CONTENUTI DEL BLOG

mercoledì 22 febbraio 2023

Ucraina 23: NOI DICIAMO: GUERRA ALLA GUERRA!

Movimento socialista russo


Multilingue: ITALIANO - УКРАЇНСЬКА МОВА - FRANÇAIS - ESPAÑOL - DEUTSCH - PORTUGUÊS


Da un anno il regime di Vladimir Putin sta uccidendo ucraine e ucraini, manda a morte centinaia di migliaia di russi e minaccia il mondo con armi nucleari in nome del folle obiettivo di restaurare il suo impero. Per noi, donne e uomini della Russia che ci opponiamo all'aggressione e alla dittatura di Putin è stato un anno di orrore e vergogna per i crimini di guerra commessi quotidianamente in nostro nome.

Nel primo anniversario di questa guerra, chiamiamo tutti e tutte coloro che desiderano la pace a partecipare a manifestazioni e raduni contro l'invasione di Putin. Purtroppo non tutte le manifestazioni "per la pace" che si svolgeranno il prossimo fine settimana saranno azioni di solidarietà con l'Ucraina. Gran parte della sinistra occidentale non comprende la natura di questa guerra e sostiene il compromesso con il putinismo. Abbiamo scritto questa dichiarazione per aiutare i nostri compagni all'estero a comprendere la situazione e a prendere la giusta posizione.

Una guerra controrivoluzionaria

Alcuni scrittori occidentali attribuiscono la guerra a cause come il crollo dell'URSS, la "storia contraddittoria della creazione della nazione ucraina" e il confronto geopolitico tra potenze nucleari. Senza negare l'importanza di questi fattori, ci sorprende che questi elenchi trascurino la ragione più importante e ovvia di quanto sta accadendo: il desiderio del regime di Putin di reprimere i movimenti di protesta democratica in tutta l'ex Unione Sovietica e nella stessa Russia.

La presa della Crimea nel 2014 e le ostilità nel Donbas sono state una risposta del Cremlino alla "rivoluzione della dignità" in Ucraina che ha rovesciato la corrotta amministrazione filorussa di Viktor Janukovič, nonché alle manifestazioni di massa dei russi per elezioni giuste nel 2011/12 (note come proteste di Piazza Bolotnaya). L'annessione della penisola di Crimea è stata una vittoria per la politica interna per Putin. Ha usato con successo la retorica revanscista, anti-occidentale e tradizionalista (nonché la persecuzione politica) per espandere la sua base sociale, isolare l'opposizione e trasformare Maidan in uno spauracchio con cui spaventare la popolazione.

Ma la spinta di popolarità seguita all'annessione è stata di breve durata. La fine degli anni 2010 ha visto una stagnazione economica, una riforma pensionistica impopolare e le rivelazioni di alto profilo contro la corruzione da parte del team di Aleksej Naval'nyj che hanno trascinato il rating di Putin verso il basso soprattutto tra i giovani. Le proteste hanno invaso il Paese e il partito al potere Russia Unita ha subito una serie di dolorose sconfitte alle elezioni regionali. Questo contesto ha spinto il Cremlino a puntare tutto sulla conservazione del regime. Il referendum costituzionale del 2020 (che ha richiesto una manipolazione senza precedenti anche per gli standard russi) ha di fatto reso Putin un governante a vita. Con il pretesto di contenere la pandemia COVID-19 sono stati infine vietati i raduni di protesta. Il leader dell'opposizione extraparlamentare Aleksej Naval'nyj è miracolosamente sopravvissuto ad un tentativo di avvelenamento.

La rivolta popolare dell'estate 2020 in Bielorussia ha confermato la convinzione dell'élite russa che l'"Occidente collettivo" stia conducendo una "guerra ibrida" contro la Russia, attaccando quest'ultima e i suoi satelliti con "rivoluzioni colorate". Naturalmente, tali affermazioni non sono altro che una teoria della cospirazione. Il malcontento sociale e politico in Russia è cresciuto a causa delle disuguaglianze sociali record, della povertà, della corruzione, della riduzione delle libertà civili e dell'evidente stupidità del modello russo di capitalismo, basato su un'oligarchia parassitaria che controlla le imprese dei combustibili fossili e si appropria delle rendite delle risorse naturali.

Se c'è una cosa di cui possiamo incolpare l'"Occidente collettivo" è il suo assecondare da tempo il putinismo, anche sulla questione ucraina. Per decenni, le élite europee e statunitensi hanno mantenuto il loro “business as usual” con la Russia di Putin, permettendo lo sviluppo della dittatura, la redistribuzione della ricchezza verso l'alto e la conduzione di una politica estera con totale impunità.

Le concessioni a Putin non porteranno la pace

L'invasione dell'Ucraina è stato un tentativo di Putin di ripetere il suo trionfo in Crimea del 2014 – assicurarsi una rapida vittoria, radunando la società russa attorno alla bandiera con slogan revanscisti, schiacciando infine l'opposizione e affermandosi come egemone nello spazio post-sovietico (che l'imperialismo di Putin considera parte della "Russia storica").

L'eroica resistenza degli ucraini e delle ucraine ha vanificato questi piani trasformando la "guerra breve e vittoriosa" dei sogni del Cremlino in un conflitto prolungato che ha logorato l'economia russa e fatto crollare il mito dell'invincibilità del suo esercito. Messa alle strette Mosca minaccia il mondo con le sue armi nucleari e contemporaneamente esorta l'Ucraina e l'Occidente a negoziare. La retorica di Mosca è ripetuta da alcuni esponenti della sinistra europea e americana che si oppongono alla fornitura di armi all'Ucraina (per "salvare vite umane" e prevenire un'apocalisse nucleare).

Ma la Russia non è disposta a ritirarsi dai territori che ha conquistato, condizione che Kyiv e il 93% degli ucraini considerano non negoziabile. L'Ucraina deve invece sacrificare la propria sovranità per placare l'aggressore, una politica che ha precedenti molto oscuri nella storia europea?

Salvare vite umane?

È vero che la sconfitta dell'Ucraina, inevitabile in caso di ritiro degli aiuti occidentali, contribuirà a evitare altre vittime? Anche se accettiamo la logica non scontata (da una prospettiva socialista) secondo cui salvare vite umane è più importante che combattere la tirannia e l'aggressione, crediamo che non sia così. Come sappiamo Vladimir Putin ha rivendicato l'intero territorio dell'Ucraina, affermando che ucraini e russi sono "un'unica nazione" e che la statualità ucraina è un errore storico. In questo contesto, un cessate il fuoco non farebbe altro che dare al Cremlino il tempo di ricostruire la propria capacità militare per una nuova aggressione, costringendo allo stesso altri russi (per lo più poveri e delle minoranze etniche) a entrare nell'esercito.

Se l'Ucraina continuerà a resistere all'invasione anche senza rifornimenti di armi, ciò porterà a innumerevoli perdite tra i soldati e i civili ucraini. E il terrore, di cui abbiamo visto gli orribili risultati a Bucha e altrove, è ciò che attende qualsiasi nuovo territorio conquistato dalla Russia.

Imperialismo multipolare

Quando Putin parla di liberarsi dell'egemonia americana nel mondo e persino di "anticolonialismo" (!), non si riferisce alla creazione di un ordine mondiale più egualitario.

