I risultati definitivi usciti dalle urne il 23 marzo potrebbero non fornire la possibilità di creare una maggioranza stabile e coesa. Procedendo con ordine nell'analisi rileviamo i seguenti aspetti salienti.
1)Riduzione dell'affluenza. Le elezioni appena svolte hanno registrato un calo dell'affluenza di circa 330.000 votanti, pari a -4,3%, facendo scendere la partecipazione totale al 67,2%, solo in parte causata da timori per il contagio pandemico, visto l'ottimo stadio di avanzamento della campagna vaccinale e gli appositi seggi riservati ai positivi. Riduzione in prevalenza determinata dal minor afflusso della minoranza araba che, infatti, si è concretizzato in un arretramento della Lista Comune arabo-israeliana che raccoglie solo 212.048 voti, che sommati a quelli del partito islamista Ra'am presentatosi da solo ottenendone 167.132, corrispondono a circa 200.000 in meno rispetto ai 577.355 della Lista Comune Araba del marzo 2020. In base all'analisi del voto risulta, infatti, che circa il 60% dell'incremento dell'astensionismo è riconducibile al voto palestinese.
2) Aumento della frammentazione politica. In Israele si sta riproducendo il classico copione dei periodi di instabilità politica con forti tensioni interne alle forze politiche che determinano scioglimento di partiti, frequenti scissioni e nascita di nuove formazioni e coalizioni. Fra le scissioni dell'ultimo anno citiamo:
· Nuova Speranzadi Gideon Sa'ar che l'8 dicembre scorso fuoriesce dal Likud,
· il partito islamista Ra'am che il 28 gennaio 2021 lascia La lista Comune,
· lo sfaldamento di Blu e Bianco, dal quale si erano distaccati al momento della formazione del governo di coabitazione con Netanyahu, nel marzo 2020, Yair Lapid, leader di Yesh Atid, e Moshe Ya'alon, di Telem, quest'ultima formazione poi dissolutasi il 1 febbraio 2021.
Dalla coalizione di destra Yaminasono fuoriusciti, invece, i partiti La casa Ebraica e Tkuma, con l'ex ministro Naftali Bennet che ne mantiene il nome rimanendone il leader.
Nell'area della destra estrema registriamo, invece, la formazione del nuovo Partito Sionista Religioso, nato, su regia di Netanyahu per coprire l'area a destra del Likud, dall'aggregazione fra il partito di estrema destra Tkuma, la formazione kahanaista[1], Oztma Yehudit, e il partito omofobo Niam.
Nell'ambito dell'area di centro sinistra si registra la formazione di due nuovi partiti che, tuttavia, non hanno partecipato alle elezioni del 23 marzo: Gli Israeliani fondato dal sindaco laburista di Tel Aviv, Ron Huldai, e Tnufa, promosso dall'ex deputato di Yesh Atild, Ofer Shelah.
Un quadro politico, quindi, estremamente fluido quello attuale interno israeliano nel quale l'incertezza si accompagna a dinamicità e frammentazione. Le forze politiche presenti alla Knesset salgono, infatti, dalle 9 nove delle precedente legislatura (tab 1), alle ben 13 attuali, rendendo sempre più complessa la formazione di una maggioranze stabile.