suo percorso, ma alla fine
del 2011 ha
raggiunto un accordo con i Russi per il passaggio del gasdotto nelle sue acque
territoriali.
Da notare
l’importanza che nel percorso del South
Stream assume la Serbia, tradizionale alleata della Russia (gli accordi
russo-serbi in ordine a questo progetto sono stati firmati dalla Serbia la
settimana seguente alla autoproclamata indipendenza del Kóssovo).
La strategia
commerciale-politica della Russia è estremamente chiara: mantenere la propria
posizione egemonica (o quasi) in Europa per il rifornimento di gas, e
utilizzare le linee di distribuzione per legare a sé i paesi europei
attraversati secondo la classica prospettiva del divide et impera nei territori dell’Ue, dando loro la prospettiva
di diventare a loro volta gas hubs
(praticamente terminali di partenza) per rifornire ulteriori paesi (come per
esempio potrebbe essere un domani il caso dell’Austria), e rafforzando i legami
politici con essi. La strategia europea di diversificazione presuppone, per il
suo buon esito, una forte coesione istituzionale fra gli Stati, che
evidentemente la Russia intende incrinare: e in questa direzione diventano
strumentalmente essenziali gli appoggi di Germania e Italia.
È chiaro che se il South Stream portasse all’insuccesso dal
Nabucco – che oltretutto dipende in
modo maggiore dai finanziamenti privati - la Gazprom avrebbe un grosso margine di manovra nella determinazione
dei prezzi
A oriente della
strategia russa c’è il mantenimento di favorevoli contratti di lunga durata con
i fornitori di gas dell’Asia Centrale, in modo da poter poi praticare ai
clienti europei prezzi ben più alti, in concreto vendendolo come gas russo.
Questo economicamente e politicamente implica che la Russia incrementi la sua
posizione in Asia.
Già nel 2007 la
Russia ha concluso accordi regionali con Venezuela, Argentina e Bolivia per
creare l’Opegasur (Organización de Países Productores y
Expofrtadoresn de Gas del Sur) e ora punta a un cartello internazionale che
unisca Russia, Iran, Libia (ma qui qualcosa è cambiata), Algeria, Qatar,
Venezuela, Trinidad e Tobago. Non ne farebbero parte i paesi dell’Asia Centrale
produttori di gas, i quali rimarrebbero nella classica posizione semicoloniale
di fornitori di materie prime al più basso costo possibile. Riconquistare una posizione
egemonica nell’area è necessario per Mosca non solo a tale fine, ma altresì in
relazione alla futura caduta di produzione di gas russo, perché se non riesce a
mettere le mani sul gas asiatico – stabilmente e ampiamente – allora addio
sogni di gloria, per la Gazprom e per
la Russia.
In questa
prospettiva il conglobamento dell’Iran è importante, poiché in tal modo –
approfittando della situazione di isolamento di quel paese che gli impedisce di
concorrere con la Russia nella vendita di gas – la Gazprom si assocerebbe a un suo rivale virtuale nella fase in cui
esso è (per così dire) bloccato, dividendo con esso il mercato: nel senso di
cedere pacificamente all’Iran il mercato asiatico. Naturalmente previo lucroso
aiuto all’Iran affinché adegui le proprie strutture e infrastrutture di
produzione e distribuzione.
C- LA CINA
I problemi energetici della Cina
Lo sviluppo cinese
ha un disperato bisogno di rifornimenti energetici. È cosa nota. Vediamo la
situazione attuale e le prospettive. Attualmente in Cina il consumo di gas è
pari al 10% di tutta l’energia utilizzata, ma il consumo di gas è raddoppiato
negli ultimi 4 anni, passando da da 40 ad 80 miliardi di metri cubi all’anno,
secondo la Statistical Review of World
Energy.
Il problema
energetico per tutte le grandi e medie potenze (Usa in testa) attiene
strettamente alla sicurezza nazionale, e dove i governi sono autoritari è ovvio
che le imprese energetiche nazionali siano strumenti di politica economica e di
politica tout court per conseguire
obiettivi strategici. Così, come in Russia la Gazprom è monopolista per il gas
sotto la protezione (e il controllo) dello Stato, così è in Cina – ma
con un’intensità maggiore – per la Sinopec
(China Petroleum and Chemical Corporation),
la Cnooc (China National Overseas Oil Company) e la Pretrochina. Soprattutto in Cina questa dipendenza dallo Stato
comporta che le politiche energetiche siano terreno di competizione fra fazioni
della burocrazia cosiddetta “comunista” e i gruppi economici a esse collegati.
