di Piero Bernocchi
Credo che la contrapposizione tra voti assoluti e voti in percentuale – cioè, “depurati” da astensioni e voti annullati - nasconda, quando alcuni/e di noi vi ricorrono come sta succedendo in questi giorni, tre vecchie (ne sento parlare da mezzo secolo) illusioni consolatorie.
1) La prima, potente illusione è che chi si astiene, o la gran maggioranza di essi/e, lo faccia perché disgustato dall'offerta politica-elettorale a disposizione, e che, conseguentemente e/o almeno potenzialmente, possa essere dei "nostri/e". E' un argomento che ho sempre sentito usare da un certo antagonismo/anticapitalismo italico ma quasi mai in altri paesi. Esempi? Negli Stati Uniti Trump è stato eletto con una partecipazione al voto del 55%. E sì che sono state le elezioni più combattute della storia statunitense, quelle che hanno infiammato lo scontro come non mai, seguitissime dai media di tutto il mondo. Ebbene, nessuno/a ha pensato che quel voto venisse sminuito dal fatto che Trump avesse preso solo il 46% di quel 55%, cioè avesse un consenso dichiarato ed esplicito intorno al 25%. E pour cause: un mega-campione del 55-60% (di circa 130 milioni di persone nel caso statunitense e di circa 200 milioni nelle elezioni europei del 26 maggio) è ultra-sufficiente per valutare quale è l'orientamento della popolazione. Tra chi di solito non va a votare, qui da noi, c'è una minoranza, credo piuttosto ridotta, che lo fa perché non sposa le posizioni di nessun partito e dunque non fa distinzioni tra europee, nazionali o comunali. Io sono tra questi/e, ma sono in minoranza persino nel quadro più militante degli attivisti Cobas, ove l'abbondante maggioranza anche in questi anni è andata a votare; e lo ha fatto pure stavolta per le Europee. In generale, però, la larga maggioranza degli astenuti/e nelle varie elezioni è fatta di gente che non si sente in particolare contrapposizione con il panorama politico esistente ma che, non essendo legata a nessun partito o semplicemente fregandosene della politica tout courtindipendentemente da chi sia al governo, può, di volta in volta, astenersi o andare a votare in base al fatto che abbia o meno un interesse immediato forte, un impulso pressante che può anche non essere di carattere materiale in senso stretto: insomma, non si tratta di astensionisti per principio e per “programma”, da cui di per sé si possa ricavare un “materiale” oppositivo.
Esempi? Guardiamo il voto del Sud e delle isole a queste Europee. Alle politiche c'era il miraggio del reddito garantito per milioni di persone; e ne è scaturito un voto di massa per i Cinque Stelle. Stavolta il miraggio era svanito e molti/e non si sono scomodati fottendosene dell'Europa. Oppure guardiamo il voto (ne ho segnalati alcuni tra i più eclatanti nel mio precedente commento ai risultati elettorali cfr “Come da previsionialle elezioni europee” www.pierobernocchi.it) nelle zone dove l'avversione per i migranti e i rom è stata maggiormente stuzzicata, e dove sono andati a votare soggetti che magari fino a 5 anni fa non ci andavano quasi mai, motivati stavolta solo dall’avversione per gli ultimi della terra. Tanto più questo avviene per le elezioni locali, laddove ci sia un interesse ravvicinato a sostenere questo o quello per ricavarne individualmente qualcosa. Molto probabilmente se il 100% degli italiani/e venisse portato a forza al seggio e dovesse votare pena forti sanzioni pecuniarie o peggio, il voto finale non sarebbe poi molto lontano da quello che abbiamo visto. E cioè, più o meno il 40% degli italiani/e avrebbe comunque optato per la destra "radicale" o "estrema", perché considerata un po' meglio degli altri e non per amore o passione convinta, e un 20-25% per il PD, mentre la sinistra "radicale" forse avrebbe superato la soglia del 2% ma non molto di più.