L’associazione Utopia Rossa lavora e lotta per l’unità dei movimenti rivoluzionari di tutto il mondo in una nuova internazionale: la Quinta. Al suo interno convivono felicemente – con un progetto internazionalista e princìpi di etica politica – persone di provenienza marxista e libertaria, anarcocomunista, situazionista, femminista, trotskista, guevarista, leninista, credente e atea, oltre a liberi pensatori. Non succedeva dai tempi della Prima internazionale.

PER SAPERNE DI PIÙ CI SONO UNA COLLANA DI LIBRI E UN BLOG IN VARIE LINGUE…

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martedì 31 maggio 2016

“VOLVERÍA A LA MONTAÑA A JUGARME LA VIDA”: CONVERSACIÓN CON DOUGLAS BRAVO, por Jolguer Rodríguez Costa

© Henry Delgado
P. —¿Cuándo y por qué rompió con el marxismo?

R. —Nos expulsaron del Partido Comunista de Venezuela entre 1965-1966 por considerarnos antisoviéticos. Hoy proponemos una nueva civilización que requiere otros paradigmas: una revolución ecológica fundada en un modelo energético diferente.

P. —Usted era procubano, ¿qué piensa ahora de la intromisión castrista en Venezuela y en la FANB?

R. —Éramos amigos y aliados de la revolución cubana, no procubanos. El socialismo del siglo XXI permitió la intromisión cubana y vendió la soberanía económica, política, militar, territorial y aérea a Rusia y a China.

P. —¿Apoyaron los fusilamientos en Cuba?

R. —El PRV no los apoyó ni en privado ni en público.

P. —¿Cómo ve ahora a Fidel?

R. —Dándole apoyo a Obama y a Raúl Castro en las relaciones de Estados Unidos con Cuba.

P. —¿Cuándo se acercó a la democracia?

R. —Los conceptos del PRV-Tercer Camino sobre la democracia vienen del anarquista Bakunin y del filósofo alemán Rudolf Bahro, quienes consideraban que el socialismo tendría que ser fundamentalmente democrático, pero que la democracia como tal debería ser socialista.

