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giovedì 15 dicembre 2022

LE «MOSSE» DEL CHE

di Riccardo Vinciguerra

 

Quando pensiamo a Ernesto Che Guevara, la nostra mente salta alle famose immagini del rivoluzionario: la barba, il sigaro e l'ultima fotografia dopo il suo assassinio in Bolivia nel 1967. 

Pochi, forse, lo immaginano alla scacchiera. Eppure gli scacchi erano una delle sue grandi passioni, fin da ragazzo in Argentina, ed è stato il Che a riportare Cuba nel circuito mondiale degli scacchi negli anni '60.

Alcune fonti affermano che abbia imparato il gioco da suo padre, Ernesto Guevara Lynch; altre, invece, sostengono che gli fu insegnato da una famiglia spagnola, gli Aguilar, immigrati che si erano stabiliti nella città in cui Ernesto trascorse parte della sua infanzia, Alta Gracia, nell'Argentina centrale, dopo essere fuggiti dall'oppressione franchista. 

Chiunque fossero gli insegnanti del giovane Ernesto, sembra che abbia iniziato a partecipare ai tornei di scacchi locali dall'età di 12 anni.

Gli piacevano anche il nuoto, l'alpinismo, il golf, il calcio, il pugilato, il tiro a segno, il ping pong, la pesca e, soprattutto, il rugby. Suo padre cercò di allontanarlo da questo sport perché non aiutava i suoi gravi attacchi di asma. Ma Ernesto rivelò la sua vena ostinata, rispondendo: “Amo il rugby e continuerò a giocarci, anche se scoppierò”. Gli scacchi però erano, nelle sue stesse parole, mi segunda novia(la mia seconda fidanzata).

Nel 1939, quando aveva 11 anni, il padre lo informò che un grande ex campione del mondo,  il cubano José Raúl Capablanca, avrebbe giocato in prima scacchiera per il suo paese all'8ª Olimpiade degli scacchi a Buenos Aires. Il Che era affascinato e seguì da vicino il torneo olimpico. 

Capablanca vinse la medaglia d'oro per la sua prestazione complessiva e il Che in seguito dirà che erano state le Olimpiadi di Buenos Aires e i successi di Capablanca a suscitare il suo primo interesse per Cuba.

 

La Seconda guerra mondiale scoppiò durante le Olimpiadi di Buenos Aires e molti partecipanti non poterono tornare a casa in Europa; tra i giocatori di scacchi che rimasero in Argentina e vi presero la nazionalità c'era il Gran Maestro di origine polacca, Miguel Najdorf, che fu costretto a lasciare la moglie, la figlia e i fratelli in Polonia e non li rivide mai più. 

Najdorf sarebbe diventato un amico del Che e si sarebbero incontrati per la prima volta sulla scacchiera nel 1949, a Mar del Plata, quando Ernesto, studente di medicina di 21 anni, fu sconfitto in un'esibizione simultanea.

Per la fine degli anni '40, Ernesto era diventato un assiduo lettore di libri di scacchi: si diceva che avesse una collezione personale di cinquanta o più libri. Giocava spesso contro Gregorio Granado, fratello di Alberto  (l’amico e futuro compagno del celebre viaggio in America latina del 1951-52) al Salón de la Confitería in Calle Roma 525 a Buenos Aires, proprietà della nonna di Ernesto, Cecilia. 

Nel 1948 partecipò alla 10ª Olimpiade Universitaria di Buenos Aires in due sport: scacchi e atletica (nonostante la sua asma).

Mentre era ancora studente all'Università di Buenos Aires, il Che fece un secondo grande viaggio che lo portò dapprima in Guatemala, dove nel 1954, conobbe la donna che sarebbe diventata sua moglie: Hilda Gadea Acosta, un'economista peruviana politicamente ben inserita come militante nella componente di sinistra dell'Alleanza rivoluzionaria popolare americana (Apra Rebelde). Fu lei a presentare Ernesto a vari funzionari di alto livello nel governo guatemalteco del presidente Jacobo Árbenz (governo destinato ad essere rovesciato dal golpe di Carlos Castillo Armas sponsorizzato dalla CIA). 

Guevara, ormai in procinto di divenire “el Che” stabilì anche contatti con un gruppo di esuli cubani legati a Fidel Castro e al Movimento 26 di Luglio formatosi dopo l'attacco alla caserma Moncada a Santiago de Cuba. 

Il Che sposò Hilda in Messico nel settembre 1955. 

