Adesso Victoria sorride, ma fino a l’altro ieri
piangeva a causa delle minacce ricevute da lei e da Osmar, il suo altrettanto
giovane compagno, di essere sloggiati con la forza e portati in un’altra zona
lontana parecchi chilometri, a vivere in capanne costruite dal Comune, ma
incredibilmente più precarie di queste di lamiera, per le quali, tra l’altro,
hanno pagato “una fortuna”. E il giorno del presunto “sfratto” è oggi. Ma,
messi in allerta, ci siamo mossi per cercar di fermare il sopruso:
concretamente siamo le quattro organizzazioni sociali che, insieme, da oltre un
anno ci occupiamo di varie problematiche, tra le quali di quella abitazionale
dei vicini di alcuni insediamenti della zona Nordest di Santa Fe (Argentina), quella
più vicina alla Laguna Setúbal.
La problematica urbanistico-abitazionale di questa
zona è molto varia e complessa, ma si può riassumere brevemente come un po’
dappertutto nel mondo: il valore (spesso praticamente nullo) dei terreni a
ridosso delle città, man mano che la popolazione cresce esponenzialmente; la
logica affaristica (con la complicità dello Stato, in questo caso comunale e
provinciale) che cerca d’imporsi su quella sociale e nella stragrande
maggioranza dei casi ci riesce. Così all’improvviso, i poveracci fino a ieri
quasi invisibili, non hanno più dei problemi ma diventano loro il problema che
impedisce alla città di “progredire” mediante la costruzione di bei quartieri
residenziali, palazzi di venti piani e magari un bel porticciolo sportivo in
riva alla laguna. Sono progetti che nella zona citata esistono, anche a livello
comunale - in barba allo stesso Piano regolatore - ma che i funzionari comunali
si affrettano a nascondere ogni volta che li interpelliamo, sfoderando
contemporaneamente le facce più preoccupate che hanno per le sofferenze dei
poveracci.
Victoria non ha ancora diciotto anni ma ha già due
bambini. La loro capanna di lamiera è insediata su una fascia di “terra di
nessuno”, praticamente tra una strada periferica polverosa e la cunetta a
ridosso di terreni privati, bassi e quindi inondabili. Sopravvivono, come la
stragrande maggioranza delle famiglie della zona, grazie al “cirujeo” (raccolta con improvvisati
carretti dei rifiuti urbani, per selezionarli, separarli e venderli per pochi
spiccioli). L’unico “lusso” che si possono permettere sono una moto e i loro
cellulari. Senza di essi non avrebbero possibilità di chiamare o portare i
bambini per una urgenza medica, oppure, come in questo caso, avvertire gli
avvocati di una delle nostre quattro organizzazioni per capire come possono
difendersi. Questo particolare del telefonino è bene sottolinearlo, per far
capire quanto possa essere sbagliato e “piccolo borghese” - come si diceva una
volta - il rifiuto tout court della
tecnologia.
* * *
È passata
un’altra settimana. Per ora il pericolo di “sfratto” è stato sventato. È stato
anche individuato il funzionario comunale che ha agito con la sola forza di una
denuncia fatta da parte di alcuni benpensanti della zona per usurpazione di terreni.
Lui dice che nessuno è stato minacciato, che soltanto è stato fatto sapere a
questa giovane famiglia della denuncia in corso e che dovevano sloggiare.
Naturalmente noi crediamo a Victoria, che adesso può sorridere a maggior
ragione, anche se non siamo sicuri che, per quanto riguarda questa faccenda,
possa farlo per molto tempo e che questa sia una vera “victoria”.
Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com