ITALIANO
Premessa
Perché gli Stati
Uniti ce l’hanno tanto con il regime baathista siriano, al punto di organizzare
e addestrare essi stessi militanti jihadisti non-siriani che poi
destabilizzeranno tutto il Vicino e Medio Oriente così come fecero i reduci
dall’Afghanistan?
Un osservatore
curioso - e consapevole dell’inguaribile e aggravata miopia della politica
estera statunitense, del suo cinismo autolesionista - trova la risposta
esaminando le mappe delle linee, esistenti e progettate, per
l’approvvigionamento energetico occidentale dall’Asia.
E allora ogni
discorso umanitario e ogni difesa della democrazia borghese ancora una volta
risultano essere vuoti slogan propagandistici e pretesti per eventuali
interventi. Si capiscono tante cose: la posizione assunta da Russia e Cina, e
anche la necessità di demonizzare in ogni modo il regime di Assad come
incarnazione del male, anche con una particolare utilizzazione delle immagini a
corredo della (dis)informazione corrente. Per inciso, si segnala agli
specialisti della materia che i media italiani non hanno pressocché mai esibito
foto o riprese dei soldati dell’esercito regolare siriano, bensì dei ribelli.
Se il “mostro” resta senza volto forse risulta ancora più brutto.
Qualcosa però sul
fronte della mistificazione di sta sgretolando: in alcune news della RAI si
comincia a parlare di massacri compiuti dai ribelli (evidentemente la cosa è di
così ampie dimensioni da non poterla più attribuire solo all’esercito regolare)
e, per esempio, in Francia qualcuno dice apertamente che in Siria non è solo
questione di buoni e cattivi, e che tutto va visto in termini politici globali.
Le energie non rinnovabili: più maledizione che ricchezza.
La situazione attuale
Oggi nel mondo è in
atto una forte concorrenza internazionale per impiantare e controllare
oleodotti per il trasporto di petrolio e soprattutto di gas (che sarà la principale
fonte energetica del secolo XXI, forse superando il petrolio in importanza)
verso occidente e, sulla base di essi, svolgere un ruolo politicamente egemone
sui paesi che gli oleodotti attraversano. Una nuova guerra fredda, se ci sarà,
si svilupperà attorno a questo problema.
La Russia, con
Putin, ha cambiato strategia nella sua contrapposizione con l’Occidente (le
motivazioni geopolitiche richiederebbero un libro a parte), forte anche degli
errori dell’Urss. In fondo l’Urss si era svenata in una folle corsa agli
armamenti, mentre gli Stati Uniti si rafforzavano economicamente e
politicamente attraverso il controllo di fonti energetiche e dei relativi
condotti di distribuzione. Dal 1995 la Russia ha optato per la strategia
energetica attraverso la Gazprom, come ben sanno i paesi europei dipendenti dai
rifornimenti russi. I grandi progetti energetici della Russia si chiamano North
Stream e South Stream, due gasdotti verso l’Europa occidentale –
rispettivamente, la regione baltica e quella mediterranea.
Il concorrente
statunitense della Russia è il progetto Nabucco, che dall’Asia Centrale,
passando per il Caspio, la Turchia e i Balcani arriva a Vienna. La Russia lo
avversa fieramente, non foss’altro che per il fatto di interessare le nemica
Georgia.
La Cina –
interessatissima alla questione energetica - è favorevole ai progetti russi,
anche quale partner della Russia nel cosiddetto “Blocco si Shanghai” (oggi si chiama
ufficialmente Organizzazione della Cooperazione di Shanghai), costituito nel
1996, con la partecipazione di Russia, Cina, Kazakhstan, Tagikistan e
Kirghizistan, a cui si aggiunse nel 2001 l’Uzbekistan. Attualmente è anche
un’organizzazione di cooperazione militare. Rientrano nella strategia cinese il
gasdotto che collega il Turkmenistan con l’Uzbekistan e il Kazakhstan, oltre al
progetto di ferrovia che dalla Russia dovrà raggiungere il porto di Guwadar in
Pakistan.
