Liberiamo l’acqua dalla Borsa
di Riccardo Petrella
“Il valore non è un prezzo” è il titolo della rivendicazione (non petizione) che change.org ci ha aiutato a diffondere in Italia a partire dal 20 novembre (vedi https://chng.it/p8w8y4qP): un capovolgimento di prospettiva umana “vogliamo l’acqua bene comune pubblico mondiale e fuori della Borsa”.
Quel che è di grande incoraggiamento, oltre che di contentezza, è che in soli 15 giorni, a partire dal 20 novembre, quasi 50.000 donne e uomini del nostro paese hanno apposto la loro firma ad un capovolgmento delle credenze culturali e sociali e delle scelte economiche e politiche oggi imperanti.
Anzitutto, un capovolgimento riguardo i criteri di definizione del valore delle cose, della vita. I firmatari hanno sconfessato la credenza imposta dai gruppi sociali dominanti che il prezzo di mercato definisce il valore di un albero, di un vaccino, di una conoscenza scientifica, di una innovazione sociale, di un gregge di pecore, di un calciatore, di un'operaia di Aia, di un'insegnante elementare, di un m³ d’acqua potable… Schierarsi a favore dell’idea che il prezzo dell’acqua, bene naturale essenziale per la vita, non è riducibile al suo prezzo di proprietà e di consumo, rappresenta uno schiaffo forte in faccia ai dominanti. Questi hanno imposto le tesi che non vi sono piu i diritti all’acqua, alla salute, all’alloggio, all’educazione, alla libertà… ma la capacità di accesso su basi eque e a prezzo abborddabile all’acqua, alla salute, all’alloggio, all’informazione digitale. Secondo loro, un prezzo è “abbordabile” soprattutto nel senso che dev'essere tale per consentire un livello di profitto “giusto” per il capitale investito!
In secondo luogo, un capovolgimento riguardo la dimensione storica della vita dalla quale partire per definire e riorganizzare le relazioni tra, fra poco, i 9 miliardi di persone che abiteranno la Terra insieme agli altri miliardi, ben più numerosi di esseri viventi (microbi, piante, animali). La rivendicazione sostiene che l’acqua dev'essere trattata come un bene comune mondiale, e non solo europeo, russo, africano-subsahariano, medio-orientale, Usa, vuoi italiano, keniano, bengalese, coreano, costaricano, israeliano o turco. Firmando, i cittadini hanno espresso una coscienza nuova concreta della condizione umana e cioé la mondialità effettiva della comunità di esistenza e del divenire della vita della Terra. L’acqua é mondiale e così dev'essere (dobbiamo imparare) il governo della politica dell’acqua oggi in mano ai gruppi oligarchici delle grandi compagnie miultinazionali dell’acqua e, con la messa in Borsa dell’acqua, dei fondi d’investimento globali speculativi. Inoltre, i firmatari hanno aderito all’affermazione che l’acqua è un bene comune mondiale pubblico. Ci vuole incoscienza o deliberata convizione per rivendicare tale scelta in un’epoca in cui i gruppi sociali dominanti sono riusciti a demolire il concetto di pubbllico (specie quello statuale). L’acqua pubblica è stata eliminata dal linguaggio corrente e fa sempre meno parte della narrazione etica, sociale e politica della vita.
Cosi, cosa che sembrava impossibile, i firmatari hanno sconfessato il principio accettato da molti governi e poteri pubblici che e non si può lottare contro la presa di controllo mondiale della vita da parte della finanza privata. Per molti, mettere in questione la potenza della finanza privata e in partcolare degli operatori in Borsa è irrealistica e velleitaria, da Don Quisciotte. Ebbene, quasi 50.000 donne e uomini in Italia hanno cominciato una nuova battaglia.
Dal 25 ottobre scorso la battaglia è diventata ancor più necessaria e dura. Su pressione e iniziativa del fondo d’investimento più potente al mondo, Black Rock, la borsa di New York (“Wall Street”) ha deciso di creare una nuova classe di averi finanziari, i Natural Assets, gestiti da una nuova categoria d’imprese, le NAC (Natural Assets Companies), Secondo la proposta di Black Rock si tratta a termine di gestire il 30% del mondo naturale della Terra attraverso i meccanismi delle transazioni finanziarie in Borsa, la cosidetta “monetizzazione della natura” (“nature pricing”). La vita trasformata in averi finanziari! Che bel progetto.
Le 50 mlla firme sono una bella soffiata di ossigeno culturale e politico per “ridare” un senso “spirituale”, etico e sociale alla vita. Esse rappresentano un piccolo passo di un lungo percorso collettivo mondiale all’insegna di “il valore non è un prezzo”.
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