CONTENUTI DEL BLOG

sabato 30 marzo 2013

GLI SCACCHI NELLA GUERRA FREDDA: L'ERRORE DEL SECOLO, di Mongo (Riccardo Vinciguerra)

Estate 1972
I mass media martellano duro, ne avevano di argomenti quell’estate, c’era solo l’imbarazzo della scelta. La guerra fredda. La corsa allo spazio. Le elezioni statunitensi che incombono ed il presidente  Nixon che ha lasciato tutti a bocca aperta scegliendo Agnew Spiro come candidata alla vicepresidenza. Il Cile che scivola nell’anarchia, sponsorizzata dagli Stati Uniti, mentre il governo eletto democraticamente del socialista Salvador Allende ha ormai i giorni contati (nel 1973 ci sarà il primo e più tragico degli 11 settembre della storia). 


venerdì 29 marzo 2013

RESTIAMO UMANI - THE READING MOVIE (Fulvio Renzi e Luca Incorvaia, 2013), di Pino Bertelli



Restiamo umani — The Reading Movie (Il film della lettura) di Fulvio Renzi e Luca Incorvaia non è un docu-film, né un documentario, né una performance teatrale e non ha a che vedere nulla con ciò che trabocca dall’informazione televisiva predominante... è un film-parlato, un reading movie, appunto... un film in forma di poesia che intreccia corpi e parole in maniera singolare... qualcosa che va oltre l'abituale produzione e ricezione della macchina/cinema.   




Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com

domenica 24 marzo 2013

DE CUÁL ARGENTINA ES HIJO EL PAPA FRANCISCO?, por Enzo Valls y Roberto Massari

Cartas a un sacerdote

A pocos días de la elección de Jorge Mario Bergoglio como el 266º papa y su entronización con el nombre de Francisco, publicamos tres cartas que Roberto Massari envió entre el 14 y el 19 de marzo a un sacerdote católico que aquí llamaremos Padre F. Me permito introducirlas brevemente por dos motivos: porque en estas cartas Roberto me menciona (marginalmente) y porque con el nuevo Papa tengo al menos una cosa en común: ambos somos argentinos, con las varias consecuencias que eso pueda tener. [e.v.]
En casi todo el mundo el enorme estupor y la incontenible alegría por la elección de este papa parecen haberse unido en un solo sentimiento cuyas exteriorizaciones suenan tan genuinas y esperanzadas en unos como hipócritas o histéricas en otros. Estupor por tratarse del primer papa no europeo - y para los de este lado del mundo, por si fuera poco, latinoamericano -, con todas las consecuencias que eso puede llegar a significar. Y alegría, en parte por el mismo motivo y en parte por muchos de los gestos y señales que desde su primer salida al balcón y desde la elección de su nombre, Francisco ha sabido lanzar al mundo: afabilidad, sencillez, humildad y sobre todo una cierta vocación de pobreza (¿franciscana?) que, según sus propias palabras, ansía para la Iglesia católica. Bastaría esto último para considerarlo ya un papado que trae de veras un viento nuevo y una mutación histórica para la ajada Iglesia católica, eso sí, siempre maestra secular en espectacularidad, aún para mostrar los gestos mínimos, que es por lo demás una de las esencias de la sociedad del espectáculo: la transformación de lo “real” en un “momento de lo falso”.
De la histeria como reacción no han quedado excluidos muchos de los que repudian esta elección. He leído en Argentina comentarios realmente impresentables e inaceptables para quienes dicen luchar por un mundo más libre y justo, que trato siempre de imaginar como personas serenas, sensatas y ansiosas de buscar la verdad y transformarla positivamente en vez de arremeter a la ciega contra lo primero que les desagrada.
Muy diferente es la actitud de Roberto Massari en estas cartas y en general: su indignación trata de ir en busca de la verdad, cualquiera sea. Y cuando la encuentra o la intuye la dice, sin hacerle descuentos a nadie, pero con garbo y mesura, en este caso a un cura, que por lo que sé es de ideas muy abiertas y avanzadas respecto a la jerarquía eclesiástica, pero cura al fin.

