a Baila,
che ho
conosciuto quando era bambina in un orfanotrofio in Burkina Faso
e ho
ritrovato mamma di due figli, con la stessa tristezza negli occhi...
“Noi pensiamo anzitutto che occorra cambiare il mondo.
Vogliamo il
cambiamento più liberatore della società e della vita in cui siamo rinchiusi.
Sappiamo
che questo cambiamento è possibile con azioni appropriate”.
Guy Debord
“Noi non
vogliamo essere dei giustizieri, ma dei signori senza schiavi che ritrovano,
al di là
della distruzione della schiavitù, una nuova innocenza, una grazia di vivere.
Si tratta
di distruggere il nemico, non di giudicarlo”.
Raoul
Vaneigem
“Preferisco
essere un ladro che un derubato. Anch’io condanno il fatto che un uomo
s’impadronisca
con la violenza o l’astuzia del frutto del lavoro altrui.
Ed è
proprio per questo che ho fatto la guerra ai ricchi, ladri che rubano ai poveri.
È stata
questa la mia rivoluzione”.
Jean-Marc
Delpech
Dal
taccuino di un fotografo di strada. Diario di un anno
I. Quando torno dai miei viaggi di
fotografo di strada... leggo gli appunti dispersi sul mio taccuino (presi in
modo occasionale, sovente riportati a margine di qualche libro) e come un film
rivedo il sangue dei giorni (Nietzsche, diceva)... questa volta li ho scritti
(Burkina Faso) in preda a dolori e allucinazioni notturne di un farmaco
antimalarico (preso male), oltre alle bottiglie di birra che mi placavano il
fuoco che avevo dentro... a volte non riuscivo nemmeno a trovare la mia stanza
e la luna mi sembrava di carta velina... l’amico che dormiva nel lettino
accanto al mio diceva che stavo fuori di testa più di un politico o un prete...
cantavo perfino “Bella ciao” e volevo fare la rivoluzione con i gorilla (ma lì
non c’erano gorilla, solo capre)... assicuro i nostri gatti Zorba e Melina che
le fotografie non sono venute male.
Ovunque la
fotografia mi porta, c’è accanto a me Paola, mia amica, mia moglie, mia
compagna.... è lei che si prende cura delle nostre derive... che si perde nello
stupore di un deserto rosa, nei fregi in ferro e vetro di un palazzo Liberty o
a prendere il tè con le signore della strada... quando non mi può essere
vicina, mi raggiunge con il telefono ad ogni angolo del pianeta... così è stato
in Iraq, Amazzonia, Africa, Israele, Gaza, Uganda, Congo, Etiopia... la sera
parliamo un po’ di noi, dei figli, dell’arte di gioire per le piccole cose.
Quando la vita è vissuta innanzitutto nella gioia, l’amore acquista
un’eccezionale carica di verità.
II. La fotografia si fa con i piedi... nel
nome santo della fotografia sociale si sono consumate le cose (non solo)
fotografiche più terribili... i fotografi veri muoiono in prima linea e sono —
tutti — contro le guerre. Quelli che amano le guerre — non solo in fotografia —
sono a libro paga dei guerrafondai, venditori di giocattoli o produttori del
cinema hollywoodiano con gli effetti speciali (sono la medesima gente). C’è uno
stupido alla fine e al principio di ogni guerra, i burattinai del potere lo
sanno e si adoperano alla domesticazione sociale in favore dei loro profitti.
Gli eroi, come i santi, sono degli imbecilli in cerca di un po’ di
considerazione... i monumenti che dedicano loro sono buoni solo per farci pisciare
i cani perduti senza collare.
III. I fotografi di strada vagabondano ai
quattro angoli del mondo in cerca di Don Chisciotte e, occasionalmente, si
trovano a parteggiare con le ondate in libertà dei popoli in rivolta. Sono dei
poeti un po’ maledetti e un po’ guasconi, non vogliono cambiare il mondo (come
diceva Marx), ma la vita quotidiana (come sosteneva Rimbaub). Affermano, a
ragione, che nessuno può fotografare, né parlare, né sognare impunemente... a
un certo grado di qualità della vita si è briganti o disertori dell’ordine
costituito, complici o spettatori della gogna culturale eretta nei mercati
globali dalle democrazie dello spettacolo e regimi comunisti.
