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domenica 10 novembre 2019

GESÙ E I SUOI «CUGINI»

dal libro di Roberto Massari

Introibo (teste Paulo)

Alle prime due volte in assoluto (cioè nella storia) in cui nel Nuovo Testamento si afferma che Gesù ebbe dei fratelli è molto facile assegnare delle date e un nome.
La prima volta, intorno alla Pasqua del 54, nella lettera che Paolo scrisse ai giudeo-cristiani di Corinto da Efeso o dalla Macedonia. L’Apostolo delle genti rivendicava il diritto per i propri seguaci di portare con sé le compagne o le mogli come già facevano «gli altri apostoli e i fratelli del Signore» (1Cor 9: 5).
La seconda volta fu più o meno nello stesso periodo o poco dopo, raccontando alla comunità dei galati la sua prima visita a Gerusalemme, quando aveva incontrato «Giacomo, il fratello del Signore» (Gal 1: 19).

Paolo ha lasciato scritto anche come nacque Gesù, avendo Dio inviato «il suo Figlio nato da donna, nato sotto la Legge» (Gal 4: 4): quindi nessun accenno a miracoli o futuri miti della verginità di Maria, nessun nome di un padre «carnale» per Gesù e l’esplicito riconoscimento dell’avvenuta circoncisione secondo le prescrizioni della Torah.
Tralasciando per il momento il mito del concepimento verginale, se questo mio lavoro avesse l’unico scopo di dimostrare che Gesù ebbe dei fratelli o fratellastri uterini nati dopo la sua nascita da Maria, potrei fermarmi qui e chiudere il libro. Risparmierei a me la ricerca e al lettore il lungo viaggio nella tradizione esegetica normalmente evocata da coloro che nel passato già difesero la testimonianza paolina. Ma ci risparmieremmo anche l’altra esegesi, quella che l’apologetica cattolica ha prodotto dal III-IV sec. in poi, e continua a produrre ancora nel Terzo millennio, per dimostrare che Gesù non ebbe fratelli/fratellastri e che Maria rimase «sempre vergine». L’argomento principe della dottrina cattolica è infatti che gli evangelisti, scrivendo (in greco) riguardo ai fratelli di Gesù, intendevano parlare in realtà di «cugini» (secondo alcuni) o di non meglio precisati «parenti» (secondo altri), scontando un limite linguistico dell’aramaico che non ha un termine specifico per «cugino» e quindi può confondere i due gradi di parentela.
Per questo affermo che il libro potrebbe fermarsi qui, giacché la questione è risolta da quasi duemila anni grazie a Paolo e alle sue due lettere scritte tra il 54 e il 55. Nella storia, quindi, i primi cenni all’esistenza di fratelli di Gesù li dobbiamo a un celebre ebreo (tribù di Beniamino), forse della Cilicia (ex regno seleucide), grecofono bilingue (At 21: 40), conoscitore di altri idiomi (forse il siriaco), ma che scriveva solo in greco.
È anche escluso che egli si fosse fatto influenzare da un presunto «errore» degli evangelisti, che parlano normalmente di fratelli (e sorelle) di Gesù, con Marco e Matteo che ne elencano addirittura i quattro nomi: nel 54-55 i vangeli ancora non erano stati scritti, con l’eccezione di Mc, che comparve più o meno nello stesso periodo riscuotendo il plauso di Paolo (come dimostrerò), privo comunque di qualsiasi riferimento alla nascita di Gesù o alla verginità di Maria, sia per il concepimento sia per il resto della vita.
È decisivo invece il fatto che Paolo incontrò di persona Giacomo come capo della comunità gerosolimitana in almeno tre occasioni ufficiali (Gal 1: 18-19; 2: 1-10; At 21: 17-26). Non aveva quindi bisogno di consultare testi per sapere se Giacomo fosse veramente fratello di Gesù e figlio di Maria. Non doveva nemmeno chiederglielo, perché lo «stato di famiglia» gesuano poteva essere solo arcinoto nell’ecclesia di Gerusalemme. E in realtà Paolo non ci ha lasciato solo una «notizia», di cui valutare filologicamente l’attendibilità, ma una testimonianza diretta, di vita vissuta a tutti gli effetti. Senza contare il fatto che stiamo parlando di un testimone d’eccezione: il fondatore del cristianesimo.

