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Manifesto nazista di propaganda per l'eutanasia: Dei “pesi morti” della nazione, disabili e matti “Sei tu a doverne sopportare il peso”. |
Il comportamento dei bambini non sempre soddisfa le aspettative della
comunità adulta. Dei disagi infantili si preoccupa sempre meno la pedagogia e
sempre di più la psichiatria e la genetica. Se si ritiene che l'ambito sociale
e relazionale, nel quale un bambino cresce, sia poco importante e si incasella
come patologia ogni comportamento che non rispecchia i canoni di presuntuosi
obiettivi formativi, la soluzione verrà demandata ad esperti che si avvalgono
di cure farmacologiche invasive.
Così si distrugge l'infanzia, la fantasia, la libera espressività, su tutto
ciò cala un sipario di silenzio che invece va rialzato. L'attuale tendenza
della pedagogia e della psicologia dell'età evolutiva è proprio di farsi
coadiuvare dalla neuropsichiatria ogni qual volta un "elemento di
disturbo" contrasti con i programmi formativi; il "disagio"
comportamentale invece di essere valutato come un campanello d'allarme nella
relazione adulto-bambino, viene incasellato come un difetto del bambino.
L'educatore - così deresponsabilizzato e disperato dal dover modificare il
proprio approccio educativo - delegherà a un esperto il problema, reale o
apparente che sia, il quale lo affronterà dal punto di vista della salute
mentale.
La pedagogia di stampo più repressivo si rinnova nel tentativo di contenere
chimicamente quelle condotte non riconducibili alla norma; così si elimina la
soggettività, si disciplina quella potenziale libertà presente nell'infanzia
che, attraverso desideri e aspirazioni, porterebbe ad una personale
interpretazione dell'esistenza.
Gli psichiatri hanno sempre utilizzato metodi repressivi e crudeli e le
pratiche da loro adottate sono state da loro stessi definite: "terapie di
annientamento". I primi collaboratori di Hitler, un progetto di esclusione
delle persone indesiderate perché improduttive, e di selezione per la razza
pura, furono degli psichiatri. I primi ospiti dei lager furono
"handicappati" e "matti" a danno dei quali si iniziarono ad
attuare pratiche di asportazione del cervello ed altri esperimenti che
portarono all'attuazione dell'eutanasia eugenetica.
Gli psichiatri sostennero il regime sino alla fine, ma non furono accusati
di connivenza. Al contrario, la Germania postnazista trovò loro luoghi di
prestigio e continuarono ad agire seguendo la prassi di questa disciplina.
Molti espatriarono in Sud e Nordamerica, invitati da quegli Stati come
specialisti della deformazione della personalità con lo scopo di accrescere il
controllo sulle masse.
La norma comportamentale è un concetto culturale e non ha niente a che fare
con il funzionamento del cervello. Nonostante ciò vi è un pregiudizio
fortemente radicato nella nostra cultura che definisce "sano" il
cervello di un individuo che rispetta le leggi e le convenzioni sociali
(qualunque esse siano).
La persona che esprime un pensiero non condiviso viene spesso esclusa e
giudicata malata perché in quell'idea viene percepito qualcosa di sbagliato;
molti artisti, letterati, musicisti, dissidenti politici, hanno conosciuto la
detenzione manicomiale (lager, gulag, manicomi-ghetto). La psichiatria sancisce
la normalità e stabilisce, attraverso la definizione di patologie, le
anormalità. Se fosse veramente una specializzazione della medicina, le
patologie sarebbero comprovate da esami clinici; al contrario gli psichiatri
stilano le loro diagnosi attraverso un giudizio soggettivo dei
"sintomi" comportamentali. Le patologie psichiatriche cambiano a
seconda dei contesti storici e culturali: fino a non molto tempo fa
l'omosessualità era considerata una malattia; la tendenza attuale è quella di
far rientrare nelle patologie psichiche l'inclinazione al gioco d'azzardo,
l'infedeltà coniugale, la poligamia e anche quei comportamenti infantili che
disturbano il quieto vivere degli adulti. Dai bambini ci si aspetta che stiano
buoni e bravi nel seguire i ritmi e modalità adulte: devono stare fermi nei
banchi di scuola a seguire lezioni spesso noiose, devono stare zitti e
tranquilli e non disturbare i genitori per non aumentare la dose di stress che
subiscono da una quotidianità frenetica, devono imparare ad essere remissivi
quando ricevono dei comandi ecc... .