P. —De poder, ¿volvería a la montaña?

R. —Me iría de nuevo a jugarme la vida para una nueva rebelión popular.

venerdì 27 maggio 2016

CHE COS'È LA SHARIA?, di Pier Francesco Zarcone

Dall'inizio dell'irruzione del radicalismo islamista e del jihadismo sui media si parla frequentemente di Sharia, ma con estrema approssimazione e varie deformazioni, col risultato di non far intendere le reali caratteristiche del fenomeno. Questa parola araba significa "via", "cammino verso la fonte", "strada battuta", "sentiero", e indica altresì il diritto religioso contenuto nel Corano e da esso derivato. Parlare di "legge" islamica è impreciso se teniamo conto della tipicità assunta in Occidente dal concetto di legge. La Sharia non è una "legge codificata" né codificabile, per quanto anche le rivendicazioni del radicalismo musulmano - e a volte anche di movimenti islamici qualificati dagli occidentali come "moderati" - occultino questo aspetto: essi infatti parlano di reintroduzione della Sharia quale disciplina giuridica religiosa della società e dei singoli, al che c'è da chiedersi di quale Sharia si tratti. Infatti essa non s'identifica per nulla con un insieme normativo bell'e fatto, e se qualcuno si recasse in una libreria islamica con l'idea di comprare il volume contenente la Sharia non lo troverebbe, o nella migliore delle ipotesi il libraio gli presenterebbe il Corano, una raccolta completa dei detti e fatti del Profeta (se è sunnita) e dei commentari della scuola giuridico-religiosa più influente nel paese.
Innanzitutto deve essere "ricavata" dal Corano e poi dalle altre fonti di cui diremo. Tutto sommato sarebbe meglio parlare di "sistema giuridico", piuttosto che di legge, e infatti fino al sec. XIX (cioè fino alla grande irruzione del colonialismo europeo nel mondo musulmano) l'espressione "legge islamica" era ignota ai Musulmani.
Per quanto possa sembrare un'eresia ai più, esistono forti similitudini con la common law britannica, particolarmente riguardo all'importanza dei precedenti e all'uso dell'analogia. In entrambi tali sistemi giuridici non c'è legge scritta, e se la common law è un diritto formato dai giudici, la Sharia è formata essenzialmente dai giuristi. Gli storici del diritto discutono su un altro punto inaspettato: cioè se la common law abbia tra le sue ascendenze proprio il diritto musulmano. Chi risponde positivamente al quesito sostiene che istituti fondamentali del diritto britannico derivano o sono stati adattati dal diritto islamico a seguito della conquista normanna dell'Inghilterra in base a conoscenze acquisite dal regno normanno di Sicilia, in cui forte era ancora la presenza musulmana. Ciò ovviamente non vuol dire negare il ruolo della tradizione anglo-sassone nella formazione della common law.
Nella tradizione islamica classica il potere politico non poteva intervenire in alcun modo nell'elaborazione normativa, riservata ai soli giuristi attraverso l'elaborazione dalle fonti religiose. Questo dà luogo a una sorta di tensione (per così dire) tra tendenza etico-spirituale e tendenza "istituzionale", in cui prevale l'aspetto normativo. Altro aspetto da considerare (e che i radicali islamisti e i jihadisti trascurano) è che, proprio per la sacralità di base della Sharia il fine primario della rivelazione coranica non è la regolazione dei rapporti fra gli esseri umani, bensì il rapporto tra il singolo e Dio.

mercoledì 25 maggio 2016

POESIE, AUSCHWITZ E LA III MEDIA B DI PONTE A EGOLA (PISA), di Serena Campani e Roberto Massari

A CHI PUÒ INTERESSARE: Serena Campani è un'insegnante di lettere presso la Scuola media di Ponte a Egola (fraz. di S. Miniato-Pisa). Ad aprile aveva scritto una recensione al volumetto di Massari - Multiversi. Mezzo secolo di poesie (2012) - che ha avuto un'accoglienza molto positiva e un'ampia circolazione in Rete. La riportiamo di seguito.
Ma Serena ha coinvolto nella lettura delle poesie anche i ragazzi e le ragazze della sua classe di Terza media, realizzando un interessante esperimento didattico. L'attenzione si è concentrata sulla poesia dedicata da Massari alla sua visita ad Auschwitz (agosto del 1966, appresso riportata) e in classe sono state redatte delle domande alle quali Massari è stato ben felice di rispondere.
Ecco di seguito i passaggi di questa bella vicenda. [la Redazione]

LA RICHIESTA DI SERENA CAMPANI:
Caro Roberto,
con i miei alunni della Terza B abbiamo letto e provato ad analizzare la tua poesia su Auschwitz. I ragazzi si sono molto appassionati e hanno scritto delle domande per te. Te le invio in allegato. Se vorrai rispondere, anche solo ad alcune di esse, te ne sarò grata.
A presto,
Serena (19/05/2016)

LA RISPOSTA DI ROBERTO MASSARI:
Carissimi/e amici e amiche della Terza B di Ponte a Egola,
ho un figlio di dodici anni che fa la prima media e quindi ho una ragione in più per rispondere alle vostre belle domande:

1. PROVA ANCORA LE EMOZIONI CHE PROVAVA QUANDO HA SCRITTO LA POESIA?
Sì, intensamente come allora. La differenza è nella mia preparazione teorica che oggi è decine di volte più ampia. Quindi l'emozione attuale non è attenuata, ma è amplificata dalla maggiore consapevolezza storico-teorica. Forse dovrei parlare di un tipo diverso di emozione, fatta di sentimento e di ragionamento allo stesso tempo.