I successivi espedienti esegetici - elaborati a partire dal IV sec. da Girolamo e da alcuni Padri della chiesa, proseguiti dall’apologetica medievale e fino ai nostri giorni (ancora nel 2010 è apparso in Italia un nuovo libro per dimostrare la teoria della «cuginanza») - hanno sempre cercato d’ignorare le testimonianze di Paolo. Ma cos’altro avrebbero potuto fare, dato il comune riconoscimento che le sue prime lettere sono autentiche, non manipolate (alcune erano già note a Clemente Romano nel 96 e altre a Ignazio d’Antiochia verso il 110) e si considerano i primi testi della Cristianità a noi pervenuti?
Il resto del NT invece è posteriore (di poco) alle prime lettere paoline, sospetto d’interpolazioni e oggetto di diatribe sulle lingue in cui fu scritto, i papiri o codici in cui fu trovato, le tradizioni che l’hanno tramandato, l’autenticità dei testi canonici o apocrifi.
Al dato testimoniale epistolare aggiungo una considerazione d’ordine logico-storico (la prima delle molte presenti nel mio libro). Nel 54-55, quando Paolo scriveva le lettere citate, era esploso nuovamente il conflitto tra la sua corrente (il cosiddetto «paolinismo») e quella capeggiata da Giacomo e Pietro (il cosiddetto «giudeo-cristianesimo») - conflitto che invece si era temporaneamente assopito dopo l’assemblea di Gerusalemme del 49/51. Paolo era tornato a considerare Giacomo come suo principale avversario e favorì in ogni modo la campagna di denigrazione nei confronti suoi e dei suoi famigliari, quale si può individuare facilmente nei vangeli canonici e negli Atti, secondo la lettura che proporrò di determinati passi. Ebbene, se avesse potuto evitarlo, non avrebbe riconosciuto a Giacomo il titolo di «fratello del Signore», che all’epoca conferiva ipso facto al suo avversario il titolo onorifico di membro per consanguineità della dinastia davidica e quindi il carisma indispensabile per essere eletto primo episcopo dell’Ecclesia gerosolimitana.
Ma allora, visto che il dato storico dell’esistenza di fratelli di Gesù è confermato in maniera così semplice e incontrovertibile, per quale ragione proseguire la riflessione?
Per una questione molto più importante della presunta duplice verginità di Maria, che ritengo vada risolta per la sua rilevanza storiografica, ma che nessuno ha provato a farlo prima di me. Formulo l’interrogativo in questi termini: perché la Chiesa delle origini non si limitò a elaborare il mito del concepimento verginale - come molte religioni antiche o moderne - ma volle aggiungervi il mito della verginità perpetua? A quali necessità rispondeva tale estensione del mito? Devozionali, politiche o un misto di entrambe?
Ecco, il fatto che i conti non tornassero in chiave storica per un supplemento dottrinale così anomalo - ma così caratteristico del cattolicesimo fin dall’epoca della Patristica - mi ha spinto a riesaminare l’intera questione dalle origini per trovare una spiegazione, che ovviamente non anticipo per non togliere il gusto della lettura.
Quando iniziai il lavoro alcuni anni fa, disponevo solo di un’intuizione e non ero sicuro di poterla dimostrare. Ora, al termine del viaggio, sento in piena coscienza di avercela fatta e quindi di aver sciolto un nodo che considero fondamentale per la storia del cristianesimo - che è ovviamente storia di noi tutti, anche dei non credenti o di chi affidi l’apparente inspiegabilità del senso della vita umana ad altre credenze religiose.
Devo aggiungere che il viaggio è stato affascinante, pieno di scoperte e di diramazioni secondarie. Queste mi hanno spinto più volte a far rivivere vicende culturali, artistiche o ermeneutiche (interpretative) non collegate troppo direttamente al tema centrale.
Offro il mio lavoro alla comprensione fraterna del lettore cui auguro di trovarvi non solo risposta a eventuali suoi dubbi o interrogativi, ma anche il piacere di assaporare pagine poco frequentate della nostra comune storia culturale. Mi sentirei veramente defraudato se, dopo aver letto e consultato varie centinaia di opere antiche e moderne (tra le migliaia esistenti sui temi qui trattati), dovessi concludere di non aver detto nulla di nuovo. Giudicherà comunque il lettore seguendo, spero, l’avviso di Lucrezio:
omnia enim stolidi magis admirantur amantque,/ inversis quae sub verbis latitantia cernunt,/ veraque constituunt quae belle tangere possunt/ auris et lepido quae sunt fucata sonore
«Infatti gli sciocchi ammirano e amano di più ciò che scorgono nascosto sotto termini ambigui e considerano vero ciò che possono agevolmente percepire con le orecchie, imbellettate da gradevoli suoni» (De rerum natura, 1: 640, trad. r.m.).