DI QUALE ARGENTINA È FIGLIO PAPA FRANCESCO?, di Roberto Massari ed Enzo Valls

Lettere a un sacerdote



Pochi giorni dopo l’elezione di Jorge Mario Bergoglio come 266º papa e il suo incoronamento con il nome di Francesco, pubblichiamo tre lettere che Roberto Massari ha indirizzato, tra il 14 e il 19 marzo, a un sacerdote cattolico che qui chiameremo Don F. Mi permetto di introdurle brevemente per due motivi: perché in queste lettere Roberto mi menziona (marginalmente) e perché con il nuovo Papa ho almeno una cosa in comune: entrambi siamo argentini, con le varie conseguenze che questo può avere.



venerdì 22 marzo 2013

CRISTIANESIMI IX, di Pier Francesco Zarcone


I PRIMI CONCILI ECUMENICI: UNA STORIA BEN POCO FRATERNA

Parte I

Introduzione

Nel mondo cristiano si è sempre fatto uso e abuso di concetti come “fraternità”, “amore fraterno”, “perdono” ecc., e la distinzione filantropica fra “errore” ed “errante” non è stata certo inventata da Giovanni XXIII. Pur tuttavia nella storia del Cristianesimo di gran lunga prevalgono i comportamenti di segno opposto, da cui sono stati e sono tutt’altro che immuni proprio membri del clero. Un certo spirito “da Caino” si è manifestato fin dalle origini con tanti saluti a reiterati messaggi e raccomandazioni, di grande chiarezza, proprio di Gesù il Cristo. Non ne sono stati immuni nemmeno i primi Concili ecumenici. In questa sede parleremo di tre fra i più importanti di questi Concili che – indipendentemente dalle ragioni teologiche in campo – sono paradigmatici per il loro essere stati poco edificanti sul piano dei rapporti interni alla stessa “grande Chiesa” uscita dal periodo delle persecuzioni. A seguito delle controversie di quel tempo il corpo formalmente unitario della Chiesa si è diviso in varie confessioni religiose organizzate in altrettante Chiese.

giovedì 21 marzo 2013

IL SITUAZIONISMO NELL'AMBITO DI UNA CRITICA DELL'ECONOMIA POLITICA DELL'IMMAGINARIO - incontro con Pasquale Stanziale*

* Curatore «storico» dei libri sul situazionismo per Massari editore


Bad museum
 Mercoledì 27 marzo 2013 ore 19.00 

lunedì 18 marzo 2013

DOPO LE SCIOCCHEZZE SUL POPULISMO E IL «REGIME» BERLUSCONIANO, ORA QUELLE SU BEPPE GRILLO E IL MOVIMENTO CINQUE STELLE, di Michele Nobile

Le recenti elezioni hanno dimostrato quanto fossero sbagliate e politicamente fuorvianti le analisi della situazione italiana che insistevano sulla formazione di un particolare «regime» berlusconiano, variamente aggettivato come populistico, bonapartistico, carismatico, patrimoniale, videocrazia ecc.
Queste analisi non coglievano la portata strutturale e irreversibile della trasformazione contemporanea nel senso della postdemocrazia; peggio ancora, rimuovevano o sottovalutavano, per l’interesse alla collaborazione subalterna, le decisive responsabilità del centrosinistra quale attore postdemocratico e protagonista dell’introduzione massiccia di norme «neoliberiste» in Italia negli anni Novanta del secolo scorso. In altri termini, le interpretazioni correnti del berlusconismo riducevano a fatto personale e di parte un fenomeno che coinvolgeva l’intero sistema dei partiti, ora compiutamente costituito in casta partitico-statale del regime postdemocratico.

sabato 16 marzo 2013

HABEMUS PAPAM: SÌ, PERÒ…, di Pier Francesco Zarcone

La prudenza non è mai troppa, quando le cose non sono chiare


La saggezza dei nostri vecchi ammoniva a non considerare oro tutto quel che riluce, e questo vale anche per la scelta dell’attuale capo della Chiesa cattolica, considerata sia nelle sue eventuali finalità strategiche sia riguardo alla persona chiamata a sostituire Ratzinger. A prescindere dal fatto che le masse cattoliche avrebbero osannato chiunque fosse stato eletto al pontificato, si deve riconoscere che formalmente l’Arcivescovo di Buenos Aires si presenta bene e certo meglio di tanti suoi colleghi italiani:
stile di vita più che spartano, consolidata fama di “Vescovo dei poveri”, modi semplici e accattivanti, affabilità, spiragli di apertura alla mai realizzata collegialità episcopale, suggestione indotta dal nome da lui assunto, provenienza geografica dal Sud del mondo ecc. ecc.

