Abbiamo da poco appreso la triste notizia della morte del regista Giuseppe Ferrara, avvenuta a Roma due giorni fa. In questo momento ci stringiamo in un doveroso abbraccio alla famiglia e ai suoi cari. Da parte nostra ci piace ricordarlo nel momento dell'adesione entusiasta - lui che non era più un giovanotto - al progetto internazionalista di Utopia Rossa, di cui riproduciamo di seguito la lettera inviata a Roberto Massari. La memoria del suo cinema di impegno civile resterà incastonata nelle sue pellicole. Ciao Beppe. [la Redazione]
Caro Roberto,
la mia adesione a Utopia Rossa è piena, soddisfatta e direi ricca di entusiasmo. Essa mi appare come la naturale continuazione dell'attività che conduco ormai da decenni in campo cinematografico, dove il mio impegno politico non è mai venuto meno. Naturalmente l'entusiasmo attuale per UR nasce anche dalle insoddisfazioni vissute nelle precedenti esperienze politiche, che vorrei qui ricordare brevemente.
Ricordo di essermi iscritto ventiquattrenne al Psi su presentazione dell'amico regista Lino Del Fra (l'autore tra l'altro di Allarmi siam fascisti!, nel 1962, e La torta in cielo, nel 1970) e di aver vissuto come primo evento negativo l'entrata dei socialisti nella cosiddetta "stanza dei bottoni", voluta da Pietro Nenni e sfociata nella scissione (da me ovviamente approvata) che portò alla nascita del Partito socialista di unità proletaria, il Psiup. Rammento di esser stato l'unico, nella sezione Centro del Psi a Roma, in cui ero iscritto, ad aver votato per Lelio Basso. (Anni dopo avrei scoperto che la brigatista rossa Laura Di Nola, con la quale avevo frequentato il Centro sperimentale di Cinematografia, era stata iscritta alla stessa sezione.)
Seguì un periodo di battaglie giornalistiche all'interno del settimanale del Psiup - Mondo Nuovo - diretto da Lucio Libertini. Dalle colonne di quel giornale attaccai Torello Ciucci (che insieme a Giovanni Gronchi intrallazzava con gli Enti di Gestione Cinema) e Guido Lonero (direttore, altro intrallazzatore ai danni del Festival del cinema di Venezia).
Riuscimmo a far dimettere Lonero e a mettere in difficoltà Ciucci, ragion per cui il segretario di redazione - Salasso - mi richiamò all'ordine, dicendomi che "rompevo i vetri". Da bravo psiuppino nel 1968 diedi man forte a Cesare Zavattini, insieme ad altri registi (come Marco Ferreri, Ugo Gregoretti, Citto Maselli, Pier Paolo Pasolini), nella contestazione del Festival di Venezia. Al Partito, però, non importò nulla di quella battaglia. E alle elezioni politiche del 1972, non avendo raggiunto il "quorum" per eleggere anche un solo parlamentare (benché ne avessimo eletti quasi quaranta nel 1968), il partito si sciolse.
Agli iscritti del Psiup si prospettarono due soluzioni, entrambe assurde: rientrare nel Psi oppure iscriversi al Pci. Io preferii aderire a un minipartito, Democrazia proletaria (nata dalla confluenza di varie correnti di sinistra), che arrivò a candidare come capolista alle elezioni il comico Paolo Villaggio.
Conclusa l'esperienza di Dp, il giudice Carlo Palermo mi convinse ad entrare armi e bagagli nella Rete di Orlando. Lì feci parte della sinistra del movimento insieme a Nando Dalla Chiesa e all'ex sindaco di Torino, Diego Novelli.
Questa è la storia del mio impegno politico all'interno delle organizzazioni partitiche della sinistra italiana. Potrei poi accennare al mio impegno nella lotta contro il fascismo, contro l'imperialismo, contro la mafia e i poteri occulti condotta attraverso lo strumento del cinema - mia professione e grande amore della mia vita. Ma il discorso a questo riguardo sarebbe molto lungo e forse si potrà fare in altra occasione. [Si veda al riguardo il suo magistrale Manuale di regia, pubblicato da Editori Riuniti nel nel 1999 e nel 2004 e ripubblicato dalla Massari editore nel 2014 (nota di R.M.).]