Quello stesso anno, mentre insegnava medicina all'Università nazionale autonoma di Città del Messico e lavorava anche come fotografo di cronaca per la Latina News Agency, cercò avversari di scacchi. Uno era il messicano Alfonso Guillén Zelaya con il quale giocò alla cieca. 

Un altro era Alberto Bayo y Giroud. Uomo intrigante, poeta e saggista, Bayo era un militare che aveva combattuto contro Franco nella Guerra civile spagnola. Dati i suoi precedenti, Bayo fu incaricato dell’addestramento militare del gruppo dei fuorusciti cubani del M 26/7 e definì il Che come il suo “miglior allievo”. 

Non per niente il diplomatico e giornalista cubano Giraldo Mazola, scrivendo molti anni dopo in omaggio al Che, tracciò una chiara analogia tra le due attività di rivoluzionario e di scacchista: la superiorità numerica o materiale non è un vantaggio assoluto o insuperabile, se i concetti scacchistici di tempo e spazio sono applicati correttamente; l'abitudine di valutare tutte le possibili varianti prima di prendere una decisione è un principio valido negli scacchi, molto importante e utile nella vita, e per la stessa attività rivoluzionaria.

A un certo punto, la polizia messicana arrestò parte del gruppo cubano, oltre a Fidel Castro e il Che, e mentre erano in detenzione, i due giocavano a scacchi. Racconterà Fidel: “È così che abbiamo ammazzato il tempo... Il Che ne sapeva più di me sugli scacchi perché li aveva studiati un po'. Giocava come un guerrigliero e gli ho vinto qualche partita, ma soprattutto vinceva lui  perché capiva meglio il gioco e gli scacchi gli piacevano molto”.

Lasciando il porto messicano di Tuxpan a bordo del Granma, diretto a Cuba, il 2 dicembre 1956, il Che ebbe cura di mettere nello zaino un set di scacchi, anche se lo si sentiva spesso lamentarsi della mancanza di avversari durante il viaggio. Meno di due anni dopo, nel luglio 1958, mentre combatteva la guerra rivoluzionaria per rovesciare la dittatura di Batista, giocò la prima di molte partite sulle montagne della Sierra Maestra di Cuba contro il comandante Sergio Papito Seguera, in un luogo chiamato Mompié.

Jorge Vega Fernández, che è ora presidente della Chess Confederation of the Americas, ha ricordato di aver giocato a scacchi con il Che sulla Sierra Maestra con pezzi di legno e una scacchiera di fortuna disegnata su un tavolo. 

 

Dopo il trionfo della Rivoluzione nel 1959, sebbene impegnato nelle sue funzioni di ministro dell'Industria, il Che non rinunciò al suo amore per gli scacchi e si buttò con tutto il cuore nella promozione del gioco a Cuba. Continuò, per esempio, a dare lezioni di scacchi a un certo numero di soldati. 

Nel 1960, il suo sostegno fu decisivo per consentire a una delegazione cubana di partecipare alla 14ª Olimpiade degli scacchi di quell'anno, a Lipsia, nella Germania dell'Est. Il 6 giugno 1961 inaugurò il primo torneo per squadre che rappresentavano le organizzazioni statali cubane. 

Il direttore sportivo nazionale, José Llanusa, fece la prima mossa telefonica da Santiago, la seconda città di Cuba, in un collegamento diretto col Che all'Avana. Questi rispose, prima di rivolgersi al pubblico e dichiarare: “Gli scacchi sono un passatempo, ma sono anche uno strumento educativo per aiutare il ragionamento. Le nazioni con grandi squadre di scacchi sono diventate leader mondiali anche in altri settori”.

Nell'ottobre 1961, nonostante il clima di emergenza militare creato dal tentativo fallito di abbattere il governo di Castro con l'invasione della Baia dei Porci, il Che istruì uno dei suoi ufficiali nella loro caserma di Pinar del Río: “Andate all'Avana e riportate sei scacchiere di legno. Non si sa quanto durerà questa guerra.”. 

Forse uno dei più grandi meriti scacchistici di Guevara è stato il ruolo decisivo avuto nell'istituzione di prestigiosi tornei annuali, tra i quali spicca il Memorial Capablanca all’Avana, che si svolge ancora oggi. 