2. SI RITIENE UN POETA ERMETICO?
No, anche se da ragazzo volevo un po' scimmiottare l'ermetismo. Se uno legge il mio libro di poesie partendo dalla fine (cioè da quando avevo 15 anni) si accorge che agli inizi usavo il verso libero e poi poco a poco, col passare del tempo, sono passato all'endecasillabo, alle rime e addirittura a composizioni con la struttura più o meno classica del sonetto. In genere per i poeti accade l'inverso. Ma io non mi considero un poeta, bensì uno che ha scritto delle poesie in momenti particolari della sua vita.

3. COSA SIGNIFICANO I NOMI NELLA PENULTIMA STROFA?
Sono per lo più lager di altri paesi e regimi politici: Marsa Brega, lager italiano in Cirenaica (Libia) e Nocra (lager italiano in Eritrea); Goli Otok (tremendo lager titoista antitaliano nel mare Adriatico jugoslavo); Birkenau, Treblinka, Dachau, lager nazisti; Katyn (in Polonia), dove i sovietici uccisero più di 14.000 ufficiali e sottoufficiali polacchi, all'epoca dell'alleanza con Hitler e della spartizione della Polonia; Yol (nel Nord dell'India), campo di prigionia inglese per i soldati tedeschi nella Prima guerra mondiale e italiani nella Seconda; Sétif (in Algeria), sede di un tristemente celebre massacro da parte dei francesi nel 1945; Wounded Knee non è una riserva dei Nativi americani, ma sta a simboleggiarle, essendo stato il luogo del feroce massacro del 1890 con cui si considera chiusa la resistenza dei Nativi negli Usa; Vorkuta e Kolyma, forse i più celebri lager del gulag sovietico.

domenica 22 maggio 2016

POLÍTICA PROFESIONAL Y PSICOPATÍA: LOS POLÍTICOS, ¿SON UNOS ENFERMOS?, por Marcelo Colussi

Sobre los temas que aquí desarrolla Marcelo Colussi, Utopía Roja tiene una tradición propia y «antigua» de reflexión. Véanse las fichas de psicopatología política en este blog. [la Redacción]

Al principio, sonríe y saluda a todo el que encuentra a su paso, niega ser tirano [léase: el político profesional], promete muchas cosas en público y en privado, libra de deudas y reparte tierras al pueblo y a los que le rodean y se finge benévolo y manso para con todos […] Suscita algunas guerras para que el pueblo tenga necesidad de conductor […] Y para que, pagando impuestos, se hagan pobres y, por verse forzados a dedicarse a sus necesidades cotidianas, conspiren menos contra él […] Y también para que, si sospecha de algunos que tienen temple de libertad y no han de dejarle mandar, tenga un pretexto para acabar con ellos entregándoles a los enemigos […] ¿Y no sucede que algunos de los que han ayudado a encumbrarle y cuentan con influencia se atreven a enfrentarse ya con él, ya entre sí […] censurando las cosas que ocurren, por lo menos aquellos que son más valerosos? […] Y así el tirano, si es que ha de gobernar, tiene que quitar de en medio a todos éstos hasta que no deje persona alguna de provecho ni entre los amigos ni entre los enemigos.
(Platón, Politeia)