Negli ultimi tempi
la Cina ha ricevuto una parte rilevante delle forniture energetiche dall’Iran e
dall’Arabia Saudita. Ovviamente le imprese statunitensi nel Golfo Persico hanno
posto alla Cina il problema della aleatorietà di siffatti rifornimenti, i quali
in buona sostanza finiscono col dipendere
da ciò che fanno gli Stati Uniti e dalle situazioni che creano. Poiché sono ben
noti i sinistri intendimenti – politico-economici e militari - degli Usa nei
confronti della Cina, aggirare la vulnerabilità dei rifornimenti cinesi in atto
diventa un problema di primaria importanza.
Conseguentemente, la Cina sta incrementando i propri rapporti
commerciali con Kazakistan, Uzbekistan, Australia, Sudan, Angola, Venezuela e
Brasile. Ai primi di aprile sono diventati operativi gli accordi fra Cina e
Uzbekistan per una fornitura annua di 10 miliardi di metri cubi di gas
attraverso una pipeline che da
Samandepe (sudest del Turkmenistan), si sviluppa per più di 7.000 chilometri
attraverso Uzbekistan e Kazakistan fino a Lunnan, nella provincia cinese di Xinjiang.
Per una vera
integrazione energetica fra Cina e Russia non esistono problemi geografici di
difficile soluzione tecnica; semmai finora c’è stato come ostacolo
l’atteggiamento della Russia che vuole fare la parte del leone in Asia Centrale
massimizzando i suoi profitti, e per questo è riottosa a entrare in una reale
partnership con la Cina. Tuttavia c’è il fatto che Russia e Cina in politica
estera sono abbastanza allineate dovendo fronteggiare entrambe la politica di
dominio degli Stati Uniti, per cui è tutt’altro da escludere un domani la
conclusione di accordi specifici russo-cinesi. Tali accordi, fra l’altro,
materializzerebbero uno degli incubi di Washington. Intanto c’è da mettere in
conto l’avvenuta attivazione, a gennaio del 2011, di un oleodotto russo che
collega la città siberiana di Skovorodino con i terminali di Daqing, nel nordest
della Cina.
Esso rientra nel
più vasto piano energetico russo verso il Pacifico, denominato East Siberia
to Pacific Pipeline Shipment Project che dovrebbe svilupparsi per 4.600 km.
* * *
ENGLISH
ENERGETIC
STRATEGIES OF EUROPE, RUSSIA
AND CHINA by Pier
Francesco Zarcone
(English translation by the Author)
The European dependence from the Russian energetic
restocking is naturally a political problem, and not only economic. Naturally
the most greater European want to realize alternatives or at least possibility
of diversification in the restocking. This situation causes a competition once
more economic and politics. The energetic conflict will occupy a notable part
of the international politics in this century, so that it could be useful to
set up the terms of the matter in relation to an area of pour immediate
interest.
THE EUROPEAN
PROJECTS
The Nabucco project
This project has as object a pipeline for supplying
Europe of gas from the not Russian Caucasian
regions, Central Asia and Iraq without passing through the
Russian net. Nabucco should begin from the Turkish-Georgian and the
Turkish-Iraqi frontiers, in connection with the existing Caucasian pipelines (particularly
the South
Caucasus Pipeline - of the British
Petroleum - that begins in Georgia and also called Bte because of its run: Baku, Tbilisi, Erzurum). The valued manufacturing
cost of Nabucco is of 7.900 millions of Euros, and the construction
should begin in 2013. For the realization a consortium of enterprises has been
constituted, joining companies of several countries: the Bulgarian Energy Holding, the Turkish Botas, the Hungarian Fgsz,
the Austrian Omv, the German Rwe and the Rumanian Transgaz.
Actually someone is considering the possibility
to construct of a further pipeline, the Trans-Caspian Gas Pipeline that
would connect, through the Caspian, Turkmenistan and Azerbaigian.
