L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

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giovedì 27 ottobre 2011

UNA RIFLESSIONE SULLA CRISI COSTITUZIONALE DEL SISTEMA POLITICO BORGHESE, di Pier Francesco Zarcone

Il pensiero dominante, politicamente corretto, contrappone all’assolutismo regio del passato la democrazia basata su Costituzione e Parlamento, cioè un assetto istituzionalmente ancora in vigore. Purtroppo si tratta di pura dottrina scolastica e di propaganda, con scarso riscontro nella realtà dove si è progressivamente affermato e consolidato un nuovo assolutismo: questa volta non gestito da un monarca, bensì dal binomio Governo/Parlamento. Vediamo il perché di questa valutazione.
Originariamente il Parlamento (come ben sottolineò tempo fa lo storico marxista Eric Hobsbawm) aveva essenzialmente una funzione di controllo dell’attività normativa e amministrativa del Governo per conto e in difesa degli elettori. Da qui il detto – a cui la situazione attuale ha tolto gran parte del significato originario – no taxation without representation. Cioè a dire, il Governo non può imporre sacrifici economici senza il placet del Parlamento, che gli si contrappone essendo l’assemblea dei rappresentanti di sudditi desiderosi di passare al diverso status di cittadini.
Si trattava di una sostanziale diarchia, tra Governo legato alla figura del Re e sua espressione, e il Parlamento, organo di tutela del popolo. Per un certo periodo l’emergere di un contrasto fra Governo e Parlamento fu cosa seria e grave, e al riguardo si tenga conto del legame che univa i parlamentari con i propri elettori – molto pochi rispetto a oggi (borghesia, proprietari terrieri, ceti medi) – e li rendeva più attenti a tutelare (oltre ai propri) anche gli interessi di chi li aveva eletti. Certo, non sono mancate le oggettive valutazioni critiche di contemporanei, tra cui non si possono dimenticare le pagine di Bakunin sul profumo del potere che ottunde la sensibilità dei parlamentari quali rappresentanti del popolo. Ma per un certo tempo il sistema ha funzionato entro i suoi limiti.
In merito a queste trasformazioni non va sottaciuto che per il superamento dell’assolutismo regio, e per l’avvento di un parlamentarismo via via svincolato dal potere monarchico, il ruolo decisivo è stato svolto dalla mera maturazione dei cittadini che contavano e/o dal manifestarsi del loro scontento, dalle manifestazioni di malumore dei ceti più popolari divenute a volte vere e proprie spallate rivoluzionarie dal basso che hanno imposto il cambio istituzionale.

Declino delle funzioni del Parlamento

Un nuovo processo si è sviluppato a mano a mano che, in contrapposizione all’affievolirsi del potere regio, l’accrescersi del potere parlamentare si coniugava con il formarsi dei partiti di massa e il suffragio universale. Soprattutto l’avvento di tali partiti è stato importantissimo. È chiaro che i “partiti” intesi come fazioni più o meno organizzate esistevano anche prima: ma il partito dell’epoca contemporanea ha rappresentato un salto qualitativo determinante. Infatti, questo nuovo organismo ha finito col fagocitare i singoli parlamentari eletti nelle sue liste e con l’interporsi rispetto agli elettori. L’imposizione della “disciplina di partito” ha chiuso il cerchio.
Venute meno le monarchie (o ridottesi a ben poco i loro poteri) si è prodotta una nuova diarchia, stavolta non più (o non tanto) fra istituzioni statali: ora essa esiste fra potere governativo (del Governo organo collegiale, o del Presidente della Repubblica se vige il presidenzialismo) che controlla il Parlamento e popolo. Detto più semplicemente, se un Governo (o un Presidente) ha la maggioranza assoluta allora per x anni può fare quello che vuole, a prescindere dalle proteste dei cittadini, a meno che esse si trasformino in sommosse coinvolgenti anche settori dell’apparato poliziesco/militare, oppure riescano a paralizzare un intero paese (cosa non facile per la riduzione dei lavoratori del settore pubblico, anche a seguito delle massicce privatizzazioni: i lavoratori del settore privato sono infatti ben più ricattabili). Altrimenti si possono fare tutte le manifestazioni e gli scioperi possibili senza che necessariamente incidano sulle decisioni del Governo.
E nemmeno è detto che l’approssimarsi delle elezioni operi da spauracchio: oggi sono diffuse le leggi elettorali che hanno abbandonato il sistema proporzionale puro, al fine di blindare le maggioranze parlamentari. Inoltre, i governi possono contare su un particolare meccanismo psicologico di massa (meritevole di essere studiato da chi ne è capace) giustificato da varie motivazioni: l’esigenza di stabilità, del male minore e/o della cosiddetta mancanza di alternativa (che spesso e volentieri mascherano i timori di votare per partiti demonizzati dal “pensiero dominante”) i suffragi continuano ad andare a realtà politiche i cui danni sono tangibili. Non sembra che si sia molto riflettuto sul caso del Belgio: rimasto senza Governo per ben più di un anno, non è sprofondato nel caos e anzi la sua economia reale è stata caratterizzata da sviluppi di rilievo.
Allo stato delle cose, quindi, le società civili europee (e non solo) si trovano sotto attacco predatorio di Governi e Parlamenti che agiscono apertamente nell’interesse di poteri finanziari extranazionali e per questo sono pronti a distruggere l’economia reale – e non solo lo stato-sociale – in favore di interessi finanziari globalizzati.