Dati acquisiti: certi, probabili, ipotetici

Mentre mi avvicino alla conclusione di questa lunga camminata nelle origini del culto mariano, vorrei cominciare a ricapitolare brevemente i dati fin qui acquisiti. Vale a dire gli elementi che ritengo da me dimostrati teoricamente, salvo miei futuri ripensamenti dovuti a critiche convincenti (vale a dire documentate meglio di quanto abbia potuto fare io stesso o gli studiosi che mi hanno preceduto, e che spero di aver citato secondo i loro meriti) o alla scoperta di nuovi elementi paleo- o epigrafici a tutt’oggi ignoti.
Se si rileggono i titoli dei paragrafi nell’Indice iniziale, si ha un’idea generale della strada percorsa fin qui e delle questioni da me affrontate con particolare attenzione, anche se spesso le ho corredate di parentesi che prego considerare parte integrante della «narrazione» e non semplici divagazioni letterarie (o comunque non solo tali). Aggiungo che gli elementi acquisiti, probabili o ipotetici che sto per elencare, hanno tutti una rilevanza diretta o indiretta per il discorso mariologico centrale da me proposto.


Credo di aver dimostrato (da solo o valorizzando gli studi di altri) i seguenti punti:
1) Che il Corano è la Sacra scrittura che ha prestato la maggiore attenzione alla figura di Maria e la più ingenua fede nella sua verginità.
2) Che la mariolatria domina in forma crescente la dottrina della Chiesa cattolica e la pratica dei suoi fedeli, contrassegnandole sempre più in senso ginemorfico.
3) Che questo ginemorfismo ha toccato vertici surreali con invenzioni ufficiose o ufficiali come il concepimento auricolare, l’insufflazione, i dogmi della duplice verginità e dell’Immacolata concezione, le mariofanie ecc.
4) Che Maria fu madre effettiva di cinque maschi e di due o più femmine, ma che di tutti/e costoro si è voluta ignorare a lungo la paternità «secondo la carne».
5) Che il greco antico era molto preciso nella sua terminologia parentale, pur potendo esistere, a seconda degli autori, la confusione tra «fratelli/sorelle» e «fratellastri/sorellastre», ma non certo tra «fratelli» e «cugini».
6) Che la questione annosa del «fratelli o cugini» nei vangeli si risolve facilmente con un détournement di tipo situazionistico, provocando una liberatoria ilarità.
7) Che i vangeli canonici furono scritti in greco e non in aramaico, ammettendo la possibilità che solo una prima stesura di Mt - la raccolta dei suoi loghia o detti - sia stata scritta in ebraico (o aramaico?). Quest’ultimo dubbio permane a causa dell’assenza totale di reperti paleografici evangelici in ciascuna delle due lingue semitiche.
8) Che i vangeli sinottici (qui provvisoriamente rinominati 1Mc, 2Mt e [1]Lc) furono scritti tutti nel 6° decennio (anni 50), certamente prima del 70, ma anche prima del 62.
9) Che gli scarsi accenni profetici alla distruzione del Tempio e di Gerusalemme sono di origine veterotestamentaria (apocalittico-tellurica) e non riguardano la Guerra giudaica del 66-70. Potrebbe fare eccezione (forse) la breve interpolazione «militare» in Lc.
10) Che tale guerra, con il suo esito disastroso, rappresentò uno spartiacque epocale per Israele e per la nazione giudaica, del quale sarebbe stato impossibile non tener conto, anche se ancor oggi tale sottovalutazione cronologica permane tra molti biblisti.
11) Che anche Gv - parallelo con Tm - fu composto quasi certamente prima del 62.
12) Che Giovanni evangelista non viene mai nominato nell’intero NT (a parte Gv che parla di se stesso), probabilmente per il carattere mistico-gnostico del suo vangelo.
13) Che nella decade del 50 furono composte anche le raccolte di «detti» di Matteo, di Tommaso e del presumibile «Protovangelo di Filippo» (quest’ultima ipotesi è mia).
14) Che gli Atti furono terminati tra il 61 e il 62 (l’epilogo fu aggiunto ± nel 63).
15) Che il soprannome di Simon Pietro fu Barjona/Ribelle (poi Kephas/Roccia) e che molti apostoli e discepole (come la Magdalena) utilizzavano nomi di battaglia.
16) Che Gesù fu un guaritore-taumaturgo e gli apostoli, oltre che dei ribelli, furono per alcuni anni anche un gruppo di guaritori professionali.
17) Che dopo Gesù il titolo di «profeta» dilagò nel movimento paolino-gesuano, creando la professione apostolica del profeta giudeo-cristiano (anche taumaturgo).
18) Che il profetismo cristiano si alimentò di tradizioni precedenti, ma sviluppò una propria fede nel profetismo pagano (Sibille, Istaspe ecc.) giunta sino ad Agostino e oltre.