martedì 12 marzo 2013

PINO BERTELLI: GUY DEBORD. SUL CINEMA SOVVERSIVO


Bad museum - Sabato 16 marzo 2013 ore 19.00

PUTIN E IL FASCINO DELL'IDEA IMPERIALE, di Pier Francesco Zarcone

In genere si parla dei progetti imperialistici degli Stati Uniti, mentre di varie contromisure russe si mette in rilievo lo scopo difensivo (che obiettivamente esiste), ma poco si parla dei progetti imperiali (e imperialistici) della Russia postsovietica di Vladimir Putin. Eppure esistono, eccome. Affrontare questo argomento vuole dire trattare anche del pensiero politico - o meglio, geopolitico - di un influente personaggio dell’establishment di Putin, cioè Aleksandr Dugin, ascoltato consigliere suo e della Duma, il quale è assurto a ideologo sistematizzatore di un progetto euroasiatico.

La Russia e la prospettiva dell’impero. L’ultimo Putin
Lo storico Geoffrey Hosking, nel libro Sovrani e vittime. I Russi nell’Unione Sovietica ha formalmente posto un problema che a ridosso dell’implosione dell’Urss sarebbe sembrato assurdo: cioè se ancor oggi la Russia si orienti alla costruzione di un nuovo impero. La risposta data dal Pentagono è “sì”, e ovviamente la concorrenza di Mosca preoccupa i dirigenti di Washington. Accantonando la questione se costoro siano i più legittimati a tirare le metaforiche “prime pietre” contro la Russia, non c’è dubbio che la prospettiva della contrapposizione fra i progetti imperiali (e imperialistici) di Russia e Usa dovrebbe preoccupare tutti. E questo perché se già l’esistenza di un solo progetto del genere mette a serio rischio la pace mondiale, quando poi ne esistono ben due contrapposti si sa con una certa sicurezza come poi vanno a finire le cose. Anche ammettendo che in una prima fase le due parti potrebbero mettersi d’accordo per una spartizione “transitoria” delle aree di influenza, il problema resterebbe comunque per il dopo.

lunedì 11 marzo 2013

VICTOR SERGE’S RED UTOPIA, by Roberto Massari

Problème essentiel: il faut prendre parti, il y a toujours une vérité à chercher, à trouver, à défendre, une vérité qui oblige, impérative. Ni action ni pensée valable sans intransigeance. L’intransigeance c’est la fermeté, c’est l’être. Comment la concilier avec le respect de l’être différent, de la pensée différente […]
J’aperçois une solution. L’intransigeance combative, contrôlée par une rigueur aussi objective que possible et par une règle absolue de respect d’autrui - de respect de l‘ennemi même…
(V. Serge, Carnets, October 2, 1944)*

