Chi, il Generale [Lee]? Oh, ma quello non è mica mio. I gatti non hanno padroni.
[dal film Il Grinta (1969), di Henry Hathaway]
[dal film Il Grinta (1969), di Henry Hathaway]
Il cinema contiene il genio e la provvidenza di tutti i dispotismi del nostro tempo… aiuta i popoli a non essere mai a corto di illusioni e ha la stravaganza anche di fare del proselitismo dottrinale, ideologico o mercantile, che è sempre stato il marchio del fanatismo innato o acquisito… volere anatomizzare un film di successo planetario equivale ad analizzare le vetrine di un centro commerciale. L'ingenuità tipica dei dogmatici del cinematografo porta al consenso un film furbo (Revenant - Redivivo), forse ben fatto, male interpretato e soprattutto inutile… sta con i trucidi cacciatori di pelli (spietati colonialisti amati dalla storiografia filmica hollywoodiana e dalla letteratura per ragazzi) e contro i nativi… gli indiani sono visti come esagitati in cerca di sangue e whisky… all'inizio fanno fuori un po' di usurpatori, poi pian piano diventano sempre più domestici… nell'ultima sfida tra il bene e il male a pagare è solo uno… il più terreno… quello che per denaro poteva sparare anche a sua madre… come del resto gli altri cacciatori. L'impulso della collera non sta mai nella ragione imposta, ma nella rivolta contro l'ingiustizia.
Fra gli uomini di genio che come Nietzsche, Rimbaud o Pasolini, ebbero il gusto e il coraggio della provocazione e del dissidio… nel cinema un posto non trascurabile spetta a Eric von Stroheim, autore immortale di opere come Rapacità (1924), Sinfonia nuziale (1926-1928) o Luna di miele (1928)… un uomo che aveva osato dare l'assalto alla "fabbrica di salsicce", Wollywood, come lui stesso la definiva, e per questo fu emarginato e costretto all'esilio: «Un genio, un uomo di immense capacità che è stato messo nell'impossibilità di nuocere, costretto per vivere a fare l'attore agli ordini di registi mediocri» (Abel Gance). Sono i poeti maledetti di ogni arte che disorientano detrattori e adulatori, interrogano i fanatismi e i conformismi di ogni tempo e lasciano le loro opere alla meravigliosa impertinenza che disvela e rende indecenti le mitologie mercantili/spettacolari della loro epoca.
Alejandro González Iñárritu, cineasta messicano di pregio, che molti addetti ai lavori hanno definito geniale… senza mai accorgersi che era un abile confezionatore di film sovente avvolti in una stupidità abissale, come Birdman… è baciato sulla bocca del successo da critica e pubblico. Come regista e sceneggiatore gli hanno conferito una pioggia di premi importanti (Oscar, Golden Globe, Bafta, Saturn Award)… naturalmente le mosche cocchiere della critica italiana non potevano non premiarlo con il David di Donatello - che è andato perfino ad un analfabeta del cinema, Luciano Ligabue, per Radiofreccia (1998). La magnificazione del personaggio segue l'entusiasmo generale ad ogni uscita delle sue opere, il fatto è che l'entusiasmo è la sintomatologia acclarata degli imbecilli.
Con Revenant - Redivivo, il regista messicano confeziona un prodotto da manuale per piccole marmotte americane… si aggiudica tre premi Oscar, compreso quello a Leonardo DiCaprio per la migliore interpretazione, e la risposta del botteghino è globale… del resto gli eroi, i santi e gli stupidi fanno parte della sacralizzazione dello spirito e della giustificazione della misericordia di dio e degli uomini di potere (il gesuita Francesco-papa sorride a tutti, s'infuria un pochetto con i pedofili, ma soprattutto tiene alto il consolidamento del potere clericale e il mantenimento della servitù volontaria della Chiesa). Ma non è possibile conciliare l'impostura del sacro con la libertà umana. Il mercato dell'economia, della politica, delle fedi non tollera il supplemento di esagerazione di quanti si chiamano fuori dalla macchina/cinema e i loro discepoli o servitori non possiedono né il talento né la forza dei disingannati della civiltà dello spettacolo che li affogano nel ridicolo e nella crocifissione del loro delirio di onnipotenza.