IV. I fotografi della civiltà consumerista (e l’intero zoo del fotoamatorismo), anche i
più bravi o incensati dalla museografia predominante... saltellano con la
macchina fotografica sui cadaveri del bambini, fosse comuni, donne violentate
dai soldati e poi lasciate a morire nelle fogne... gli stupidi della fotografia
(quelli che dicono di insegnare la fotografia (workshop, stage, mostre,
convegni sull’arte fotografica per tutti) sono frotte di imbecilli e — come
quelli che credono nella farsa elettorale — in perfetta sintonia con i
saprofiti della finanza, della politica, della fede che li tengono a
guinzaglio, servi buoni per tutte le stagioni della storia del dominio
dell’uomo sull’uomo.
V. Gli uomini (e i fotografi) del no! non
hanno patria né bandiere né altro che la libertà di amare il diverso da sé e
accoglierlo nella propria casa, vestirlo e spezzare il pane alla tavola dei
giusti... sono i soli che ridono di quanto dice un capo di Stato, un Papa o un
generale a favore della democrazia esportata con i fucili... gli uomini del no!
sono quelli che conoscono l’indignazione contro i potenti e attraverso la
disobbedienza civile o l’utopia attiva non si rendono più disponibili a servire
né lo Stato né le Chiese monoteiste... anzi con i loro scranni ci fanno il
fuoco nelle notti d’inverno — girando in tondo! — per non morire di malinconia
di sinistra.
VI. I fotografi di strada — come sono io —
lavorano al margine della società perché hanno difficoltà a stare al centro
dell’infornata creativa... sovente capitano in guerre e genocidi e invece di
fare fotografie nascondono i bambini sotto i cumuli delle immondizie... senza
mai abbandonare la fotocamera... non si sa mai, darla in testa ad un soldato
che spara o a un celerino che bastona [mi è capitato nel 1969, però il celerino
era un osso duro e mi ha rotto lo strumento di lavoro, rubato appena due giorni
prima a un tedesco in gita] fa bene all’anima... con queste idee addosso... nel
giro di poco più di un anno mi sono trovato a vedere la guerra da vicino almeno
tre volte... un po’ troppo, mi sono detto! e poi la guerra mi fa schifo. Ti
arriva una bomba tra le gambe e non sai nemmeno chi te l’ha mandata... quale
multinazionale... quale Paese?... quale esercito?... ogni guerra alza i
dividendi delle banche... la politica poi pensa a giustificare i massacri...
tuttavia né pozzi di petrolio, né campi di oppio, né coltivazioni di cocaina sono
davvero mai stati bruciati... i politici si dovrebbero lavare la lingua col veleno,
prima di parlare di pace.
VII. In molte parti della terra i bambini
saltano in aria sulle mine griffate Made
in Italy (russe o cinesi) e così imparano anche le lingue... che bello! è
incantevole l’attenzione e il riguardo che i Paesi ricchi portano verso i
poveri della terra... intanto i politici arraffano quello che possono...
fondazioni, banche, aziende... “bucano” il televisore nel presenzialismo più
becero e riescono a convincere i loro sostenitori che sono, in fondo, brave
persone... di tanto in tanto fanno affari con mafie, faccendieri, criminali
comuni... ma riescono a farla franca con leggi fatte a protezione personale.
Condannati, inquisiti, sospettati... non vogliono lasciare il parlamento o
vogliono entrarci e i coglioni degli italiani (voltagabbana per definizione)
danno loro il consenso (in cambio di garanzie e protezionismi che fanno di un
popolo un gregge). E pensare che ancora c'è una grande parte di popolo
(addomesticato o ingenuo) che va a votare questi saprofiti invece di prenderli
a calci in culo e mandarli a lavorare... è tutta gente che non sa accendere
nemmeno il gas di una cucina né obliterare il biglietto del treno... sono delle
sanguisughe della società e vanno rimandati nelle cloache dalle quali sono
venuti.