Massari editore, 2011
There is an anarchist Victor Serge who, having survived prison and internment, joins the Russian revolutionary movement in 1919, becoming the “Bolshevik” Serge who in the summer of 1920 writes a scarcely libertarian panegyric of the ongoing process:
“Whoever says revolution says violence. All violence is dictatorial. All violence imposes the sort of will which shatters resistance … I admit not being able to conceive the possibility of being a revolutionary (unless it is in a purely individualistic manner) and not acknowledging the necessity of the proletarian dictatorship … even at the risk of dying, of immediately losing their lives in the hands of a triumphant reactionary dictatorship, it shall be necessary that revolutionaries establish very soon their own dictatorship”1.
And there is a Victor Serge - an exceptional fugitive from the extermination of the Old Guard Bolsheviks, after three years of Siberian confinement (Orenburg in the Urals), exiled in Mexico and already seduced by the idea of an indispensable revolutionary synthesis of the libertarian and the Marxist thought - who writes in the summer of 1947, just a few months away from death:
“Totalitarianism, just as it has been established in the USSR, in the Third Reich and feebly formulated in Fascist Italy and elsewhere, is a regime characterized by the despotic exploitation of work, by the collectivization of production, the terrorist monopoly of the bureaucracy and the police, the subjugation of thought, the myth of the symbolic leader …
In this sense, proletarian revolution is not anymore, for me, our goal; the revolution we intend to serve cannot be any other thing than socialist, in the humanist sense of the term and, more exactly, socializing, achieved in a democratic, libertarian way”2.
In between we find the big events of the XX Century (the stormy postwar, the Russian revolution, the rising of Stalinism, the insurrectional attempts in various countries, the division of the world into two blocks, the historical defeat of the organized workers’ movement) lived first-hand by a great Belgian-Russian writer naturalized as … cosmopolitan.
1. A primary and thrilling aspect of the book is given through the fact that the Author is addressing us, mankind and History (with capital letters) from the inside of those big events - or from above their ruins, as one could say, while the narration unravels itself. The great tragedies of the XX Century are “told” by a direct interpreter, a participating actor, a critical spirit, polyglot, libertarian Marxist, untamable and incorruptible, a humanitarian revolutionary who has turned the quest for freedom into a raison d’etre, more than just a question of social conflict or political reflection, that is, a life lived in a lucid revolutionary manner.
As he gets in touch with the story, the reader, even one who may not be familiar with these topics, will become conscious of the fact that the strongest (the most decisive) of those events - most stimulating in its origins and disastrous in its precocious and tragic epilogue - was the Russian revolution: from the fall of the Tsarist empire to the popular revolution of February 1917, from the workers’ conquest of power to the victory of the single party bureaucratic dictatorship: up to the establishment of the autocratic despotism of an all-powerful Leader - who, to make things worse, was a psychopath - going through the extermination of the internal old guard of the soviets movement (anarchists, social-revolutionaries, leftist Mensheviks, Bolsheviks, Workers’ opposition, freethinkers, etc.), the use of forced or enslaved work3, the destruction of any possibility of dissent as well as of the main achievements of the working class, the annihilation of any form of auto-organization in the countryside, the complete extermination of populations and ethnic groups, the holocaust of around 15-20 million citizens, mostly Soviet, in the horrendous Gulag ramifications. A crime against the Russian people, against the international workers’ movement, against mankind and its most ancient laws and cultural achievements that could only be defined today as a systematic “crime against humanity”, yet to be surpassed a) in geographic extension, b) amount of victims and c) its duration in time.

domenica 10 marzo 2013

CHÁVEZ, by Roberto Massari

Chávez is dead.  His contribution to the Venezuelan cause and that of Latin American unity has been so personal that it does not seem plausible to offer any hypothesis as to the developments of these processes. Also the historical judgment on this great Bolivarian leader is doomed to remain suspended: contradictions within his government have been many, as many have been his merits and mistakes. For that reason, we think it justified to present as an obituary, the closing words of our book on Chávez from the autumn of 2005… Yes, 2005, when the Bolivarian process reached its apex and also started its decline. Let us remember that most of the interrogations displayed in the last page of that book have remained unanswered, and that is precisely the most sincere homage we can pay to this outstanding fighter. That is why we re-publish that page:

giovedì 7 marzo 2013

CHÁVEZ, por Roberto Massari

Chávez ha muerto. Su contribución a la causa de Venezuela y de la unidad latinoamericana ha sido tan personal que no nos parece posible elaborar hipótesis sobre cuál será el desarrollo de estos procesos. También el juicio histórico sobre este gran caudillo bolivariano está destinado a quedar suspendido: las contradicciones de su gobierno han sido muchas, así como sus méritos y sus errores. Por tal motivo nos parece justificado presentar a modo de necrologio las palabras con las cuales concluía nuestro libro sobre Chávez del 2005. Sí… del 2005, cuando el proceso bolivariano tocó su ápice y comenzó su declinación. Recordar que los interrogantes expuestos en la última página de aquel libro han quedado la mayor parte sin respuesta es el homenaje más sincero que podemos ofrecerle a esta gran figura de combatiente. Por este motivo publicamos esta página:

