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venerdì 28 giugno 2013
QUADERNI DELLA FONDAZIONE GUEVARA - "... ci vuole un moto di solidarietà... grande e bello."
Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com
mercoledì 26 giugno 2013
BRASILE: LA CRISI SI AGGRAVA, LA SITUAZIONE SI COMPLICA, di Pier Francesco Zarcone
L’attuale problema economico del Brasile
Nel 2012 la crescita del prodotto interno lordo brasiliano è stata dello 0,9%
per cento, per l’anno in corso i più ottimisti prevedono che non supererà il
4%, mentre la previsione della Banca Centrale è 3,1%. In tutti i paesi europei si
griderebbe al miracolo, ma in Brasile la cosa preoccupa per le conseguenze
della decrescita. La riduzione dei consumi – dopo un periodo di eccessi e di
accumuli di debiti privati - contribuisce a questo risultato, il mercato
azionario non va per nulla bene e si assiste a una riduzione degli
investimenti. Comunque la disoccupazione resta bassa e non è detto che per il
2014 altri 16 milioni di persone non escano dalla povertà vera e propria;
l’incremento demografico è rallentato; le estrazioni di petrolio proseguono a
pieno ritmo; il debito resta contenuto; tuttavia, oltre alla carenza di
infrastrutture, resta la non soddisfatta esigenza di una riforma tributaria ben
più equa socialmente e altresì idonea a favorire gli investimenti, a loro volta
necessari per invertire la decrescita. Intanto la Banca centrale per cinque
volte ha aumentato i tassi d’interesse, arrivati al 12,5%, cioè uno dei più alti al mondo. Per
contro alla produzione industriale non ha giovato l’alto livello dei tassi di
cambio, unitamente ai notevoli costi per il trasporto e la gestione delle merci.
sabato 22 giugno 2013
IL NUOVO «MIRACOLO» BRASILIANO, di Pier Francesco Zarcone
Una mobilitazione dal basso e inattesa
Nei primi giorni
delle mobilitazioni popolari in Brasile, sui giornali e nei discorsi della
gente si poteva leggere lo sbalordimento di fronte al fatto che in uno dei
luoghi mitici del calcio nazionale e internazionale, nel paese del sole, del
samba, delle belle ragazze e dell’allegria esplodesse una rivolta di massa, non
solo giovanile. Occasionata dall’aumento delle tariffe dei trasporti pubblici a
Rio de Janeiro e São Paulo, si è subito orientata anche e soprattutto contro le
folli spese in corso per ospitare i prossimi eventi calcistici e sportivi
internazionali (Coppe varie e Olimpiadi).
A tale sorpresa si
è unito quella dei non-disinteressati paladini dell’attuale e selvaggia
“liberalizzazione” capitalistica, della quale il Brasile è stata un teatro
vasto, famoso e duraturo nel tempo. Dove
mai andremo a finire, si chiedono i benpensanti liberisti di destra e di
sinistra se anche tra i giovani di un paese come il Brasile si diffonde la
preferenza per trasporti pubblici efficienti e a prezzi popolari, per ospedali
e scuole invece che per gli stadi?! È diventato uno slogan dei manifestanti “quero dinheiro para saúde e educação”.
Citiamo per tutti la rivista britannica The
Economist che, in un recente reportage sul Brasile, dopo aver additato
nell’inflazione la causa del malcontento esploso nel paese, se l’è presa con
quanti «invece di essere grati per le briciole che cadono dalle tavole dei ricchi
brasiliani, si sono svegliati per il fatto di pagare le imposte e di meritarsi
qualcosa in cambio».
giovedì 20 giugno 2013
IN TURCHIA AVANZA LA REPRESSIONE, ARRETRA LA DEMOCRATIZZAZIONE, di Pier Francesco Zarcone
Considerazioni preliminari
Non è chiaro se
Erdoğan ci tenga ancora a entrare nell’Unione europea, ma è ragionevole pensare
che per un periodo non breve lui e il suo governo se la siano bellamente
giocata. L’infelice frase uscita di Erdoğan sul suo non-riconoscimento del
Parlamento europeo (che aveva condannato la repressione) e la pronta risposta
con cui il presidente Schultz gli ha ricordato essere la Turchia a voler
entrare nell’Ue, e non viceversa, sono estremamente eloquenti al riguardo.