19) Che l’apocalittica cristiana aveva radici nell’apocalittica pagana oltre che veterotestamentaria e si mescolò successivamente con il profetismo del punto precedente.
20) Che il misticismo mariano nacque alle soglie del medioevo e rivisse nel pietismo di lingua tedesca.
21) Che il pietismo favorì lo sviluppo della cristologia di lingua tedesca; e il movimento operaio presocialista e marxista (Engels, ma soprattutto Kautsky) dovette tener conto di tale tradizione.
22) Che nei vangeli si predicava il rispetto rigoroso dell’ortodossia ebraica e della Torah, e che tale aspetto subì tagli e censure d’ispirazione paolina e filoromana.
23) Che lo gnosticismo ha ispirato variamente la redazione dei testi canonici o apocrifi scritti in forma di raccolte di detti (1Mt, Tm, «Protovangelo di Filippo») oltre che Gv.
24) Che l’occupazione militare romana nella Palestina di Gesù fu un fattore determinante, in grado di condizionare ogni genere di comportamento politico e religioso.
25) Che nei vangeli sono rimaste labili tracce dell’ostilità apostolica antiromana.
26) Che la moneta del «date a Cesare» poteva raffigurare il volto di Domiziano.
27) Che Giacomo il minore o Giusto fu fratellastro uterino di Gesù e primo episcopo della comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme contestato da Paolo.
28) Che il padre di Giacomo e dei suoi fratelli e sorelle, secondo sposo di Maria madre di Gesù, fu Alfeo (forse in levirato, se questi fosse stato fratello di Giuseppe).
29) Che nel silenzio del NT su e di Maria (a parte i racconti della Nascita interpolati in Mt e Lc), risaltano il modo freddo e scostante con cui è trattata, e l’assenza dell’attributo «vergine» a lei riferito. (L’unica volta [Lc 1: 27] è sinonimo di fanciulla nubile.)
30) Che su Maria e il suo mito verginale i primi Padri in generale tacciono.
31) Che si è voluto camuffare la presenza attiva di Maria nella vita del movimento.
32) Che Maria è assente dall’iconografia e dall’epigrafia dei secc. II-III. Per il III vi sono solo due raffigurazioni certe e una possibile nella catacomba di Priscilla. Ciò a fronte di un’ampia diffusione di temi iconografici catacombali tratti dalla Bibbia (AT e NT).
33) Che nel NT Gesù non ha patronimico e gli evangelisti non chiamano mai Giuseppe padre suo. Mt e Lc non interpolati presentano Maria incinta prima del matrimonio. Anche la tradizione rabbinica attribuisce il suo parto a un rapporto prematrimoniale.
34) Che l’inserzione dei racconti della Nascita in Mt e Lc fu motivato proprio dalla polemica sul rapporto prematrimoniale di Maria, all’epoca considerato «illegittimo».
35) Che nella letteratura talmudica il padre «illegittimo» è indicato col nome Pantera (e sue varianti). Ciò non solo in testi diffamatori - come si continua a ripetere riesumando più o meno inconsapevolmente la funesta teoria del «complotto giudaico» - ma anche nell’indicazione corrente del patronimico gesuano. Yeshū’ ben Pantera è quindi l’unico patronimico con base storica, attestato da due diverse tradizioni (greca ed ebraica).
36) Che il soprannome «Pantera» ha una sola attestazione di origine mediorientale per il sec. I (Tiberius Iulius Abdes Pantera) ed è falso che fosse comune tra i legionari.
37) Che i testi rabbinici fornirono solo il patronimico di Pantera per Gesù, presentato in genere come mago o guaritore. Celso fu l’unico che definì Pantera un «soldato», a riprova che il filosofo si avvalse anche di fonti non ebraiche e che l’epigrafe del legionario fenicio nella Römerhalle coincide straordinariamente con le sue parole.
38) Che le anomalie evangeliche che accompagnano sistematicamente il nome della città di Sidone possono avere un rapporto con l’origine fenicia del legionario Pantera.
39) Che la polemica patristica su Pantera è giunta fino ai nostri giorni, fornendo alimento ai dogmi mariolatrici e all’attuale mutazione ginemorfica della Chiesa cattolica.
40) Che tra la questione della discendenza davidica, l’«illegittimità» della nascita, l’ostilità dei vangeli verso i famigliari consanguinei di Gesù e il mito della verginità perpetua esiste un rapporto. Questo fu politico-religioso alle origini, anche se poi assunse funzioni e significati molto diversi. Ed esso si può sintetizzare nella necessità della Chiesa paolina di interrrompere la discendenza davidico-gesuana-giacomita nell’elezione dell’episcopo di Gerusalemme. Tale automatismo fu abrogato dapprima attribuendo a Gesù nei vangeli un’esplicita ostilità verso tutta la sua famiglia e poi definitivamente con l’affermazione che Maria non ebbe altri figli oltre a Gesù.