Normalidad (neurosis), psicosis y psicopatía

La cría humana, para humanizarse y llegar a ser un adulto más de la serie, bien integrado –lo que llamamos un “normal”–, debe pasar por un largo y complejo proceso. El mismo, nunca falto de tropiezos y que no tiene asegurado el “final feliz”, puede tomar diferentes vericuetos. Eso es la socialización. Por cierto, no es un camino fijado naturalmente por el instinto. Como dijera Jean Laplanche: “el instinto está “pervertido” [transformado, tocado, enredado] por lo social”.
En general, la gran mayoría de seres humanos, independientemente del medio cultural donde nos desenvolvemos, cumplimos con ese proceso, y con las dificultades del caso debidamente superadas, terminamos integrados a nuestro entorno. Eso, en definitiva, es ser un buen neurótico (que significa: “un buen normal”). Es decir: en términos estructurales, lo que predomina en cualquier cultura son sujetos funcionales a la misma, que la pudieron captar, procesar, viven en ella y la pueden reproducir.
En otros términos, fuera de la noción vulgarizada que asimila “neurótico” con un tipo de “enfermo mental”, vivir como neurótico significa haber podido cumplir con el pasaje por los canales que nos impone la civilización donde nos movemos, asumiendo esas pautas y haciéndolas nuestras. En un determinado lugar es come carne vacuna; en otro, carne de serpiente: ninguno es “más” civilizado, “más” normal que el otro. Son, simplemente, posibilidades que el ser humano ha ido abriendo. Integrarse a cada respectivo colectivo sintiéndose parte de él (con carne de vaca o de serpiente, etc., etc.): eso es la normalidad. Ser un “normal” equivale a decir: ser un neurótico. Dicho en otros términos: poder aceptar y reproducir los códigos culturales que nos sobredeterminan, que nos hacen ser, entrar en un marco de reglas sociales de convivencia (los colores del semáforo, la prohibición del incesto, la propiedad privada o la adoración de determinada deidad, para poner algún ejemplo al azar).

mercoledì 18 maggio 2016

«FELICIA», di Antonio Marchi e Umberto Santino

Conosco abbastanza bene la storia degli anni '70 e il massacro di giovani e di speranze che ne fu parte… nonostante ciò, non riesco a non emozionarmi davanti a un film che mi tocca il cuore e il cervello. Pur essendo soddisfatto per quello che ho visto, alcune scene del film mi hanno lasciato perplesso e incredulo per la loro forzata spettacolarizzazione. D'altronde, dopo l'infamante intervista al figlio di Riina ad opera di Bruno Vespa, la Rai non poteva che correggersi con questa fiction.
S'intitola Felicia Impastato il film di Gianfranco Albano andato in onda martedì sera [10 maggio] su RaiUno. Scritto da Diego De Silva con Monica Zapelli (che ha già firmato I cento passi), il film - prodotto da Metto Levi con RaiFiction - è stato realizzato con la collaborazione preziosa di Giovanni Impastato, fratello di Peppino. «I cento passi - racconta - è stata la prima esperienza dell'incontro tra realtà e cinema. Ho tantissimi ricordi di mia madre, quello, memorabile, fu quando puntò il dito contro il criminale mafioso Badalamenti. Un film emozionante ma fin troppo addolcito dalla inevitabile suggestione per un pubblico televisivo. A Casa Impastato, oggi a disposizione della società civile, si vivono emozioni. È rimasta così, noi l'abbiamo riempita di reperti importanti. Ci sono tutti i ricordi. E con le chiavi abbiamo aperto la casa di Badalamenti. Lì c'è la storia della mafia».
Attraverso la figura di Felicia, fiera e determinata (interpretata da Lunetta Savino), ripercorre le tappe della vicenda di Peppino, ucciso per mano mafiosa. Nessuno dà credito a Felicia. Solo il magistrato Rocco Chinnici (Antonio Catania) le crede, riprende in mano le carte, cerca i riscontri. Lo capisce anche la mafia che quel servitore dello Stato non è disposto a mollare per arrivare alla verità. Il 29 luglio 1983 Chinnici viene ucciso in un attentato, ma la sua passione civile ha contagiato Francesca Imbergamo, studentessa di giurisprudenza che diventa magistrato. È lei a riaprire i faldoni, a riannodare i fili. Sono due donne a chiedere giustizia e a ottenerla: il 25 ottobre 2000 Felicia Impastato entra nell'aula di tribunale per guardare in faccia, in videoconferenza, il boss Gaetano Badalamenti, condannato poi all'ergastolo.
Ho chiesto un parere al prof. Umberto Santino del Centro siciliano Peppino Impastato, uno dei maggiori studiosi dell'antimafia.
A.M.

