Ne ho tanto parlato e scritto assieme a Roberto Massari (articoli su Utopia rossa), sono intervenuto più volte a Radio 3 nella trasmissione «Prima pagina", ma niente: il tema dei migranti finiva o in fondo al mare o nelle stive delle ong, o nei respingimenti. Un continuo e ossessivo lamento. Uno stracciarsi le vesti per i morti in mare e la polemica sulle ong e i decreti sicurezza, e l'Europa che non fa la sua parte… a tal punto che mi arrabbiavo e basta. Dicevo: ma è possibile che non si capisca che il problema erano e sono gli imbarchi e non gli sbarchi? Scrivevo con ferocia:
"Ricomincia la danza macabra dei salvataggi da parte delle ong. Incuranti del Covid, si sono sostituite agli Stati nel mare cimitero dell'accoglienza. Oltre la stupida pietà finale, oltre la vita che cade nelle mani di cacciatori di taglie, oltre alla libertà, oltre alla dignità, si ergono a paladini dell'accoglienza, a salvatori del naufrago. Mettono in mostra i corpi morti dei fratelli di miseria per un dollaro di carità. Sono corvi. Da sempre il mare nero della democrazia con troppi padroni e servi, appalta i suoi servizi agli sbirri del sistema. L'io individuale che si ribella è solo un salto di violenza, un cinico fucile per fermare la roba a rischio di perdita. Urlo alla loro beneficente ipocrisia, urlo a me stesso incapace di tacere. L'urlo si perde nella fatica quotidiana, nella perdita dell'ultimo desiderio".
Finalmente arriva un libro che "detta legge" e fa chiarezza su tutto. Dopo averlo letto (Il diritto di non emigrare, edizioni Lindau) mi è sembrato di uscire da un tormento che da anni mi assilla sulle ragioni e sui complessi motivi che spingono milioni di persone a lasciare i loro paesi per emigrare in Italia o in Europa (e tante volte annegare nel mar Mediterraneo). Ora, mi spetta il compito di provare a raccontarlo per farlo conoscere a chi, senza se e senza ma, "salvare tutti è un dovere". Raccontarlo è già un'impresa e dato che ho sempre guardato con sospetto alle recensioni che compaiono sui giornali e a coloro che le stilano solo per fare pubblicità al libro, stabilisco subito che la mia è una non recensione. Pur sapendo di non esserne all'altezza, il mio tentativo è in partenza arduo perché è quasi impossibile riassumere tutto quello che c'è dentro e dunque l'invito è che bisogna leggerlo e rileggerlo per comprenderne tutta la sua efficacia: smonta la favola bella del migrante che scappa dalla sua terra per scelta alla ricerca dell'eldorado Italia o Europa.
Lui non scappa, ma è fatto scappare non solo per colpa delle guerre, della repressione, della miseria… ma anche per colpa della truffa criminale di chi specula, di chi lusinga, di chi promette, di chi fa lo sporco mestiere dello scafista e imbarca depredandolo e minacciandolo di morte quando esita a partire o ha ripensamenti.
Maurizio Pallante lo spiega bene In ogni sua pagina. Descrive la complessità dei problemi posti dalle migrazioni, la gestione dell'emergenza, la contrapposizione tra accoglienza e respingimento; perché aiutare le persone in pericolo di vita è un obbligo morale prima ancora che giuridico, ma la solidarietà che non consente di ignorare le sofferenze, non ne elimina le cause.
"Le sofferenze generate dalle migrazioni si riducono solo se si riducono i flussi migratori". Chi sostiene che tutti hanno diritto a emigrare e vanno in loro soccorso non tengono in considerazione che dalla seconda metà del '700 le migrazioni sono state e continuano ad essere un'esigenza del modo di produzione capitalistico industriale, e non una libera scelta per uscire dalla miseria. "La vera solidarietà con chi è costretto a emigrare non si manifesta limitandosi a sostenere la libertà di farlo e la sua accoglienza sempre e comunque, ma anche, e soprattutto, impegnandosi politicamente a eliminare, o quantomeno a ridurre, le cause che lo costringono a farlo".
I flussi migratori il più delle volte costituiscono un'opportunità perchè consentono ai popoli di interagire tra loro, scambiarsi esperienze, arricchire le loro conoscenze e progredire. Se in passato le migrazioni si giustificavano per l'esigenza di conquista dei popoli di altri territori - da sfruttare economicamente, sottomettendo o sterminando i precedenti abitanti, o costringendoli ad emigrare - gli attuali flussi migratori verso i paesi ricchi sono causati dall'esigenza di quest'ultimi di impadronirsi delle materie prime delle risorse energetiche esistenti nei territori dei paesi poveri per sostenere la propria crescita economica. Questi (Paesi) predatori per appropriarsi delle ricchezze agiscono “con la violenza, l'inganno, la corruzione, la devastazione ambientale, costringendo le popolazioni povere ad abbandonare i loro Paesi con la speranza di trovare nuove opportunità di vita andando ad incrementare il numero dei produttori/consumatori di merci di cui le economie dei Paesi ricchi hanno bisogno per continuare a prosperare”.
