di Michele Nobile
1. 1939-2022: il passato che non passa, fra tragedia reale e farsa delle giustificazioni
2. 1939-2022: i comunisti «moscoviti» dalla scelta tragica alla ripetizione farsesca
3. 1939: la tragedia del Patto Hitler-Stalin e della duplice invasione della Polonia.
4. 2022: la farsa della «necessità di proteggere» e la tragedia della distruzione dell’Ucraina
1. 1939-2022: il passato che non passa, fra tragedia reale e farsa delle giustificazioni
La storia a volte si ripete, prima come tragedia poi come una farsa, scrisse Karl Marx. Eppure, sapeva benissimo che la ripetizione non è mai veramente tale, perché eventi esteriormente simili vanno spiegati mediante la loro specificità storico-sociale. Quindi, è proprio la differenza di contesto che genera la sensazione della ripetizione come farsa. Il farsesco non sorge dal concreto svolgimento dei fatti, che possono essere quanto mai tragici, bensì nella ripetizione di motivi e di pose, nella soggettività degli attori e nelle interpretazioni dei commentatori.
Civili di Enerhodar bloccano la strada per la centrale nucleare di Zaporižžja ai militari russi, 2 marzo 2022
Anche nella guerra russo-ucraina si può ritrovare la dialettica di reale tragedia umana e di farsa nella ripetizione degli argomenti. Per molti motivi, il termine di paragone più pertinente è l’invasione della Polonia da parte dell’Unione Sovietica, iniziata il 17 settembre 1939, a cui seguì l’annessione delle parti occidentali dell’Ucraina e della Bielorussia, prima incluse nello Stato polacco1. Obiettivamente, il confronto è suggerito sia dalla geografia, sia dal valore periodizzante che gli eventi del 1939 e del 2022 hanno per la storia mondiale. Auguriamoci che gli sviluppi del 2022 non siano gli stessi del 1939. |
Sul piano della soggettività il precedente del 1939 è rilevante sia per il grande rilievo che le memorie del passato hanno direttamente sul presente, sia per le questioni di metodo e politiche che tornano a rivivere nel 2022. A suo modo, ce lo dice lo stesso Vladimir Putin. Non è affatto di secondaria importanza che nel discorso giustificativo dell’invasione dell’Ucraina egli abbia denunciato quel che ha definito il «genocidio» della popolazione russofona in Donbas da parte degli «estremisti nazionalisti» e dei «neonazisti» ucraini, a cui ha attribuito anche l’intenzione d’entrare in possesso dell’arma nucleare2. Demagogia assurda, vista la distruzione causata dall’invasione e ricordando che nel 1994 l’Ucraina volontariamente cedette alla Russia un ricchissimo arsenale nucleare, rinunciando alla posizione di terza potenza nucleare mondiale. Gli argomenti di Putin sono gli stessi già utilizzati dagli Stati Uniti e dai «volenterosi» alleati» per giustificare le loro aggressioni (la necessità «di proteggere» la popolazione e di eliminare presunte armi di distruzione di massa), ma sono principalmente rivolti verso il pubblico russo. L’intento di Putin è toccare il cuore dei russi, stabilendo un filo diretto tra l’«operazione speciale» del 2022 contro i «nazisti» ucraini e la Grande guerra patriottica 1941-45 contro il Terzo Reich. Ovviamente, egli tocca anche il cuore di tutti coloro che nella sinistra «occidentale» - l’Occidente, entità vaga, mistica quanto l’Oriente - nutrono nostalgia per l’estinta Unione Sovietica e hanno una visione mitologica dell’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale iniziata nel 1939, non nel 1941.
Parte della sinistra «occidentale» prova piacere nella rievocazione della gloria dell’Armata rossa ma non comprende quel che, invece, è chiaro al cittadino russo: che la narrazione della Grande guerra patriottica (la seconda dopo quella contro l’invasione napoleonica) non riguarda il socialismo ma la storia dei sacrifici e delle rinascite della Russia millenaria, ora segnata dalla lotta contro l’Occidente liberale e decadente, teso a distruggere la civiltà russa quale portatrice dei sacri valori della tradizione ortodossa e, quindi, a impedire che essa realizzi la sua «missione» nel mondo. Che per il nazionalismo grande-russo è sempre la costruzione o ricostruzione di un impero o di una sfera d’influenza imperiale, di quel che si dice il «mondo russo».
Avanti dirò quali siano le ulteriori conseguenze di questa particolare visione della Seconda guerra mondiale. Ora noto un paradosso. Se in una prima fase lo statalismo autoritario del regime di Putin si poteva inquadrare nella tradizione imperiale volta a «modernizzare» la Russia attraverso l’integrazione nell’Occidente e la collaborazione paritaria con le altre grandi potenze capitalistiche, adesso politica e retorica del regime russo rientrano nei parametri ideologici dell’eurasiatismo, che è la variante russa di un progetto di tipo fascista o nazional-socialista3. Fino al 2011-12 chi scrive considerava l’eurasiatismo - di cui Aleksandr Dugin è il più noto esponente contemporaneo - come una curiosità, come l’opposizione fascista o rossobruna al regime con a capo Putin - di destra ma opportunista dal punto di vista fascista - ben presente nei mass media e negli ambienti intellettuali ma non rilevante per comprendere il pragmatismo della politica estera russa. Da allora le cose sono cambiate: questa variante russa dell’ideologia fascista non è più, nel complesso, qualcosa di esterno al regime. Al contrario, pur senza i voli pindarici dei teorici eurasiatisti, la retorica di Putin e degli alti funzionari statali è ora in linea con questa ideologia. E a quanto pare, lo è sempre più anche nella pratica, massimamente per quanto riguarda l’Ucraina, a partire dall’annessione della Crimea nel 2014. La fluida nozione del «mondo russo» esteso oltre i confini della Russia ora si concretizza nel progetto imperiale dell’unione eurasiatica. È innanzitutto per questo motivo che si deve considerare come un alibi o un pretesto l’argomento per cui l’aspirazione ucraina ad entrare nella Nato costituirebbe una minaccia esistenziale per la Russia. Questo alibi è parte di una narrazione nazionalistica e imperiale che ha lo stesso valore della presunta minaccia che Cuba e il Nicaragua potevano avere per gli Stati Uniti. Al contrario, come si vede nei fatti, è il progetto imperiale eurasiatico che costituisce una minaccia per l’esistenza di una autonoma nazionalità ucraina e di uno Stato ucraino indipendente.
E dunque il paradosso è questo: Putin si riferisce alla guerra sovietica contro il nazismo per legittimare un regime che è quanto di più vicino al fascismo esista ora in Europa; rievoca la lotta dei popoli sovietici contro l’imperialismo nazista per giustificare il tentativo di colonizzare l’Ucraina. L’espediente retorico presuppone la giustificazione stalinista dell’invasione della Polonia e la falsificazione della realtà storica. Ma anche altro.