Felicia Impastato
«LA FIGURA DI FELICIA È TOTALMENTE FALSATA», un commento di Umberto Santino*

Ieri sera abbiamo visto il telefilm su Felicia. L'attrice è brava, ma le nostre indicazioni sono state quasi completamente disattese (tra l'altro non figuriamo tra i consulenti, nonostante abbiamo scritto sette pagine di suggerimenti, dopo aver letto la sceneggiatura). La figura di Felicia è totalmente falsata: Felicia usciva di casa rarissimamente, non andava continuamente in giro come si vede nel film e hanno tolto una scena esemplare: lei che va a votare pochi giorni dopo l'assassinio. A me fanno fare cose che non ho mai fatto, come la raccolta delle pietre insanguinate nel casolare (sono stati solo i compagni e non c'era Giovanni), e non quelle che ho fatto: dal rapporto con i magistrati al libro con Anna [Puglisi]**, con la storia di vita di Felicia e la rivelazione del viaggio del marito in America, alla manifestazione nazionale contro la mafia, pensata, proposta, organizzata, gestita e finanziata dal Centro, cioè soprattutto da me e Anna, che è stata completamente cancellata.

lunedì 16 maggio 2016

IL REALE SIGNIFICATO ODIERNO DELLA CELEBRAZIONE DELLA NAKBA, di Andrea Vento (Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati)

Rifugiati palestinesi nel 1948
Il 15 maggio è una ricorrenza di particolare importanza per i palestinesi perché è il giorno in cui celebrano la Nakba, "la catastrofe", tramite la quale viene mantenuto vivo il ricordo della cacciata dalle proprie abitazioni di centinaia di migliaia di persone e la mancata nascita del proprio Stato. La data prescelta per questa ricorrenza ha un elevato significato simbolico: il 15 maggio 1948 segna infatti l'inizio della prima guerra arabo-israeliana, che si concluderà ad inizio 1949 con la vittoria del neocostituito Stato ebraico, e l'inizio del calvario del popolo palestinese che in circa settant'anni, a seguito di una serie infinita di vicende avverse, ha portato alla drammatica situazione attuale, caratterizzata da: regime di occupazione militare, espropri e colonizzazione delle terre, violazione sistematica dei diritti umani e delle risoluzioni Onu ed espulsioni, individuali e di massa, continuative con conseguente creazione di una tale entità di profughi che, ad oggi, metà del popolo palestinese vive al di fuori dei cosiddetti "Territori occupati", acquisendo il poco invidiabile status di "popolo della diaspora". La celebrazione della Nakba, col passare dei decenni, ha assunto pertanto un valore più ampio: se da un lato rappresenta il giorno dell'identità nazionale palestinese, dall'altro cerca di mantenere viva l'attenzione internazionale in merito alla negazione di diritti, in primis quello all'autodeterminazione, e alle insostenibili condizioni di vita in cui è costretto.
Se la Nakba è un evento che da un lato unisce l'intero popolo palestinese, dall'altro costituisce elemento di contrapposizione all'interno dello Stato di Israele e della comunità ebraica in generale. La controversia ha iniziato ad emergere a seguito delle ricerche storiche effettuate, a partire dagli anni Ottanta, dalla corrente dei "Nuovi storici" israeliani sulle vicende verificatesi in Palestina nel decennio 1940/50 al dichiarato fine di ricostruire l'effettiva realtà, rispetto a quanto narrato dalla versione "ufficiale", in merito agli eventi che nello specifico hanno portato alla partizione della Palestina, alla fondazione dello Stato di Israele e all'espulsione dei palestinesi dalle proprie terre. A tal proposito, particolare rilevanza scientifica ha assunto l'opera di Ilan Pappé, leader di questa corrente, che ha effettuato approfondite ricerche storiche, spinto dalla necessità per lui imprescindibile di uno Stato effettivamente democratico e di formare l'opinione pubblica e le giovani generazioni sulla base di una versione veritiera del processo fondativo di Israele. In modo che i suoi cittadini potessero acquisire l'effettivo passato del proprio paese e su questo costituire la propria coscienza personale, affrancandosi dalla versione propagandistica del movimento sionista, che era stata elevata a verità storica nazionale e fedelmente riportata nei libri di storia e nei testi scolastici.

