LE ESIGENZE MILITARI DI ANKARA
Fino al maldestro golpe dello scorso luglio gli Stati Uniti (su cui continuano a gravare sospetti di appoggio almeno indiretto) si erano sempre opposti in modo fermissimo a interventi armati della Turchia in Siria. Giorni fa il ribaltamento di questa posizione e il tradimento ai Curdi dell'Ypg, che sul terreno si erano dimostrati un efficace strumento nella lotta contro l'Isis, perché sui campi di battaglia siriani tanto le truppe di Assad quanto l'Isis avevano concentrato la loro azione essenzialmente sulle altre formazioni jihadiste, privilegiando l'obiettivo della loro eliminazione prima di arrivare allo scontro decisivo tra Damasco e lo pseudocaliffato.
Alla notevole espansione curda nel nord siriano ha fatto seguito l'inizio degli scontri con l'esercito di Damasco nella città di Hasakah, interpretati da alcuni analisi internazionali come un segnale alla Turchia sul fatto che anche il governo siriano considerasse ormai i Curdi una minaccia. In quell'occasione l'intervento dell'aviazione siriana aveva tuttavia provocato una minacciosa reazione statunitense, considerata da molti il segno della solida alleanza instauratasi tra Washington e l'Ypg curdo. Invece gli statunitensi hanno poi dato mano libera alla Turchia proprio contro i Curdi.
La dura reazione turca alla conquista curda di Manbij inizialmente ha forse sorpreso più del dovuto, poiché risulta che lo scorso anno gli Stati Uniti effettuarono un accordo di scambio con la Turchia: un maggiore impegno di Ankara contro l'Isis, superando quelle che sono state definite eufemisticamente "ambiguità" turche, a fronte dell'impedimento dell'espansione curda a ovest dell'Eufrate.
Facciamo riferimento alla mappa allegata: le zone in verde chiaro sono occupate dai Curdi di Siria, in quali prima di Manbij occupavano solo la parte orientale dell'Eufrate e alcuni territori nel nord-ovest. L'interesse turco consiste nell'impedire che i Curdi uniscano le zone verde chiaro occupando territori controllati dall'Isis (in grigio scuro) e da quel che resta dell'Esercito Libero Siriano (verde di media gradazione), mediante i quali potrebbero formare una propria entità ai confini con la Turchia, onde poi meglio collegarsi con il Pkk. Caduta Manbij, non solo l'Ypg non si è ritirata a est dell'Eufrate, come invece i loro tutori statunitensi avevano concordato con Ankara, ma si sono abbandonati a baldanzose dichiarazioni progettuali sull'assetto dei territori occupati e sull'intenzione di conquistarne altri nella stessa zona. Il voltafaccia statunitense è stato immediato, letteralmente "mollando" i Curdi.
CHE CI PUÒ GUADAGNARE WASHINGTON
Si potrebbe dire che ancora una volta Washington ha dimostrato di essere in balia degli eventi nel conflitto siriano, e di non riuscire a realizzare in modo coerente ed efficace iniziative proprie. Senza confutare il merito di questo assunto, non si può tuttavia negare che l'iniziativa turca apre per gli Usa alcune possibilità insperate. Di recente il New York Times ha commentato che gli Stati Uniti hanno effettuato la scelta di sacrificare qualcosa nell'alleanza con i Curdi pur di recuperare i rapporti con la Turchia, importante membro della Nato e (si spera) funzionale alla guerra contro l'Isis. Difficile che così non sia stato.