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giovedì 30 agosto 2012

SIRIA: ANCORA UNA VOLTA SONO IN GIOCO GLI APPROVVIGIONAMENTI ENERGETICI, di Pier Francesco Zarcone

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ITALIANO

Premessa
Perché gli Stati Uniti ce l’hanno tanto con il regime baathista siriano, al punto di organizzare e addestrare essi stessi militanti jihadisti non-siriani che poi destabilizzeranno tutto il Vicino e Medio Oriente così come fecero i reduci dall’Afghanistan?
Un osservatore curioso - e consapevole dell’inguaribile e aggravata miopia della politica estera statunitense, del suo cinismo autolesionista - trova la risposta esaminando le mappe delle linee, esistenti e progettate, per l’approvvigionamento energetico occidentale dall’Asia.

E allora ogni discorso umanitario e ogni difesa della democrazia borghese ancora una volta risultano essere vuoti slogan propagandistici e pretesti per eventuali interventi. Si capiscono tante cose: la posizione assunta da Russia e Cina, e anche la necessità di demonizzare in ogni modo il regime di Assad come incarnazione del male, anche con una particolare utilizzazione delle immagini a corredo della (dis)informazione corrente. Per inciso, si segnala agli specialisti della materia che i media italiani non hanno pressocché mai esibito foto o riprese dei soldati dell’esercito regolare siriano, bensì dei ribelli. Se il “mostro” resta senza volto forse risulta ancora più brutto.
Qualcosa però sul fronte della mistificazione di sta sgretolando: in alcune news della RAI si comincia a parlare di massacri compiuti dai ribelli (evidentemente la cosa è di così ampie dimensioni da non poterla più attribuire solo all’esercito regolare) e, per esempio, in Francia qualcuno dice apertamente che in Siria non è solo questione di buoni e cattivi, e che tutto va visto in termini politici globali.

Le energie non rinnovabili: più maledizione che ricchezza. La situazione attuale
Oggi nel mondo è in atto una forte concorrenza internazionale per impiantare e controllare oleodotti per il trasporto di petrolio e soprattutto di gas (che sarà la principale fonte energetica del secolo XXI, forse superando il petrolio in importanza) verso occidente e, sulla base di essi, svolgere un ruolo politicamente egemone sui paesi che gli oleodotti attraversano. Una nuova guerra fredda, se ci sarà, si svilupperà attorno a questo problema.
I soggetti in campo sono Usa, Russia e Cina.
La Russia, con Putin, ha cambiato strategia nella sua contrapposizione con l’Occidente (le motivazioni geopolitiche richiederebbero un libro a parte), forte anche degli errori dell’Urss. In fondo l’Urss si era svenata in una folle corsa agli armamenti, mentre gli Stati Uniti si rafforzavano economicamente e politicamente attraverso il controllo di fonti energetiche e dei relativi condotti di distribuzione. Dal 1995 la Russia ha optato per la strategia energetica attraverso la Gazprom, come ben sanno i paesi europei dipendenti dai rifornimenti russi. I grandi progetti energetici della Russia si chiamano North Stream e South Stream, due gasdotti verso l’Europa occidentale – rispettivamente, la regione baltica e quella mediterranea.  

Il concorrente statunitense della Russia è il progetto Nabucco, che dall’Asia Centrale, passando per il Caspio, la Turchia e i Balcani arriva a Vienna. La Russia lo avversa fieramente, non foss’altro che per il fatto di interessare le nemica Georgia.
La Cina – interessatissima alla questione energetica - è favorevole ai progetti russi, anche quale partner della Russia nel cosiddetto “Blocco si Shanghai” (oggi si chiama ufficialmente Organizzazione della Cooperazione di Shanghai), costituito nel 1996, con la partecipazione di Russia, Cina, Kazakhstan, Tagikistan e Kirghizistan, a cui si aggiunse nel 2001 l’Uzbekistan. Attualmente è anche un’organizzazione di cooperazione militare. Rientrano nella strategia cinese il gasdotto che collega il Turkmenistan con l’Uzbekistan e il Kazakhstan, oltre al progetto di ferrovia che dalla Russia dovrà raggiungere il porto di Guwadar in Pakistan.
Ma altri due progetti, non certo graditi a Washington e Wall Street: uno riguarda il gasdotto che dovrà collegare Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India; e l’altro i collegamenti energetici fra Cina, Pakistan, India e Iran.