giovedì 5 maggio 2016

REFERÉNDUM: ¿UNA SALIDA PARA VENEZUELA?, por Enrique Contreras (Ruptura/Utopía Tercer Camino)

Si hay algo que revisar en las llamadas democracias, son sus formas de “expresión popular”, pues las mismas no representan lo que dicen representar, ya que sus procesos electorales donde se vota, pero no se elige, se encuentran atrapados por los partidos políticos, partidos políticos que eligen a sus candidatos, candidatos que representan la expresión de cúpulas con intereses muy marcados en sus aspiraciones por el poder, poder que utilizan después para dominar, domesticar, manipular y alienar a los que de una u otra forma militan en los mismos.
Es de hacer notar, que cuando alguno de esos partidos toman el poder formal, independientemente de su identificación ideológica y al plasmarse en formas de gobierno, terminan estableciendo relaciones de dominación que se instauran a nombre de un “Estado”, donde el poder se expresa en la verticalidad del mismo, para implantar marcadas diferencias de clase y los privilegios sólo quedan al lado de los que dominan y la llamada “OPOSICIÓN” queda disfrutando de sus respectivas cuotas de poder a través de una Alcaldía, una diputación o cualquier otra estructura burocrática, que les permita mantener su clientela electoral, esto conlleva a formar la llamada clase política, llena de privilegios y totalmente divorciada de las aspiraciones de los que votaron por ellos.
De allí, que la democracia que conocemos está muy lejos de lo que realmente significa y más si la referimos desde el punto de vista conceptual y etimológico de lo que realmente es y representa. Nuestra democracia no es otra cosa que una triste caricatura, que oculta su verdadero rostro represivo y alienante, en una suma de perversidad que libera sus más oscuros intereses, haciéndolos aparecer como libertarios, pero que en el fondo sólo se manifiestan los intereses de clase de los que poseen el poder.

martedì 3 maggio 2016

REVENANT - REDIVIVO (Alejandro González Iñárritu, 2015), di Pino Bertelli

Chi, il Generale [Lee]? Oh, ma quello non è mica mio. I gatti non hanno padroni.
[dal film Il Grinta (1969), di Henry Hathaway]