I Governi come agenti esecutivi delle grandi istituzioni finanziarie

Ormai i Governi non sono nemmeno più il “comitato d’affari della borghesia” (come si diceva una volta, allorché ancora esisteva una sinistra politica): sono diventati gli agenti esecutivi di grandi istituzioni finanziarie (come quelle che dominano il Fondo monetario internazionale) che mantenendo gli Stati indebitati sotto il torchio di interessi ultrabanditeschi e imponendo “misure di salvataggio” il cui fallimento concreto è ormai di portata universale, hanno la possibilità di estorcere loro le ricchezze attuali e di impadronirsi con le privatizzazioni di imprese pubbliche a pressi di ultrasaldo. Con ciò altresì espropriano i paesi in questione dei possibili progressi futuri.
Nel tragico gioco di questi interessi tutto ciò che attiene alle vite umane perde di significato; e continuare a celebrare la giornata per lo sradicamento della povertà ha solo il sapore di una ipocrita e tragica beffa.
È assai probabile che a furia di “cure” economico/sociali idonee ad ammazzare il paziente senza guarirlo finiscano col morire anche la mal concepita moneta unica e per conseguenza l’ormai agonizzante progetto di Unione Europea. In un’ottica di classe i problemi a ciò inerenti sono questioni delle borghesie coinvolte, trattandosi di una crisi che mette in discussione ciò che tali borghesie hanno voluto e/o appoggiato. Tuttavia, sempre in tale ottica, la gamma delle conseguenze riguarda le vere vittime. Tra le quali oggi ci sono anche le classi medie. E qui si apre lo spazio per un problema politico tremendo in sé, e ancora di più nella situazione attuale. Cerchiamo quanto meno di introdurlo e per comodità espositiva non consideriamo qui i precedenti storici di situazioni analoghe conclusesi con recessione/inflazione di portata devastante, con guerre o con derive autoritarie, vuoi a scopo reattivo vuoi a scopo preventivo.
Diciamo che – se le cose restassero sui binari attuali - probabilmente prima o poi le borghesie continentali dovranno favorire l’apertura di una nuova fase costituente, cioè riorganizzativa sul piano istituzionale pubblico, nel duplice livello nazionale ed europeo. E qui va parafrasato il detto di Clemenceau per cui la guerra è cosa troppo seria perché sia monopolio dei generali: la parafrasi è che sarebbe esiziale se il possibile processo costituente restasse gestito autarchicamente dalle borghesie nazionali (tanto più che esse non sono in grado di sfuggire a pressioni e ricatti del potere finanziario globalizzato). Il fatto è che sono in gioco questioni di importanza capitale, come una blindatura delle economie nazionali ed europee rispetto ai mercati finanziari, la difesa dei cittadini dall’assolutismo dei Governi, e l’avvento di istituzioni strumentali per una democrazia più partecipativa, così come chiedono i popoli d’Europa.
Il drammatico è che questo immane problema si profila su un vuoto politico di base che i movimenti attuali non paiono in grado di colmare. Ma quanto meno l’allarme va lanciato, per una più ampia consapevolezza dell’esserci dietro l’angolo la barbarie assoluta, e che se non ci si organizza per lottare essa preverrà per lungo tempo fra lacrime, sangue e vite rubate.


Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: http://utopiarossa.blogspot.com/2011/10/una-riflessione-sulla-crisi.html

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

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a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

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a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.