In case of enormous problems and difficulties
of realization, the Trans-Caspian Gas Pipeline could become more desirable than the
Nabucco
one, to avoid any problem of connection with actual net between Iran and Turkmenistan. In fact there is the
insurmountable problem of the dependence of Europe in foreign politics from the
United States: Iran must be excluded in any case, also to avoid
to incur in Iran and Libya Sanctions Act
of 1996, concerning the United States’
sanctions to the enterprises that invest more than 40 million dollars in the energetic
matters in Iran.
The Nabucco project meets nevertheless
remarkable problems.
a) The financial
problem
The first problem concerns the funds to realize
the pipeline, because the consortium’s members do not have the financial
capacity to complete the works. European Union’s funds were anticipated
(through the European Investment Bank-Eib
and the European Bank for Reconstruction
and Development-Ebrd), but insufficiently and besides, in this case, the
energetic companies (Near East, Caucaso
and Central Asia) that the gas would furnish
to the Nabucco don't participate in the construction. In conclusion
the European project doesn't have sure government financings; in the contrary the
Russian Gazprom has a sort of protectionist
monopoly from of the Russian government.
In addition wee have the fact that – according
to the conditions set by the Ue - the energetic companies not members of the Nabucco consortium will intervene after
the end of the works only financially through the payment of the rights of use.
But in times of economic crisis the
intervention of the Ue as well - that theoretically should cover the 50% of the
cost - become problematic and, always because of the crisis that has cut the
energetic consumptions in Europe, just among the members of the consortium are
arousing doubts about the convenience of the operation, also being clear that
the most greater financial weight will be held up by private investments. This
means that the Nabucco consortium
should resort to international banks, if willing to grant the necessary loans.
b) The problem concerning
the possible gas providers
In relation to this problem everything is still
in discussion. In theory there would be the Azerbaijani gas: in theory, because
it is currently extracted by the American companies, the Chevron
and the Exxon Mobile, and the French Total, the Norwegian Statoil,
from the British Petroleum, from the Turk Petroleum Overseas Company Ltd. The
positive aspect, on the political level, is that the Azerbaijan doesn't create problems.
There would be also the Turkmenistan, whose reserves of gas
are a quarter of the world-wide ones. This country has also a strong capacity
in exporting its energy – however having inferior reserves than the Iranians
ones – because its economy is less depending from such resources. The Turkmenistan has a vast clientele among which
also China, Russia and Iran (for this country for inside
necessities). The problem concerns is if to supply European necessities could
be a priority for the Turkmenistan or a good bargain in global terms, as it
would cause Russian reactions, being this country hostile to Nabucco
and the Turkmenistan’s government cannot afford it.
There would be the Kazakhstan,
but equally with many clients, so that to supply the Nabucco is not too much interested
for this economy, whereas it is more attractive the Chinese demand, that could
make to reach to the Kazakhstan
the limit of its capacity of exporting.
The Uzbekistan has gas, but is a
producer of scarce weight, being the 80% of its production employed for the
internal market.
The potentiality of restocking of Iraq
is better but in concrete, because of the actual internal instability caused by
the American invasion, it is not practicable.
The projects Itgi (Interconnector Turkey-Greece-Italy) and Tap (Trans Adriatic Pipeline):
but are they real alternatives?
The realization of the Nabucco has already started,
but in Europe are the promoters of one radical
alternative. It could consist in the prolongation of the existing Turkish-Greek
pipeline, that takes gas from the Caucasian area, until Italy. In this hypothesis, however,
it could be necessary a suitable amplification of capacity of the pipeline from Turkey.
Another hypothesis would be the project Trans
Adriatic Pipeline: to make to pass the aforesaid Turkish-Greek pipeline
through Albania up to Italy.
Less practicable the project White
Stream appears. This pipeline would arrive in Europe departing from the
Azerbaijan, passing through Georgia, crossing the Black Sea and continuing through
Albania, but with two
difficulties: enormous costs to realize an underwater line through the Black Sea and the absence of possible future suppliers of
gas.
The already existing, but
hazardous, alternatives
Without realizing new pharaonic projects, and
without going too far, a possible restocking policy could be to with producer
countries of the North Africa and the Persian Gulf,
that have surely the 42% of the world-wide gas reserves. And Algeria and Libya still have reserves not well estimated.