Il cinema contiene il genio e la provvidenza di tutti i dispotismi del nostro tempo… aiuta i popoli a non essere mai a corto di illusioni e ha la stravaganza anche di fare del proselitismo dottrinale, ideologico o mercantile, che è sempre stato il marchio del fanatismo innato o acquisito… volere anatomizzare un film di successo planetario equivale ad analizzare le vetrine di un centro commerciale. L'ingenuità tipica dei dogmatici del cinematografo porta al consenso un film furbo (Revenant - Redivivo), forse ben fatto, male interpretato e soprattutto inutile… sta con i trucidi cacciatori di pelli (spietati colonialisti amati dalla storiografia filmica hollywoodiana e dalla letteratura per ragazzi) e contro i nativi… gli indiani sono visti come esagitati in cerca di sangue e whisky… all'inizio fanno fuori un po' di usurpatori, poi pian piano diventano sempre più domestici… nell'ultima sfida tra il bene e il male a pagare è solo uno… il più terreno… quello che per denaro poteva sparare anche a sua madre… come del resto gli altri cacciatori. L'impulso della collera non sta mai nella ragione imposta, ma nella rivolta contro l'ingiustizia.
Fra gli uomini di genio che come Nietzsche, Rimbaud o Pasolini, ebbero il gusto e il coraggio della provocazione e del dissidio… nel cinema un posto non trascurabile spetta a Eric von Stroheim, autore immortale di opere come Rapacità (1924), Sinfonia nuziale (1926-1928) o Luna di miele (1928)… un uomo che aveva osato dare l'assalto alla "fabbrica di salsicce", Wollywood, come lui stesso la definiva, e per questo fu emarginato e costretto all'esilio: «Un genio, un uomo di immense capacità che è stato messo nell'impossibilità di nuocere, costretto per vivere a fare l'attore agli ordini di registi mediocri» (Abel Gance). Sono i poeti maledetti di ogni arte che disorientano detrattori e adulatori, interrogano i fanatismi e i conformismi di ogni tempo e lasciano le loro opere alla meravigliosa impertinenza che disvela e rende indecenti le mitologie mercantili/spettacolari della loro epoca.
Alejandro González Iñárritu, cineasta messicano di pregio, che molti addetti ai lavori hanno definito geniale… senza mai accorgersi che era un abile confezionatore di film sovente avvolti in una stupidità abissale, come Birdman… è baciato sulla bocca del successo da critica e pubblico. Come regista e sceneggiatore gli hanno conferito una pioggia di premi importanti (Oscar, Golden Globe, Bafta, Saturn Award)… naturalmente le mosche cocchiere della critica italiana non potevano non premiarlo con il David di Donatello - che è andato perfino ad un analfabeta del cinema, Luciano Ligabue, per Radiofreccia (1998). La magnificazione del personaggio segue l'entusiasmo generale ad ogni uscita delle sue opere, il fatto è che l'entusiasmo è la sintomatologia acclarata degli imbecilli.

domenica 1 maggio 2016

1º DE MAYO, DIA INTERNACIONAL DE LOS TRABAJADORES, por Nechi Dorado

Un saludo fraternal para las compañeras y compañeros trabajadores históricamente agredidos por el fascismo y sus políticas cómplices que tantas veces utilizan disfraces baratos, incapaces de taparlos como pretenden.
Un abrazo con conciencia de clase para los trabajadores desocupados, precarizados, marginados, en este sistema cruel capaz de negar uno de los más básicos derechos como es el del trabajo.
Un recuerdo especial por los que dieron su vida por alcanzar las conquistas y derechos negados que nos corresponden.
Por los que lo hicieron y por los que lo siguen haciendo.
Un saludo especial para los compañeros que siguen el camino de la lucha, expresión de dignidad y soberanía de los pueblos.
Un abrazo también especial para las y los compañeros prisioneros políticos en cárceles de espanto donde reina la injusticia.
Un abrazo de militante a militante, de luchadora a luchadores.
Un fuerte abrazo de REBELDE A REBELDES que no conocemos la palabra ENTREGA o SUMISIÓN.
Un abrazo desde este corazón que respira, siente, palpita en rojo, ¡tan rojo! como la sangre de nuestros mártires.
TRABAJADORES DEL MUNDO, UNAMONOS, ES TIEMPO!!!!!!!!!!

RED UTOPIA ROJA – Principles / Principios / Princìpi / Principes / Princípios

a) The end does not justify the means, but the means which we use must reflect the essence of the end.

b) Support for the struggle of all peoples against imperialism and/or for their self determination, independently of their political leaderships.

c) For the autonomy and total independence from the political projects of capitalism.

d) The unity of the workers of the world - intellectual and physical workers, without ideological discrimination of any kind (apart from the basics of anti-capitalism, anti-imperialism and of socialism).

e) Fight against political bureaucracies, for direct and councils democracy.

f) Save all life on the Planet, save humanity.

g) For a Red Utopist, cultural work and artistic creation in particular, represent the noblest revolutionary attempt to fight against fear and death. Each creation is an act of love for life, and at the same time a proposal for humanization.