Il "mondo multipolare" di Putin è un mondo in cui la democrazia e i diritti umani non sono più considerati valori universali e le cosiddette "grandi potenze" hanno mano libera nelle rispettive sfere di influenza geopolitica. Ciò significa essenzialmente ripristinare il sistema di relazioni internazionali che esisteva nel periodo precedente la prima e la seconda guerra mondiale.

Questo " coraggioso vecchio mondo" sarebbe un posto meraviglioso per i dittatori, i funzionari corrotti e l'estrema destra. Ma sarebbe un inferno per lavoratrici e lavoratori, le minoranze etniche, le donne, le persone LGBT, le piccole nazioni e tutti i movimenti di liberazione. Una vittoria di Putin in Ucraina non ripristinerebbe lo status quo prebellico, ma creerebbe un precedente lertale che darebbe alle "grandi potenze" il diritto di condurre guerre di aggressione e di fare ricorso al nucleare. Sarebbe il prologo a nuove catastrofi militari e politiche.

A cosa porterebbe una vittoria del putinismo in Ucraina?

Una vittoria di Putin significherebbe non solo la sottomissione dell'Ucraina, ma anche la sottomissione di tutti i Paesi post-sovietici alla volontà del Cremlino.

All'interno della Russia una vittoria del regime preserverebbe un sistema definito dal dominio dell'oligarchia della sicurezza e dei combustibili fossili sulle altre classi sociali (soprattutto sulla classe operaia) e dal saccheggio delle risorse naturali a spese dello sviluppo tecnologico e sociale.

Al contrario la sconfitta del putinismo in Ucraina darebbe probabilmente slancio ai movimenti per il cambiamento democratico in Bielorussia, Kazakistan e altri Paesi ex sovietici, oltre che nella stessa Russia.

Sarebbe eccessivamente ottimistico affermare che la sconfitta in guerra porti automaticamente alla rivoluzione. Ma la storia russa è ricca di esempi di sconfitte militari all'estero che hanno portato a grandi cambiamenti in patria, come l'abolizione della servitù della gleba, le rivoluzioni del 1905 e del 1917 e la Perestrojka negli anni Ottanta.

I socialisti russi non hanno alcun bisogno di una "vittoria" di Putin e dei suoi compari oligarchi.

 

Invitiamo tutti coloro che desiderano veramente la pace e credono ancora nel dialogo con il governo russo a esigere il ritiro delle truppe dai territori ucraini. Qualsiasi appello alla pace che non includa questa richiesta è in malafede.

 

Basta guerra! Solidarietà contro l'invasione dell'Ucraina da parte di Putin. 

 

Basta con la leva! I russi non sono carne da cannone. Libertà per i prigionieri politici russi!

 

La Russia deve essere libera!



УКРАЇНСЬКА МОВА


НАШ ЛОЗУНГ – «ВОЙНА ВОЙНЕ!»

Российские социалисты

Российские социалисты – о природе украинской войны и заблуждениях западных «пацифистов».

Вот уже год режим Владимира Путина убивает украинцев, гонит на смерть сотни тысяч россиян и угрожает миру ядерным оружием во имя безумной цели – восстановления империи.

Для нас, россиян и россиянок, выступающих против путинской агрессии и диктатуры, это был год ужаса и стыда из-за военных преступлений, ежедневно совершаемых от нашего имени.

В годовщину этой войны мы призываем всех, кто стремится к миру, выходить на демонстрации и митинги против путинского вторжения.

К сожалению, не все выступления «за мир», которые пройдут в эти дни, будут акциями солидарности с Украиной. Значительная часть левых на Западе не понимает природы этой войны и выступает за компромисс с путинизмом.

Мы подготовили этот текст, чтобы помочь нашим зарубежным товарищам разобраться в ситуации и занять правильную позицию.

Контрреволюционная война

Некоторые западные авторы видят причины войны в распаде СССР, «противоречивой истории формирования украинской нации» и геополитическом противостоянии ядерных держав.

Не отрицая значения этих факторов, мы, однако, удивлены, не находя в списке наиболее важной и очевидной причины происходящего – стремления путинского режима подавить демократические протестные движения на постсоветском пространстве и в самой России.

Захват Крыма и начало военных действий на Донбассе в 2014 году были ответом Кремля на «революцию достоинства» в Украине, свергнувшую коррумпированное пророссийское правительство Виктора Януковича, а также на массовые выступления россиян и россиянок за честные выборы в 2011-2012 году (известных как протесты на Болотной площади).

Аннексия полуострова стала внутриполитическим триумфом Путина. Он успешно использовал реваншистскую, антизападную и традиционалистскую риторику (равно как и репрессии), чтобы расширить свою социальную базу, изолировать оппозицию и запугать население последствиями «майданов».

Однако «крымский» эффект оказался недолговечным: в конце 2010-х экономическая стагнация, непопулярная пенсионная реформа, а также громкие антикоррупционные разоблачения команды Навального, вновь обрушили рейтинги Путина, особенно, среди молодежи. Протесты снова охватили страну, а правящая партия «Единая Россия» потерпела ряд чувствительных поражений на региональных выборах.

В этих условиях Кремль сделал ставку на консервацию режима. Конституционный плебисцит 2020 года (потребовавший беспрецедентных даже по меркам России фальсификаций) сделал Путина пожизненным правителем. Под предлогом борьбы с пандемией были окончательно запрещены митинги, а один из лидеров внепарламентской оппозиции Алексей Навальный чудом уцелел после попытки отравления.

Народное восстание в Беларуси летом 2020 года утвердило российскую элиту в мысли о том, что «коллективный Запад» якобы ведет против России «гибридную войну», атакуя её и её сателлитов при помощи «цветных революций».

Разумеется, подобные заявления – не более чем теория заговора. Социальное и политическое недовольство в России росло вследствие рекордного социального неравенства, бедности, коррупции, сворачивания гражданских свобод, а также очевидной бесперспективности российской модели капитализма, основанной на присвоении «природной ренты» паразитическим слоем сырьевой олигархии.

Если в чем и можно винить «коллективный Запад» – так это в многолетнем потворстве путинизму, в том числе в украинском вопросе. Десятилетиями политика business as usual главенствовала в отношениях европейских и американских элит с путинской Россией, что позволило диктатуре сложиться, получать сверхдоходы и ощутить свою полную безнаказанность на мировой арене.

Уступки Путину не приведут к миру

Вторжение в Украину стало попыткой Путина повторить свой крымский триумф 2014 года – одержав быструю победу, сплотить российское общество вокруг флага под реваншистскими лозунгами, окончательно раздавить оппозицию и утвердить себя в качестве гегемона на постсоветском пространстве (которое путинский империализм рассматривает как часть «исторической России»).

Героическое сопротивление украинцев расстроило эти планы, превратив «маленькую победоносную войну», о которой мечтал Кремль, в затяжной конфликт, истощающий экономику и подрывающий миф о непобедимости российской армии. В этих условиях Москва, с одной стороны, запугивает мир ядерным оружием, а с другой – всё активнее призывает Украину и Запад к переговорам.

В унисон подобной риторике звучат голоса тех европейских и американских левых, которые выступают против поставок оружия Украине (чтобы «сберечь жизни» и предотвратить ядерный апокалипсис). При этом – поскольку РФ не готова уйти с захваченных территорий, что является императивным условием Киева (и позицией 93% украинцев) – подразумевается, что Украина должна пожертвовать своим суверенитетом, чтобы «умиротворить агрессора». Политика, имеющая зловещие прецеденты в истории Европы!