Perciò, le migrazioni attuali “sono la forma del dominio dei ricchi sui poveri e dei forti sui deboli nell'epoca storica della globalizzazione”. Un'egemonia capitalistico-culturale esercitata dalle società occidentali nei confronti dei Paesi africani e asiatici, che li induce a disprezzare la loro storia, a omologarsi ai valori dei paesi ricchi a suscitare il desiderio di emigrare.
Se si confonde la costrizione a emigrare (l'impossibilità a vivere dove si è nati), con la libertà o il diritto di emigrare, si cancella dal proprio orizzonte mentale la possibilità di contribuire a rimuovere le cause che costringono a emigrare, generando sofferenze, aumentando le disparità tra popoli poveri e popoli ricchi, aggravando la crisi ambientale.
La povertà degli oltre 800 milioni di persone che soffrono la fame o la malnutrizione dovrebbe sollecitare i Paesi ricchi a mettere a disposizione di quei popoli “le conoscenze scientifiche e le tecnologie dei Paesi industrializzati non per indurli a imitare il loro modello economico e produttivo, ma per aiutarli a rendere più efficaci i modi, con cui, sulla base della propria storia e dei propri valori, ricavano dai luoghi in cui vivono ciò che ritengono necessario per vivere, per curarsi, per costruire le loro abitazioni, per ripararsi dagli effetti indesiderati del clima, governarsi, arricchire le conoscenze dei giovani ed educarli a diventare adulti”. In altre parole, aiutarli a casa propria evitando di cambiare la loro storia e la loro natura, evitando che criminali, al soldo di stati "canaglia"e di armatori delle navi, continuino a fare il loro sporco commercio di esseri umani in imbarcazioni precarie che attraversano il Mediterraneo e a volte affondano. Si stima che in quindici anni di traffico di migranti, hanno perso la vita, annegando, oltre trentamila esseri umani.
Rispondendo alla domanda di un giornalista, il cardinale Robert Sarah (nato in Guinea 74 anni fa) citando il suo libro - Si fa sera e il giorno ormai volge al declino, cap. 11 intitolato i nemici spietati - dice: “certo i flussi migratori sono sempre esistiti. La ricerca di una vita migliore o la fuga dalla povertà e dai conflitti armati non sono nuove… Alcuni affrontano rischi incredibili. Il prezzo da pagare è alto. L'Occidente viene presentato agli Africani come il paradiso terrestre. La fame, la violenza e la guerra possono spingere uomini e donne a rischiare la propria vita per raggiungere l'Europa. Come possiamo, però accettare che certi paesi siano privati di tanti loro figli? Queste nazioni come potranno svilupparsi se tanti lavoratori sceglieranno la via dell'esilio? Quali sono queste strane organizzazioni umanitarie che girano l'Africa per spingere giovani a fuggire promettendo loro una vita migliore in Europa? Sono forse le stesse che portano i grandi schermi televisivi nei villaggi di cui parla Berlusconi? Perché la morte, la schiavitù e lo sfruttamento sono così spesso il vero risultato dei viaggi dei miei fratelli africani verso un immaginario eldorado? Sono indignato da queste storie. Le organizzazioni mafiose degli scafisti devono essere eliminate con la massima risolutezza. Curiosamente esse restano del tutto impunite”.
Per aiutare realmente i popoli poveri a casa loro, i Paesi ricchi devono innanzitutto fare dei cambiamenti in casa propria. Devono smettere di fare guerre per controllare le fonti fossili di energia o i giacimenti di minerali strategici per il loro sviluppo; devono smettere di istigare i Paesi poveri a fare guerre tra loro per indebolirli e controllarli meglio, devono smettere di vendere armi ai Paesi e alla fazioni in guerra. Thomas Sankara sosteneva che “l'aiuto deve aiutare a eliminare l’aiuto”. Perchè se dell'aiuto i Paesi poveri hanno bisogno dai Paesi ricchi, questo non deve diventare sottomissione e dipendenza (e dunque abbandono del loro sistema di valori), accrescendo in tal modo i profitti di pochi a scapito degli equilibri ambientali e delle condizioni di vita di tutti gli altri. I Paesi che accolgono in maniera “disinteressata”, pensando di alleviare lo stato di miseria in cui versano molti dei migranti, trascurano che è libertà anche quella “di non emigrare” soltanto se si provasse a rimuovere le cause che non consentono di continuare a vivere nella terra di origine a chi vorrebbe continuare a farlo.