Quando ci fu il torneo inaugurale - dal 20 aprile al 20 maggio 1962 all'Hotel Habana Libre - Fidel e il Che lo visitarono ogni giorno. Il torneo del 1962 fu vinto da Najdorf davanti a un campo molto forte di 22 giocatori tra cui Lev Polugaevskij, Boris Spasskij, Svetozar Gligorič e Vassilij Smyslov. 

Era l’anno della forte tensione politica che scatenerà la crisi dei missili a Cuba e in tale clima, alla cerimonia di chiusura del torneo, il Che dichiarò: “In questo momento di conflitto globale tra sistemi ideologici molto diversi, gli scacchi sono in grado di unire persone di questi sistemi politici divergenti”.

Mentre Najdorf era ancora all'Avana, il Che gli chiese se avrebbe acconsentito a partecipare in un’esibizione simultanea alla cieca contro i membri del governo cubano. Fu un'occasione straordinaria: giocarono Fidel, Raúl, il presidente Osvaldo Dorticós e all'ottava scacchiera sedette Guevara. 

Le versioni su come si concluse il suo incontro con Najdorf sono discordanti: verso la mossa 12, Najdorf offrì la patta che il Che rifiutò, dichiarando: “Sono venuto per vincere o per perdere.”. Alla mossa 17, Najdorf offrì di nuovo la patta, che questa volta il Che accettò. 

Una delle figlie di Najdorf racconta una storia diversa. Insiste, citando suo padre, che era stato Najdorf a vincere la partita. Mentre Najdorf aveva affermato, nella sua rubrica di scacchi sul quotidiano argentino Clarín, di aver offerto la patta, ma che Guevara l'aveva rifiutata, non lasciandogli altra scelta che vincere. 

Ha ricordato in seguito che la reazione del Che alla sua offerta iniziale era stata: “Che cosa dici, pareggio!? Non se ne parla! Hai dimenticato che abbiamo già giocato prima? Nel 1949, a Mar del Plata. Ero uno studente di medicina e mi hai sconfitto orribilmente in una simultanea in poche mosse. Ho sognato per così tanti anni di ottenere la mia vendetta. Quindi o perdo o vinco qui. Ma non sarà mai un pareggio!”. 

Najdorf aggiuntse: “La partita è continuata e alla fine ho vinto io. Il mio avversario ha sorriso e si è congratulato con me con tutto il cuore.”. 

Najdorf ha parlato molto bene di Guevara negli anni successivi: “Tra i ricordi più piacevoli del mio soggiorno all'Avana nel 1962 c'è il mio incontro con il Che. Ho scoperto in seguito che, da studente, frequentava il Club degli scacchi di Buenos Aires. Il Che era un amante degli scacchi! Amava gli scacchi tanto quanto la libertà... Era un giocatore abbastanza forte. Giocava con uno stile aggressivo e prediligeva i sacrifici, ma questi erano ben preparati. Posso dire che era un giocatore di prim'ordine”.

Il 10 giugno 1962, il Che fece dono di una scacchiera tascabile al poeta nazionale di Cuba, Nicolas Guillén, dicendogli: “Vediamo se impari a giocare!”.

Nell'agosto di quell'anno, il Che giocò contro il Gran Maestro ceco in visita, Miroslav Filip, in un’esibizione simultanea presso la sede del ministero dell'Industria cubano.

Guevara fu anche determinante nel permettere alla squadra cubana di partecipare alla 15ª Olimpiade a Varna, in Bulgaria, nel settembre-ottobre 1962. E lo stesso Che partecipò al torneo organizzato dal ministero dell'Industria cubano nel luglio-agosto 1963, vincendo 20 partite su 24, ottenendo il secondo premio assoluto. Consegnando i premi al ristorante Rio Cristal all'Avana, il 24 agosto, riconobbe, per la prima volta pubblicamente, di essersi cominciato a interessare di Cuba seguendo le partite di Capablanca alle Olimpiadi di Buenos Aires nel 1939. 

“Quando Capablanca morì, nel 1942, gli scacchi a Cuba furono in gran parte dimenticati. Ora, con la Rivoluzione, l'entusiasmo per il gioco degli scacchi è stato ravvivato; ogni giorno emergono nuovi talenti scacchistici. Ci saranno tanti giocatori di qualità, altri Capablanca, altri Tal. Avremo Grandi Maestri, e sarà anche grazie alla Rivoluzione.”. 

Il giorno successivo vide l'apertura del 2° Memorial Capablanca all'Avana, che fu  vinto da Viktor Korčnoj.

