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venerdì 12 aprile 2013

ADESIONE A UTOPIA ROSSA, di Roberto Occhi

Alle compagne ed ai compagni di Utopia Rossa.

Guevarista non praticante, guevariano da alcuni decenni – nella biblioteca di casa mia conservo dopo averli letti (e più d’uno riletti) oltre 300 titoli di opere di e su Ernesto Guevara – non posso non conoscere Roberto Massari, del quale ho letto molti suoi scritti. Inoltre, da quasi due lustri sono socio della Fondazione Guevara da lui diretta.
Da trotskista critico (critico nei confronti del trotskismo e della IV Internazionale, non di Trotsky) alcuni mesi fa ho scoperto il sito di Utopia Rossa: i suoi 6 princìpi mi hanno subito convinto tanto che ho deciso senza indugi di aderirvi. Sei princìpi – o programma minimo comune – che, auspicabilmente, dovrebbero portare ad uno sviluppo qualiquantitativo in termini di pensiero e di pratica con l’ingresso di ulteriori gruppi e singoli.
La prassi vorrebbe che a questo punto nel motivare la mia adesione a UR ricapitolassi – seppur in sintesi – le mie esperienze politiche, le mie militanze, le mie croci al merito.

Come molti della mia generazione (sono nato nel 1954 ed ho quindi 59 anni) ho solo sfiorato il ’68 e vissuto più intensamente le lotte degli anni ’70. Anticapitalista, antimperialista, antisistema, antistalinista (o antistaliniano) dall’età della ragione, sono più le volte che non ho votato che quelle nelle quali ho messo la croce su un simbolo della scheda elettorale (fanno eccezione le ultime tornate elettorali, da quando in pratica è nato il Pcl, partito del quale ho preso per tre anni la tessera, ma che non ho rinnovato da quest’anno). Ritenevo, sbagliando, il Pcl l’ultima frontiera al di là della quale partiti e partitini (il libro Forchettoni rossi docet) sono omologati nel loro settarismo. Tante piccole Fortezze Bastiani, ultimo avamposto del regno, svuotato ormai della sua importanza strategica, rimasta solo una costruzione arroccata su una solitaria montagna. Dimenticata da tutti, continua tuttavia a vivere secondo norme ferree... A differenza però del forte del Deserto dei Tartari di Buzzati – dove si aspetta un nemico che non arriverà mai – partiti e partitini sono dei fortini nei quali si aspettano nuovi adepti-compagni che non arriveranno mai.
Quindi – sic stantibus rebus, o più correttamente rebus sic stantibus – per me niente più tessere né partiti.
Nato in una regione storicamente “rossa” (la seppur piccola Reggio Emilia ha dato ben 7 componenti al nucleo costituente delle BR, ai quali se ne aggiunge un’ottavo dalla vicina Carpi), negli anni ’70 ho da subito nutrito forti dubbi sulla sostenibilità di un progetto di lotta armata, preferendo la pratica politica dei movimenti di massa.
Quanto alla mia formazione culturale molto ho letto e, sicuramente per miei limiti e a mio demerito, non sempre comprendendo. Tornassi indietro non perderei troppo tempo a leggere le molte opere di Marx, Engels, Lenin, Trotsky, Lukàcs (in alcuni casi vere torture, tanto quanto la visione della Corazzata Potemkin). Se dovessi oggi indicare ad un giovane quali testi propedeutici per ottenere una formazione da marxista internazionalista, riterrei di consigliargli le seguenti opere (sufficienti prima di affrontare eventuali approfondimenti):
- Introduzione al marxismo di Ernest Mandel (testo fondamentale benchè sintetico e datato);
-Compendio del Capitale di carlo Cafiero (testo ancor più datato del precedente, ma che ricevette apprezzamenti dallo stesso Marx che ne lodò l’efficacia);
- i testi di Victor Serge (in primis Memorie di un rivoluzionario) e quelli di Rosa Luxemburg;
Per i testi più attuali, oltre alle opere di Guevara, lo indirizzerei al catalogo della Massari editore (ex ErreEmme) lasciandogli libera scelta da dove iniziare.
Tornando rapidamente al tema di questo scritto, mi ritengo un marxista libertario e, in un campo specifico, individualista. Può sembrare un ossìmoro (marxista e individualista) e quindi mi spiego meglio.
Il campo nel quale mi sento individualista o, forse più correttamente, isolato rispetto ai compagni marxisti più o meno ortodossi, è quello relativo alla tematica che Cesare Beccaria ha definito nel Dei delitti e delle pene. Non sono un forcaiolo, anzi l’esatto contrario. Mi ritengo un garantista, avverso al sistema giudiziario e penale così come istituito in Italia. Sono contro ogni forma di tortura, tuttavia in determinati casi, non alla pena di morte. Condivido pienamente la tesi “Il fine della pena deve essere rieducativo e non punitivo”. In tutti i campi però esistono le eccezioni e anche questo non ne è immune. Non voglio tuttavia sconfinare nel pur interessantissimo tema violenza-non violenza, affrontato anche da UR: dibattito questo che merita un adeguato spazio. Ritengo comunque (probabilmente scopro l’acqua calda) che il tema vada contestualizzato storicamente e geograficamente: un conto è ad esempio argomentare di “violenza-non violenza” nella realtà italiana di oggi, altra cosa è farlo nel Nicaragua degli anni ’70.
Qualche tempo fa, dopo il suo “fine pena”, nel corso di un interessante colloquio avuto a casa sua, Prospero Gallinari mi definì soggettivista. Non avendo approfondito la cosa in quell’occasione e, essendo lui nel frattempo giunto a miglior vita, mi rimane il dubbio a quale categoria di soggettivismo mi associasse: empirico, trascendentale o idealistico?
Tutto ciò premesso, vengo alle conclusioni. Marxista “in via di sviluppo”, antisistema, antiautoritario, anticapitalista, sono quattro caratteristiche che hanno contraddistinto il mio pensiero senza interruzioni dai diciotto anni fino ad oggi. Credo sia un valido motivo per aderire con convinzione ad UR.

Roberto Occhi
da Cadelbosco di Sopra (RE), 8 aprile 2013

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