* * *

a) El fin no justifica los medios, y en los medios que empleamos debe estar reflejada la esencia del fin.

b) Apoyo a las luchas de todos los pueblos contra el imperialismo y/o por su autodeterminación, independientemente de sus direcciones políticas.

c) Por la autonomía y la independencia total respecto a los proyectos políticos del capitalismo.

d) Unidad del mundo del trabajo intelectual y físico, sin discriminaciones ideológicas de ningún tipo, fuera de la identidad “anticapitalista, antiimperialista y por el socialismo”.

e) Lucha contra las burocracias políticas, por la democracia directa y consejista.

f) Salvar la vida sobre la Tierra, salvar a la humanidad.

g) Para un Utopista Rojo el trabajo cultural y la creación artística en particular son el más noble intento revolucionario de lucha contra los miedos y la muerte. Toda creación es un acto de amor a la vida, por lo mismo es una propuesta de humanización.

* * *

a) Il fine non giustifica i mezzi, ma nei mezzi che impieghiamo dev’essere riflessa l’essenza del fine.

b) Sostegno alle lotte di tutti i popoli contro l’imperialismo e/o per la loro autodeterminazione, indipendentemente dalle loro direzioni politiche.

c) Per l’autonomia e l’indipendenza totale dai progetti politici del capitalismo.

d) Unità del mondo del lavoro mentale e materiale, senza discriminazioni ideologiche di alcun tipo (a parte le «basi anticapitaliste, antimperialiste e per il socialismo».

e) Lotta contro le burocrazie politiche, per la democrazia diretta e consigliare.

f) Salvare la vita sulla Terra, salvare l’umanità.

g) Per un Utopista Rosso il lavoro culturale e la creazione artistica in particolare rappresentano il più nobile tentativo rivoluzionario per lottare contro le paure e la morte. Ogni creazione è un atto d’amore per la vita, e allo stesso tempo una proposta di umanizzazione.

* * *

a) La fin ne justifie pas les moyens, et dans les moyens que nous utilisons doit apparaître l'essence de la fin projetée.

b) Appui aux luttes de tous les peuples menées contre l'impérialisme et/ou pour leur autodétermination, indépendamment de leurs directions politiques.

c) Pour l'autonomie et la totale indépendance par rapport aux projets politiques du capitalisme.

d) Unité du monde du travail intellectuel et manuel, sans discriminations idéologiques d'aucun type, en dehors de l'identité "anticapitaliste, anti-impérialiste et pour le socialisme".

e) Lutte contre les bureaucraties politiques, et pour la démocratie directe et conseilliste.

f) Sauver la vie sur Terre, sauver l'Humanité.

g) Pour un Utopiste Rouge, le travail culturel, et plus particulièrement la création artistique, représentent la plus noble tentative révolutionnaire pour lutter contre la peur et contre la mort. Toute création est un acte d'amour pour la vie, et en même temps une proposition d'humanisation.

* * *

a) O fim não justifica os médios, e os médios utilizados devem reflectir a essência do fim.

b) Apoio às lutas de todos os povos contra o imperialismo e/ou pela auto-determinação, independentemente das direcções políticas deles.

c) Pela autonomia e a independência respeito total para com os projectos políticos do capitalismo.

d) Unidade do mundo do trabalho intelectual e físico, sem discriminações ideológicas de nenhum tipo, fora da identidade “anti-capitalista, anti-imperialista e pelo socialismo”.

e) Luta contra as burocracias políticas, pela democracia directa e dos conselhos.

f) Salvar a vida na Terra, salvar a humanidade.

g) Para um Utopista Vermelho o trabalho cultural e a criação artística em particular representam os mais nobres tentativos revolucionários por lutar contra os medos e a morte. Cada criação é um ato de amor para com a vida e, no mesmo tempo, uma proposta de humanização.