Portugal, for example, does
not use Russian energy, but it is provisioned by Algeria. Unfortunately there is an obstacle,
beyond the internal instability of these country: to pass from a Russian
dependence to an Islamic one would not be a good bargain indeed.
Norway
Very useful for the energetic restocking is Norway,
because in the arctic regions exist gas reserves still to discover, object of
extraordinary hopes. To exploit them great investments will be necessary for
realizing infrastructures in order to compress and transport the local liquid
gas.
B - THE RUSSIAN
PROJECTS
For the moment we expose only the fundamental
terms of the Russian projects, and in another paragraph we will speak of the
Russian general strategy.
The North Stream
It’s a Russian-German project to bring Russian
gas to Germany through the
Baltic Sea, with the advantage for Moscow and Berlin not to pass for the countries of the ex Soviet
empire in Europe. For Moscow
it means to reduce the dependence from Belorussia
and Ukraine in dispatching
the gas in Europe and to become - in a concrete manner - a privileged partner of
Germany.
Besides this pipeline attributes a greater contractual power to Moscow in order to
monopolist prices of sale in the production-distribution of the gas and – why
not? - a greater political weight on the countries of East
Europe, also for the virtual power to open and close the energetic
faucets. Moreover, grace to the North Stream the Russian military
presence in the Baltic Sea becomes of primary
strategic, economic and military importance.
For Berlin the advantage is easy to understand:
in spite of being introduced this project as pan-european, in reality the
recipient of the Russian gas is Germany; if in the future the Russian Gazprom will have difficulties to
increase the production for Europe (in the long period a fall in the production
of Russian gas is considered as enough sure) there is no doubt that Gazprom will distinguish between its
more important and less important clients: in the first category there will be certainly
Germany, and in the second one the countries of the East and, perhaps, some of
the least qualified countries of the European Union Besides, in this case
Germany is a true partner of the operation, whereas in order to the Nabucco
its role is of smaller incisiveness.
The South Stream
It’s a Russian-Italian project finalized to
face the probable diminution of the Russian productive ability, managed by the
consortium South Stream Ag, placed in
Switzerland.
Gazprom and Eni (30%) are the principal members, and a secondary role have the French
Edf Sa, the Austrian Omv, the Bulgarian Energy Holding, the Greek Desfa, the Hungarian Mfb
and the Serb Srbijagas. For Russia this must be the true competitor of the Nabucco,
because it will take the gas from the same regions potentially expected for the
Nabucco;
it follows a parallel rout and ends in Austria. These two projects are not
in complementary position, but they are adversaries. Besides the works for the South
Stream should start in 2013 and the pipeline should begin to operate in
2015; on the contrary the activity of the Nabucco - if realized- will become
in 2017 (safe delays). Therefore – respecting the times - the South
Stream would arrive in first temporary position to stipulate contracts
with the gas suppliers, and the Nabucco could become the classical
cathedral in the desert, with the consequent failure of imprudent private
investors.
Passing through the Black Sea up to Varna and there
bifurcating - a branch toward Austria and the other toward Southern Italy - the
South
Stream has for Russia the advantage to avoid every Caucasian region and
- other danger for the European dependence - its terminal arriving in Italy
could be connected with the North Africa in perspective, with a great trouble
for France and Usa. Initially also Turkey
was excluded, but at the end of 2011 Ankara reached
an accord with Russia
in order to the passage of the pipeline in its territorial waters.
Notice the importance assumed by Serbia - traditional allied of Russia - in the run of the South
Stream, (the Russian-Serbian agreement have been signed the following
week after the declared independence of the Kóssovo).
The commercial and politic strategy of Russia
is extremely clear: to maintain the hegemonic position in Europe for the
restocking of gas, and to use the lines of distribution to tie the European
countries crossed, according to the classical perspective called “divide et impera” in the territories of
the European Union, offering them the perspective to become gas hubs for supplying
further countries (it could be tomorrow, for example, the case of Austria), and
strengthening political bonds with them. The European strategy of
diversification implies, for its good result, a strong institutional cohesion
among States, situation that Russia
evidently intends to crack: and in this direction to be supported by Germany and Italy
is instrumentally essential for Russia.