Сбережение жизней?

Правда ли, что поражение Украины (неизбежное в случае сокращения западной помощи) поможет избежать больших жертв? Даже если принять неочевидную с точки зрения социалистов логику, согласно которой «сбережение жизней» важнее, чем борьба с тиранией и агрессией, мы полагаем, что это не так.

Как известно, Владимир Путин претендует на всютерриторию Украины, утверждая, что украинцы и русские – «один народ», а украинская государственность – ошибка истории. Перемирие стало бы передышкой, позволяющей Кремлю восстановить свой военный потенциал для нового нападения. В том числе – увеличить численность армии за счет насильно согнанных в неё россиян (преимущественно представителей беднейших слоев населения и этнических меньшинств).

Если, несмотря на прекращение поставок вооружений, Украина продолжит сопротивляться агрессии, это приведет к неисчислимым жертвам среди украинских солдат и мирного населения. Новые территории, которые захватит Россия, ждет террор, ужасающие следы которого мы видели в Буче и других местах, оставленных российскими войсками.

Многополярный империализм

Говоря о разрушении американской гегемонии в мире и даже об «антиколониализме» (!), Путин имеет в виду отнюдь не создание более эгалитарного мирового порядка.

Путинский «многополярный мир» – мир, в котором демократия и права человека больше не считаются универсальными ценностями, а так называемые «великие державы» имеют полную свободу рук в своих геополитических сферах влияния.

По сути, речь идёт о реставрации системы международных отношений, существовавшей накануне Первой и Второй мировых войн.

Этот «дивный старый мир» – превосходное место для диктаторов, коррупционеров и крайне правых политиканов. Но он был бы адом для трудящихся, этнических меньшинств, женщин, ЛГБТ-людей, малых наций и освободительных движений.

Победа Путина в Украине означала бы не восстановление довоенного статус-кво, но смертельно опасный прецедент, легитимизирующий «право великой державы» на агрессию и ядерный шантаж. Она стала бы прологом к новым военным и политическим катастрофам.

К чему приведет победа путинизма в украинской войне?

Победа Путина означала бы не только порабощение Украины, но и подчинение всех постсоветских стран кремлевскому диктату.

В самой России победа режима приведет к консервации системы, определяющими чертами которой являются господство силовой и сырьевой олигархии над остальными социальными классами (и, прежде всего, рабочим классом) и хищническая эксплуатация природных ресурсов (главным образом, углеводородного сырья) в ущерб технологическому и социальному развитию.

Напротив, поражение путинизма в Украине, вероятно, даст бы стимул демократическим переменам в Беларуси, Казахстане и других странах бывшего СССР, а также в самой России.

Было бы слишком оптимистично утверждать, что поражение в войне автоматически означает революцию. Однако российская история знает много примеров, когда военные неудачи вели к коренным изменениям в жизни страны, – включая отмену крепостного права, революции 1905 и 1917 годов и Перестройку 1980-х.

Российским социалистам не нужна «победа» Путина и его дружков-олигархов. Мы призываем всех тех, кто действительно желает мира и все еще верит в диалог с российским правительством, требовать, чтобы оно вывело свои войска с украинских территорий. Любой призыв к миру, который не включает это требование, – неискренний.

  • Нет войне! За солидарный отпор путинской агрессии в Украине.
  • Нет мобилизации! Россияне – не пушечное мясо.
  • Свободу политзаключенным!
  • Россия должна быть свободной!

 


FRANÇAIS


NOUS DISONS: GUERRE À LA GUERRE!

Mouvement socialiste de Russie

 

Depuis un an, le régime de Vladimir Poutine tue des Ukrainiennes et des Ukrainiens, envoie des centaines de milliers de Russes à la mort et menace le monde de l'arme nucléaire au nom de l'objectif fou de restaurer son empire. Pour nous, femmes et hommes russes qui nous opposons à l'agression et à la dictature de Poutine, cette année a été une année d'horreur et de honte face aux crimes de guerre commis quotidiennement en notre nom.

À l'occasion du premier anniversaire de cette guerre, nous appelons toutes celles et ceux qui aspirent à la paix à participer aux manifestations et aux rassemblements contre l'invasion de Poutine. Malheureusement, tous les rassemblements « pour la paix » qui auront lieu le week-end prochain ne seront pas des actions de solidarité avec l'Ukraine. Une grande partie de la gauche en Occident ne comprend pas la nature de cette guerre et prône le compromis avec le poutinisme. Nous avons rédigé cette déclaration pour aider nos camarades d’autres pays à comprendre la situation et à adopter la bonne position.

 

Une guerre contre-révolutionnaire

Certains auteurs occidentaux attribuent la guerre à des causes telles que l'effondrement de l'URSS, « l'histoire contradictoire de la création de la nation ukrainienne » et la confrontation géopolitique entre puissances nucléaires. Sans nier l'importance de ces facteurs, nous sommes surpris de ne pas y trouver la raison la plus importante et la plus évidente de ce qui se passe : la volonté du régime de Poutine de supprimer les mouvements de protestation démocratique dans toute l'ancienne Union soviétique et en Russie même.

La réoccupation de la Crimée en 2014 et le déclenchement des hostilités dans le Donbass étaient une réponse du Kremlin à la « révolution de la dignité » en Ukraine, qui a renversé le gouvernement pro-russe corrompu de Viktor Ianoukovitch, ainsi qu'aux manifestations de masse des Russes pour des élections équitables en 2011-12 (connues sous le nom de manifestations de la place Bolotnaya). L'annexion de la péninsule de Crimée a été une victoire de politique intérieure pour Poutine. Il a utilisé avec succès la rhétorique revancharde, anti-occidentale et traditionaliste (ainsi que la persécution politique) pour élargir sa base sociale, isoler l'opposition et effrayer la population avec les conséquences des « Maïdans ».

Mais le regain de popularité qui a suivi l'annexion a été de courte durée. La fin des années 2010 a été marquée par la stagnation économique, une réforme impopulaire des retraites et des révélations anticorruption très médiatisées par l'équipe d'Alexei Navalny qui ont fait s’effondrer la cote de Poutine, notamment auprès des jeunes. Des manifestations ont balayé le pays, et le parti au pouvoir, Russie Unie, a subi une série de lourdes défaites aux élections régionales. Dans ce contexte, le Kremlin a misé sur la conservation du régime. Le plébiscite constitutionnel de 2020 (qui a nécessité un trucage sans précédent, même selon les normes russes) a fait de Poutine un dirigeant à vie. Sous le prétexte de contenir la pandémie de Covid-19, les rassemblements de protestation ont été définitivement interdits. Une tentative d'empoisonnement du chef de l'opposition extraparlementaire Alexei Navalny a eu lieu, à laquelle il a miraculeusement survécu.