Secondo il Gran Maestro russo-olandese Genna Sosonko, il Che fu uno degli avversari di Korčnoj in un'esibizione simultanea durante la sua visita a Cuba; Sosonko riferì che un funzionario si era avvicinato a Korčnoj per informarlo: “Che Guevara ama appassionatamente gli scacchi, ma è un giocatore piuttosto debole. Sarebbe estremamente felice di pareggiare la sua partita contro di te”. 

Korčnoj apparentemente annuì comprensivo. Più tardi, tornato in albergo, Michail Tal gli chiese come fosse andata. 

“Li ho vinti tutti”, gli rispose Korčnoj. 

“Anche contro Che Guevara?” 

“Sì”, disse Kortchnoi. “Non ha la più pallida idea di cosa fare contro la catalana”. 

Il Che non può essere stato un giocatore debole, dato che pareggiò contro Tal (campione del mondo appena due anni prima) e contro il Gran Maestro jugoslavo Petar Trifunović, quando si esibirono anche in simultanea all'Avana. E tra il 18 novembre e il 16 dicembre dello stesso anno arrivò secondo al torneo svizzero del ministero dell'Industria, vincendo sette partite su dieci e pareggiando le restanti tre.

Il 3° Memorial Capablanca, svoltosi nell'aprile-maggio 1964 sempre all'Hotel Habana Libre, fu interessante per la partecipazione di uno statunitense, il Gran Maestro Larry Evans, nonostante le continue tensioni politiche tra Cuba e Stati Uniti. Il motivo per cui a Evans era stato permesso di recarsi sull'Isola era che agiva anche come giornalista e il Dipartimento di Stato degli Usa spesso consentiva ai giornalisti di viaggiare in paesi vietati.

Il Che approfittò della presenza di Evans a Cuba per giocare una partita di cinque minuti con lui. Il torneo Capablanca Memorial fu invece vinto congiuntamente da Vassilij Smyslov e dal tedesco dell'Est Wolfgang Uhlmann. 

Il 22 maggio 1964 il Che osservò una partita tra le squadre messicane e cubane all'Hotel Habana Libre. Un membro della squadra messicana, il Maestro FIDE Armando Acevedo, ha ricordato l'impatto che la presenza del Che ebbe sulla sala:

“C'era un'atmosfera impressionante. Le donne non riuscivano a staccare gli occhi da lui, sorridendo e bisbigliando tra loro. E noi uomini lo guardavamo come se fossimo testimoni di una leggenda vivente. Sembrava impossibile credere che il Che camminasse in mezzo a noi. Avemmo l'opportunità di chiacchierare con lui durante la cerimonia di apertura. Parlammo soprattutto degli scacchi in Messico e a Cuba, e della partita. La cosa interessante era la personalità del Che. Aveva un magnetismo enorme. Una volta iniziata una conversazione, nel modo più naturale che si possa immaginare, diventava il centro dell'attenzione. C’era una semplicità in lui e in pochi minuti aveva il controllo completo su tutti noi intorno a lui... Ci parlò dei suoi viaggi o di come sarebbe potuto arrivare al torneo di Mar del Plata. Si capiva che il Che era un grande fan degli scacchi”.

La partita Messico-Cuba durò tre giorni, ma i giocatori messicani rimasero a Cuba, su invito di Guevara, per visitare fabbriche, fattorie e alcune città fuori dell'Avana. 

A Camagüey, l'intera squadra messicana diede una straordinaria esibizione simultanea in cui ogni giocatore affrontava circa 25 avversari. Successivamente, la delegazione messicana chiese di poter giocare contro il Che in un'amichevole. 

Il Che rispose che poteva farlo, ma solo alle 3 del mattino, perché era l'ora in cui finiva sempre di lavorare. Abbastanza sicuro, ricevette i messicani nel suo ufficio al ministero dell'Industria il 26 maggio e la partita, che iniziò effettivamente alle 4 del mattino, si concluse con un pareggio. O così affermano i libri di storia. 

Purtroppo non andò così e lo stesso Acevedo ha rovinato tutto raccontando: “Devo menzionare il fatto che in realtà non abbiamo giocato contro il Che; ogni membro della squadra messicana ha semplicemente posato per la foto e, alla fine, abbiamo scherzosamente concordato: ‘Partita patta!’”.

Quei pochi giorni del 1964 in cui la delegazione messicana rimase in città furono un periodo estremamente impegnativo per Guevara, dal punto di vista degli scacchi. Il 29 maggio batté Armando Acevedo in sole 18 mosse, giocando con il nero in un'esibizione simultanea a Camagüey. 