mercoledì 6 marzo 2013

CHÁVEZ, di Roberto Massari


Chávez è morto. Il suo contributo alla causa del Venezuela e dell'unità latinoamericana è stato così personale che non ci sembra possibile fare delle ipotesi su come si svilupperanno questi processi. Anche il giudizio storico su questo grande caudillo bolivariano è destinato a restare sospeso: le contraddizioni del suo governo sono state molte, così come i suoi meriti e i suoi errori. Per tale ragione ci sembra giustificato presentare a mo' di necrologio le parole con cui si chiudeva il nostro libro su Chávez dell'autunno 2005. Sì... del 2005, quando il processo bolivariano toccò il suo apice e ne cominciò anche il declino. Ricordare che gli interrogativi esposti nell'ultima pagina di quel libro sono rimasti per lo più senza risposta, è l'omaggio più sincero che ci sentiamo di porgere a questa grande figura di combattente. Per questo ripubblichiamo quella pagina:

domenica 3 marzo 2013

8 MARZO - ANTONELLA MARAZZI PARLERÀ DI 'ROSA LUXEMBURG: RIVOLUZIONARIA, DONNA, FEMMINISTA'





"... io spero di morire sulla breccia: in una battaglia di strada o in carcere. Ma nella parte più intima appartengo più alle cinciallegre che ai compagni."

LOS RESULTADOS ELECTORALES CONFIRMAN Y ACELERAN LA DESCOMPOSICIÓN DEL SISTEMA PARLAMENTARIO ITALIANO, por Michele Nobile

En un modo que podría calificarse como explosivo, estas elecciones han confirmado la tendencia emergente en los últimos años: casi 12 millones de ciudadanos se negaron a besar la mano que los ha golpeado y que seguirá golpeándolos, si no se la detiene finalmente.
En las elecciones políticas de 2008, las abstenciones aumentaron en más de un millón y medio, ello corresponde a un aumento de un seis por ciento, un salto enorme: las precedentes aceleraciones del abstencionismo, en el 1979 tras el fracaso del “compromiso histórico” de Berlinguer y en el 1996 después del primer gobierno Prodi, fueron de un tres por ciento.  
Con las boletas en blanco y las anuladas el total de no votantes debería ascender a más de 13 millones, casi un tercio de todo el cuerpo electoral.

El mínimo histórico de participación en las elecciones políticas

Este del 2013 es el mínimo histórico de participación en las elecciones políticas de la República Italiana: y si hace algunas décadas habría podido tal vez considerar este dato como ambiguo, hoy, por el contrario, en pleno régimen post-democrático, considero que es mi deber alegrarme, como debería alegrarse todo aquel que odie el capitalismo y sus instituciones.
Al abstenerse, una parte creciente de la ciudadanía italiana se ha negado conscientemente a participar en el rito de legitimación de la casta partídico-estatal. Estos ciudadanos al menos han intuido la naturaleza post-democrática del régimen y han sacado de ello la consecuencia lógica: lo boicotean. Han rechazado el engaño de la sociedad del espectáculo y del mercadeo político, no se han prestado a consolidar un orden determinado del gobierno oligárquico del estado.
Abstenerse ha sido un acto mínimo de dignidad; y es un paso adelante para reafirmar, contra las castas política y la institución que la representa, que las vías para la expansión de la democracia y la defensa y extensión de los derechos sociales no solo pasa fuera del parlamento sino que ya se contrapone a este.
Además, aunque en menor medida, también en el voto por el Movimiento 5 Estrellas se expresa un claro rechazo a la casta, si no también de la institución parlamentaria (en un régimen post-democrático).
Y bien, si a la abstención sumamos el voto por el Movimiento 5 Estrellas, se debe decir que  casi la mitad de los ciudadanos italianos se han expresado de manera inequívoca contra el conjunto de los partidos de gobierno o que han gobernado (incluyendo a los verdes, la izquierda post-PCI y los últimos que han llegado a la pseudo “sociedad civil”).

venerdì 1 marzo 2013

OSTACOLI ARABI ALLA LIBERAZIONE DELLE MASSE ARABE, di Pier Francesco Zarcone

L’arretratezza politica e sociale del mondo arabo è nota a tutti, Arabi compresi. In questa sede ne mettiamo in evidenza due: un insospettato fattore culturale e la tradizionale autocrazia araba,  insieme a una rapida sintesi sui problemi economici di quell’area.