VIII. Nel gennaio 2013 sono andato (con alcuni
amici) in Burkina Faso per fare un libro a sostegno di orfanotrofi, donne in
difficoltà, vecchi lasciati al destino infame dell’esclusione che tocca a
qualsiasi vecchio, in qualsiasi mondo... manco a farlo apposta, il medesimo
giorno è scoppiata la guerra in Mali... i musulmani si mettono a sparare contro
altri musulmani, cristiani, animisti... qualcuno spara tanto per sparare, altri
mirano al primo bambino che passa per spedirlo dritto tra gli angeli... i
cammelli non sapevano più da che parte correre... le capre si nascondevano tra
i mattoni di fango cotti al sole, i pidocchi infestavano tutto, anche i
biscotti ai cereali che mi porto dietro per mangiarli ai bordi del deserto
nelle notti stellate, quando rido a crepapelle con Paola — che è dall’altra
parte del mondo — sull’importanza e l’incidenza dei mercati globali sulla pace
e la felicità dell’intero pianeta.
Eravamo
lì, a pochi chilometri dal confine con il Mali, ci siamo infilati in un campo
profughi... abbiamo fatto un po’ di fotografie, fin quando è stato possibile, e
poi ripreso il cammino tra orfanotrofi,
ospedali, villaggi poverissimi... le solite cose insomma... vicino alla vita
autentica e dolorosa, non so se in parte anche felice, forse... che ci vuoi
fare mi piace stare dalla parte degli ultimi... e poi è difficile togliere le
poltrone a politici (specie di sinistra) che hanno fatto il covo (di serpi) in
parlamento... lascio loro gli affari sporchi della finanza, lì sono davvero
bravi... sanno rubare, imbrogliare, mentire come nessuno mai nella commedia
dell'arte di governare a questo modo e a questo prezzo... il solo politico
buono è quello appeso per il collo ad una corda e con in testa una corona di
acacia.
IX. Non ci sono guerre giuste, né sante, né
umanitarie, la guerra non mi garba... ci si sporca tutti di fango, qualche
volta di sangue (le mie emorroidi sono delicate)... ci si piscia nei pantaloni
dalla paura e poi nel deserto non c'è nemmeno l'acqua per lavarsi... l'acqua se
non è chiusa in bottiglia e minerale mi fa male... anche il mangiare non è
dei migliori... non c’è niente di raffinato né un ragù decente... la mia
camicia bianca spesso puzza di vomito che non ti dico... quello che più
dispiace è che tra le macerie delle case di fango non trovo i miei sigari
toscani all’anice... una disdetta per l’umanità... è disdicevole che la guerra
la fanno i potenti, la scrivono gli storici che la guerra non ha ammazzato e a
morire siano sempre i poveri più poveri.
X. In Burkina Faso, incidentalmente, mi
sono imbattuto in un paio di miniere d'oro... proprio nel deserto del Sahel...
straordinario! ho detto!... ora i burkinabè possono vivere una vita dignitosa e
non morire di fame o di sete... manco per cazzo... l'oro va a una
multinazionale canadese e al popolo burkinabè vanno gli aiuti umanitari della
cooperazione internazionale — spesso medicinali scaduti, quaderni e caramelle
per le scuole, ferri per gli ospedali, pannelli solari ecc. [molti ragazzi
preferiscono andare a lavorare in miniera con la famiglia, guadagnano qualche
dollaro e si comprano il cellulare, le scarpe da tennis e occasionalmente anche
un po' di droga, nemmeno raffinata bene] — che riversano là dove manca la
corrente elettrica, l'acqua e le stoffe al mercato sino ormai prodotte in
Cina... intanto i padroni dell’oro hanno spazzato via i villaggi, le capre, i
depositi del miglio e costruito ai burkinbè delle belle casette gialle in
cemento, senza un albero intorno... ci sono anche gli uomini della Monsanto che
per milioni di dollari comprano dal governo brevetti per semi, opere d’ingegno
e con i fertilizzanti inquinano con grazia enormi appezzamenti di terreno...
c’è pure una bella base americana, fornita di ogni cosa, la Fao, l’Onu, il
commercio di armi e i soldati sono davvero bravi... avevamo una scorta armata e
posso dire che sono dei veri professionisti della guerra.