Nella maggior parte dei casi, la segnalazione del cosiddetto "elemento
di disturbo" o "elemento dalla condotta asociale" parte dalla
scuola, cioè da uno o più insegnanti che lamentano di non riuscire a svolgere
le lezioni a causa del comportamento di un alunno. I bambini rientrano in
quelle fasce di cittadini che non godono di libertà giuridica, quindi a scegliere
per loro ci sono sempre degli adulti. Negli Usa l'autorizzazione alla
prescrizione di farmaci stimolanti a minori fu approvata negli anni '50 e da
qualche anno viene tolta la patria potestà ai genitori che si oppongono alla
somministrazione degli psicofarmaci. La sofferenza psichica e il disagio
relazionale è parte della storia di ogni individuo e il benessere psicofisico
non dipende dalle capacità cognitive, ma si basa sulla qualità delle relazioni
e del contesto sociale.
Vi sono esperienze di scuole e luoghi educativi dove l'approccio ai bambini
non si basa sulla meritocrazia, sulla classificazione, su certificazioni o
schedature della personalità, ma sulla capacità di relazione con i coetanei e
con gli adulti; ogni persona si arricchisce nella relazione e cresce nel
rapportarsi alla diversità, riuscendo così ad esprimere le proprie inclinazioni
e sensibilità. Seguendo questa impostazione non interessa più sapere o tentare
di capire se ci si trova di fronte a comportamenti iperattivi, a persone in
situazione di handicap o a normodotati. Ci si misura sul confronto di
personalità nel tentativo di "tirar fuori" le capacità critiche
affinché ogni persona, adulta o non, possa soddisfare le proprie inclinazioni,
esprimere letteralmente le proprie potenzialità, arricchirsi culturalmente e,
nel rispetto degli altri, acquisire una tranquillità interiore.
Oggi la psichiatria ufficiale vuole a tutti i costi provare che ogni
comportamento individuale può avere una base genetica: se la propensione al
gioco d'azzardo, all'infedeltà coniugale, alla promiscuità sessuale, alla
depressione, all'aggressività o alla criminalità, fossero iscritte nel Dna, si
potrebbe modificare o correggere quella specifica molecola malata. Tutto perciò
diventa organico e l'ambiente, l'educazione, le relazioni e la vita stessa e il
contesto sociale non conterebbero più niente.
Al di la del business che circonda tali ricerche, arrivare a sostenere che
gli individui sono e fanno tutto ciò che è scritto e preordinato dal loro Dna
significherebbe annullare la capacità e la possibilità di ogni libertà di
scelta. In fin dei conti questo è l'obbiettivo di ogni potere, di ogni sistema
più o meno totalitario.
Negli Usa, uno tra i primi paesi ad adottare e sperimentare le cure
psichiatriche nei bambini in età scolare e prescolare (dai due anni in poi!) il
risultato è stato anche di associare a tali cure molti disturbi collaterali
gravissimi fino al suicidio e la morte. Il progetto assurdo e omicida di
controllo sociale sta arrivando anche a questo limite estremo: farci diventare
macchine negandoci libertà e autodeterminazione.
Il nazismo, lo stalinismo e altre forme di dittatura hanno sperimentato le
cure più odiose e crudeli per poter manipolare la mente o
"normalizzare" la dissidenza al regime, ma oggi nelle realtà ritenute
democratiche e liberali, le forze di controllo sociale sono così subdole e
capillari (e soprattutto non conosciute dalle masse) che ci troviamo di fronte
ad uno scenario molto più distruttivo per la libertà individuale e collettiva
del genere umano. Forse l'educazione, da sola, non riuscirà a formare l'uomo
nuovo che potrà cambiare il mondo, ma insieme ad una più profonda e accurata
informazione e a nuove relazioni umane basate sulla complicità, la solidarietà
e il desiderio di fondare una società basata sulla libertà e l'autogoverno, un
giorno un nuovo tipo di rivoluzione sovvertirà l'esistente e l'esistito.
(Questa riflessione si inserisce nella serie da me dedicata alla pedagogia
libertaria ed è ricavata liberamente dalla lettura del libro di Chiara Gazzola,
Divieto d'infanzia. Psichiatria,
controllo, profitto, BFS Editore, Pisa 2008 [a.g.])
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