It is clear that if the South Stream should bring
Nabucco
to the failure, then the Gazprom
would have a big border of manoeuvre in the determination of the prices
In the East the Russian strategy concentrate
its efforts on maintaining favourable long duration contracts with the gas
suppliers of Central Asia, so that to be able to practise to the European
clients taller prices. Economically and politically the thing implicates that Russia increases its position in Asia. Already in 2007 Russia concluded regional accords
with Venezuela, Argentina and Bolivia to create the Opegasur (Organización de
Países Productores y Exportadores de Gas del Sur) and now aims to an
international pool uniting Russia, Iran, Libya (but here something is changed),
Algeria, Qatar, Venezuela, Trinidad and Tobago. No role foreseen for the countries
of Central Asia producing gas, and they would
remain in the classical seed-colonial position of suppliers of first subjects
to the lowest possible cost. To have an hegemonic position in the area is
absolutely necessary for Moscow, also in the
perspective of the future fall of production of Russian gas, because if Gazprom doesn't succeed in appropriating
the Asian gas - firmly and broadly - then “goodbye dreams of glory”, for itself
and for Russia.
In this strategy the conglobation of Iran is
important, since in such way - taking advantage of the situation of isolation
of this country, that prevents it from competing with Russia in the sale of gas
- the Gazprom would make an association
with Iran in this phase, dividing the market: in the sense to pacifically leave
the Asian market to Iran. Naturally, previous lucrative help to Iran in
order to modernize structures and infrastructures of production and
distribution.
B - CHINA
The energetic problems
of China
The Chinese development has a desperate need of
energetic restocking. It is well known. Now we see the actual situation and the
perspectives. Currently in China the consumption of gas is equal to the 10% of
all the used energy, but the consumption of gas in the last 4 years has
doubled, passing from 40 to 80 million meters cubes a year (according to the Statistical Review of World Energy).
For all the great powers (beginning from Usa) the
energetic problem concerns to the national safety, and where the governments
are authoritarian it is obvious that the national energetic enterprises are
tools of economic politics - and of policy tout
court - to achieve strategic objectives. It happens in Russia where the Gazprom is gas monopolist under the
protection (and the control) of the State, and it happens in China – but here
with a greater intensity – in the case of the Sinopec (Lowered Petroleum
and Chemical Corporation), the Cnooc (Slope National Overseas Oil Company)
and the Pretrochina. Especially in China
this dependence from the State entalls that the energetic politics are ground of
competition between factions of the bureaucracy and the connected economic
groups.
In the last times China
received a remarkable part of the energetic supplies from Iran and Saudi Arabia. Obviously the
American enterprises in the Persian Gulf have set to China
the problem of the riskiness of such restocking: in fact this restocking
depends on what the United States
do and on the situations created by Washington.
Being well known the not positive American
attitude - political-economic and military - towards China,
with the consequence of an extreme vulnerability of the Chinese restocking, for
Peking to avoid this situation becomes a problem
of primary importance. China
is increasing its relationships with Kazakhstan,
Uzbekistan, Australia, Sudan,
Angola, Venezuela and Brazil. In the first days of April the
agreements between China and Uzbekistan - for an annual supply of 10 million
meters cubes of gas - through a pipeline that from Samandepe (southeast of
Turkmenistan), goes for more than 7000 kilometres
through Uzbekistan and Kazakhstan up to Lunnan, in the Chinese province of
Xinjiang.
A real energetic integration between China and Russia does not meet geographical technical
problems with any grade of difficulty. Till now the only obstacle has been the attitude
of Russia that wants to make
the part of the lion in Central Asia, maximizing at the most the profits, and
for this has a sort of reluctance to enter into a concrete partnership with China.
Nevertheless Russia and China are enough aligned in foreign politics against
the United States’ projects
of dominion, and for this reason probably the conclusion of Russian-Chinese
specific accords will be a reality soon or later, materializing one of the
nightmares of Usa
leadership. Meanwhile we have to note duly the activation, in January of 2011,
of a Russian pipeline connecting the Siberian city of Skovorodino
with the terminals of Daqing, in the northeast China.
This pipeline is part of a Russian energetic
plain toward the Pacific, denominated East Siberia
to Pacific Pipeline Shipment Project that should have a development of 4.600 kilometres.
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