Certo, il problema dell’effettiva convenienza socio-economica dell’integrazione
con l’Ue per questo paese è altra cosa, e qui non interessa. Semmai c’è da
ricordare che la possibilità della sua realizzazione aveva (ed ha) per i turchi
davvero europeisti e per gli amici della Turchia lo scopo di attenuare al
massimo – possibilmente fino ad eliminarla del tutto - una caratteristica dei
governi della Mezzaluna vecchia di secoli e durata fino a oggi: l’autoritarismo endemico e la forte tendenza
all’arbitrarietà dei provvedimenti verso sudditi e cittadini. Con la
selvaggia repressione poliziesca delle manifestazioni a Istanbul, Ankara, Izmir
e in almeno una ventina di capoluoghi di provincia, Erdoğan ha mandato al
macero (psicologicamente e politicamente) tutte le riforme liberali finora
introdotte.
lunedì 17 giugno 2013
A PROPÓSITO DEL CASO RÍOS MONTT EN GUATEMALA: RECONCILIACIÓN NO ES IMPUNIDAD, por Marcelo Colussi
Reconciliación: un
concepto problemático
Utilizado en el ámbito social, pocos términos
están tan cargados como el de "reconciliación". Cargado en todo
sentido: política, emotiva, incluso filosóficamente. Por tanto,
"reconciliación" no es una palabra inocente, neutra, aséptica. Mucho
menos neutros son, por tanto, los complejos escenarios en que aparece ni los
procesos político-sociales en que se desenvuelve, en que intenta cobrar cuerpo.
Un exhaustivo recorrido semántico en torno a su
significado muestra que la nota distintiva que lo caracteriza, en cualquier
definición que se presente, está en el hecho de retornar a un estado previo: el
prefijo "re" implica retorno, regreso, hacer por segunda vez.
"Re - conciliar", de esta forma, sería "volver a un estado
previo de conciliación". Es decir: allí donde había armonía y equilibrio,
y por algún motivo se rompió, volver a ese estado primero sería justamente la
reconciliación. Según el Diccionario de la Real Academia Española, por tanto, reconciliar
es "volver a las amistades, atraer y
acordar los ánimos desunidos".[1]
domenica 16 giugno 2013
EDUCARE ALLA LIBERTÀ IX (appunti di lettura), di Alessandro Gigli
Manifesto nazista di propaganda per l'eutanasia: Dei “pesi morti” della nazione, disabili e matti “Sei tu a doverne sopportare il peso”. |
Il comportamento dei bambini non sempre soddisfa le aspettative della
comunità adulta. Dei disagi infantili si preoccupa sempre meno la pedagogia e
sempre di più la psichiatria e la genetica. Se si ritiene che l'ambito sociale
e relazionale, nel quale un bambino cresce, sia poco importante e si incasella
come patologia ogni comportamento che non rispecchia i canoni di presuntuosi
obiettivi formativi, la soluzione verrà demandata ad esperti che si avvalgono
di cure farmacologiche invasive.
Così si distrugge l'infanzia, la fantasia, la libera espressività, su tutto
ciò cala un sipario di silenzio che invece va rialzato. L'attuale tendenza
della pedagogia e della psicologia dell'età evolutiva è proprio di farsi
coadiuvare dalla neuropsichiatria ogni qual volta un "elemento di
disturbo" contrasti con i programmi formativi; il "disagio"
comportamentale invece di essere valutato come un campanello d'allarme nella
relazione adulto-bambino, viene incasellato come un difetto del bambino.
L'educatore - così deresponsabilizzato e disperato dal dover modificare il
proprio approccio educativo - delegherà a un esperto il problema, reale o
apparente che sia, il quale lo affronterà dal punto di vista della salute
mentale.
sabato 8 giugno 2013
GRILLO SEMBRA APRIRE ALLA PROSPETTIVA DELL’ANTIPARLAMENTO: AIUTIAMOLO A SPALANCARE..., di Roberto Massari
Per anni in
comunicati, documenti e libri di compagni e compagne di Utopia Rossa si è
potuta leggere la seguente sintesi di una nostra argomentazione molto più ampia
e ricca in riferimenti storico-sociologici: «La degenerazione del sistema
parlamentare italiano è arrivato a toccare il fondo in termini storici e il
processo è ormai irreversibile».
Il nostro giudizio sui partiti che ancora cercano di trarre vantaggi da questa crisi si può facilmente immaginare (sono i famigerati Forchettoni rossi, verdi, bianchi e neri, senza dimenticare anche le Forchettone con o senza colore aggiunto). Mentre l’analisi dei livelli di degenerazione di altri sistemi parlamentari, se è inequivocabile per Paesi a capitalismo avanzato, come gli Usa, la Francia, la Spagna, è tutta da definire caso per caso quando si riferisce a Paesi di «nuova democrazia parlamentare» (il mondo della dipendenza dall’imperialismo) o di dittature ex staliniane con assenza totale di democrazia parlamentare (in Cina e non solo).