Non è solo quest’ultimo progetto a cozzare contro la politica statunitense volta a isolare l’Iran; vi è anche l’attuale disegno iraniano per entrare a pieno titolo nel club dei soggetti attivi della distribuzione energetica. E qui il discorso si lega strettamente alla questione siriana.

Perché c’entra la Siria?
Gli esperti – tra cui il Washington Institute for Near East Policy (Winep) – sostengono che non solo il bacino del Mediterraneo e ricchissimo di riserve di gas, ma che le più importanti si trovano proprio in Siria. E da quando nel 2009 Israele iniziò estrazioni di petrolio e gas dal Mediterraneo gli osservatori più smaliziati capirono che prima o poi la Siria sarebbe finita sotto attacco.
Se gli studi del Winep sono esatti, non ci vuole molto a capire quale sarà in un futuro prossimo l’importanza del controllo sulla Siria, al punto da poter azzardare – anche considerando l’esistenza di riserve in Libano – che controllare la Siria vorrà dire controllare il Vicino Oriente.
Il fatto che a luglio del 2011 l’Iran abbia concluso accordi per il trasferimento del suo gas attraverso Iraq e Siria non è certo di tutela per quest’ultimo paese dagli appetiti statunitensi (e sionisti).
Nel gioco – ripetendo quanto accaduto in Libia - si inserirà (o si è già inserita) la Francia, che da sempre considera “zona sua” il Levante mediterraneo. La guerra energetica continuerà.

La scelta degli Stati Uniti è tanto chiara quanto devastante
Di recente lo spagnolo El País ha rivelato che nelle zone siriane in mano ai ribelli si sta applicando la sharía (il che è tipico dei Sunniti). Possiamo pure avere una considerazione molto bassa degli Stati Uniti e dei loro cittadini “medi”, ma non si può pensare che i responsabili della sua politica non lo sappiano, e non sappiano cosa ciò significa. Infatti vari segnali fanno ritenere che ormai a Washington sia stata fatta una scelta precisa in ordine al Vicino Oriente: destabilizzare l’area per bloccare ogni progetto iraniano nella fascia che va dall’Iran alla costa siriana includendo il Libano; ridisegnare la mappa della regione spaccando l’unità degli Stati creati dall’imperialismo franco-britannico dopo la Grande Guerra e favorendo nuove entità secondo linee etniche o religiose; collocare dove possibile regimi islamici legati all’Arabia Saudita, paese che per quanto islamico radicale non ha mai creato grossi problemi agli Usa; su questa base sviluppare la propria politica energetica. In effetti, se ci si basa sull’esempio saudita si deve concludere che il conseguente controllo sociale garantisce una minor turbolenza interna. Ma poi?
Se gli Usa non riusciranno nell’intento resterà comunque la devastazione umana, sociale ed economica della regione; se riusciranno, in aggiunta ci sarà un assetto capace di risvegliare velleità islamiche maggiori di quelle attuali. Ma domani, come disse Rossella O’Hara in Gone with the wind, è un altro giorno. I costi umani, ovviamente, non interessano.

* * *

ENGLISH

[English translation by the Author]

Premise 
Why does Washington want so much to overthrow the Syrian baathist regime, arriving to organize and train non-Syrian jihadists fighters, that will destabilize Near and Middle East as the veterans from Afghanistan did at the end of the last century? The reasons of this new manifestation of the incurable and increased myopia of the American foreign politics, and of its self-injuring cynicism can be found examining the maps of the pipelines (existing and projected) to provide energetic supplies from Asia to the western economies.  
 
These maps show how every humanitarian discourse and every defence of the bourgeois democracy result once more empty propagandist slogans, and pretexts for possible interventions; and besides make understand many other things: the position assumed from Russia and China, and the necessity of demonize in every way the regime of Assad, as incarnation of the evil, also using in a particular manner the images accompanying the current “information” (!). By the way, we underline that many media hardly exhibit photo or images of the soldiers fighting in the regular Syrian Army; for the rebels it’s the contrary. Probably if “monster” has no face, then results even more ugly.  
But something new is happening on the side of the mystification: some RAI’s news start to speak of massacres done by the rebels (evidently the thing has so ample dimensions that it is impossible to attribute only to the regular Army these events) and, for example, in France someone now openly says it’s an error to reduce the Syrian crisis to a struggle between the good and the wicked, being necessary to see the presence of political interests.
 
