di Roberto Massari
ITALIANO - ENGLISH
Non si può che condividere l’indignazione che gran parte del mondo ha manifestato di fronte al comportamento ignobile che Trump e Vance hanno tenuto nei confronti di Zelensky, dell’uomo che sta rischiando anche la propria vita per difendere l’indipendenza del suo popolo e che ha avuto il coraggio di dire no stando nello studio Ovale. Per quel che può contare, nel mare di disumane azioni che si stanno compiendo ai danni dell’Ucraina, va detto che l’inquilino della Casa Bianca ha anche violato le più sacre regole dell’ospitalità. Ma tant’è…
Insomma, Trump non è solo un reazionario, ma è anche un demente che fa ribrezzo sul piano umano, personale, culturale, diplomatico ecc.
Sul piano politico, però, io rimango dell’idea che il peggior presidente degli Usa sia stato Lyndon Johnson che impedì di far luce sull’assassinio di Kennedy e lanciò l’escalation della guerra contro il Vietnam, contribuendo alla morte di circa 3 milioni di vietnamiti (tra militari e civili) e di varie decine di migliaia di statunitensi. Johnson non faceva ribrezzo sul piano umano, ma andrebbe annoverato tra i grandi criminali della storia moderna, accanto a Hitler, Stalin, Mao, Pol Pot e purtroppo alcuni altri.
Trump non è ancora arrivato a tali livelli e forse si riuscirà a fermarlo in tempo. Più difficile sarà fermare il criminale Putin, che a me fa anche ribrezzo per quel suo sguardo gelido e fisso che fa pensare alla maschera sulla mummia di Lenin nel mausoleo della Piazza Rossa.
Riguardo alla Nato e all'Otsc
Io appartengo alla generazione che si sgolò per l’uscita dell’Italia dalla Nato e per il suo più generale scioglimento. Il Vietnam ci costringeva ad essere unilaterali rispetto a tale rivendicazione, ma dopo l’invasione sovietica della Cecoslovacchia lo slogan cambiò (almeno per chi capiva qualcosa) e non avemmo più dubbi che occorresse sciogliere la Nato e allo stesso tempo il Patto di Varsavia.
Il quale Patto oggi ha un erede nell’Otsc (Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva), l’alleanza militare creata nel 1992 tra le nazioni ex sovietiche che nel 1991 avevano formato la Csi (Comunità degli Stati indipendenti). Lo definirei un «Patto di Varsavia» più piccolo, se non ci fosse la presenza di truppe nordcoreane che, combattendo in Ucraina, fanno uscire l’Otsc/Csi dal contesto geopolitico est-europeo o ex sovietico: paradossalmente lo internazionalizzano.
Tutto questo per dire che lo slogan per lo scioglimento della Nato (che mi vede favorevolissimo) si deve accompagnare a quello dello scioglimento dell’Otsc. Da solo non è concepibile, ma nemmeno è auspicabile: lasciare il terreno militare al dominio dell’imperialismo russo (con Bielorussia, Kazakistan ecc.) significa arrendersi prima di combattere.
La Nato dormicchiava prima dell’aggressione all’Ucraina. Putin l’ha fatta risorgere, rafforzare (adesioni di Svezia e Finlandia), agguerrire (Polonia e Stati Baltici) e anche unificare risvegliando un minimo il senso di appartenenza unitaria di alcune importanti postdemocrazie europee. La Gran Bretagna addirittura si sta rimangiando la Brexit… Questo per i menestrelli di poco cervello che inneggiano a una presunta vittoria putiniana...
Ora Trump sembra voler sciogliere la Nato. Dico «sembra» perché non sarà così facile: sono troppi gli interessi in gioco (anche per l’industria degli armamenti negli Usa e in altri paesi) e non sarà certo la follia di un individuo, foss’anche il plenipotenziario Presidente degli Usa, a imporre un tale scioglimento, ma nemmeno una sua lenta deriva. Questa sarebbe stata possibile prima dell’aggressione all’Ucraina, ma ora non più.