Ma altri due
progetti, non certo graditi a Washington e Wall Street: uno riguarda il
gasdotto che dovrà collegare Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India; e
l’altro i collegamenti energetici fra Cina, Pakistan, India e Iran.
Non è solo
quest’ultimo progetto a cozzare contro la politica statunitense volta a isolare
l’Iran; vi è anche l’attuale disegno iraniano per entrare a pieno titolo nel
club dei soggetti attivi della distribuzione energetica. E qui il discorso si
lega strettamente alla questione siriana.
Gli esperti – tra
cui il Washington Institute for Near East Policy (Winep) – sostengono che non
solo il bacino del Mediterraneo e ricchissimo di riserve di gas, ma che le più
importanti si trovano proprio in Siria. E da quando nel 2009 Israele iniziò
estrazioni di petrolio e gas dal Mediterraneo gli osservatori più smaliziati
capirono che prima o poi la Siria sarebbe finita sotto attacco.
Se gli studi del
Winep sono esatti, non ci vuole molto a capire quale sarà in un futuro prossimo
l’importanza del controllo sulla Siria, al punto da poter azzardare – anche
considerando l’esistenza di riserve in Libano – che controllare la Siria vorrà
dire controllare il Vicino Oriente.
Il fatto che a
luglio del 2011 l’Iran abbia concluso accordi per il trasferimento del suo gas
attraverso Iraq e Siria non è certo di tutela per quest’ultimo paese dagli
appetiti statunitensi (e sionisti).
Nel gioco –
ripetendo quanto accaduto in Libia - si inserirà (o si è già inserita) la
Francia, che da sempre considera “zona sua” il Levante mediterraneo. La guerra
energetica continuerà.
La
scelta degli Stati Uniti è tanto chiara quanto devastante
Di recente lo
spagnolo El País ha rivelato che
nelle zone siriane in mano ai ribelli si sta applicando la sharía (il che è tipico dei Sunniti). Possiamo pure avere una
considerazione molto bassa degli Stati Uniti e dei loro cittadini “medi”, ma
non si può pensare che i responsabili della sua politica non lo sappiano, e non
sappiano cosa ciò significa. Infatti vari segnali fanno ritenere che ormai a
Washington sia stata fatta una scelta precisa in ordine al Vicino Oriente:
destabilizzare l’area per bloccare ogni progetto iraniano nella fascia che va
dall’Iran alla costa siriana includendo il Libano; ridisegnare la mappa della regione
spaccando l’unità degli Stati creati dall’imperialismo franco-britannico dopo
la Grande Guerra e favorendo nuove entità secondo linee etniche o religiose;
collocare dove possibile regimi islamici legati all’Arabia Saudita, paese che
per quanto islamico radicale non ha mai creato grossi problemi agli Usa; su
questa base sviluppare la propria politica energetica. In effetti, se ci si
basa sull’esempio saudita si deve concludere che il conseguente controllo
sociale garantisce una minor turbolenza interna. Ma poi?
Se gli Usa non
riusciranno nell’intento resterà comunque la devastazione umana, sociale ed
economica della regione; se riusciranno, in aggiunta ci sarà un assetto capace
di risvegliare velleità islamiche maggiori di quelle attuali. Ma domani, come
disse Rossella O’Hara in Gone with the
wind, è un altro giorno. I costi umani, ovviamente, non interessano.
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ENGLISH
[English translation by the Author]
Premise
Why does Washington
want so much to overthrow the Syrian baathist regime, arriving to organize and train
non-Syrian jihadists fighters, that will destabilize Near and Middle East as the
veterans from Afghanistan
did at the end of the last century? The reasons of this new manifestation of
the incurable and increased myopia of the American foreign politics, and of its
self-injuring cynicism can be found examining the maps of the pipelines (existing
and projected) to provide energetic supplies from Asia
to the western economies.
These maps show how every humanitarian
discourse and every defence of the bourgeois democracy result once more empty
propagandist slogans, and pretexts for possible interventions; and besides make
understand many other things: the position assumed from Russia and China, and the
necessity of demonize in every way the regime of Assad, as incarnation of
the evil, also using in a particular manner the images accompanying the current
“information” (!). By the way, we underline that many media hardly exhibit photo
or images of the soldiers fighting in the regular Syrian Army; for the rebels
it’s the contrary. Probably if “monster” has no face, then results even more
ugly.