XI. Porca puttana... anche quando sono andato
in Congo è scoppiata la guerra... il territorio era in fiamme... governativi e
bande armate si scontravano per la conquista del Coltan, oro, uranio... i
“caschi blu” sorvegliano che i morti non siano abbastanza da inquietare le
ambasciate più importanti e i tirannelli dei Paesi vicini... con il mio amico
prete-nero avevamo portato un mulino, delle capre, aiuti di prima necessità e
pensavo che tra neri si comprendessero... che si sparassero tra loro in attesa
della luna piena o alla meglio che facessero il tiro al bersaglio con qualche
trafficante di armi bianco... invece ci hanno arrestati ed è stato un miracolo
del diavolo se siamo riusciti a fuggire... quei ragazzi neri-neri, armati come
nei film a favore della Cia, ci hanno hanno fregato tutte le nostre cose...
nelle scuole hanno impiantato o soldati e le ragazzine le hanno destinate a
qualche misero hotel... insieme alle birre, whisky e alla stampa internazionale...
neri che sparano contro neri e non si capisce bene qual è la parte giusta. I
camion dell’Onu sono zeppi di soldati armati all’ultima moda, guadagnano bene,
fanno un lavoro pulito, di tanto in tanto qualche capo di Stato li passa in
parata e appunta una medaglia alla memoria sulla bandiera... il puzzo di lezzo
è diffuso e ricordo un ministro della difesa (della guerra) italiano (con i
baffi da manganellatore fascista) che lo spargeva ovunque passava e non credevo
possibile che un uomo riuscisse ad emanare tanto fetore di Dio, Patria e
Famiglia... credevo che solo gli abatini della sinistra istituzionale potessero
essere così puzzolenti d’ipocrisia e conformismo... traditori in tutto (anche
della Resistenza), si sono fatti tagliatori di teste oltre che delle loro
radici storiche.
XII. Poco dopo il Congo sono sbarcato a Gaza
per fare un reportage sui “Diritti umani” e il medesimo giorno sono stati ammazzati
15 soldati egiziani, di conseguenza spari, missili, bambini fatti saltare in
aria dalle bombe israeliane... qualche sionista avvertito aveva proposto di
fare con i bambini palestinesi, carne in scatola per cani e gatti... gli
esperti del settore però hanno declinato la proposta, il costo era troppo
oneroso e alla fine il mercato era già coperto dalle grandi aziende
americane... i sionisti hanno mostrato che sanno fare bene i muri di cemento...
l’ho visto!... ineccepibile... c’è anche il filo spinato in cima... mi ricorda
qualcosa, non so bene, però lo devo aver già visto quel filo spinato da qualche
parte... in Polonia, forse, e non mi è proprio piaciuto... non si mette la
gente in campi circondati da filo
spinato, con i forni sempre accesi e dei musicisti che suonano valzer mentre
uomini e donne fanno la doccia... neanche il “buon dio” lo approverebbe... è la
libertà che rende liberi e la libertà non si concede, ci si prende.
XIII. Che cazzo di mondo è questo... una
minoranza di bastardi depreda interi popoli delle loro ricchezze e tutto passa
come se questo fosse giusto... i governi dell'Occidente poi sono davvero
strani... prima vendono fucili, mitra, cannoni, perfino le figurine Papa a
bande di mercenari e poi li vanno a ricoprire di bombe, insieme alle
popolazioni civili... e pensare che all'Europa è stato conferito perfino il
Premio Nobel per la pace... forse è stata una svista... il Nobel sarebbe dovuto
andare alle donne violate, oppresse, indifese della terra, a chi altri altrimenti?