Nei primi cinque anni del regime castrista, dal 1959 al 1965, il Che diede “costante sostegno, consigli e suggerimenti” per aiutare il movimento scacchistico a Cuba. Egli svolse un ruolo importante nell'assicurare la partecipazione di Bobby Fischer al 4° Memorial Capablanca nell'aprile-maggio 1965, anche se solo tramite telex dal Marshall Chess Club di New York, perché il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti rifiutò di convalidare il passaporto di Fischer per visitare l'Avana a causa delle tensioni politiche tra Cuba e gli Usa. Il figlio di Capablanca, il dottor José Raúl Capablanca Jr, giocò le mosse di Fischer all'Avana. 

Fischer, tuttavia, minacciò di ritirarsi dopo aver sentito che Fidel Castro aveva definito la sua partecipazione una “grande vittoria propagandistica per Cuba”. Il torneo fu  vinto da Vassilij Smyslov.

Guevara non perdeva occasione per tirare fuori un set di scacchi. Durante un lungo volo verso l'Unione Sovietica nel novembre 1964, giocò tre partite contro un collega, Neftali Perna, vincendole tutte. 

Durante la sua prima visita a Cuba, il Gran Maestro ceco, Ludék Pachman, giocò alcune partite lampo con Guevara e il loro ultimo incontro ebbe luogo nel settembre 1964. Mentre rifletteva sulla sua prossima mossa, il Che improvvisamente annunciò: “Sai, compagno Pachman, non mi piace davvero essere un ministro. Preferirei giocare a scacchi come te, o fare una rivoluzione in Venezuela.”. 

Al che Pachman rispose: “Guardi, comandante, certo che è interessante fare le rivoluzioni. Ma giocare a scacchi è molto più sicuro”.

 

Guevara trovò il tempo per giocare durante le tese sessioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il dicembre successivo. 

In Congo, nell'aprile del 1965, il Che giocò a scacchi con i suoi compagni o offrì loro lezioni; lo stesso accadde durante il suo soggiorno in Tanzania alla fine dello stesso anno. 

Durante la sua missione in Africa, giocò spesso con il comandante Sergio Serguera, sia in aereo che all'interno delle ambasciate. 

Il Che amava risolvere i problemi di scacchi, specialmente quelli in tre mosse. Una volta il quotidiano cubano Revoluciónpubblicò un enigma. Trovandolo troppo facile, il Che, telefonò al responsabile della rubrica scacchistica per lamentarsi. 

Un'altra volta, invece, Revoluciónpubblicò un problema così difficile che solo un lettore riuscì a inviare la soluzione corretta. Anche il Che telefonò alla redazione dando la risposta corretta.

 

Nell'ottobre-novembre 1966, l'Avana organizzò la 17ª Olimpiade degli scacchi all'Hotel Habana Libre. 

Più di 300 giocatori provenienti da 52 nazioni, tra i quali Bobby Fischer, questa volta in persona, e Samuel Reshevsky, presero parte allo straordinario evento. Vinse una squadra sovietica guidata dal campione del mondo, Tigran Petrosian, che comprendeva anche Michail Tal e Boris Spasskij.

Guevara, però, non era lì per assistere alle Olimpiadi: era su un aereo diretto in Bolivia per il suo appuntamento con un tragico destino. 

Fu lì, infatti, che un anno dopo, il 9 ottobre 1967, venne assassinato. 

 

Nel 2000 la FIDE (Federazione Internazionale degli Scacchi) ha conferito postuma al Che la più alta onorificenza, nominandolo Cavaliere; questa notizia è stata annunciata alla cerimonia di chiusura del 35° Memorial  Capablanca da Silvino García, che nel 1975 aveva realizzato la profezia di Guevara diventando il primo Gran Maestro di Cuba dalla morte di Capablanca nel 1942. 

Oggi Cuba è la più forte nazione nel gioco degli scacchi in tutta l'America latina, con 27 Grandi Maestri, 22 maschi e 5 femmine. 

 

Per saperne di più: 

-      «Scacchi: così giocava il Che», di Riccardo Vinciguerra, in Quaderni della Fondazione Ernesto Che Guevaran. 6/2006, Massari Editore

-      El Che y el ajedrez, di Lazaro Antonio Bueno Pèrez, Acercandonos Ediciones, Buenos Aires 2005 

 


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RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.