INDICE

Abbreviazioni utilizzate (7)
Autopresentazione (9)

Introibo (teste Paulo) (11)

I. Il culto della verginità mariana nell’Islam
Maryam coranica (13) - Versetti neosatanici? (22) - La goccia di sperma (30)

II. «Per vedere l’effetto che fa»
Un détournement teologico-lessicale (interattivo) (34) - Ilarità vs. dogma (37)

III. Due dogmi verginali molto diversi
Nato da una vergine (41) - Vangeli discordanti (43) - Quattro dogmi ginemorfici sulla fisicità di Maria (47) - Concepimento auricolare (conceptio per aurem) (54) - «A seconda dei manoscritti...» (57) - āḥ e ’āḥôt, ’ăḥā’ e ’ăḥata (60) - Fratellastri e sorellastre in greco antico (61) - Discendenze bibliche miticamente incestuose (62) - Verginità perpetua (64) - L’«Umana famiglia» con fratelli e sorelle (65) - Identificazione forzata di adelphòs con sinepsiòs (69)

IV. Cronologie, profezie e distopie apocalittiche
La questione dei vangeli in aramaico (71) - I reperti paleografici (80) - La trasmissione orale (86) - Cronologia evangelica: uno spartiacque fondamentale (90) - Pietra su pietra (97) - Kepha→petra/Petros→Petrus→Pietro [Barjonā] (104) - Profezie apocalittiche (115) - Profeti e profetesse (116) - I due Filippi, datazione degli Atti e di Lc (120) - Trasformazione professionale del profetismo (126) - Culto delle Sibille e misoginia (128) - Libri e Canti sibillini (134) - Apocalisse di Istaspe (139) - Distopie e utopie apocalittiche (141) - Il Pastore di Erma e cenni sul Canone (146) - Datazione dei sinottici (Mc e Mt) (149) - La lettera di Mar Saba e i «detti» di Matteo (161) - Accenno al Quarto Vangelo e al Vangelo di Verità (175)