 

Le soulèvement populaire de l'été 2020 en Biélorussie a confirmé la conviction de l'élite russe que « l'Occident collectif » mène une « guerre hybride » contre la Russie, l'attaquant, elle et ses satellites, par des « révolutions de couleur ». Bien sûr, de telles affirmations ne sont rien d'autre qu'une théorie du complot. Le mécontentement social et politique en Russie s'est accru en raison des inégalités sociales records, de la pauvreté, de la corruption, des reculs des libertés civiles et de l'évidente absence de perspectives du modèle russe de capitalisme, fondé sur l'appropriation des « rentes naturelles » par une couche parasitaire de l'oligarchie des matières premières. S'il y a une chose que nous pouvons reprocher à « l'Occident collectif », c'est sa complaisance de longue date envers le poutinisme, y compris sur la question ukrainienne. Pendant des décennies, la politique du business as usual a dominé les relations des élites européennes et américaines avec la Russie de Poutine, ce qui a permis à la dictature de prospérer, de réaliser des superprofits et de se sentir en totale impunité sur la scène mondiale.

 

Les concessions à Poutine ne mèneront pas à la paix

L'invasion de l'Ukraine était une tentative de Poutine de répéter son triomphe de 2014 en Crimée – en s'assurant une victoire rapide, en ralliant la société russe autour du drapeau avec des slogans revanchards, en écrasant définitivement l'opposition et en établissant son hégémonie dans l'espace post-soviétique (que l'impérialisme de Poutine considère comme faisant partie de la « Russie historique »).

La résistance héroïque des Ukrainiens a contrecarré ces plans, transformant la « petite guerre victorieuse » dont rêvait le Kremlin en un conflit prolongé qui a épuisé l'économie russe et brisé le mythe de l'invincibilité de son armée. Acculé, Moscou menace le monde avec ses armes nucléaires tout en exhortant l'Ukraine et l'Occident à négocier. À l'unisson de cette rhétorique, on entend les voix de ceux qui, dans la gauche européenne et étatsunienne, s'opposent aux livraisons d'armes à l'Ukraine (pour « sauver des vies » et empêcher une apocalypse nucléaire). En même temps – puisque la Russie n'est pas prête à se retirer des territoires occupés, ce qui est une condition impérative pour Kiev (et la position de 93 % des Ukrainiens) – on sous-entend que l'Ukraine doit sacrifier sa souveraineté afin « d'apaiser l'agresseur ». Une politique qui a de sinistres précédents dans l'histoire européenne !

 

Sauver des vies ?

Est-il donc vrai que la défaite de l'Ukraine (inévitable si l'aide occidentale est réduite) permettra d'éviter davantage de victimes ? Même si nous acceptons la logique non évidente du point de vue socialiste selon laquelle « sauver des vies » est plus important que de combattre la tyrannie et l'agression, nous pensons que ce n'est pas le cas. Il est notoire que Vladimir Poutine revendique l'ensemble du territoire de l'Ukraine, affirmant que les Ukrainiens et les Russes sont « une seule nation » et que l'existence d'un État ukrainien est une erreur de l’histoire. Un cessez-le-feu ne ferait que donner au Kremlin le temps de reconstituer sa capacité militaire en vue d'un nouvel assaut. Il s'agirait notamment d'augmenter la taille de l'armée en y enrôlant de force des Russes (pour la plupart issus des minorités ethniques et des plus pauvres).

Si l'Ukraine continue à résister à l'invasion sans approvisionnement en armes, cela entraînera d'innombrables pertes parmi les soldats et les civils ukrainien. Et la terreur, dont nous avons vu les horribles résultats à Boutcha et ailleurs, est ce qui attend tous les territoires qui seraient accaparés par la Russie.

 

L'impérialisme multipolaire

Lorsque Poutine parle de se débarrasser de l'hégémonie américaine dans le monde et même d'« anticolonialisme » (!), il ne fait pas référence à la création d'un ordre mondial plus égalitaire. Le « monde multipolaire » de Poutine est un monde où la démocratie et les droits humains ne sont plus considérés comme des valeurs universelles, et où les dites « grandes puissances » ont le champ libre dans leurs sphères d'influence géopolitiques respectives. Cela signifie essentiellement le rétablissement du système de relations internationales qui existait à l'aube des deux guerres mondiales. Ce « brave vieux monde » serait un endroit merveilleux pour les dictateurs, les corrupteurs et l'extrême droite. Mais ce serait l'enfer pour les travailleurs, les minorités ethniques, les femmes, les LGBT, les petites nations et les mouvements de libération. Une victoire de Poutine en Ukraine ne rétablirait pas le statu quo d'avant-guerre, elle créerait un précédent mortel légitimant ainsi « le droit des grandes puissances » de mener des guerres d'agression et de pratiquer le chantage nucléaire. Ce serait le prologue de nouvelles catastrophes militaires et politiques.

 

À quoi conduirait une victoire du poutinisme dans la guerre en Ukraine ?

Une victoire de Poutine signifierait non seulement la soumission de l'Ukraine, mais aussi la soumission de tous les pays post-soviétiques aux diktats du Kremlin. En Russie, une victoire du régime préserverait un système défini par la domination de l'oligarchie du pouvoir et des combustibles fossiles sur les autres classes sociales (et surtout sur la classe ouvrière) et le pillage des ressources naturelles au détriment du développement technologique et social.

En revanche, la défaite du poutinisme en Ukraine donnerait probablement un élan aux mouvements pour le changement démocratique en Biélorussie, au Kazakhstan et dans d'autres anciens pays soviétiques, ainsi qu'en Russie même. Il serait trop optimiste de prétendre que la défaite à la guerre mène automatiquement à la révolution. Mais l'histoire de la Russie regorge d'exemples de revers militaires à l'étranger qui ont conduit à des changements majeurs dans le pays – dont l'abolition du servage, les révolutions de 1905 et 1917, et la Perestroïka dans les années 1980.

 

Les socialistes russes ne veulent pas une « victoire » de Poutine et de ses copains oligarques. Nous appelons tous ceux qui souhaitent réellement la paix et qui croient encore au dialogue avec le gouvernement russe à exiger qu'il retire ses troupes des territoires ukrainiens. Tout appel à la paix qui n'inclut pas cette exigence est fallacieux.

 

• Non à la guerre ! Soyez solidaires contre l'invasion de l'Ukraine par Poutine!


• Mettez fin à l'enrôlement ! Les Russes ne sont pas de la chair à canon !

 

• Libérez les prisonniers politiques russes !

 

• La Russie doit être libre !


 

ESPAÑOL 


DECIMOS: ¡GUERRA A LA GUERRA!

Movimiento socialista ruso 


Desde hace un año, el régimen de Vladimir Putin ha estado asesinando ucranianos, enviando a cientos de miles de rusos a la muerte y amenazando al mundo con armas nucleares en nombre del insano objetivo de restaurar su imperio.

Para nosotras, las rusas que nos oponemos a la agresión y la dictadura de Putin, ha sido un año de horror y vergüenza por los crímenes de guerra cometidos a diario en nuestro nombre.

En el primer aniversario de esta guerra, llamamos a todos los que anhelan la paz a acudir a las manifestaciones y concentraciones contra la invasión de Putin.

Por desgracia, no todas las concentraciones "por la paz" que tendrán lugar el próximo fin de semana serán acciones de solidaridad con Ucrania. Una gran parte de la izquierda occidental no comprende la naturaleza de esta guerra y aboga por un compromiso con el putinismo.

Hemos escrito esta declaración para ayudar a nuestros camaradas en el extranjero a comprender la situación y adoptar la postura correcta.

