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lunedì 10 marzo 2014

LETTERA A MELBA HERNÁNDEZ (3 febbraio 1969), di Roberto Massari

Melba Hernández e Haydeé Santamaría
Il 9 marzo è scomparsa, all’età di 92 anni, Melba Hernández, una delle due donne (l’altra era Haydée Santamaría) del gruppo che il 26 luglio 1953 assaltò la caserma Moncada a Santiago di Cuba. Melba fu tra gli arrestati e torturati. Dopo la sua liberazione continuò la lotta contro la dittatura di Batista, facendo parte dell’Ejercito rebelde. Dopo la rivoluzione ebbe diversi incarichi, tra cui quello di ambasciatrice di Cuba.
Nella veste di dirigente del Comitato Cuba-Viet Nam, Melba Hernández fu protectora di Roberto Massari nel periodo del suo soggiorno a Cuba da luglio a dicembre del 1968. A Melba Massari riferiva periodicamente sulle proprie attività durante i mesi di permanenza a Cuba e con lei instaurò un rapporto di sincera amicizia ed affetto.
Riportiamo qui una lettera scritta da Massari a Melba Hernández, come omaggio all’attività internazionalista di Melba e testimonianza del rilievo che l’esperienza cubana aveva in quel momento, a fronte delle questioni che si ponevano nel movimento italiano.
La lettera è stata pubblicata nella raccolta di scritti di Massari Dentro e oltre gli anni '60. Culture, politica e sociologia (1960-1974) (Massari editore, 2005).
(m.n.)


