dedicato a Marco
Nella storia di questo pazzo, pazzo mondo ci sono due anni da cui ogni scacchista degno di questo nome sa subito arrivare a un minimo comun denominatore: il 1953, l'anno del super torneo di Zurigo magnificamente tramandato ai posteri da Bronstein, e il 1972, l'anno della sfida mondiale tra Spasskij e Fischer, in piena Guerra fredda.
Ed è proprio di un fatto accaduto nel 1972 che vi voglio raccontare…
Tranquilli, non vi parlerò affatto del match valevole per il titolo di campione del mondo di scacchi, e nemmeno delle tragiche olimpiadi tedesche di quell'anno, ma di un fatto accaduto in quell'ormai lontana estate, poco prima del congresso della FIDE.
Lento, lento percorro la lunga strada per Soncino, dove ho un appuntamento con l'amico Johnny.
«Chi è Johnny?»
Johnny è un canoista estremo, la cui filosofia di vita è «canoa estrema, lotta al sistema». Hippy prima della nascita del movimento e hippy ancor oggi, che del movimento non è rimasta traccia.
Grazie a Johnny sono diventato il miglior canoista teorico del mondo, senza mai aver messo il mio bel culetto dentro una canoa; so praticamente tutto sull'eskimo, l'appoggio, la candela, l'imbarco svizzero e le discese di IV e V grado.
Ho ancora in testa la canzoncina che cantava ogni sera davanti al fuoco del bivacco, una nenia in dialetto bergamasco che parlava di un grillo e di una formica che ebbe l'ardire di attraversare il campo di lino che apparteneva al grillo. Rabbrividisco ancora oggi, come rabbrividivo allora quando la cantavamo insieme, pensando alla tragica fine che tocca poi a quel poveretto di un grillo.
«… Larizzumparillallero larizzumparillalla…»
Per lui era come un rituale sacro cantare quella canzoncina prima di smorzare il fuoco ed entrare nel sacco a pelo dentro la sua tenda, una tenda che veniva dalle guerre d'indipendenza del nostro Risorgimento, con tanta storia da raccontare; io lo prendevo in giro perché mi ricordava un boy scout che al termine di una faticosa giornata, durante i campi estivi, per richiamare tutti in cerchio attorno al fuoco, anziché poter rientrare in tenda a riposare, è obbligato a cantare finché ha voce «Kamaludu». Se c'è qualche scout in ascolto, sa bene a cosa mi riferisco. Quanta nostalgia di quei campi…
Quella sera aveva appuntamento con Johnny anche un olandese, un certo signor Euwe, che poi seppi essere il presidente della FIDE, che doveva acquistare una pagaia fatta artigianalmente dal mio amico per fare un regalo a un nipote.
Dopo cena Johnny rinforza il fuoco e mi invita a giocare a scacchi con lui. Devo dire, sinceramente, che se con la canoa era veramente il numero uno, a scacchi giocava poco meglio di una schiappa.
Mentre il signor Euwe, osservandoci giocare, passa da un grappino all'altro, io mi accendo il mio bel toscano e acconcio tutti i miei bei pezzi, i bianchi, nelle loro rispettive case di partenza.
Per lui era come un rituale sacro cantare quella canzoncina prima di smorzare il fuoco ed entrare nel sacco a pelo dentro la sua tenda, una tenda che veniva dalle guerre d'indipendenza del nostro Risorgimento, con tanta storia da raccontare; io lo prendevo in giro perché mi ricordava un boy scout che al termine di una faticosa giornata, durante i campi estivi, per richiamare tutti in cerchio attorno al fuoco, anziché poter rientrare in tenda a riposare, è obbligato a cantare finché ha voce «Kamaludu». Se c'è qualche scout in ascolto, sa bene a cosa mi riferisco. Quanta nostalgia di quei campi…
Quella sera aveva appuntamento con Johnny anche un olandese, un certo signor Euwe, che poi seppi essere il presidente della FIDE, che doveva acquistare una pagaia fatta artigianalmente dal mio amico per fare un regalo a un nipote.
Dopo cena Johnny rinforza il fuoco e mi invita a giocare a scacchi con lui. Devo dire, sinceramente, che se con la canoa era veramente il numero uno, a scacchi giocava poco meglio di una schiappa.