Una guerra contrarrevolucionaria

Algunos escritores occidentales atribuyen la guerra a causas como el colapso de la URSS, la "historia contradictoria de la creación de la nación ucraniana" y el enfrentamiento geopolítico entre potencias nucleares.

Sin negar la importancia de estos factores, nos sorprende que estas listas pasen por alto la razón más importante y obvia de lo que está ocurriendo: el deseo del régimen de Putin de reprimir los movimientos de protesta democrática en toda la antigua Unión Soviética y en la propia Rusia.

La ocupación de Crimea en 2014 y las hostilidades en el Donbás fueron una respuesta del Kremlin a la "revolución de la dignidad" en Ucrania, que derrocó al corrupto gobierno prorruso de Víktor Yanukóvich, así como a las manifestaciones masivas de rusos por unas elecciones justas en 2011-12 (conocidas como las protestas de la Plaza Bolotnaya).

La anexión de la península de Crimea fue un triunfo de Putin en política interior. Utilizó con éxito la retórica revanchista, antioccidental y tradicionalista (así como la persecución política) para ampliar su base social, aislar a la oposición y convertir el Maidan en un espantajo con el que atemorizar a la población.

Pero el impulso de su popularidad que siguió a la anexión duró poco. A finales de la década de 2010, el estancamiento económico, la impopular reforma de las pensiones y las revelaciones de corrupción hechas por el equipo de Alexei Navalny hicieron que la popularidad de Putin volviera a caer, especialmente entre los jóvenes. Las protestas se extendieron por todo el país y el partido gobernante, Rusia Unida, sufrió una serie de dolorosas derrotas en las elecciones regionales.

Este contexto ha llevado al Kremlin a hacer todo lo posible por sostener el régimen. El referéndum constitucional de 2020 (que requirió un amaño sin precedentes incluso para los estándares rusos) convirtió de hecho a Putin en gobernante vitalicio. Con el pretexto de contener la pandemia de COVID-19, finalmente se prohibieron las concentraciones de protesta. Se intentó envenenar al líder de la oposición extraparlamentaria Alexei Navalny, a lo que milagrosamente sobrevivió.

El levantamiento popular del verano de 2020 en Bielorrusia confirmó la creencia de la élite rusa de que el "Occidente colectivo" está librando una "guerra híbrida" contra Rusia, atacándola a ella y a sus satélites con "revoluciones de colores".

Por supuesto, tales afirmaciones no son más que una teoría de la conspiración. El descontento social y político en Rusia ha ido en aumento debido a la desigualdad social sin precedentes, la pobreza, la corrupción, el retroceso de las libertades civiles y la evidente inutilidad del modelo ruso de capitalismo, basado en una oligarquía parasitaria de los combustibles fósiles que se apropia de las rentas de los recursos naturales.

Si hay algo de lo que podemos culpar al "Occidente colectivo" es de su prolongada complacencia con el putinismo, incluso en la cuestión ucraniana. Durante décadas, las élites europeas y estadounidenses han tratado de hacer "lo de siempre" con la Rusia de Putin, que ha permitido el surgimiento de una dictadura, redistribuir la riqueza hacia arriba y dirigir la política exterior con total impunidad.

Ceder ante Putin no conducirá a la paz

Invadir Ucrania fue un intento de Putin de repetir su triunfo de 2014 en Crimea, asegurándose una victoria rápida, reuniendo a la sociedad rusa en torno a la bandera con consignas revanchistas, aplastando finalmente a la oposición y estableciéndose como hegemón en el espacio postsoviético (que el imperialismo de Putin considera parte de la "Rusia histórica").

La heroica resistencia de los ucranianos frustró estos planes, convirtiendo la "guerra corta y victoriosa" de los sueños del Kremlin en un conflicto prolongado que ha desgastado la economía rusa y ha derribado el mito de la invencibilidad de su ejército. Acorralado, Moscú amenaza al mundo con sus armas nucleares, al tiempo que insta a Ucrania y a Occidente a negociar.

La retórica de Moscú es repetida como loros por ciertos izquierdistas europeos y estadounidenses que se oponen a suministrar armas a Ucrania (para "salvar vidas" y evitar un apocalipsis nuclear). Pero Rusia no está dispuesta a retirarse de los territorios que ha capturado, una condición que Kiev y el 93% de los ucranianos consideran innegociable. En su lugar, ¿debe Ucrania sacrificar su soberanía para apaciguar al agresor, una política que tiene precedentes muy oscuros en la historia europea?

¿Salvar vidas?

¿Es cierto que la derrota de Ucrania, inevitable si se retira la ayuda occidental, contribuirá a evitar más víctimas? Incluso si aceptamos la lógica no evidente (desde una perspectiva socialista) de que salvar vidas es más importante que luchar contra la tiranía y la agresión, creemos que no es así.

Como sabemos, Vladimir Putin ha reivindicado todo el territorio de Ucrania, afirmando que ucranianos y rusos son "una nación" y que la estatalidad ucraniana es un error histórico. En este contexto, un alto el fuego sólo daría tiempo al Kremlin para reconstruir su capacidad militar para un nuevo asalto, incluso obligando a más rusos (en su mayoría pobres y de minorías étnicas) a entrar en el ejército.

Si Ucrania sigue resistiendo la invasión incluso sin suministros de armas, provocará innumerables bajas entre los soldados y civiles ucranianos. Y el terror, cuyos horribles vestigios vimos en Bucha y en otros lugares, es lo que espera a cualquiera de los nuevos territorios tomados por Rusia.

Imperialismo multipolar

Cuando Putin habla de deshacerse de la hegemonía estadounidense en el mundo e incluso de "anticolonialismo" (¡!), no se refiere a la creación de un orden mundial más igualitario.

El "mundo multipolar" de Putin es un mundo en el que la democracia y los derechos humanos ya no se consideran valores universales, y las llamadas "grandes potencias" tienen vía libre en sus respectivas esferas geopolíticas de influencia.

Esto significa esencialmente restaurar el sistema de relaciones internacionales que existía en el período previo a la Primera y Segunda Guerras Mundiales.

Este "mundo feliz" sería un lugar maravilloso para dictadores, funcionarios corruptos y la extrema derecha. Pero sería un infierno para los trabajadores, las minorías étnicas, las mujeres, las personas LGBT, las naciones pequeñas y todos los movimientos de liberación.

Una victoria de Putin en Ucrania no restauraría el statu quo anterior a la guerra, sino que sentaría un precedente mortal que daría a las "grandes potencias" el derecho a las guerras de agresión y a amenazar con el uso de armas nucleares. Sería el prólogo de nuevas catástrofes militares y políticas.

¿A qué conduciría una victoria del putinismo en Ucrania?

Una victoria de Putin significaría no sólo el sometimiento de Ucrania, sino también la doblegación de todos los países postsoviéticos a la voluntad del Kremlin.

Dentro de Rusia, una victoria del régimen preservaría un sistema definido por el dominio de la oligarquía de la seguridad y los combustibles securitaria y fósil sobre otras clases sociales (sobre todo la clase obrera) y el saqueo de los recursos naturales a expensas del desarrollo tecnológico y social.

Por el contrario, la derrota del putinismo en Ucrania probablemente daría impulso a los movimientos por el cambio democrático en Bielorrusia, Kazajstán y otros antiguos países soviéticos, así como en la propia Rusia.

