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venerdì 2 ottobre 2020

ADEUS QUERIDO QUINO!

di Stefano Salmi

Joaquin Salvador Lavado, in arte Quino ci ha lasciati il 30 settembre del 2020 alla età di 88 anni. Da alcuni anni era tornato a vivere nella sua Mendoza alle pendici delle Ande, ultima tappa urbana degli alpinisti per raggiungere l’Aconcagua, dove era nato nel 1932. 

Figlio di emigranti spagnoli originari di Malaga e di fede politica repubblicana e anticlericale, aveva sviluppato la passione per il disegno da suo zio illustratore e pittore, Joaquin Tejon. Lo zio gli insegnò i rudimenti del mestiere, che consentiranno a Quino di pubblicare le sue prime vignette satiriche nel 1954, all’età di 22 anni, sul settimanale “Esto Es”. Prima, però, all’età di 13 anni si iscrisse a Mendoza  alla scuola di belle arti, ma nel 1949 “stanco di disegnare anfore e gessi” l’abbandona e pensa a una sola professione possibile. Disegnatore di fumetti e umorista. Caparbio e deciso, Quino a soli 18 anni si trasferisce a Buenos Aires alla ricerca di una casa editrice disposta a pubblicare le sue tavole; ma passeranno tre lunghi anni, molto difficili economicamente per lui, prima che il suo sogno si realizzi. ”Il giorno che pubblicarono la mia prima pagina trascorsi il momento più felice della mia vita” disse Quino anni fa in una libreria della capitale argentina, ricordando il suo esordio sul settimanale “Esto Es” di Buenos Aires, era, per l’appunto il 1954. Quino riesce presto a fare della sua passione un mestiere e da allora fino a, diciamo, i giorni nostri resta sempre attuale e pungente pubblicando in tutto il mondo le sue striscie. Nel 1960 si sposa a Baires con la compagna della sua vita, l’amata Alicia Colombo laureata in chimica figlia di emigranti italiani. Con lei vivrà una vita intensa, girovagando per il mondo fino alla morte di Alicia avvenuta nel 2017. 

Nei primi anni sessanta nacque, esattamente in Baires tra il 1962 e il 1963, la sua creazione più famosa: Mafalda. Quino l’aveva ideata per la pubblicità delle lavatrici Mansfield ma il committente non apprezzò i disegni. Cosi la piccola Mafalda restò nel cassetto fino al 1964, quando fece la sua comparsa sulle pagine del giornale di Buenos Aires Primera plana per poi passare al quotidiano El Mundo l’anno successivo. Gli albi delle sue striscie, realizzati a partire dal 1966 in Argentina e tradotti in più di trenta lingue negli anni successivi, hanno venduto milioni di copie. In Spagna, a inizio anni settanta vennero censurate dal franchismo e io ne so qualcosa perché le leggevo di nascosto sul treno che da Madrid mi portava a Lisbona. Pure nella capitale lusitana Quino era malvisto ma tollerato perché, ahinoi, poco conosciuto in riva al Tago. In Italia il primo a pubblicarlo fu Giangiacomo Feltrinelli nel 1968 in un’antologia che, se non ricordo male, s’intitolava: Il libro dei bambini terribili per adulti masochisti. Bompiani pubblicò poi il primo albo, col titolo Mafalda la contestataria con la prefazione di Umberto Eco. Poi improvvisamente nel 1973 all’apice della massima popolarità di Mafalda il suo papà decise di farla finita! Non più l’amata Mafaldinha come la chiamavamo noi a Lisboa, non più le battute civette di Susanita, non più i calcoli da bottegaio di Manolito, non più l’incompiutezza cronica di Felipe l’idealista. Si Felipe il suo preferito e pure il mio! Io sul momento non capii ma poi si, eccome. Quino era un genio anche in questo perché, da un certo momento in poi, non ha più avuto senso disegnarla, aggiungendo “sarebbe stata una desaparecida”, per quanto protestava e s’indignava quanto gli studenti massacrati dalla giunta militare. 


Mafalda nasce in anni turbolenti di recessioni e smottamenti tra un colpo di stato e un drammatico rientro di Peron ormai malato in patria. “La curiosità infantile cambierà con le epoche da un tema all’altro ma è una necessità naturale nei bambini, che devono imparare tutto”. Un Quino già anziano descrisse cosi la sua Mafaldita e aveva ragione perché se Mafalda  mette a letto il suo mappamondo malato come se fosse un figlio, risulta credibile negli anni sessanta quanto nel duemila ahinoi. 

Negli anni settanta Quino lascia l’Argentina, per ovvi motivi, durante la dittatura militare di Videla e viene a vivere con l’amata Alicia in Spagna a Parigi ma soprattutto in Italia a Milano. Io lo conobbi però nella mia amata città natale Budrio in provincia di Bologna, durante il mitico carnevale di Vedrana che per anni raggruppò i migliori fumettisti di tutti i tempi. Con Quino rimasi a parlare una intera serata a margine della manifestazione al teatro consorziale di Budrio e parlammo di tutto, dei miei parenti argentini Paolo e Sabastiano, amici del sociologo Gino Germani che lui conobbe ammirandolo a Baires, di mio suocero Otelo de Carvalho e della rivoluzione dei garofani, di Cuba dove lui fu e collaborò con il regista Juan Padron, del mitico Che Guevara ma soprattutto dei nativi americani0 che per lui come per me erano i veri abitanti legittimati del continente americano. Quino lasciò un suo bel disegno in dono al comune e la cittadina di Budrio! 

Mi rivolgo ora alle care autorità comunali vorrei rivederlo da qualche parte quel disegno cari concittadini perché un artista cosi grande umano tra gli umani lo merita! Adeus querido Quino da una Lisboa inondata di sole come tu amavi, sai insieme a Mafalda e la tua argentinità radicale mi mancherai tanto!

Tuo Stefano Salmi                                                      

1 ottobre 2020, Lisboa e Budrio (Bo)


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