Violenza e ordine sono figli della stessa puttana... la zona d’ombra della
carogna e dello scotennatore s’annida nei centri del potere finanziario/politico
e non ci sono santi che tengono, o si è complici di questi macellai, sadici,
folli che fanno professione di decidere della vita di milioni di persone o ci
si chiama fuori da questo bordello senza muri che è la politica parlamentare...
i palazzi del potere sono costruiti sulla merda (Bertold Brecht, diceva) ed per
questo che vanno abbattuti insieme ai loro inquilini... gli uomini e le donne
in amore non hanno nulla da perdere se non le loro catene e tutto un mondo
nuovo da guadagnare... l’utopia è di quelle ardite, si tratta di passare dalla
resistenza attiva alla conquista della società tra liberi e uguali che viene.
Tutto qui. Quando l’immaginazione è più bella della realtà, si scrive
l’immaginazione. Il meraviglioso è tutto qui.
Sulla
critica della violenza
“Lo
spettacolo non è un insieme di immagini,
ma
un rapporto sociale tra individui, mediato dalle immagini...
Lo
spettacolo non canta gli uomini e le loro armi, ma le merci e le loro passioni...
Là
dove domina lo spettacolare concentrato domina anche la polizia.
Guy
Debord
La
violenza è una forma normale di delirio... potere, autorità, forza regolano la
rete sociale dell’intero mondo... la violenza percorre il cammino degli uomini
per tutta la loro esistenza... la violenza è al fondo di tutti i mutamenti
antropologici della vita quotidiana ed è il maggiore dispositivo di
affermazione della “verità” storica sulle masse... i buoni fanno le guerre, i
cattivi sono sconfitti e i buoni si prendono tutte le ricchezze dei Paesi
sottomessi... i nuovi schiavi non sono portati a guinzaglio del mercimonio
spettacolare/integrato... bastano i dividendi delle Bose internazionali, le
culture asservite e l’aspersorio di chiese e politiche che assolve tutti dai
loro peccati... intanto i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri più
poveri.
Nelle
persone terribilmente normali la violenza gratuita si esalta nel quadro della violenza
istituzionalizzata... la crudeltà degli uomini è spalmata nelle tenebre della
politica e il tono oracolare della finanza fa della sofferenza altrui una questione
di indici della Borsa... potere e violenza sono la medesima cosa, chi uccide e
non la fa franca sa che in cambio riceverà una medaglia al merito o una statua
nei parchi pubblici... l’autorità poi cementa tutto... avvolge nelle bandiere
ogni schifezza commessa nelle “guerre umanitarie” e le lacrime, i singhiozzi,
perfino i rutti si sprecano a favore di qualche eroe che si è immolato alla
patria (per il bisogno di apparire in qualche talk-show televisivo, seppure da
morto)... ma anche l’ultimo dei becchini in divisa sa che al principio e alla
fine di ogni guerra c’è sempre uno imbecille che canta l’inno nazionale con la
mano ingessata al cuore, invece di tirarsi un colpo in bocca e farla finita col
giudizio di Dio, dello Stato e della sacra Famiglia.
Il
peggiore nemico dell’autorità — lo sappiamo — è il disprezzo... il riso è
senz’altro il mezzo più irriguardoso per minare le basi dell’autorità ed
evidenziare che ogni autorità agisce in concerto con la violenza... tutta la
storia del potere è fatta di violazioni e soppressioni dei diritti delle
minoranze. La cattiva infinità dell’autorità si
arrota sul desiderio di aggressione e di dominazione dei Paesi
“forti”... la purgazione degli schiavi passa dalla crudeltà consacrata dei
centri commerciali, la soggezione che ne consegue è la fiducia inossidabile che
gli elettori hanno in coloro che li tengono a catena e nella merda profumata
della domesticazione sociale, senza mai accorgersi che là dove domina il
mercantile domina anche l’arroganza della polizia e la corruzione della
politica. I finanzieri danzano — senza un filo di grazia — sui corpi di bambini
che da qualche parte del mondo ad ogni manciata di secondi muoiono per fame...
