Politiche emergenziali, inefficienze e malaffare sulla pelle dei migranti
La morte della giovane ivoriana nel centro di accoglienza di Cona, in provincia di Venezia, e del 38enne somalo nell'incendio del mobilificio abbandonato a Sesto Fiorentino, avvenute nei primi giorni del 2017, hanno riportato al centro dell'attenzione mediatica e del dibattito politico la questione dei migranti e dell'accoglienza. Cerchiamo di ricostruire il percorso, individuare le tipologie di strutture e focalizzare le normative a cui vanno incontro i migranti una volta sbarcati nel nostro Paese.
Il sistema di accoglienza attualmente in vigore è regolamentato dalla cosiddetta Roadmap italiana1, emessa dal Ministero dell'Interno il 28 settembre 2015, ed è strutturato su tre livelli, suddivisi in Prima e Seconda accoglienza, con strutture e funzioni di diversa tipologia.
La Prima accoglienza prevede come strutture gli Hotspots e i Regional Hubs:
- Gli Hotspots hanno finalità di primo soccorso e identificazione. Le funzioni di tali nuove strutture sono fissate dallo stesso documento del Viminale, il quale prevede che
«Al fine di gestire i flussi ininterrotti di cittadini di Paesi terzi che raggiungono le coste italiane dall'inizio del 2014, e in linea con l'Agenda europea sulle migrazioni, l'Italia ha messo in atto il nuovo approccio "hotspot". Essenzialmente questo è stato fatto attraverso un piano volto a canalizzare gli arrivi in una serie di porti di sbarco selezionati dove vengono effettuate tutte le procedure previste come lo screening sanitario, la pre-identificazione, la registrazione, il foto-segnalamento e i rilievi dattiloscopici degli stranieri. Subito dopo tutte le persone saranno foto-segnalate come CAT 2 (ingresso irregolare) e registrate in conformità con la legislazione nazionale ed europea (ad eccezione di quelle ricollocabili che saranno registrate come CAT 1). Saranno foto-segnalati come CAT 1 (richiedenti asilo) anche coloro che manifestano la volontà di richiedere la protezione internazionale e pertanto, successivamente, formalizzeranno la propria intenzione compilando il modello "C3" nelle strutture per richiedenti asilo (cioè i cd. regional hubs presenti sul territorio nazionale) dove verranno trasferiti dopo la conclusione delle menzionate attività di registrazione. Successivamente all'espletamento delle attività di screening sanitario, pre-identificazione, di quelle investigative/intelligence, e sulla base dei relativi esiti, le persone che richiedono la protezione internazionale saranno trasferite nei vari regional hubs presenti sul territorio nazionale; le persone che rientrano nella procedura di ricollocazione saranno trasferite nei regional hubs dedicati; le persone in posizione irregolare e che non richiedono protezione internazionale saranno trasferite nei Centri di Identificazione ed Espulsione (C.I.E.)».
- I Regional Hubs (Centri Regionali) sono in pratica Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA) e Centri di Primo Soccorso e Accoglienza (CPSA) riconvertiti. Anche questi sono previsti e regolamentati dalla Roadmap italiana:
«Il sistema di prima accoglienza è composto da strutture appartenenti ad ex centri governativi (CARA/CDA e CPSA), che attualmente si stanno riconfigurando come Regional Hubs. I cosiddetti Regional Hubs sono stati concepiti come un meccanismo-chiave preposto a facilitare la gestione di grandi arrivi di cittadini di Paesi terzi. Gli Hubs sono strutture aperte da utilizzare nella prima fase di accoglienza, destinate a ricevere quei cittadini di Paesi terzi - già registrati e sottoposti alle procedure di foto-segnalamento - i quali devono compilare il cd. modello C3 per la formalizzazione della domanda di protezione internazionale. Normalmente il periodo di permanenza va dai 7 ai 30 giorni, in modo da assicurare un rapido turnover dei richiedenti asilo i quali, in ogni caso, una volta presentata la domanda di protezione, potranno lasciare l'hub per essere trasferiti nei centri di seconda accoglienza, vale a dire nelle strutture della rete SPRAR».