But something new is happening on the side of
the mystification: some RAI’s news start to speak of massacres done by the
rebels (evidently the thing has so ample dimensions that it is impossible to
attribute only to the regular Army these events) and, for example, in France
someone now openly says it’s an error to reduce the Syrian crisis to a struggle
between the good and the wicked, being necessary to see the presence of political
interests.
The non renewable
energies: more curse than wealth. The actual competition
Today in the world it is in action a strong
international competition to install and to control pipelines for the oil and
gas transport toward West and to have a political hegemony on the countries crossed
by the pipelines. And we point out that gas will be the most important energetic
source of this century, overcoming the oil in importance. A new possible “cold
war” will develop for this problem.
The subjects in competition are Usa , Russia
and China .
Putin turned the errors of the Urss to profits and
changed the strategy. The Soviet Union, in fact, cut its veins to win an insane
run to the armaments, while the United
States grew stronger economically and
politically through the control of energetic sources and their pipelines. But from
1995 Russia
opted for an energetic strategy through the Gazprom, as the European countries well
know depending from the Russian restocking. The great energetic projects of Russia have the
names of North Stream and South Stream, two pipelines toward western Europe -
respectively, to the Baltic region and to the Mediterranean ones.
Competitor of Russia
is the American project named Nabucco, that from Central Asia, passing for the
Caspian, Turkey and the
Balkans will arrive to Vienna .
Russia adverse it fiercely,
at least being interested in it the hostile Georgia .
But Washington and Wall Street don’t like other
two projects: one concerning the pipeline for connecting Turkmenistan , Afghanistan ,
Pakistan and India ; and the other the pipelines which have to
link China , Pakistan , India
and Iran .
Not only this last project goes against the
American politics in order to Iran ;
also the actual Iranian intention to enter the club of the active subjects in the
energetic distribution. And here it’s the linkage between this problem and the
Syrian crisis.
What has Syria got to do
with it?
The experts - among which the Washington
Institute for Near East Policy (WINEP) - sustain that not only the basin of the
Mediterranean is rich of reserves of gas, but that the most important are found
just in Syria .
And from when in 2009 Israel
began oil and gas extractions from the Mediterranean sea the more shrewd observatories
understood well that sooner or later Syria would have been under
attack.
If the studies of the Winep are exact, it isn’t
difficult to understand that in a next future the control on Syria will be vary
important, and perhaps - considering the existence of reserves in Lebanon as
well - to control Syria would mean to control the whole Near East. The fact
that in July 2011 Iran concluded
accords for the transfer of its gas through Iraq
and Syria
certainly doesn’t guarantee this last country from the American (and Zionist)
appetites.
Repeating what happened in Libya , France – which still think to have
an historical interest in the Mediterranean Levant - will become an explicit
part of the game. The energetic war goes on.
The choice of the United States is as clear as
catastrophic
Recently the Spanish newspaper El País revealed that in the Syrian zones
controlled by the rebels they are applying the sharía (which is typical of the Sunnites). We can also have a very
low consideration of the United
States and their typical citizens, but it’s
impossible to believe that the responsible American politicians ignore it and
what is means. In fact various signals make to think that in Washington a
precise choice has been made in order to the Near East: to destabilize the area
to stop every Iranian project in the corridor from Iran to the Syrian coast, including
Lebanon; to redraw the region’s map also breaking the unity of States created
by the French-British imperialism after the Great War and favouring new
entities according to ethnic or religious lines; where possible to put Islamic
regimes linked to Saudi Arabia, an Islamic radical country which never created big
problems to the Usa; on this base, to develop their own energetic politics. In
effects, considering the Saudi example it is easy to conclude that a social Islamic
control guarantees a smaller inside turbulence. But afterwards?
If the Usa won't succeed in the intent, then the human, social and economic devastation of the region will be great in
any way; and if they will succeed, the new situation will be able to wake up new
and greater Islamic ambitions. But tomorrow, as Scarlett O’Hara told in Gone with the Wind, is another day. The
human costs, obviously, have no interest.
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