INDIVIDUAL, CULTURE AND COMMUNICATION, by Roberto Massari
Report for the seminar of Revolutionary Socialism/Socialist Utopia
(Assisi, July 10, 1992)
1. “Legend” of the three wayfarers
It is far from easy to analyze in a lecture
the relations that exist or may be established between those three elements
indicated in the title. About the mutual dependence of culture and
communication only, oceans of ink have been spilled and numerous scholars on
social systems and mass communication have dealt with the topic. But, somehow,
we must take the bull by the horns.
We will attempt to move forward from an
allegorical image which, as it is the case with images used in a symbolic
explicative function, will increase its metaphoric value in the very course of
the exposition.
Let us suppose for a moment that we are
here in Assisi but one thousand years ago, on July 992. Let us imagine
ourselves on this hill while three wayfarers dressed in medieval costumes
proceed along that country path.
One of them could be a merchant, heading to some country fair for
business; or maybe the member of an artisans corporation; or a nobleman with no intentions to
seclude himself in a convent or to stay home playing the role of the second son
in line for the rest of his life and has decided to wander around the world
(that world…). Whichever of those three he might be, we can consider him at all
effects an individual
with the characteristics of his epoch and, in the last hypothesis, even a
person who would like to refrain from the obligations of family or nobility
effective in those centuries of the Italian Middle Ages. In any case, he is a
person who is conscious of his individuality and is willing to defend it.
giovedì 6 giugno 2013
¿ESTAMOS TODOS LOCOS?, por Marcelo Colussi
El
campo de la llamada “enfermedad mental” es, sin lugar a dudas, el ámbito más
cuestionable y prejuiciado de todo el ámbito de la salud. “Yo no estoy loco” es
la respuesta casi automática que aparece ante la “amenaza” de consultar a un
profesional de la salud mental. Aterra al sacrosanto supuesto de
autosuficiencia y dominio de sí mismo que todos tenemos, la posibilidad de
sentir que uno “no es dueño en su propia casa”, como diría Freud.
Pero
Sigmund Freud, justamente, fundador de la ciencia psicoanalítica, jamás
escribió una definición acabada de normalidad. Cuando fue interrogado sobre
ello, escuetamente se limitó a mencionar la “capacidad de amar y trabajar” como
sus notas distintivas. Por cierto que “lo normal” es problemático: ¿dónde está
la línea divisoria entre normalidad y lo anormal? Eso remite obligadamente a la
finita condición humana, donde los límites aparecen siempre como nuestra matriz
fundamental. Muerte y sexualidad, para el psicoanálisis, son los eternos
recordatorios de ello, más allá de la actual ideología de la felicidad comprada
en cápsulas que el mundo moderno nos ofrece machaconamente.
martedì 4 giugno 2013
HUMBERTO, SINE IRA ET STUDIO, ETERNAMENTE, NELLA TERRA DELLA LEVITÀ ASSOLUTA, di Carlo Felici
Il mio primo incontro con Humberto Vázquez Viaña è avvenuto con la
lettura del suo bellissimo libro La guerriglia del Che in Bolivia: Antecedenti, pubblicato da Massari editore, dove egli narra tutte le vicende che
precedettero l'ultima impresa di Guevara, con straordinaria precisione
storiografica e con grande capacità narrativa, attenta ai particolari anche più
minuziosi, ma senza mai perdere la visione d'insieme. Ne esce un quadro vivo
degli eventi narrati, in cui il “guerrigliero eroico” risulta un uomo
tratteggiato nella sua dimensione “categorica”, più che proteso ad inseguire un
suo sogno utopistico oppure una vocazione ideologica. È la storia del
compimento di un “dovere morale” come quella di gran parte della vita di
Guevara e, come ogni vicenda di tal genere, in continua tensione tra “voler
essere” e “dover essere”, con tutti gli errori e gli sbandamenti che si
rischiano sempre in queste situazioni, in modo umano e fin “troppo umano”.
Humberto era uno storico di grandissima levatura perché riusciva a
tratteggiare il personaggio di cui si occupava con la perizia di un chirurgo
che sa essere implacabile con il suo bisturi, ma allo stesso tempo preciso e
rispettoso fino all'abnegazione, per conservare in piena dignità e in piena
“salute” la vita del suo “paziente”.