Mentre il signor Euwe, osservandoci giocare, passa da un grappino all'altro, io mi accendo il mio bel toscano e acconcio tutti i miei bei pezzi, i bianchi, nelle loro rispettive case di partenza.
«Almeno Lasker fumava roba cubana! Tu che razza di foglie ci hai messo sopra quel toscano?», mi fa Johnny, tanto per schernirmi.
«Tranqui', è puro "kentucky" beneventano», gli replico io, tanto per zittirlo.
La partita procede senza grossi colpi di scena; il signor Euwe pare un po' annoiato e a posteriori vi posso dire a ragione, perché la differenza di classe scacchistica tra Johnny e me era cristallina - e tutta a mio favore. Detto questo non sto qui a riprodurvi tutta la partita, bensì solo le ultime strepitose mosse.
Arrivati a questo punto della partita:
Tocca al bianco… |
27. e7, Rxf3;
Tocca al bianco… |
28. e8=T, Rg2;
Tocca al bianco che matta in una mossa |
A questo punto, conoscendo il matto di Seret, dico: «È matto in uno», giocando una mossa regolare, mai giocata da qualcuno prima e mai più giocata da altri in seguito.
Caro lettore, aiutami a ricordare quella brillante mossa…
Mumble… mumble…
29. O-O-O-O!!#
Arrocco verticale!! |
Il signor Euwe, che di scacchi qualcosa capiva ancora, è incredulo e per dissipare ogni possibile polemica tira fuori dal taschino della propria giacca il suo personalissimo breviario - Regolamento internazionale del gioco degli scacchi - e alla voce arrocco legge ad alta voce la seguente definizione:
«blablabla… L'arrocco può essere effettuato dal giocatore che ha il tratto se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
1. Il giocatore non ha mai mosso il re;
2. Il giocatore non ha mai mosso la torre coinvolta nell'arrocco;
3. Non devono essere presenti altri pezzi tra il re e la torre;
4. Il re non deve essere sotto scacco, e le case dove transita non devono essere attaccate da pezzi dell'avversario, compresa la casa di destinazione finale del re».
«Sono sconcertato…», ci dice, «sono obbligato a dare partita vinta al bianco. L'arrocco verticale è una mossa consentita dal regolamento».
Stretta di mano tra me e l'amico Johnny, che nel frattempo aveva preparato lo spuntino della staffa - cappuccino e focaccia con le cipolle - da consumarsi rigorosamente prima di andare a dormire.
Il giorno dopo il signor Euwe se ne andò di prima mattina: doveva recarsi ad Amsterdam, dove era in corso il congresso della FIDE e dove propose di cambiare le regole sull'arrocco, aggiungendo alle precedenti la condizione che il re e la torre coinvolti nell'arrocco devono essere sulla medesima traversa.
Da quel congresso l'arrocco verticale divenne quindi una mossa irregolare.
Note e precisazioni dovute:
– L'arrocco verticale o arrocco Pam-Krabbé è un'ipotetica e bizzarra mossa degli scacchi che consiste nell'arroccare in verticale sulla colonna 'e' con una torre ottenuta per promozione. Questa originale possibilità venne evidenziata da Max Pam e citata in un problema da Tim Krabbé nel 1972. Nonostante il regolamento FIDE vigente all'epoca non la proibisse a causa di un'imprecisione nella descrizione dell'arrocco, la mossa non è mai stata utilizzata in alcuna partita ufficiale. Nel 1972 la FIDE, aggiornando il regolamento, aggiunse una precisazione che escludeva totalmente la possibilità di una simile mossa. All'idea di questa mossa era giunto indipendentemente anche il francese Jean-Luc Seret, che nel 1971 l'aveva usata in un problema scherzoso, senza però suscitare discussioni sulle regole (fonte: Wikipedia).
– A dire il vero, io Johnny non l'ho mai conosciuto di persona, ma era come se fossimo grandi amici da sempre, perché Johnny era il punto di riferimento del mio amico fraterno Marco, che ogni sera mi parlava sempre di lui e di… canoa.
«Chi è Marco?»
Marco è Johnny, o meglio il Johnny di questo racconto è Marco… (va a finire che per raccontarvi tutto su Marco mi dovrò impegnare a raccontarvi qualcosa d'altro in un prossimo articolo).
– Gustare una focaccia con le cipolle pucciata in un cappuccino non ha prezzo: provare per credere!!
SoloScacchi.net, 8 febbraio 2016.
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