e questi analfabeti dei sentimenti raggelati nelle segrete delle banche restano
stupiti se qualche volta nella storia degli uomini in rivolta i loro corpi sono
serviti (e servono) da concime per i maiali... “Il potere di disporre
dell’Apocalisse è, per principio, nelle mani di incompetenti” (Günther Anders), ecco perché occorre dare a questi incompetenti
la sorte che meritano.
I
Palazzi dei governi sono i medesimi che nel passato hanno ordinato (ed ordinano)
genocidi indicibili e i loro untori da sempre celati in protezioni e vigliaccate
istituzionali insugnano di sangue i loro scranni... in vero, qualche volta
nella storia della disobbedienza ci sono stati momenti nei quali i popoli in
rivolta hanno ballato — giustamente — sulla testa dei re (1789), altre volte
tentato di fondare una democrazia consiliare (1871), più ancora sono stati
protagonisti di una rivoluzione sociale — sconfitta dalle grandi potenze e
regimi comunisti, principalmente — (1936) che ancora è nei cuori di tanti... in
tempi più recenti (1968), l’immaginazione/l’impeto delle giovani generazioni
aveva cercato di assaltare il potere, non per possederlo ma per distruggerlo.
In quell’anno formidabile — l’abbiamo scritto tante volte — anche i vini e le
marmellate vennero più buoni... la gioia percorreva le strade della terra e i
ragazzi, gli operai, le donne, perfino gli intellettuali (di solito servitori
proni ad ogni potere e insieme alle gerarchie ecclesiastiche si sono sempre
distinti come leccaculi) indossavano i panni stracciati della libertà. I
ragazzi del ’68 pensavano più di ogni cosa che occorreva cambiare il mondo.
Chiedevano il cambiamento più liberatore della società e della vita quotidiana
nella quale venivano rinchiusi dall’arroganza politica/istituzionale. Sapevano
che ogni cambiamento della storia è stato possibile con azioni appropriate. E
ci hanno provato. Sbagliando, anche. Certo. Però la loro battaglia si
combatteva fuori dai privilegi personali e il sangue che è corso (o la galera
scontata a viso scoperto) era per la conquista, il debutto, il raggiungimento
di un sogno, quello di un mondo più giusto e più umano.
Le
rivolte arabe (dei gelsomini o del Mediterraneo) del 2011 — nella disperata voglia
di abbattere tirannie secolari — hanno acceso altre possibilità di rovesciare
un mondo rovesciato... gli indignati avevano compreso, forse, che nulla di
nuovo si può fondare sulle macerie dei diritti umani... allora si sono
riversati nelle piazze e con in mano il pane, una scarpa o un fucile... hanno
cercato d’inceppare la violenza dei governi, dei dittatori-fantoccio (voluti
dai poteri occidentali e regimi comunisti) e sbarazzarsi di tutti gli infingimenti,
le ipocrisie, i tradimenti della politica totalitaria/del mercimonio. Ancora
non sappiamo dove può portare l’ondata insurrezionale del continente
africano... tuttavia sappiamo che il fallimento della civiltà dello spettacolo o consumerista
nasce dall’incapacità della finanza e della politica di prendere atto (non
parliamo neanche di comprendere) che il diritto alla dignità, alla decenza,
alla felicità dei popoli impoveriti, oppressi, massacrati... busserà alle loro porte e chiederà conto — magari con
una torcia in mano — dei loro misfatti, dei loro saccheggi, delle loro
violenze. La bellezza degli uomini in libertà — vi seppellirà.
Piombino, dal vicolo dei gatti in
amore, 30 dicembre 2012 / 13 volte gennaio 2013.
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