di Antonio Marchi
Con Luigi Fontana se n’è andato un pezzo di Monte Sole di Marzabotto. Non riesco a crederci, eppure è vero: Luigi non c'è più dal 23 gennaio di quest'anno. Lo vengo a sapere da Katia Sassoni, casualmente incontrandoci su facebook. Purtroppo in ritardo senza poterlo salutare come merita un compagno e amico che sapeva trasformare gli incontri e le visite in veri momenti di conviviali.
Luigi viveva in un casolare, comprato nel 1974, quando era solo un rudere, e sistemato da Walter Fontana, suo padre, che ha perso tutta la famiglia, sopravvissuta all’eccidio, ma non agli effetti collaterali della guerra. Un fratello, Sergio, partigiano della Stella Rossa, il gruppo di quelli che chiamavano «i ribelli» è saltato su una mina. Una delle tante che i nazisti e i fascisti avevano posizionato lungo tutta la zona di Monte Sole, ripulita e sminata completamente solo nel ’94. Mentre padre, madre e un fratellino, Dario, morirono durante il viaggio di ritorno dal campo dove erano sfollati durante il conflitto. Si sono salvati solo una sorella e un fratello, Franco, ancora in vita ed ex staffetta della brigata Stella Rossa.
Luigi aveva l ’energia di Monte Sole. Un luogo dove il peso doloroso del passato è palpabile, quasi si respira nell’aria, ma lascia spazio ad un sottile vento di speranza che continua a soffiare forte su un paesaggio ferito ma aperto al resto del mondo.
Luigi è stato tra i primi italiani ad aderire alla Fondazione Guevara (aveva partecipato anche al viaggio sulle orme del Che a Cuba, organizzato da Roberto Massari a maggio del 1999), ma io l'ho conosciuto la prima volta al funerale di Gino Donè a Spinea. Una giornata memorabile per affetto, storia e passione politica che accomunava tutti i presenti nella fulgida figura di Gino, il partigiano italiano e rivoluzionario cubano. Luigi me lo presentava Luciano Plotegher ed è stata subito amicizia duratura negli anni a seguire. Tutti i miei viaggi in bicicletta lungo lo stivale non mancavo di fare tappa da Luigi, nella sua casa fattoria di Monte Sole.
Ricordo il primo anno in un settembre del 2005. Salire da Marzabotto non è uno scherzo, specie se ti piomba addosso un temporale. La strada da asfaltata si fa sterrata e la pendenza ti costringe ad uno sforzo sovrumano. Arrivo bagnato fradicio e sulla porta trovo Luigi sorridente che mi aspetta con accanto i suoi due cani, che poi continueranno a tenermi compagnia (leccandomi ogni tanto) tutta la notte. Dalla casa di Luigi Fontana sono passate tante persone, anche solo per una visita, e di tutte loro ha raccolto le firme (anche le mie, con dedica, nei vari passaggi) in tre libri, tutti scritti fitti fitti dalla prima all’ultima pagina. L'ultima volta che l'ho incontrato è stato l'agosto dell'anno scorso quando assieme all'ANPI di Trento abbiamo ricordato il 75° anniversario dell'eccidio. Abbiamo passato una giornata assieme intensa di fraterna amicizia con l'intento di ritrovarci questa primavera.
Luigi era un fervente cultore della vita agreste. Faceva il pane come dio comanda. Era un esperto di piante e un cultore della cucina naturalistica anche se non disdegnava la carne. In casa sua regnava un certo disordine, ma tutto era perfettamente coerente con la suo modo di vivere agreste, crudo, ma sempre gentile e umano. Quello che più colpiva era la sua ampia libreria: centinaia di libri raccolti negli anni, soprattutto storici, politici e filosofici. Amava informarsi « farsi un’idea un po’ di tutto da sé».
Nei racconti di vita di Luigi non dimentico i miei, scritti nei trascorsi serali prima che il sonno ci separasse:
«Sono stato ferroviere, originario di Vado. Ho scelto di vivere a Monte Sole. Ho trasformato la mia casa in un crocevia di incontri e di rifugio per molte vite. Ho sempre tenuto le porte aperte e cucinato per centinaia di persone, senza mai dimenticare, a fine pasto, di dire la mia. Ho cucinato per Gian Maria Volontè sotto la calura estiva, quando l’attore, ormai negli ultimi anni della vita, si trovava a Monte Sole per leggere proprio qui le lettere dei condannati a morte della resistenza europea per il film di Luigi Nono. Dal Poggio è passato anche Gino Doné Paro, l’unico europeo ad aver partecipato alla rivoluzione cubana. Scelto da Fidel Castro per liberare Cuba dal dittatore Battista. Amico di Che Guevara - gli salvò la vita praticandogli un massaggio cardiaco durante un attacco asmatico di cui soffriva - che lo aveva colpito ai piedi della Sierra Maestra nel ’56. Ho ospitato centinaia di persone, gruppi scout, personaggi politici, sopravvissuti alla strage, e persone comuni. Parte della mia storia è stata scritta nel 2010 in un autoproduzione anche dallo scrittore Wolf Bukowsky (“Dov’è il monumento? Una conversazione con Luigi Fontana attorno a Monte Sole”)».
«Ho sempre tenuto le porte di casa mia aperte. La mia è una scelta di vita, soprattutto in un posto come questo», racconta Luigi in uno degli episodi che hanno dato origine al titolo dell’intervista con Bukowsky. «Mi trovavo al Poggiolo, era caldo, era estate ed ero ad una festa con tanta gente, quando ad un certo punto un signore, che si vedeva che aveva fatto il militare, mi si ferma davanti con un camper e mi chiede “Dov’è il monumento?”, riferendosi ad un possibile punto nel parco (che non c’è, ndr), come si fa con i militari caduti, magari con una statua, dove inginocchiarsi e ricordare tutte le vittime civili e non». E tu cosa hai risposto?. «Ho guardato il prato e ho indicato alcuni bambini che correvano felici. Questo è il monumento, gli ho detto».
Hasta siempre Luigi, compagno e amico.
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