SOCIAL-NAZIONALISMO E LIBERISMO DEMOCRATICO: SUL M5S, di Claudio Fausti
Le politiche economiche neo liberiste o monetariste, il dominio
della finanza e della speculazione sulla “economia reale”; il turbo capitalismo
finanziario contrapposto alle possibilità del “mercato sociale”; le élites della globalizzazione
esercitanti in modo palese o occulto il “signoraggio” sul buon popolo di
produttori-consumatori-risparmiatori; il giubilo borsistico contro la “creazione di posti di lavoro”: pur ancora politicamente sostenute con
forza da governi e tecnocrati, queste
scelte mostrerebbero – per i loro oppositori - di non saper gestire come promesso
e mai mantenuto la crisi dei mercati globali, rovesciando problemi ed
ingiustizie sul corpo sociale.
Questa situazione condurrebbe la parallela “crisi della
politica” soprattutto nei paesi dove lo Stato sociale appare storicamente meno
formato ( ma senza lasciare immuni gli altri) o quasi eufemistico, e che hanno
prevalentemente subito, o condiviso in posizione svantaggiosa, la decisioni e gli interessi dei paesi
più forti nello scacchiere monetarista globale.
La periferia-sud dell’impero dell’Euro dove crisi, debito
e saccheggio della cosa pubblica sarebbero più evidenti, dimostrerebbero in
particolar modo il fallimento e la follia strutturale del pensiero economico
egemone.
A questo pensiero unico degli ultimi decenni, si incarica insomma
di rispondere criticamente da tempo, ma in Italia soprattutto ultimamente, un
fiorire di economisti, dotti od improvvisati, neo- keynesiani,
altercapitalisti, nazionalisti antieuropeisti , critici del monetarismo ecc, in
un dibattito che si ricentra sui
concetti di “sovranità” e Stato Sociale.
domenica 2 giugno 2013
HUMBERTO VÁZQUEZ VIAÑA, por Germán A. de la Reza
Humberto en Santa Cruz, 2010 © Miguel Angel Souza |
El hombre más allá del destino
Humberto Vázquez Viaña ha fallecido. Ahora pertenece a la memoria profunda de la izquierda y a un estilo irreprochable de narrar la historia: valiente y responsable, sólido en sus evidencias y reflexiones, paciente en aras de la mayor honestidad. Fue hijo del ilustre escritor boliviano Humberto Vázquez Machicado y hermano de Jorge “Loro” Vázquez, el primer guerrillero capturado y asesinado en 1967. Participó en los preparativos y el apoyo urbano a la guerrilla del Che y militó en el Ejército Nacional de Liberación hasta la muerte del Inti.
A lo largo de su vasta vida intelectual Humberto dedicó sus investigaciones a establecer la verdad histórica, los antecedentes y las consecuencias del movimiento guerrillero de Ñancahuazú. Sus obras, entre libros, artículos y papers, son una referencia necesaria en un tema que tiene literalmente miles de buenos analistas en el mundo. Dos de ellas pueden considerarse como las más importantes: Una guerrilla para el Che, publicada en 2000, con una importante redición en 2008 y traducida al italiano; y Dogmas y herejías en la guerrilla del Che, editada en 2011 y presentada con merecido éxito en la Feria del Libro de Santa Cruz de ese año.
Humberto Vázquez fue y será por mucho tiempo para
quienes lo conocimos, un ser entrañable, íntegro en sus valores, generoso y con
un don de gentes que revelaba su sensibilidad humana. Su capacidad de
comprensión y de diálogo abarcaba a quienes no compartían sus puntos de vista o
incluso habían sido sus adversarios. Tenía el espíritu joven, del joven que un
día fue y del hombre noble que nunca dejó de ser.
Lo conocí en la Universidad de Estocolmo
cuando dejó de ocuparse de la Revista Nórdica de Estudios Latinoamericanos, de
la que era el principal responsable. Durante los meses que siguieron a su
partida, su antiguo cubículo conservó su nombre y estuvo cerrado cerca de un
año. Ese raro privilegio en una institución que no tenía espacios disponibles
me fue explicado por Weine Karlsson, el director del Instituto Latinoamericano
de esa universidad: albergaba las cajas inmensas y repletas del archivo de
Humberto. Sin duda, allí estaban en ciernes Una guerrilla para el Che, Dogmas
y herejías, y su más reciente libro, Del
Churo a Teoponte.