Revenant - Redivivo è un filmetto lungo 156 minuti, tratto (in parte) dal romanzo omonimo di Michael Punke: riprende la leggenda di Hugh Glass, un cacciatore di pelli, esploratore, trapper assoldato nel 1822/23 da una società che commerciava in pelli nei territori degli indiani Arikara… divenne famoso nel South Dakota per essere sopravvissuto all'attacco di un grizzly che lo azzannò al volto, alle gambe, al torso… i suoi compagni uccisero l'orso, in cambio di denaro lasciarono Glass in una barella con due trapper che lo abbandonarono, derubandolo del fucile e di tutto ciò che aveva… uno si chiamava John Fitzgerald, l'altro, appena un ragazzo, per alcuni storici era Jim Bridge, in seguito tra i più famosi esploratori del West. Sembra che Glass, senza armi né viveri, abbia vagato per più di 300 chilometri fino a raggiungere Fort Kiowa. Si riprese il suo fucile, forse venne ucciso e scalpato nei pressi del fiume Big Horne dagli indiani Arikara nel 1833. A volte ci sono giorni luminosi sul cammino degli oppressi.
La storia di Hugh Glass era stata già stata portata sullo schermo da Richard C. Sarafian nello splendido western Uomo bianco, va' col tuo dio! (Man in the Wilderness, 1971), con l'interpretazione straordinaria di Richard Harris e l'ironia libertaria di John Huston. Va ricordato che Sarafian è autore di uno dei migliori film della cultura radicale/alternativa degli anni settanta, Punto zero (Vanishing Point, 1971). Qui si butta alle ortiche ogni dottrina fondata sulla ragione di Stato… è un road movie che contiene la lacerazione di dio (e i suoi succedanei), quanto il rifiuto disperato di una stagione all'inferno (e ritorno) delle giovani generazioni in rivolta. L'ottimismo è la filosofia degli stolti, l'indignazione la lucida follia sovversiva degli utopisti.
Di Revenant - Redivivo. Iñárritu racconta la storia di Hugh Glass… il trapper, si è detto, nel 1823 è assunto come guida da una società che commercia in pelli. Gli indiani Arikara attaccano la spedizione (che depredava le loro terre e i loro animali, senza i quali sarebbero morti per fame) e uccidono molti uomini, si salvano una dozzina di cacciatori tra i quali Glass, il figlio Hawk, avuto dalla moglie indiana (Pawnee), ammazzata nella carneficina di soldati americani che danno alle fiamme il suo villaggio (?!). I cacciatori superstiti fuggono nei boschi… un grizzly assalta Glass e lo riduce in fin di vita. Il trapper riesce tuttavia ad uccidere l'orso con il suo coltello (gli taglia la gola). Il capitano della spedizione Henry cerca di curarlo, poi in cambio di 300 dollari lascia Glass con il figlio, il giovane Bridger e il cacciatore Fitzgerald (in attesa che muoia in pace). Gli Arikara cercano la figlia del capo rapita dai bianchi (i cacciatori francesi)… quando Fitzgerald vede un drappello di indiani cerca di soffocare Glass, Hawk lo sorprende, Fitzgerald lo uccide, getta Glass in un fossa e convince Bridger a lasciarlo al suo destino (gli portano via i viveri, il fucile e la borraccia).
Il trapper si trascina per i boschi… evita più volte gli indiani… si cura con fango ed erbe… mangia ciò che trova… dorme nella carcassa di un cavallo… uno strano indiano Pawnee che vaga per la pianura in cerca della sua tribù (?) lo cura con amorevolezza e l'uomo si riprende. Ripreso il cammino Glass s’imbatte nel gruppo di cacciatori francesi ubriachi mentre impiccano l’indiano che l’aveva salvato e uno di loro cerca di violentare la ragazza Arikari… Glass (alla maniera guascona di John Wayne ne Il Grinta (1969), ma con meno sfacciata autorevolezza), uccide tre francesi e libera la ragazza. Fitzgerald e Bridger giungono al forte e dicono che Glass è stato ucciso dagli indiani. Il capitano Henry vede la borraccia di Glass e accusa Fitzgerald e Bridger di averlo ucciso… Fitzgerald fugge con i soldi della cassaforte delle compagnie (che non ci appare per niente un delitto). Henry organizza una battuta per arrestare Fitzgerald… i cacciatori s'imbattono in Glass ormai stremato e lo conducono al forte. Glass scagiona Bridger dalle accuse di tradimento e dopo poche ore si è miracolosamente ripreso (?)… insieme a Henry si mettono alla ricerca di Fitzgerald, che uccide Henry con un colpo alla testa. Glass ingaggia un lotta cruenta con Fitzgerald e benché ferito gravemente ha la meglio e lo lascia morente sul letto di un fiume… un gruppo di indiani (tra i quali si vede la ragazza indiana salvata da Glass) s'avventano su Fitzgerald, e come è loro tradizione (?) - scrivono i babbei da tappeto rosso - lo sgozzano, lo scalpano e poi lo lasciano alla corrente del fiume… il lieto fine è per tutti e sancisce lo spettacolo di una civiltà senza domani.