Il «disgelo» trumpiano
Comincio anche a pensare che difficilmente Trump arriverà alla fine del suo mandato. E comunque, se non interviene qualche malanno, qualche tisana notturna (stile vaticano) o qualche attentatore un po’ più preciso, gli sconvolgimenti degli assetti europei che provocheranno Trump e il suo giullare megasatellitare saranno tali da far decadere tutte le parole d’ordine di tipo tradizionale. Le biglie sono tutte in movimento e nessuno può prevedere dove andranno a colpire. Basti pensare alla possibilità che la Cina approfitti del «disgelo» trumpiano per invadere Taiwan. Non è detto che accada, ma se accadesse gli sviluppi internazionali sarebbero imprevedibili. Idem se il trumpismo consentisse alla teocrazia iraniana di giungere ad avere le armi nucleari.
Basti pensare che l’Ucraina sembra intenzionata a resistere. Sarà sconfitta e trasformata in una colonia russa? Non è così semplice e comunque la cosa avrebbe conseguenze devastanti. In primo luogo perché gli occupanti russi dovranno fare i conti con la resistenza di un popolo che ancora non ha perdonato loro il genocidio del 1931-33 e gli altri crimini dell’epoca staliniana, oltre a quelli più recenti.
In secondo luogo perché ci sono da considerare gli Stati più direttamente minacciati dall’aggressività russa: Polonia e Paesi Baltici. Una sconfitta degli ucraini e un arretramento della Nato li costringerà a incrementare il proprio armamento ancor più di quanto stiano già facendo. E l’esperienza storica dimostra (e l’Ucraina lo conferma) che quando un popolo lotta per la propria indipendenza è pronto a qualsiasi sacrificio. I polacchi poi, dopo la spartizone del loro Paese tra Hitler e Stalin..
L’esercito europeo
È l’unica alternativa allo scioglimento della Nato, anche se al momento sembra quasi impossibile la sua realizzazione (della quale io sono totalmente a favore, tanto per non usare eufemismi). Sulla stampa si leggono quotidianamente tutte le spiegazioni che rendono al momento irrealizzabile tale progetto, nonostante i passi avanti che stanno facendo le tre postdemocrazie più forti - Gran Bretagna, Francia e Germania - mentre il governo italiano ha già deciso di defilarsi e di mantenersi fedele a Trump. Vorrei sbagliarmi, ma così intepreto le recenti «furberie» della Meloni e del ministro Tajani. Dell’ostilità irriducibile di Salvini/Vannacci e 5Stelle a un tale progetto, neanche a parlarne. Un simile esercito farebbe necessariamente appello allo scudo nucleare che garantiscono inglesi e francesi, ma dovrebbe necessariamente tenere fuori la Turchia che al momento rappresenta l’ala più reazionaria della Nato, nonché uno dei regimi più reazionari esistenti al mondo. Ma temo che davanti al pericolo che l’Europa si armi per conto proprio, anche Trump farà marcia indietro e tenterà di mantenere in vita la Nato, o perlomeno il suo fantasma.
Legato al discorso dell’esercito europeo c’è la (mia) speranza che la vecchia Unione Europea si sciolga e si ricostituisca su nuove basi, senza l’Ungheria ovviamente, senza l’enorme attuale apparato burocratico e intenzionata a valorizzare al meglio il patrimonio di cultura mediterraneo-occidentale che dall’Europa si è irradiato al mondo, consentendogli i principali progressi sul piano scientifico, linguistico, artistico ed economico.
L’antitrumpismo e la (post)democrazia statunitense
Brutta storia l'antitrumpismo, come lo fu l’antiberlusconismo. Bastava dichiararsi antiberlusconiani per credere o far credere d’essere «di sinistra». Lo stesso accadrà ora con l’antitrumpismo: si sprecheranno gli articoli, i libri, gli spettacoli ecc. diretti contro Trump, creando l’illusione che i loro autori siano ridiventati di sinistra.
Bisognerà però chiedere a questi stessi antitrumpiani dove stessero mentre l’Ucraina veniva bombardata e massacrata, con il silenzio se non la tacita approvazione della sinistra reazionaria, dei 5stelle, dei pacifinti, degli imperturbabili predicatori contro la guerra, coloro per i quali aggrediti e aggressori sono sullo stesso piano.
E infine la questione della democrazia statunitense. Io la considero una postdemocrazia (i libri di Michele Nobile docent) ma per semplicità non mi dilungo sul concetto di «post» e rinvio ai libri da me pubblicati come editore e agli articoli-saggio apparsi sul blog di Utopia Rossa.