Sería demasiado optimista afirmar que la derrota en la guerra conduce automáticamente a la revolución. Pero la historia rusa está repleta de ejemplos de reveses militares en el extranjero que han conducido a cambios importantes en el país, como la abolición de la servidumbre, las revoluciones de 1905 y 1917 y la Perestroika en la década de 1980.

A los socialistas rusos no nos sirve una "victoria" de Putin y sus compinches oligarcas. Hacemos un llamamiento a todos aquellos que verdaderamente desean la paz y todavía creen en el diálogo con el gobierno ruso a que exijan que retire sus tropas de los territorios ucranianos. Cualquier llamamiento a la paz que no incluya esta exigencia es falso.

  • ¡Acabemos con la guerra! Solidaridad contra la invasión de Ucrania por Putin.
  • ¡Fin del reclutamiento! Los rusos no son carne de cañón.
  • ¡Libertad para los presos políticos rusos!
  • ¡Libertad para Rusia!

 


DEUTSCH 

 

UNSER SLOGAN IST „KRIEG DEM KRIEG!“

Russische Sozialist:innen


Russische Sozialist:innen über das Wesen des Krieges in der Ukraine und über die Illusionen der westlichen „Pazifist:innen“.

Seit einem Jahr tötet das Regime von Wladimir Putin Ukrainer:innen, treibt Hunderttausende Russ:innen in den Tod und bedroht die Welt mit Atomwaffen im Namen des wahnsinnigen Ziels der Wiederherstellung des russischen Reichs.

Für uns Russ:innen, die sich der Aggression und Diktatur Putins widersetzen, war es ein Jahr des Schreckens und der Schande wegen der Kriegsverbrechen, die täglich in unserem Namen begangen werden.

Am Jahrestag dieses Krieges rufen wir alle, die sich für den Frieden einsetzen, auf, gegen Putins Invasion zu demonstrieren.

Es ist bedauerlich, dass nicht alle Demonstrationen „für den Frieden“, die in diesen Tagen stattfinden werden, Aktionen der Solidarität mit der Ukraine sein werden. Ein großer Teil der Linken im Westen versteht das Wesen dieses Krieges nicht und zieht den Kompromiss mit dem Putinismus vor.

Wir haben diesen Text verfasst, um unseren Genoss:innen im Ausland zu helfen, die Situation zu verstehen und die richtige Haltung einzunehmen.

Konterrevolutionärer Krieg

Einige westliche Autor:innen sehen die Ursachen des Krieges im Zusammenbruch der UdSSR, in der „widersprüchlichen Geschichte der ukrainischen Nationsbildung“ und in der geopolitischen Konfrontation der Atommächte.

Ohne die Bedeutung dieser Faktoren in Abrede stellen zu wollen, sind wir doch überrascht, dass der wichtigste und offensichtlichste Grund für die Ereignisse nicht auf der Liste steht - der Wille des Putin-Regimes, demokratische Protestbewegungen in der ehemaligen Sowjetunion und in Russland selbst zu unterdrücken.

Die Einnahme der Krim und der Ausbruch der Feindseligkeiten im Donbass im Jahr 2014 waren die Antwort des Kremls auf die „Revolution der Würde“ in der Ukraine, die die korrupte pro-russische Regierung von Wiktor Janukowitsch stürzte, und auf die Massendemonstrationen von Russ:innen für faire Wahlen in den Jahren 2011-2012 (bekannt als die Proteste auf dem Bolotnaja-Platz).

Die Annexion der Halbinsel war für Putin ein innenpolitischer Triumph. Er nutzte erfolgreich revanchistische, antiwestliche und traditionalistische Rhetorik (sowie Repression), um seine gesellschaftliche Basis zu verbreitern, die Opposition zu isolieren und die Bevölkerung mit den Folgen des „Maidans“ zu verängstigen.

Der „Krim-Effekt“ war jedoch nur von kurzer Dauer: Ende der 2010er Jahre ließen die wirtschaftliche Stagnation, die unpopuläre Rentenreform und die medienwirksamen Anti-Korruptions-Enthüllungen von Nawalnys Team die Umfragewerte Putins wieder sinken, vor allem bei jungen Menschen. Proteste erschüttern erneut das Land und die Regierungspartei Einiges Russland musste bei den Regionalwahlen eine Reihe empfindlicher Niederlagen einstecken.

Unter diesen Umständen setzte der Kreml alles auf den Erhalt des Regimes. Das Verfassungsplebiszit 2020 (das selbst für russische Verhältnisse beispiellose Fälschungen erforderte) machte Putin zum Herrscher auf Lebenszeit. Unter dem Vorwand der Pandemiebekämpfung wurden schließlich Demonstrationen verboten und einer der Führer:innen der außerparlamentarischen Opposition, Alexej Nawalny, überlebte nur knapp einen Giftanschlag.

Der Volksaufstand in Belarus im Sommer 2020 bestätigte die russische Elite in ihrer Überzeugung, der „kollektive Westen“ führe einen „Hybridkrieg“ gegen Russland und seine Satellitenstaaten mit „Farbenrevolutionen“.

Natürlich sind solche Behauptungen nichts anderes als Verschwörungstheorien. Die soziale und politische Unzufriedenheit in Russland wuchs aufgrund der Rekorde brechenden sozialen Ungleichheit, der Armut, der Korruption, der Einschränkung der bürgerlichen Freiheiten und der offensichtlichen Sinnlosigkeit des russischen Kapitalismusmodells, das auf der Ausbeutung der natürlichen Ressourcen durch eine parasitäre Schicht von Rohstoffoligarchen beruht.

Wenn es etwas gibt, das wir dem „kollektiven Westen“ vorwerfen können, dann ist es seine langjährige Beschwichtigungspolitik gegenüber dem Putinismus, auch in der Ukraine-Frage. Jahrzehntelang haben die europäischen und amerikanischen Eliten versucht, mit Putins Russland "business as usual" zu machen, was die Entstehung einer Diktatur und die Umverteilung des Reichtums von unten nach ermöglichte und es Russland erlaubte, sich auf der Weltbühne für seine Außenpolitik völlig ungestraft zu fühlen.

Zugeständnisse an Putin bringen keinen Frieden

Der Einmarsch in die Ukraine war Putins Versuch, seinen Triumph von 2014 auf der Krim zu wiederholen - einen schnellen Sieg zu erringen, die russische Gesellschaft unter revanchistischen Parolen zu vereinen, die Opposition endgültig zu zerschlagen und sich als Hegemon im postsowjetischen Raum (den Putins Imperialismus als Teil des „historischen Russlands“ betrachtet) zu etablieren.

Der heldenhafte Widerstand der Ukrainer durchkreuzte diese Pläne und verwandelte den vom Kreml erträumten „kleinen siegreichen Krieg“ in einen langwierigen Konflikt, der die Wirtschaft ausblutet und den Mythos von der Unbesiegbarkeit der russischen Armee untergräbt. Unter diesen Bedingungen schüchtert Moskau einerseits die Welt mit Atomwaffen ein und drängt andererseits die Ukraine und den Westen zunehmend zu Verhandlungen.

