C'È VOLUTO POCO PER CAMBIARE
Nel corso di una notte in Turchia tutto è cambiato e il peggio deve ancora venire. Ricorrendo a un'immagine, potremmo dire che prima del fallito golpe la situazione turca era così rappresentabile: il composito settore degli oppositori di Erdoğan costituiva una sorta di fortezza assediata sulle cui mura - dopo la perdita di spazi viciniori - si abbattevano i colpi degli arieti islamici dell'ex sindaco di Istanbul diventato Presidente della Turchia: tuttavia quelle mura bene o male tenevano. Oggi invece sono improvvisamente crollate, le orde di Erdoğan sono entrate e scorrazzano indisturbate in quella che potrebbe diventare assai presto una "cittadella della memoria".
Si è sempre parlato di una metaforica agenda politica islamista di Erdoğan, e tutto fa pensare che siamo di fronte a una limpieza [rastrellamento massiccio (n.d.r.)] diretta a concretizzarla. D'altro canto il vero Erdoğan non è mai stato il presunto islamico "moderato" mistificato dai media occidentali, bensì colui che in piena convinzione amava recitare i bellicosi versi
«Le nostre moschee sono le nostre caserme, le nostre cupole i nostri elmetti, i minareti le nostre baionette e i fedeli i nostri soldati».
Gli oppositori - già in precedenza intimoriti e con sempre più ridotta voglia (e possibilità) di contrapposizioni frontali - oggi sono costretti al silenzio e all'acquiescenza sperando almeno di evitare guai maggiori. Ed è sintomatico che invece il partito Mhp (vale a dire l'erede politico del kemalismo!) - attraverso il suo leader Devlet Bahçeli - si sia allineato alle velleità governative di ripristino della pena di morte (tanto, come ha detto Erdoğan, la pena di morte è dappertutto tranne che nell'Unione europea! Che non è male come giustificazione omicida…).
In buona sostanza Erdoğan sta ridisegnando a proprio uso e consumo una nuova Turchia al cui interno gli oppositori dovrebbero avere ben poco da opporre e molto da tacere. Si parla di circa 90.000 epurati, fra arrestati e dimessi dal lavoro. La cifra è impressionante, e se si va a vederne i dettagli la preoccupazione aumenta in modo esponenziale. Innanzitutto (e proprio l'entità di quella cifra lo dimostra, altrimenti il golpe avrebbe vinto) non sono finiti nel tritacarne di Erdoğan solo i golpisti. Il vicepremier Numan Kurtulmus ha comunicato che gli imprigionati per complicità nel golpe sono 9.322, ma un tribunale di Istanbul ha rinviato a giudizio finora solo 278 persone per complicità col golpe. Il resto degli epurati riguarda gli asseriti sostenitori (anche solo simpatizzanti) di Fethullah Gülen.