LETTERA A MELBA HERNÁNDEZ

 Roma, 3 febbraio 1969

 Cara Melba,

    ormai è più di un mese che sono tornato a Roma, ma la nostalgia che sento di Cuba è ancora quella dei primi giorni.
Anzi, quanto più mi rimmergo nel caos, nell’alienazione e nella crudeltà di un paese a capitalismo avanzato, tanto più mi torna alla mente Cuba con il suo spirito rivoluzionario, la compattezza del suo popolo e la sua decisione a farla finita una volta per sempre con lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
    Come saprai già dalla stampa, la situazione che era molto tesa nelle prime due settimane di dicembre si è poi totalmente sgonfiata ed io sono piombato nel bel mezzo di un Natale pacifico-cattolico-commerciale.
    Non credo comunque che il mio ritorno affrettato sia stato inutile: se è vero che non siamo in un momento di lotte generali, è vero però che la tensione sociale (crescente disoccupazione, sfruttamento accelerato, incapacità del sistema a risolvere i problemi della scuola ecc.) tende a crescere e fa prevedere per il futuro degli scoppi di collera popolare molto violenti. È quindi indispensabile che tutti i rivoluzionari si mettano a lavorare seriamente e infaticabilmente per fare in modo che queste esplosioni siano il meno possibile spontanee e il più possibile organizzate.
Il compito fondamentale è costituire oggi comitati di base operaia nelle fabbriche e i luoghi di lavoro (fuori dell’influenza riformista del sindacato e dei partiti) e comitati di studenti in tutti i luoghi di studio (scuole, università, istituti professionali), per arrivare a dei comitati rivoluzionari di operai-studenti.
    Questo tipo di lavoro richiede molta umiltà, spirito di sacrificio e tempo libero, in quanto praticamente dobbiamo partire da zero e i frutti non si possono vedere nel giro di pochi mesi. Non è un caso che mentre l’iniziativa di questo lavoro la tiene, per esempio a Roma, il Movimento studentesco, il processo di formazione di gruppetti esterni sia andato avanti. Agli pseudorivoluzionari, ai settari, ai parolai, l’idea di lavorare molto e in silenzio senza avere notorietà sulle «riviste di sinistra» o senza stare al centro dell’attenzione della borghesia cosiddetta radicale, non va. Quindi, appena riescono a formare un gruppo di venti persone, fondano un’ennesima rivistina ed escono dal Movimento, cominciando ad attaccarlo da «sinistra».
    Questo ha ridotto di molto l’influenza e la forza del Movimento studentesco (che rimane pur sempre l’unico movimento di massa alla sinistra dei riformisti), ma lo ha liberato di molta gente che, dietro la fraseologia rivoluzionaria, nascondeva solo aspirazioni di prestigio personale.
    Io ormai non faccio altro che questo lavoro. Vivo praticamente tra il mondo delle fabbriche e quello della scuola, senza più avere il tempo di studiare o pensare ad altro: ma tu sai molto meglio di me che quando si pensa alla Rivoluzione non è possibile veramente pensare ad altro. Tra l’altro, anche in questo tipo di lavoro, non mancano i momenti «caldi». Pochi giorni fa, per esempio, la polizia ha cercato di arrestarmi davanti a una fabbrica in sciopero [la Sacet], ma i compagni si sono scontrati con i poliziotti e sono riusciti a liberarmi. Al nord di Roma, ai primi di gennaio, la polizia ha sparato contro gli studenti di un gruppo rivoluzionario, ferendone uno [Soriano Ceccanti] che resterà paralizzato per il resto della vita.
    Inoltre, in questa atmosfera generale di lavoro (e non di pura discussione ideologica) si sta costruendo un nuovo tipo di unità tra gente che prima apparteneva a gruppi politici di diversa origine ideologica. Noi tutti sappiamo che se il Movimento studentesco riesce ad assolvere questa funzione di unificazione e di formazione di quadri politici, esso dovrà scomparire per dare origine a un vero nucleo rivoluzionario, che sarà considerato tale non per la sua matrice ideologica, ma per il suo effettivo legame con i movimenti di massa (studenti, classe operaia, lavoratori delle campagne).
    In questo quadro va vista anche la crisi del Partito comunista che mentre si avvicina sempre più alla torta del governo e si consolida sempre più come direzione (battendo la destra e la falsa sinistra interne), continua a subire una forte emorragia di quadri e si distacca sempre più dalle masse sfruttate.
    Il mio ritorno da Cuba è stato accolto con molto entusiasmo dai vecchi compagni che in continuazione mi fanno domande.
Ogni volta che si presenta un problema vogliono sapere come viene risolto a Cuba e soprattutto vogliono sapere se tutte le cose meravigliose che si dicono della Rivoluzione cubana sono realtà: io non posso fare altro che confermare ed aggiungerne altre. All’università, tra pochi giorni, farò un seminario di sociologia sopra la società cubana; ho in programma alcune conferenze e dibattiti in vari circoli e appena ho un po’ di tempo libero vorrei terminare la tesi di laurea che stavo scrivendo**.
    A questo proposito vorrei ringraziarvi per la cassa con i libri che è già arrivata, in un momento in cui ne ho un estremo bisogno. Sono tuttavia preoccupato per le riviste che non mi arrivano (Granma, Pensamiento Crítico, Oclae, Bohemia ecc.). Ciò è male perché praticamente sto da un mese con poche notizie su Cuba. Ho paura che i compagni della Ujc [la Gioventù comunista cubana] che si erano incaricati della cosa se ne siano dimenticati. Pensa che solo ieri sono riuscito a trovare il discorso di Fidel del 2 gennaio.
    Melba, mi dispiace moltissimo di essere partito senza averti salutato, ma Ramos mi disse che stavi molto male. Spero che tu stia nuovamente bene e abbia già ripreso l’importantissimo lavoro del Comitato Viet Nam.
    Io voglio ringraziarvi ancora una volta per tutto quello che avete fatto per me e ricordarvi che sono sempre a disposizione per «qualsiasi cosa» in cui io possa essere utile.
    Speriamo di rivederci in un futuro non molto lontano, un saluto rivoluzionario,

Roberto Massari


** Cominciata nel 1968 a Cuba, discussa a luglio del 1969 a Roma (facoltà di Filosofia, relatore Franco Ferrarotti), la tesi verrà pubblicata circa vent’anni dopo, con il titolo Storia di Cuba. Società e politica dalle origini alla Rivoluzione, Edizioni Associate, Roma 1987 [n.d.c.].


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