Guevarista non praticante, guevariano da alcuni decenni –
nella biblioteca di casa mia conservo dopo averli letti (e più d’uno riletti) oltre
300 titoli di opere di e su Ernesto Guevara – non posso non conoscere Roberto
Massari, del quale ho letto molti suoi scritti. Inoltre, da quasi due lustri
sono socio della Fondazione Guevara da lui diretta.
Da trotskista critico (critico nei confronti del
trotskismo e della IV Internazionale, non di Trotsky) alcuni mesi fa ho
scoperto il sito di Utopia Rossa: i suoi 6 princìpi mi hanno subito convinto
tanto che ho deciso senza indugi di aderirvi. Sei princìpi – o programma minimo
comune – che, auspicabilmente, dovrebbero portare ad uno sviluppo
qualiquantitativo in termini di pensiero e di pratica con l’ingresso di
ulteriori gruppi e singoli.
La prassi vorrebbe che a questo punto nel motivare la mia
adesione a UR ricapitolassi – seppur in sintesi – le mie esperienze politiche,
le mie militanze, le mie croci al merito.
Come molti della mia generazione (sono nato nel 1954 ed
ho quindi 59 anni) ho solo sfiorato il ’68 e vissuto più intensamente le lotte
degli anni ’70. Anticapitalista, antimperialista, antisistema, antistalinista
(o antistaliniano) dall’età della ragione, sono più le volte che non ho votato
che quelle nelle quali ho messo la croce su un simbolo della scheda elettorale
(fanno eccezione le ultime tornate elettorali, da quando in pratica è nato il
Pcl, partito del quale ho preso per tre anni la tessera, ma che non ho
rinnovato da quest’anno). Ritenevo, sbagliando, il Pcl l’ultima frontiera al di
là della quale partiti e partitini (il libro Forchettoni rossi docet)
sono omologati nel loro settarismo. Tante piccole Fortezze Bastiani, ultimo
avamposto del regno, svuotato ormai della sua importanza strategica, rimasta
solo una costruzione arroccata su una solitaria montagna. Dimenticata da tutti,
continua tuttavia a vivere secondo norme ferree... A differenza però del
forte del Deserto dei Tartari di Buzzati – dove si aspetta un nemico che
non arriverà mai – partiti e partitini sono dei fortini nei quali si aspettano
nuovi adepti-compagni che non arriveranno mai.
Quindi – sic stantibus rebus, o più correttamente rebus
sic stantibus – per me niente più tessere né partiti.
Nato in una regione storicamente “rossa” (la seppur
piccola Reggio Emilia ha dato ben 7 componenti al nucleo costituente delle BR,
ai quali se ne aggiunge un’ottavo dalla vicina Carpi), negli anni ’70 ho da
subito nutrito forti dubbi sulla sostenibilità di un progetto di lotta armata,
preferendo la pratica politica dei movimenti di massa.
Quanto alla mia formazione culturale molto ho letto e,
sicuramente per miei limiti e a mio demerito, non sempre comprendendo. Tornassi
indietro non perderei troppo tempo a leggere le molte opere di Marx, Engels,
Lenin, Trotsky, Lukàcs (in alcuni casi vere torture, tanto quanto la visione
della Corazzata Potemkin). Se dovessi oggi indicare ad un giovane quali
testi propedeutici per ottenere una formazione da marxista internazionalista,
riterrei di consigliargli le seguenti opere (sufficienti prima di affrontare
eventuali approfondimenti):
- Introduzione al marxismo di Ernest Mandel (testo
fondamentale benchè sintetico e datato);
-Compendio del Capitale di carlo Cafiero (testo
ancor più datato del precedente, ma che ricevette apprezzamenti dallo stesso
Marx che ne lodò l’efficacia);
- i testi di Victor Serge (in primis Memorie di un
rivoluzionario) e quelli di Rosa Luxemburg;
Per i testi più attuali, oltre alle opere di Guevara, lo
indirizzerei al catalogo della Massari editore (ex ErreEmme) lasciandogli
libera scelta da dove iniziare.
Tornando rapidamente al tema di questo scritto, mi
ritengo un marxista libertario e, in un campo specifico, individualista. Può
sembrare un ossìmoro (marxista e individualista) e quindi mi spiego meglio.
Il campo nel quale mi sento individualista o, forse più
correttamente, isolato rispetto ai compagni marxisti più o meno ortodossi, è
quello relativo alla tematica che Cesare Beccaria ha definito nel Dei
delitti e delle pene. Non sono un forcaiolo, anzi l’esatto contrario. Mi
ritengo un garantista, avverso al sistema giudiziario e penale così come
istituito in Italia. Sono contro ogni forma di tortura, tuttavia in determinati
casi, non alla pena di morte. Condivido pienamente la tesi “Il fine della pena
deve essere rieducativo e non punitivo”. In tutti i campi però esistono le
eccezioni e anche questo non ne è immune. Non voglio tuttavia sconfinare nel
pur interessantissimo tema violenza-non violenza, affrontato anche da UR:
dibattito questo che merita un adeguato spazio. Ritengo comunque (probabilmente
scopro l’acqua calda) che il tema vada contestualizzato storicamente e
geograficamente: un conto è ad esempio argomentare di “violenza-non violenza”
nella realtà italiana di oggi, altra cosa è farlo nel Nicaragua degli anni ’70.
Qualche tempo fa, dopo il suo “fine pena”, nel corso di
un interessante colloquio avuto a casa sua, Prospero Gallinari mi definì soggettivista.
Non avendo approfondito la cosa in quell’occasione e, essendo lui nel frattempo
giunto a miglior vita, mi rimane il dubbio a quale categoria di soggettivismo
mi associasse: empirico, trascendentale o idealistico?
Tutto ciò
premesso, vengo alle conclusioni. Marxista “in via di sviluppo”, antisistema,
antiautoritario, anticapitalista, sono quattro caratteristiche che hanno
contraddistinto il mio pensiero senza interruzioni dai diciotto anni fino ad
oggi. Credo sia un valido motivo per aderire con convinzione ad UR.
Roberto Occhi
da Cadelbosco di Sopra (RE), 8 aprile 2013
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