Ebbene, si levano già voci di provenienza diversa a decretare la fine del «sogno americano», cioè della democrazia moderna apparentemente più stabile e meglio funzionante (lasciamo da parte i Paesi scandinavi, sempre per amore di semplicità). Trump è uno spettacolare simbolo dell’antidemocrazia, di megalomania demenziale, di aspirazione a una dittatura personale. Una minaccia dittatoriale che, con l’aiuto del menestrello megastellare, aspira ad essere totalitaria (cioè a impadronirsi delle menti degli individui e non solo delle loro risorse materiali). Tutto ciò è vero e rientra nelle intenzioni più o meno consce del «truskismo» (Trump+Musk).
Ma è vero anche che il sistema (post)democratico che ha consentito a Trump di vincere le elezioni, consente alla parte sconfitta (Partito democratico e altre correnti politiche minori) di continuare a lottare contro di lui: basti vedere cosa scrive in questi giorni la stampa orientata verso il Partito democratico (quella ancora libera di farlo). E non sappiamo al momento quali conseguenze avrà sullo stesso Partito repubblicano il repentino voltafaccia filoputiniano di Trump.
Insomma, non si può pensare che la democrazia produca sempre capi di Stato disposti a rispettare le regole della democrazia: sia Hitler che Mussolini andarono al potere formalmente vicendo le elezioni, ma nessuno direbbe oggi che la Germania e l’Italia siano ancora paesi dittatoriali. Benché in Germania un po’ di nostalgie nazistoidi stiano emergendo tra i sostenitori di Putin e ora di Trump in seno ad Alternative für Deutschland. Più in generale sono orientate verso il putinismo (e ora forse anche verso il trumpismo) quasi tutte le estreme destre europee, ispirate al più becero antiamericanismo fino a poco tempo fa.
Il sistema democratico degli Usa - quello che ha costretto a dimettersi un reazionario come Nixon e che assicura l’alternarsi di almeno due partiti (e non uno soltanto come in Russia e Cina) - può anche produrre il suo contrario (e con Trump ha dato il massimo in questo senso), ma allo stesso tempo genera gli anticorpi. Tra qualche mese o tra qualche anno (4 anni?) vedremo le conseguenze che sul popolo statunitense avrà avuto il passaggio di questa meteora reazionaria. Chi negli Usa si permette oggi di celebrare il Maccartismo? chi la persecuzione dei neri? chi la guerra nel Vietnam? alcune minoranze reazonarie lo fanno, ma appunto in quanto minoranze e perché il sistema democratico consente loro di farlo.
Quindi prima di precipitarsi a dire che la democrazia Usa si è tolta la maschera, comincerei col dire che casomai se l’è tolta la leadership del Partito repubblicano. E poi sarei più prudente, nell’attesa che gli anticorpi comincino a produrre i propri effetti. Una politica estera degli Usa filorussa… Ma si crede veramaente che il popolo degli Usa, il suo capitalismo, le sue forze armate accetteranno per molto tempo una tale masochistica opzione politica?
Pensiamo alla Russia...
In Russia tutto ciò non è possibile, purtroppo e per il momento. In primo luogo perché l’esperienza democratica la Russia deve ancora farla, per la prima volta nella sua storia. Poi c’è il sistema della selezione politica fondata sull’eliminazione fisica degli oppositori: non solo di quelli apertamente contrapposti, come Naval’nyj, ma anche degli oligarchi non coincidenti con i piani di Putin. In un elenco di cadaveri eccellenti che avevo fatto un anno fa comparivano una trentina di oligarchi o personalità eliminate fisicamente negli ultimi anni perché variamente ostili a Putin, alla guerra in Ucraina ecc. Da allora quell’elenco si è allungato e continuerà ad allungarsi per la natura stessa della dittatura putinaina fondata su un capitalismo imperialistico fondamentalmente oligarchico e mafioso.
Ecco, prima di dare per liquidata la (post)democrazia degli Usa, si pensi al regime di dittatura sanguinaria che Putin ha ricostituito e con il quale Trump, la maggioranza dei repubblicani, le estreme destre europee, gli hitlerocomunisti del mondo intero vorrebbero allearsi.
Concludo dicendo che quando si tocca il fondo del barile l’unica possibilità che rimane è di risalire… E ben presto si vedranno i primi sintomi di questa risalita.
Adelante!
1 marzo 2025
ENGLISH