The non renewable energies: more curse than wealth. The actual competition
Today in the world it is in action a strong international competition to install and to control pipelines for the oil and gas transport toward West and to have a political hegemony on the countries crossed by the pipelines. And we point out that gas will be the most important energetic source of this century, overcoming the oil in importance. A new possible “cold war” will develop for this problem.  
The subjects in competition are Usa, Russia and China
Putin turned the errors of the Urss to profits and changed the strategy. The Soviet Union, in fact, cut its veins to win an insane run to the armaments, while the United States grew stronger economically and politically through the control of energetic sources and their pipelines. But from 1995 Russia opted for an energetic strategy through the Gazprom, as the European countries well know depending from the Russian restocking. The great energetic projects of Russia have the names of North Stream and South Stream, two pipelines toward western Europe - respectively, to the Baltic region and to the Mediterranean ones.    
 

Competitor of Russia is the American project named Nabucco, that from Central Asia, passing for the Caspian, Turkey and the Balkans will arrive to Vienna. Russia adverse it fiercely, at least being interested in it the hostile Georgia
China - interested in the energetic matter - it is favourable to the Russian projects, also as partner of Russia in the so-called Block of Shanghai (its official name is today Organization of the Cooperation of Shanghai), constituted in 1996, with the participation of Russia, China, Kazakhstan, Tajikistan and Kyrgyzstan, with the addition of Uzbekistan in 2001. Actually the Block of Shanghai is also organization for military cooperation. In the Chinese strategy we find also the pipeline for connecting Turkmenistan with Uzbekistan and Kazakhstan, and the project of a railroad from   Russia to Guwadar, a harbour in Pakistan
But Washington and Wall Street don’t like other two projects: one concerning the pipeline for connecting Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan and India; and the other the pipelines which have to link China, Pakistan, India and Iran


Not only this last project goes against the American politics in order to Iran; also the actual Iranian intention to enter the club of the active subjects in the energetic distribution. And here it’s the linkage between this problem and the Syrian crisis.    
 
What has Syria got to do with it? 
The experts - among which the Washington Institute for Near East Policy (WINEP) - sustain that not only the basin of the Mediterranean is rich of reserves of gas, but that the most important are found just in Syria. And from when in 2009 Israel began oil and gas extractions from the Mediterranean sea the more shrewd observatories understood well that sooner or later Syria would have been under attack. 
If the studies of the Winep are exact, it isn’t difficult to understand that in a next future the control on Syria will be vary important, and perhaps - considering the existence of reserves in Lebanon as well - to control Syria would mean to control the whole Near East. The fact that in July 2011 Iran concluded accords for the transfer of its gas through Iraq and Syria certainly doesn’t guarantee this last country from the American (and Zionist) appetites. 
Repeating what happened in Libya, France – which still think to have an historical interest in the Mediterranean Levant - will become an explicit part of the game. The energetic war goes on.

The choice of the United States is as clear as catastrophic
Recently the Spanish newspaper El País revealed that in the Syrian zones controlled by the rebels they are applying the sharía (which is typical of the Sunnites). We can also have a very low consideration of the United States and their typical citizens, but it’s impossible to believe that the responsible American politicians ignore it and what is means. In fact various signals make to think that in Washington a precise choice has been made in order to the Near East: to destabilize the area to stop every Iranian project in the corridor from Iran to the Syrian coast, including Lebanon; to redraw the region’s map also breaking the unity of States created by the French-British imperialism after the Great War and favouring new entities according to ethnic or religious lines; where possible to put Islamic regimes linked to Saudi Arabia, an Islamic radical country which never created big problems to the Usa; on this base, to develop their own energetic politics. In effects, considering the Saudi example it is easy to conclude that a social Islamic control guarantees a smaller inside turbulence. But afterwards? 
If the Usa won't succeed in the intent, then the human, social and economic devastation of the region will be great in any way; and if they will succeed, the new situation will be able to wake up new and greater Islamic ambitions. But tomorrow, as Scarlett O’Hara told in Gone with the Wind, is another day. The human costs, obviously, have no interest.

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

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a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

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a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

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a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

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a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.