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sabato 16 luglio 2016

PUNTI DI ARRIVO E DI RIPARTENZA: DA TRENTO A PARIGI IN BICICLETTA, di Antonio Marchi

Sono tornato domenica notte a Trento dopo giorni e giorni di pedalate alpine e transalpine che mi hanno portato a Parigi in un intenso incontro sul "Situazionismo" (Punto della Situazione n. 3) in compagnia di compagni/e di varia nazionalità (non solo italiani e francesi) all'Università 8 di Saint-Denis e poi, traslocato in Italia fino a Genova, ripartito alla volta di Senigallia, al CaterRaduno di Radio2, attraversando l'Appennino tosco-umbro-marchigiano, tra i luoghi più belli d'Italia. Quattordici giorni in bicicletta e 2000 km percorsi in compagnia del sole, della pioggia e del vento e di tanta simpatia e amicizia spontanea raccolta strada facendo a partire dalla Facoltà di Sociologia fino al CaterRaduno.
Il giorno dopo il rientro, l'ultima cosa che avevo voglia di fare era aprire il computer. Sapevo cosa mi aspettava… dopo ventun giorni di assenza totale sentivo che avevo riconquistato una nuova consapevolezza della libertà… però non potevo resistere oltre… 195 e-mail mi aspettavano.
Per quanto riguarda il mio viaggio, è andato tutto molto bene. Basta questo a testimoniare (ancora una volta) la soddisfazione e l'irrepetibilità del viaggio. Le emozioni vissute, le alte montagne, i picchi nevosi, le dolci colline dell'Austria e della Svizzera, le vallate ondulate della Francia, i laghi, le antiche mura di tanti piccoli paesi, le stupende e pompose cattedrali di Freibourg, Strasbourg, Toul, Nancy, Provins, le piazze sempre così attraenti, i fiumi dall'acqua ancora dai riflessi di tempi memorabili, i cimiteri curati come giardini (dopo Toul un grande cimitero di guerra di 5.000 croci raccoglie i soldati francesi morti nella II Guerra mondiale)…, si mescolano alla fatica e i toni della narrazione non raggiungono quasi mai la loro potenziale bellezza. Il viaggio è per me sempre un "anomalo romanzo" di formazione politica e umana, frutto di un impulso incoercibile a ricostruire l'innocenza perduta dei poveri fatta a pezzi, insieme a corpi martoriati di santi, di bestemmiatori, di blasfemi, di rivoluzionari, per valorizzare e difendere quei pochi fondamentali valori dell'uomo, per toccare anche le ferite di oggi di uomini e donne che non hanno avuto paura di lasciare la loro giovinezza, testardi, innamorati della propria libertà, appassionati alla vita come Valeria Solesin, Giulio Regeni, Vittorio Arrigoni, Carlo Giuliani… Un viaggio terapeutico, come un processo creativo, che mi è servito a riprendermi il rapporto con la vita di tutti i giorni. Dentro c'è il ritorno dell'urgenza, non solo di raccontare, non solo di testimoniare, non solo di denunciare, ma di schierarsi: per mettermi a nudo e ricominciare condividendo con i miei "simili" la necessità di lottare per un mondo migliore, una vita migliore, perché non c'è via d'uscita se si vuole salvare con l'uomo la terra stessa, l'Humanitèé Sempre da solo? «Non si è mai soli con la bicicletta!». Questo veicolo così fragile, così legato all'epopea del ciclismo mi ha sempre offerto occasioni di passaggio, "passaggi di tempo". Immortale perché umana, è fatta di poco, ma dà molto. Lo sa il popolo di devoti che continuano a cavalcarla, ad affollare i tornanti delle montagne con sudore, fatica, solitudine, silenzio. Un viaggio perfetto che è la somma di tutti quelli che sono venuti e che verranno, perché ciascuno racconta, riassume e prepara il prossimo. Un riassunto non lo voglio fare, non basterebbe a raccontarlo: raccontare tutto non è possibile - come i sogni notturni - tra una tappa e l'altra in luoghi a me sconosciuti; l'angoscia che prende la forma di sangue e carne, orrore e amore, bellezza. Sogni rassicuranti, metafisici, paradossali, realistici, violenti. Un viaggio denso di piccoli momenti intimi, umani, di una straordinaria generosità presente lungo la strada che abbatte le frontiere linguistiche ed esalta il segno arcaico dei gesti, abituandomi a conviverci cogliendone l'essenza. Quando si entra in contatto cuore a cuore con qualcosa di bello, si esce dall'esperienza migliori di prima. Come quella sera tarda in casa di Valentin (a Porte de Clignancourt), per quel vino rosso bevuto insieme alla fine della giornata "situazionista", intensa e sguaiata all'Università di Saint-Denis in una notte di inizio luglio, con ancora l'eco dell'Internazionale (non quella del "gran partito", ma quella con le parole di Franco Fortini…) cantata a squarciagola da Oreste Scalzone…, le luci che si spengono e la buonanotte che ci rapisce in un sonno ristoratore… Lo so, quello che è successo non accadrà più. Perciò resterà per sempre.

«Notre vie est un voyage./ Dans l'hiver et dans la Nuit,/ Nous cherchons notre passage./ Dans le Ciel où rien ne luit».

14 luglio 2016

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