Im Einklang mit dieser Rhetorik stehen die Stimmen der europäischen und amerikanischen Linken, die Waffenlieferungen an die Ukraine ablehnen (um „Menschenleben zu retten“ und eine nukleare Apokalypse zu verhindern). Gleichzeitig - da Russland nicht bereit ist, sich aus den eroberten Gebieten zurückzuziehen, was für Kiew (und für 93% der Ukrainer:innen) eine unabdingbare Voraussetzung ist - wird impliziert, dass die Ukraine ihre Souveränität opfern muss, um „den Aggressor zu besänftigen“. Eine Politik mit unheilvollen Präzedenzfällen in der europäischen Geschichte!

Menschenleben retten?

Stimmt es, dass die Niederlage der Ukraine (die unvermeidlich ist, wenn die westliche Hilfe gekürzt wird) dazu beitragen wird, größere Opfer zu vermeiden? Selbst wenn wir die aus sozialistischer Sicht nicht schlüssige Logik akzeptieren, dass die „Rettung von Menschenleben“ wichtiger ist als der Kampf gegen Tyrannei und Aggression, glauben wir nicht, dass dies der Fall ist.

Bekanntlich erhebt Wladimir Putin Anspruch auf das gesamteTerritorium der Ukraine und behauptet, Ukrainer:innen und Russ:innen seien „ein Volk“ und die ukrainische Staatlichkeit sei ein Fehler der Geschichte. Ein Waffenstillstand wäre eine Atempause, die es dem Kreml ermöglichen würde, seine militärischen Kapazitäten für einen neuen Angriff wieder aufzubauen. Ein Teil davon wäre die Vergrößerung der Armee durch die Zwangsrekrutierung von Russen (hauptsächlich aus den ärmsten Schichten und ethnischen Minderheiten).

Wenn sich die Ukraine trotz der Einstellung der Waffenlieferungen weiterhin gegen die Aggression zur Wehr setzt, wird dies unzählige Opfer unter den ukrainischen Soldaten und unter der ukrainischen Zivilbevölkerung zur Folge haben. Neue Gebiete, die von Russland erobert werden, werden dem Terror ausgesetzt sein, dessen grausame Spuren wir in Butscha und anderen Orten gesehen haben, die von russischen Truppen hinterlassen wurden.

Multipolarer Imperialismus

Wenn Putin von der Zerstörung der amerikanischen Hegemonie in der Welt und sogar von „Antikolonialismus“(!) spricht, meint er keineswegs die Schaffung einer egalitäreren Weltordnung.

Putins „multipolare Welt“ ist eine Welt, in der Demokratie und Menschenrechte nicht mehr als universelle Werte gelten und die so genannten „Großmächte“ freie Hand in ihren geopolitischen Einflusssphären haben.

Es handelt sich in der Tat um eine Wiederherstellung des Systems der internationalen Beziehungen, das vor dem Ersten Weltkrieg bestand.

Diese „schöne alte Welt“ ist ein wunderbarer Ort für Diktatoren, korrupte und rechtsradikale Politikaster. Aber sie wäre die Hölle für Arbeiter:innen, ethnische Minderheiten, Frauen, LGBT-Menschen, kleine Nationen und Befreiungsbewegungen.

Putins Sieg in der Ukraine würde nicht die Wiederherstellung des Status quo der Vorkriegszeit bedeuten. Er würde einen fatalen Präzedenzfall schaffen, der das „Recht der Großmacht“ auf Aggression und nukleare Erpressung legitimiert. Er wäre der Prolog zu neuen militärischen und politischen Katastrophen.

Wohin würde es führen, wenn der Putinismus den Krieg in der Ukraine gewinnt?

Ein Sieg Putins würde nicht nur die Versklavung der Ukraine bedeuten, sondern die Unterwerfung aller postsowjetischer Länder unter das Diktat des Kremls.

In Russland selbst würde der Sieg des Regimes zur Festigung eines Systems führen, dessen bestimmende Merkmale die Vorherrschaft der Gewalt- und Ressourcenoligarchie über die anderen sozialen Klassen (und vor allem die Arbeiterklasse) und die räuberische Ausbeutung der natürlichen Ressourcen (hauptsächlich Öl und Gas) auf Kosten der technologischen und sozialen Entwicklung sind.

Im Gegensatz dazu würde die Niederlage des Putinismus in der Ukraine wahrscheinlich dem demokratischen Wandel in Belarus, Kasachstan und anderen ehemaligen Sowjetstaaten sowie in Russland selbst Auftrieb geben.

Es wäre zu optimistisch zu behaupten, dass eine Kriegsniederlage automatisch eine Revolution nach sich ziehen würde. In der russischen Geschichte gibt es jedoch zahlreiche Beispiele dafür, dass militärische Niederlagen zu großen Veränderungen im Land geführt haben - darunter die Abschaffung der Leibeigenschaft, die Revolutionen von 1905 und 1917 und die Perestroika der 1980er Jahre.

Die russischen Sozialist:innen wollen keinen „Sieg“ für Putin und seine Oligarchen-Kumpane. Wir rufen alle, die wirklich Frieden wollen und noch an einen Dialog mit der russischen Regierung glauben, auf, den Rückzug russischer Truppen aus den ukrainischen Gebieten zu fordern. Jeder Friedensappell, der diese Forderung nicht enthält, ist heuchlerisch.

  • Nein zum Krieg! Für eine solidarische Antwort auf Putins Aggression in der Ukraine
  • Keine Mobilisierung! Russen sind kein Kanonenfutter!
  • Freiheit für die politischen Gefangenen!
  • Russland muss frei sein!

 


PORTUGUÊS

 

DIZEMOS: GUERRA À GUERRA!

Declaração do Movimento Socialista Russo


Desde há um ano, o regime de Vladimir Putin tem vindo a matar ucranianos, enviando centenas de milhares de russos para as suas mortes e ameaçando o mundo com armas nucleares em nome de o objetivo insano de restaurar o seu império.

Para nós, russos que nos opomos à agressão de Putin e à ditadura, tem sido um ano de horror e vergonha por crimes de guerra cometidos diariamente em nosso nome.

No primeiro aniversário desta guerra, apelamos a todos os que desejam paz para fazerem manifestações e comícios contra a invasão de Putin.

Infelizmente, nem todas os comícios “pela paz” que acontecerão no próximo fim de semana serão ações de solidariedade para com a Ucrânia. Uma grande parte da esquerda no Ocidente não compreende a natureza desta guerra e advoga o compromisso com o putinismo.

Escrevemos esta declaraão para ajudar os nossos camaradas no estrangeiro a compreender a situação e a tomar a posição correta.

Uma guerra contra-revolucionária

Alguns escritores ocidentais atribuem a guerra a causas como o colapso da URSS, a “história contraditória da nação ucraniana” e ao confronto geopolítico entre poderes nucleares. Sem negar a importância destes fatores, surpreendemo-nos que estas listas ignorem a mais importante e óbvia razão do que está a acontecer: o desejo do regime de Putin de suprimir os movimentos de protesto democrático em todo o espaço a antiga União Soviética e na própria Rússia.

A tomada da Crimeia em 2014 e as hostilidades no Donbass foram uma resposta do Kremlin à “revolução da dignidade” na Ucrânia que derrubou a administração corrupta pró-russa de Viktor Yanukovych, bem como às manifestação massivas na Rússia em defesa de eleições justas em 2011–12 (conhecidas como os protestos da Praça Bolotnaya).