V. Misticismo mariano, illuminismo e marxismo
Il misticismo tedesco (187) - Mater dantesca di Dostoevskij e apocatastasi (189) - Intermezzo più o meno «ottocentesco» (195) - Intermezzo più o meno «marxista» (205)

VI. Una «Sacra famiglia» allargata e molto umana
I silenzi di Maria nel Nuovo Testamento (215) - Nozze&vino a Cana (219) - La fonte Q (222) - L’ebraismo dei Vangeli (225) - Ancora sulla redazione dei Sinottici e il Testimonium flavianum (227) - Giuseppe téktôn evanescente (233) - L’ipotesi del levirato (238) - Testimonianze e autoinvestiture (242) - Nascite verginali di vario genere (246) - «Primogenito» vs. «unigenito» (249) - La santa «cuginanza» (252) - «Figlio dell’uomo» (253) - Madri, sorelle e zie (256) - Maria di Cleopa (262) - Dissapori con i fratelli/fratellastri (265)

VII. L’occupazione militare romana
Spqr [Sono «porci» questi romani] (268) - Un po’ di numismatica in area palestinese (271) - Date a Domiziano quel che [non] è di Domiziano (280)

VIII. Omonimie, genealogie, toni antimariani
Il gioco dei tre Giacomi (283) - Giacomo presunto figlio di Clopas/Alfeo (284) - Il secondo sposo di Maria (287) - Giacomo di Zebedeo (289) - Giacomo il Giusto, fratello/fratellastro di Gesù (290) - L’ossario di Giacomo (falso o vero?) (298) - Fuga di Pietro e scambio dei Giovanni (299) - Le prime manipolazioni neotestamentarie (304) - La parola a storici e filosofi dell’Antichità [Flavio Giuseppe, Eusebio, Egesippo, Giulio Africano, Tertulliano, Epifanio, Girolamo, Agostino] (306) - Discrepanze genealogiche e riferimenti antimariani (313) - Pionieristica tolleranza sessuale (316)

IX. Un’antica ipotesi e i riferimenti talmudici
Celso (e Porfirio) contro i cristiani (319) - Yeshū’ ben Pantera (320) - Sui guaritori giudeo-cristiani (323) -Yeshū’ ben Pandera [Pandira] (333) - Intermezzo su Barabba «figlio di Dio» (349) - Convergenza unitaria dei riferimenti talmudici (352) - Giovanni Damasceno (356) - Una statua e un’epigrafe (357) - Datazione della nascita (361) - Nazaret (365) - Una serie di coincidenze (366) - Parentesi preliminare sulla donna cananea (367) - A Tiro e Sidone: un viaggio inspiegabile (369) - Cosa aveva di speciale Sidone? (371) - I presunti viaggi all’estero di Gesù [Roza Bal, Glastonbury, America, Saintes-Maries-de-la-Mer] (374) - Salvate il soldato Pantera... (379) - E se fosse la storia di un amore vero? (384)

X. La prima Patristica, la Gnosi e altre Marie
Fratelli o fratellastri nella prima Patristica [Origene] (386) - Dalla Settanta a Girolamo (388) - Da Elvidio in poi (393) - Maria la Magdalena (395) - Dio Padre-Madre (404) - Maria di Betania (409) - Ber(e)nike/Veronica (412)

XI. Discendenza davidica e verginità perpetua
Mariolatria vs. mariologia (419) - Dati acquisiti: certi, probabili, ipotetici (423) - Il patronimico che non c’è (425) - Perché l’ostilità verso Maria e la famiglia di Gesù (429) - Verginità perpetua: tre ragioni per interrompere la discendenza davidica (440) - La «croce» della Chiesa... (449)
Possibile albero genealogico di Gesù  (452)
Indice dei nomi (453)


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