Il soggetto di Revenant - Redivivo è tratto piuttosto liberamente da un libretto di Michael Punke (The Revenant)… alla sceneggiatura lavorano Iñárritu e Mark L. Smith… la prolissità è di rigore… alcune scene sfiorano il ridicolo (la liberazione della ragazza dai cacciatori francesi, la stanca ripetitività degli indiani alla ricerca della ragazza, l'indiano Pawnee che cura Glass e lo lascia al suo destino, l'intera chiusa del film)… i piani sequenza (un po' calligrafi) di Iñárritu sono la vera bellezza di un film raffazzonato (sostenuti dalla splendida fotografia macerata di blu e di neri di Emmanuel Lubezki e dalle musiche avvincenti di Ryūichi Sakamoto, Carsten Nicolai, Bryce Dessner). La sorpresa attoriale è Tom Hardy (John Fitzgerald), un cattivo di vaglio… Hardy riprende le corde interpretative dei grandi caratteristi del cinema western (vedi Jack Palance ne Il cavaliere della valle solitaria, 1953, di George Stevens, con Alan Ladd, un attore pietrificato nella sua condizione di star).
Leonardo DiCaprio si presta alle truccherie del personaggio di un film tutto al maschile… la donna qui è solo rievocazione onirica (figurata male) o oggetto di violenza (figurata anche peggio)… DiCaprio si rifugia nel vestito strappato del cacciatore ferito a morte… poche parole, pochi sguardi, un po' maldestro anche nel rendere accettabili gli accidenti della sua sopravvivenza (forse temeva di sporcarsi i denti quando mangia radici, e quando si risveglia dopo aver dormito nella carcassa di un cavallo sembra in attesa di un hamburger con ketchup e cipolle). La lotta finale con Fitzgerald non assume la fascinazione di quelle di John Wayne, Burt Lancaster, Kirk Douglas, Richard Widmark o Clint Eastwood, e nemmeno rimanda agli scontri da figurino per riviste femminili (prestato al western) di Clark Gable o alle battaglie per le famiglie a stelle a strisce di James Stewart. Sono rari gli attori che possono portare addosso l'eresia della frontiera americana e rappresentare l'ultima possibilità di rinvigorire le coscienze condannate alla fragilità dell'esistenza.
Il film di Iñárritu è certo un brutto film, incapace di chiudere il divenire di una leggenda (quella di Glass) nella storia di una stagione all'inferno dei colonizzatori sui colonizzati… al regista nemmeno gli passa per la testa il massacro degli indiani e vede i cacciatori di pelli come eroi che fecero l'impresa… affida a Revenant - Redivivo un supplemento d'autorità, l'idea che una masnada di imbecilli al soldo delle compagnie delle pelli (dell'oro, dell'acqua, del petrolio, delle banche) possa in qualche modo portare il benessere con i fucili in terre appartenute agli indiani da secoli… è un'idea di felicità piuttosto stupida… lo sgomento nasce sul pensare come si possa giustificare l'iniquità della ragione del più armato alla percezione d'eternità che lo sterminio degli indiani d'America ha portato con sé.
Il dileguamento della verità è stato sostituito alla catechesi dello spettacolo e all'espressione istituzionale dell'assoluto… nemmeno la dolce mediocrità dei Vangeli, diceva, contiene tanta miseria e tanto cinismo… ci sono storie che si distruggono mostrandole, altre storie s'innalzano in adorazione del potere e negli atti apostolici della macchina/cinema affermano il Verbo della stupidità. I fanatici dello spettacolo concentrato e diffuso nella civiltà consumerista ricusano tutte le intemperanze sociali e si rivolgono alle folle come a dei bambini viziati… rompere l'apparenza significa disvelare le illusioni sulle quali si poggia e schierarsi a fianco dei popoli in rivolta per mettere fine alle disuguaglianze sociali. Passare dall'inerzia al sabotaggio, anche della macchina/cinema.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 5 volte aprile 2016
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