Anexar a Península da Crimeia foi uma vitória para Putin no campo da política interna. Usou uma retórica revanchista, anti-ocidental e tradicionalista (assim como perseguição política) para expandir a sua base social, isolar a oposição e transformar Maidan num papão com o qual assustar a população.

Mas o aumento de popularidade que se seguiu à anexação foi de curta duração. O final dos anos 2010 foi de estagnação económica, uma reforma das pensões impopular e das badaladas revelações anti-corrupção por parte da equipa de Alexei Navalny que voltaram a fazer a popularidade de Putin baixar, especialmente entre os jovens. Os protestos varreram todo o país e partido de poder, a Rússia Unida, sofreu uma série de derrotas dolorosas nas regiões regionais. Este contexto fez com que o Kremlin apostasse tudo em conservar o regime. O referendo constitucionais de 2020 (que precisou de uma manipulação eleitoral sem precedentes, até para os padrões russos) fez com que Putin se tornasse efetivamente um governante vitalício. Sob o pretexto da contenção da pandemia de Covid-19, as manifestações acabaram por ser banidas. Foi feita uma tentativa de envenenar Alexey Navalny, dirigente da oposição sem presença parlamentar, que sobreviveu milagrosamente.

O levantamento popular do verão de 2020 na Bielorrússia confirmou a crença da elite russo que o “ocidente coletivo” está a travar uma “guerra híbrida” contra a Rússia, atacando-a e aos seus satélites com “revoluções coloridas”.

Claro, tais alegações não são mais do que uma teoria da conspiração. O descontentamento social e político na Rússia tem vindo a crescer deve a uma desigualdade social recorde, à pobreza, à corrupção, aos recuos das liberdades civis e à futilidade óbvia do modelo do capitalismo russo, que é baseado numa oligarquia parasitária dos combustíveis fósseis que se apropria das rendas dos recursos naturais.

Se há uma coisa de que se pode culpar o “ocidente coletivo” é de favorecimento desde há muito do putinismo, incluindo na questão ucraniana. Durante décadas, as elites europeias e americanas tentaram continuar com o

“business as usual” com a Rússia de Putin, o que permitiu que tivesse emergido uma ditadura, que a riqueza tivesse sido redistribuída em benefício dos mais abastados e que a sua política externa fosse conduzida com completa impunidade.

Ceder a Putin não levará à paz

Invadir a Ucrânia foi a tentativa de Putin de repetir o seu triunfo de 2014 na Crimeia – assegurando uma vitória rápida, agitando na sociedade russa a bandeira dos slogans revanchistas e finalmente esmagando a oposição e estabelecendo-se a si próprio como o elemento hegemónico no espaço pós-soviétivo (que o imperialismo de Putin vê como parte da “Rússia histórica”).

A resistência heroica dos ucranianos frustrou estes planos, transformando a “guerra curta e vitoriosa” dos sonhos do Kremlin num conflito prolongado que desgastou a economia da Rússia e quebrou o mito da invencibilidade do seu exército. Encurralada, Moscovo ameaça o mundo com as suas armas nucleares ao mesmo que tempo insta a Ucrânia e o Ocidente a negociar.

A retórica de Moscovo é papagueada por alguma esquerda europeia e americana que se opõe ao abastecimento de armas à Ucrânia (para “salvar vidas” e prevenir um Apocalipse nuclear). Mas a Rússi não está disposta a retirar-se dos territórios que conquistou, uma condição que Kiev e 93% dos ucranianos consideram não-negociável. Deve a Ucrânia sacrificar a sua soberania para apaziguar o agressor, uma política que tem precedentes muito sombrios na história europeia?

Salvar vidas?

É então verdade que a derrota da Ucrânia, uma inevitabilidade se a ajuda ocidental for retirada, ajudará a prevenir mais baixas? Ainda que aceitemos a lógica não-óbvia (de uma perspetiva socialista) de que salvar vidas é mais importante do que lutar contra a tirania e a agressão, acreditamos não ser este o caso.

Como sabemos, Vladimir Putin reivindicou todo o território da Ucrânia, afirmando que os ucranianos e os russos são “uma nação” e que o Estado ucraniano é um erro histórico. Neste contexto, um cessar-fogo apenas daria tempo ao Kremlin para reconstruir a sua capacidade militar para um novo ataque, inclusive forçando ainda mais russos (a maioria pobres e de minorias étnicas) a entrar no exército. Se a Ucrânia continuar a resistir a esta invasão mesmo sem o abastecimento de armas, isso conduzirá a incontáveis baixas entre os soldados e os civis ucranianos. E o terror, cujos horríveis vestígios vimos em Bucha e noutros pontos, é o que espera os novos territórios conquistados pela Rússia.

O imperialismo multipolar

Quando Putin fala de livrar o mundo da hegemonia americana ou até de “anti-colonialismo” (!), não se está a referir à criação de uma ordem mundial mais igualitária.

O “mundo multipolar” de Putin é um mundo no qual a democracia e os direitos humanos já não são considerados valores universais e as chamadas “grandes potências” têm rédeas soltas nas suas respetivas esferas de influência geopolíticas.

Isto significa essencialmente restaurar o sistema de relações internacionais que existia nas vésperas da Iª e da IIª Guerra Mundial. Este “admirável mundo velho” seria um lugar magnífico para ditadores, governantes corruptos e a extrema-direita. Mas seria um inferno para trabalhadores, minorias étnicas, mulheres, pessoas LGBT, pequenos países e todos os movimentos de libertação.

Uma vitória de Putin na Ucrânia não restauraria a situação pré-guerra, criaria um precedente mortífero dando às “grandes potências” o direito a guerras de agressão e perigo nuclear. Seria o prólogo para novas catástrofes militares e políticas.

A que conduziria uma vitória do putinismo na Ucrânia?

Um vitória de Putin significaria não apenas a subjugação da Ucrânia mas também a submissão de todos os países pós-soviéticos à vontade do Kremlin.

Dentro da Rússia, uma vitória do regime iria manter um sistema definido pelo securitarismo e pelo domínio da oligarquia dos combustíveis fósseis sobre as outras classes sociais (acima de todo sobre os trabalhadores) e a pilhagem dos recursos naturais às custas do desenvolvimento tecnológico e social.

Ao invés, a derrota do putinismo na Ucrânia provavelmeente impulsionaria os movimentos de transformação democrática na Bielorrússia, no Cazaquistão e noutras antigas repúblicas soviéticas, assim como na própria Rússia.

Seria de um otimismo exagerado alegar que a derrota na guerra iria automaticamente levar a uma revolução. Mas a história russa está repleta de exemplos de contratempos militares no estrangeiro que levaram a mudanças importantes no país – incluindo a abolição da servidão, as revoluções de 1905 e 1917 e a Perestroika nos anos 1980.

Os socialistas russos não precisam de uma “vitória” para Putin e para os seus comparsas oligarcas. A todas as pessoas que verdadeiramente desejem a paz e que ainda acreditem no diálogo com o governo russo que exijam a retirada das suas tropas dos territórios ucranianos. Qualquer apelo à paz que não inclua esta exigência é hipócrita.

  • Fim à guerra! Solidariedade contra a invasão da Ucrânia por Putin.
  • Fim do recrutamento! Os russos não são carne para canhão.
  • Liberdade para os presos políticos russos!
  • Liberdade para a Rússia! 


  

Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com